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Autore: maryusa    20/01/2011    21 recensioni
Poter andare al ballo di Capodanno accompagnata da una persona speciale, è il sogno più grande di Usagi. Peccato che la persona in questione non abbia alcuna considerazione per lei.
Riuscirà Usagi a realizzare il suo sogno?
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Mamoru/Marzio, Un po' tutti, Usagi/Bunny
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessuna serie
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Il ballo di capodanno

Ciao!

Ecco una nuova storia. In realtà doveva essere pronta per Capodanno, ma sono successe così tante cose che la pubblicazione è stata rimandata di un po’ di giorni ^_^

Spero che il racconto vi piaccia e soprattutto vi metta di buon umore.

Buona lettura …

 

 

 

Il ballo di capodanno

 

Al tempio shintoista una lunga fila di persone aspettava il proprio turno per pregare, per ottenere una benedizione divina … per esprimere un desiderio.

Finalmente era arrivato il turno di Usagi.

Gettò la sua moneta nella casella dell’offertorio e suonò il campanello per richiamare il Dio nel santuario.

Mani giunte.

Occhi chiusi.

Concentrazione.

Fece due respiri profondi ed espresse il desiderio che aveva nel cuore.

Batté due volte le mani e fece un inchino.

Si allontanò felice dirigendosi verso la bancarella dei talismani dove stava lavorando la sua cara amica Rei.

«Dalla tua faccia, direi che hai espresso un bel desiderio.» disse la miko dalla lunga chioma corvina.

«Si!» rispose con un sorriso gioioso.

«Deve essere qualcosa di speciale.» s’intromise Makoto spuntata fuori dal nulla. Insieme a lei c’era Ami. «Ieri siamo venute anche Ami ed io, a pregare.»

«Mi dispiace ma dovrete ripassare domani, purtroppo ho terminato tutti i talismani ed i portafortuna.» Rei si rivolse ad un gruppetto di ragazzine desiderose di acquistare un amuleto per la fortuna in amore, il più venduto di sempre. Le ragazze si allontanarono deluse mentre Rei chiudeva il chiosco. «Non è rimasto niente! Neanche un talismano per il mal di piedi!»

«State facendo affari d’oro a quanto vedo.» disse Ami mentre aiutava Rei a chiudere le ante.

«Fra tre giorni è capodanno e regalare un amuleto portafortuna è una buona cosa … »

«Ragazze!» Da poco lontano c’era l’ultima che mancava all’appello. Minako. «Che corsa! Certo che potevate fare una scalinata con dei gradini più comodi.» era piegata in due dalla fatica.

«Queste scale esistono da secoli!» puntualizzò Ami.

La delusione si dipinse sul volto di Minako. «Oh no, quanta gente! Non ce la farò ad esprimere il mio desiderio.»

«Io sono venuta presto.» aggiunse Usagi con aria di superiorità. «Ho aspettato un’ora!» Guardò la fila chilometrica che si era formata. «Ma con tutta la gente che c’è adesso, ci vorranno almeno tre ore!»

«Che iella!» borbottò l’altra.

«Dai non abbatterti … puoi passare per le sei del pomeriggio. C’è sempre pochissima gente a quell’ora, anche in questi giorni frenetici.» concluse Hino. «Vado a mettermi il cappotto e poi andiamo.»

 

Ventinove dicembre.

Le strade erano tutte imbiancate per via delle copiose nevicate di quei giorni.

L’allegro quintetto si avviava verso il Crown. Era diventata ormai un’abitudine, in quei giorni così freddi e senza scuola, incontrarsi nel primo pomeriggio per una deliziosa cioccolata calda.

«Quale desiderio esprimerai?» domandò curiosa Usagi a Minako, mentre camminavano a braccetto.

«Oh, ma non si dice … altrimenti non si avvera!»

«Tanto lo so.» Usagi sorrideva birichina. «Chiederai di diventare una Star del cinema!»

«No! Non è questo … » rispose sorpresa, erano così evidenti i suoi sogni?

«E invece credo proprio di sì!» disse Makoto, quella ragazza era un libro aperto.

Minako si staccò da Usagi e si rivolse alle sue compagne indispettita. «Beh, e voi invece cosa avete desiderato?»

Nessuna aveva intenzione di parlare.

