Titolo: The
first of many lies Note: Liy
ma stai scrivendo una LONG-FIC!!? Sì. Non so il
perché. Ne avevo voglia - mesi fa - e alla fine ho scritto
per un po', mollato lì la bozza e poi ripreso il tutto per
l'ennesima volta. Questo capitolo l'ho appena finito. Hika ha detto di
postarlo, quindi eccolo qui. Ho
la trama già tutta in testa. Tuttavia, non ho idea di quanti
capitoli avrà. Vabbeh, leggete pure! Ah!
Fermi, fermi! Ci tenevo a ringraziare tutti coloro che
leggono/recensiscono le mie fanfiction! Grazie mille, mi fa molto
piacere sapere che piacciono! Disclaimer: Umineko,
Battler, Beato, etc... non mi appartengono. Come al solito.
Personaggi: Battler,
Beatrice.
Pairing: BattlerxBeatrice.
Rating: Verde
per ora.
Genere: Fluff,
slice of life.
Avvertimenti:
Long-fic, AU-scolastica.
Un
frammento
differente.
Uno
in cui gli
omicidi legati alla leggenda della Strega di Rokkenjima non sono mai
accaduti.
Nessuno
è morto. La
Strega non esiste. La magia non
esiste.
The first of many lies
Chapter I: I was listening
06 Ottobre 1987
Il
sole aveva appena fatto capolino all'orizzonte quando se ne accorse.
C'era
troppo silenzio, troppo freddo.
La
sveglia sul comodino lampeggiava sempre lo stesso orario. 6:57.
Quel
silenzio. Quel silenzio permeava quella camera dalla notte prima,
avvolgendolo
nello sconforto più totale.
Fu
quando allungò il braccio per afferrarla e stringerla a
sé, per chiederle se si
fosse ripresa, che si accorse che lei non c'era. Lei non era
lì. Non era
accanto a lui.
E
lo sconforto crebbe ulteriormente quando sul suo cuscino, al posto suo,
trovò una piccola farfalla dorata con le ali spezzate.
E,
infondo, se lo sarebbe dovuto aspettare.
04
Ottobre 1986
“Ti
sbrighi sì o no?”
Rudolf
chiamava Battler da diversi minuti ormai, battendo il piede a terra,
impaziente, le braccia incrociate e la sigaretta – spenta
– già stretta fra le
labbra.
“Non
si chiude la cerniera!”
“Come
sei arrivato a diciott'anni senza saper chiudere una
cerniera!?”, sbuffò
Rudolf, lasciando cadere a terra la propria valigia ed incamminandosi
per le
scale.
“Non
è colpa mia, dannato vecchio!”
Dopo
aver sentito i vari imprechi dei due uomini al piano di sopra
– ed aver riso di
loro – Kyrie decise che forse era meglio per lei iniziare ad
uscire di casa:
prima o poi quei due sarebbero riusciti a sconfiggere quella
cerniera.
Erano
quasi le sette del mattino quando riuscirono finalmente ad uscire tutti
di
casa.
Soffiava
un vento leggero, freddo com'era giusto che fosse in quel periodo
dell'anno.
Battler
alzò le braccia soddisfatto, il sorriso dipinto in volto
mentre, stando in
piedi in mezzo alla strada, guardava un punto lontano davanti a
sé con aria
convinta.
“Aah!”,
sorriso ancora più smagliante, “si
part-!”
“Waaah!”
BAM.
Sentì
un dolore alla schiena, e successivamente al volto – al naso,
che sanguinava
copiosamente sull'asfalto.
La
bici che lo aveva colpito cadde a terra, trascinando con sé
la giovane. Thud.
“Ahi,
ahi, ahi”, Battler si voltò, notando solo in quel
momento la ragazza a terra,
“stai ben-”
“Ma
sei stupido!? Che ci facevi in mezzo alla strada?”
Ha
dei bellissimi occhi,
fu la prima cosa che pensò Battler, senza prestare ascolto a
nemmeno una delle
parole che diceva la giovane davanti a lui, palesemente alterata.
Abbassò
lentamente lo sguardo, finché non trovò qualcosa
che attirò la sua attenzione
più di quegli occhi azzurri. Non ha solo gli occhi
bellissimi...
“Mi
stai ascoltando!?”
“Ah-
eh, sì...?”, domandò, senza distogliere
lo sguardo dal seno della ragazza. E
lei se ne accorse.
Fu
seriamente veloce, talmente tanto che non vide arrivare la mano che lo
colpì in
pieno volto.
“M-Ma
che ho fatto ora!?”, piagnucolò lui.
“Non
mi ascoltavi!”
“Sì
che ascoltavo!”
“Aaah
sì~? Cosa ho detto allora?!”
…
“Non
ricordo.”
“E'
perché non stavi ascoltando! Eri troppo concentrato su
altro, eh~?”, sul volto
della giovane comparve un largo ghigno che fece rabbrividire Battler.
Lei lo
guardava divertita, come allietata dallo sguardo decisamente spaventato
e
dispiaciuto del giovane.
La
ragazza poi si alzò, lentamente, raddrizzando la bicicletta.
“Ah”, ansimò,
mentre poggiava a terra il piede: doveva aver preso una storta.
“Ah,
ti fa male?”
“N-
Ah!”, e cadde di nuovo, reggendosi la gamba.
“Tsk.”
“Aspetta.
Ti aiuto”, si avvicinò a lei, tendendole una mano
ma la giovane, invece di
afferrarla, si mise a ridere.
“Gyahahahah!
Aiutarmi~?”, gli afferrò la cravatta di scatto,
tirandola e avvicinandolo a sé,
“Credo tu abbia fatto abbastanza per oggi. Grazie
mille.”
Battler
arrossì lievemente. I loro volti erano decisamente troppo
vicini.
“Ah.
Ehm... scusa, allora?”
Il
ghigno sulle labbra della ragazza si allargò ulteriormente.
Faceva quasi paura,
dovette ammettere Battler.
“Bene,
bene. Un uomo che sa stare al suo posto. Mi piace, mi piace~”
Si
alzò nuovamente, portando tutto il peso sull'altro piede.
“... Sai che c'è,
però? Preferisco gli uomini con un po' di spina dorsale
~” e ridendo, salì in
sella alla sua bici, come se nulla fosse accaduto, e si
allontanò, lasciando
Battler ancora in mezzo alla strada.
“E...
Ehi!”
La
osservò mentre si allontanava, ancora piuttosto confuso.
Non
aveva mai incontrato quella ragazza prima d'ora. Strano.
“Battler...!
Battler!”, sentì suo padre chiamarlo e si
costrinse a voltarsi verso di lui, di
malavoglia.
Lo
stava aspettando accanto all'auto, insieme a Kyrie.
Era
arrivato il momento di partire, alla fine.
Avrebbe
rivisto i suoi cugini e gli zii, finalmente, dopo sei anni d'assenza
dalla
famiglia Ushiromiya.
06
Ottobre 1986
Tornare
sulla terra ferma fu quasi un sollievo, ma fu ancora meglio poter
tornare in
una casa che conosceva e lasciarsi andare sul divano.
Sarebbe
dovuto andare a scuola il giorno dopo. Se solo il tifone fosse durato
un po'
più a lungo...
Non
gli sarebbe dispiaciuto poter rimare un altro po' a parlare con Jessica
e
George, o a giocare con Maria. Era stato piacevole il tempo che aveva
passato
con loro, la sua famiglia che non vedeva da molti, troppi anni. Erano
stati
tutti così cordiali: lo avevano accolto a braccia aperte,
salutato calorosamente
e nessuno si era lamentato di quei suoi sei anni d'assenza.
La
riunione era stata piacevole, anche se sapeva bene che i suoi genitori
e gli
altri stavano discutendo sulla divisione dell'eredità: un
argomento che,
infondo, non toccava i nipoti minimamente.
“Aaah...”,
si stiracchiò, lanciando le scarpe dall'altra parte della
stanza e togliendosi
di dosso frettolosamente giacca e cravatta: si sentiva soffocare.
“Battler-kun,
hai svuotato la valigia?”
“Aaah,
lo faccio dopo, Kyrie-san! Sono troppo stanco ora!”
Un
calmo silenzio riempiva le sue orecchie.
Un
silenzio ovattato, che tamburellava contro i suoi timpani–
premeva, come
l'acqua dopo aver passato troppo tempo in apnea.
Tornare
a scuola il giorno seguente fu più doloroso di un pugno allo
stomaco.
Non
aveva studiato, aveva sonno e non aveva nemmeno fatto i compiti. E non
aveva
voglia di sentire la solita ramanzina perché si era
dimenticato di fare due
stupidi esercizi.
Era
stanco morto: avrebbe dormito sul banco quel giorno, già lo
sapeva.
“Ehi!”,
lo salutarono alcuni compagni mentre si dirigeva al suo posto,
trascinandosi a
fatica.
Lasciarsi
andare su quella sedia – anche se era così scomoda
- fu quasi un sollievo... se
non fosse stato per il calcio che allontanò la sedia da
sotto il suo sedere e
lo fece cadere a terra.
“Ahaha~
guarda un po' chi c'è~!”, una voce melodiosa e per
niente aggraziata, alcuni
passi leggeri vicino a lui mentre i compagni si voltavano a vedere
perché fosse
finito a terra, “Come va, Signor Incompetente,
eeeeh~?”
Un
brivido corse lungo la schiena di Battler quando riconobbe la ragazza
che aveva
davanti. Quei capelli biondi, quegli occhi azzurri... e
quelle tette. La
riconobbe più a causa di quest'ultime che per il resto.
“Quindi
siamo nella stessa classe, eh~ mi stavo giusto chiedendo chi fosse
quell'Ushiromiya Battler-san che ieri era assente~”
Parlava
senza prestargli attenzione e tenendo un piede premuto sul suo petto,
per
tenerlo fermo a terra.
Il
resto della classe trovò quella scena piuttosto comica: non
avevano mai visto Ushiromiya-san
che veniva messo sotto da una ragazza. Solitamente erano le ragazze che
cadevano ai suoi piedi... mai il contrario.
“Ehi~
e sei anche seduto dietro di me~! Non è fan~ta~sti~co? Ora
potrai guardarmi il
culo quanto vuoi, eeh~? Gyahahahah!”
“No-
Non è vero! Non lo farei mai!”
Sul
volto di Battler iniziò a diffondersi un leggero rossore e
il ragazzo iniziò a
scuotere la testa, sperando che i suoi compagni avrebbero dimenticato
in fretta
quella scena – l'avrebbero preso in giro a morte,
già lo sapeva...
“Eeh~?
Eppure ci avevi già pensato o sbaglio~?”
“E-Ehi!”,
si scansò di dosso il piede che lo teneva a terra e si
alzò in fretta, prima
che la – decisamente – strana ragazza potesse
tornare a torreggiare su di lui.
Sentirsi di nuovo così in alto lo fece
sorridere; quella era la sua classe,
e non avrebbe permesso all'ultima arrivata di metterlo in ridicolo in
quel
modo.
“Guarda
che se volevi attirare la mia attenzione bastava chiedere,
ihihi~!”
Gli
si allargò un ghigno in volto quando vide la ragazza di
fronte a sé rimanere
senza parole, anche se continuava a sorridere e aveva negli occhi una
strana
luce che, tuttavia, inquietava Battler.
“Eeeh~
adesso non parli più?”
La
vide abbassare e distogliere lo sguardo e fece un passo verso di lei,
abbassandosi appena per schermirla ulteriormente.
Stuzzicala
ancora, si disse. E' una di quelle ragazze che s'atteggiano tanto, ma
infondo
sono timide e insicure.
Stuzzicala,
non saprà più come risponderti di sicuro e solo
allora le avrai dato un
perfetto scacco matto!
“Allora,
Miss Tsundere~?”
Lei
alzò il capo di scatto. Un marcato rossore sulle gote e gli
occhi sbarrati.
“Tsu-tsundere!?”
“Aaah~
qualcuno qui è proprio tsundere,
eeh~”
“Zi-zitto
idiota!”
“Ouch!”
Per
un attimo, tutto tacque in classe. Gli unici rumori venivano dal
corridoio; i
ritardatari correvano verso le loro classi prima dell'ultimo suono
della
campanella.
Battler
fissava la ragazza con insistenza, incerto, massaggiandosi appena il
braccio
colpito da uno dei pugni vaganti della sua avversaria.
Provocarla
ancora o lasciar cadere la questione?
Non
era solito lasciar questioni in sospeso, non finché non
otteneva la vittoria.
…
Però, le gote arrossate per la vergogna, il dispiacere e la
rabbia della nuova
arrivata gli imposero di fermarsi ed aspettare. Avrebbero continuato
quella
loro disputa un'altra volta, dove non c'erano occhi indiscreti ad
osservarli e
a giudicarli.
Infondo,
quella ragazza era nuova e probabilmente non aveva ancora amici.
Sì,
il suo doveva esser stato solo un modo per attirare l'attenzione. E lui
aveva
esagerato, se era quello il caso.
“E-Ehi...
scusa”, le tese una mano, sorridendo,
“tregua?”
Lei
lo fissò, in volto il ritratto dell'incertezza e poi,
alzando il capo
fieramente ma voltandosi per non guardarlo negli occhi, strinse quella
mano
tesa. “Tregua”, sospirò.
Pian
piano i compagni ripresero a chiacchierare fra di loro, ora che la
disputa era
finita.
Fu
dopo qualche istante, dopo che si furono seduti ai banchi, che Battler
decise
di poterle parlare tranquillamente: erano tutti troppo impegnati a
farsi i
fatti degli altri per preoccuparsi anche dei loro.
“Comunque,
sono due volte che ti incontriamo e non ci siamo ancora presentati per
bene”,
uno smagliante sorriso in volto, “Ushiromiya Battler,
piacere. Puoi chiamarmi
anche solo Battler, ihihi~”
“Mh...
eh, piacere mio”, lo guardava perplessa, come se fosse stata
indecisa sul da
farsi, “io sono Beatrice.”
Sul
volto della ragazza affiorò un lieve sorriso,
così leggero che Battler nemmeno
se ne accorse.
“Non
sei qui da molto tempo, giusto, Beatrice?”
“...
Beato.”
Battler
aggrottò le sopracciglia, non capendo.
“Mh?”
“E'
così che mi chiamano le persone a me intime. Quindi chiamami
pure Beato.”
“Beato,
eeeh~ va bene, Beato!”, alzò un pugnò
in aria, facendole l'occhiolino, “Dato
che sei nuova, mi prenderò io la responsabilità
di mostrarti la scuola e i
negozi migliori qui attorno! M-Ma sia chiaro che lo faccio solo
perché s-sei
seduta davanti a me... e perché sei nuova... tutto
qua.”
Beatrice
sorrise, osservandolo mentre cercava – inutilmente
– delle scuse e non poté
fare a meno di chiedersi chi fosse veramente tsundere in quel momento.