«Io lo so … io lo so!» Usagi alzò una mano come fosse a scuola, desiderosa di rivelare i misteri nascosti. «Ami vuole ottenere l’ennesima borsa di studio, Makoto vuole aprire il suo ristorantino e Rei … desidera ardentemente diventare una donna in carriera e sposare un uomo bello e ricchissimo!» Le rivelazioni su Rei le espresse con più enfasi.

Ami arrossì. «Non c’è niente di male a desiderare di vincere una borsa di studio.»

«Zitta, così le dai solo ragione!» Le tappò la bocca Makoto.

«Io non ho affatto desiderato di diventare una donna in carriera!»

«Però di sposare un uomo ricco e bello sì!» Era quasi odiosa l’espressione saccente di Usagi.

«Beh non c’è niente di male!» Come cavolo aveva fatto? Adesso sapeva anche leggere nel pensiero?

«Già.» La difese Makoto. «E non ci vedo niente di male a sperare di aprire una catena di ristoranti.»

Ami sgranò gli occhi. «Oh Mako-chan … non credi di aver esagerato?»

«Beh, forse, ma solo un pochino.» In effetti aveva puntato un po’ troppo in alto.

«Ragazze mi dispiace dirlo ma avete sbagliato tutte.» La bionda dai lunghissimi codini stava per dare una lezione di vita alle sue amiche. «Siamo solo delle liceali, i vostri desideri sono belli, ma ci vorrà del tempo finché si avverino … »

«No! Vincere una borsa di studio è una cosa che può accadere presto.»

«Ami, tu la vincerai comunque quella borsa di studio … il tuo caso è un tantino diverso.» Usagi appoggiò una mano con fare rassegnato sulla spalla dell’amica. «Tu hai semplicemente sprecato il tuo desiderio.»

«Allora miss-so-tutto-io, illuminaci … cosa avremmo dovuto desiderare?» tagliò corto Rei seccata dal fatto che tutte ormai sapevano il suo desiderio.

«Avreste dovuto fare dei desideri più fattibili e magari a breve scadenza … come il mio!» Era orgogliosa di sé e della sua astuzia.

Una strana luce risplendeva negli occhi di Minako. «Dai, non tenerci sulle spine, dicci cosa hai espresso!»

«Nonono, poi non si avvera!»

«Non vale, sai tutti i nostri desideri, devi dirci il tuo!» continuò curiosa.

«No!»

«Non costringermi ad estorcerti le informazioni con la forza!» Makoto scrocchiò le dita delle mani. Quando voleva, riusciva ad essere abbastanza persuasiva, e terrificante allo stesso tempo.

«Uffa che seccatrici … e va bene, ve lo dico.» Doveva restare un segreto. Se non si fosse avverato la colpa sarebbe stata tutta la loro. «Il mio desiderio si avvererà fra tre giorni!»

Ami ci pensò un secondo. «Tre giorni … capodanno.»

«Si può sapere cosa accadrà il giorno di capodanno?» Rei era davvero impaziente.

«I fuochi d’artificio!» tirò ad indovinare Minako.

«Il Ballo del Liceo!» continuò Usagi sorridente. «Ho desiderato di poterci andare con … » Era diventata tutta rossa come un pomodoro. «Con Mamoru.» Lo disse bisbigliando, ma tutte avevano capito perfettamente. Quello era il suo ultimo anno da liceale, e quindi anche il suo ultimo ballo del liceo; poterci andare con una persona speciale, significava molto per lei.

Le ragazze scoppiarono in una risata fragorosa.

«E questo sarebbe un desiderio fattibile? È più probabile che mi sposi con un super miliardario bellissimo entro la fine dell’anno che tu e Mamoru insieme! Roba da pazzi!» Rei aveva le lacrime agli occhi.

«Rei non essere crudele.» Ami abbracciò Usagi che ormai aveva l’espressione di un cucciolo bastonato. «Il desiderio di Usa-chan è inverosimile e assurdo ma anche lei ha diritto di sognare.»

Minako scostò Ami. «Guarda che sei cattiva tanto quanto Rei!»

«Usagi, mi chiedo come ti sia venuta in mente una cosa simile.» Era la castana del gruppo a parlare. «È triste da dire ma: tu non piaci a Mamoru!»

Usagi percepì il messaggio con indifferenza, lo sapeva benissimo che Mamoru non la considerava affatto. «Ma che ci posso fare se lui a me piace.» Che ci poteva fare? L’amore è cieco, no?

«Tu sei masochista!» Rei riusciva sempre a dimostrare la sua “delicatezza”.

«Usagi, invece io ti capisco benissimo.» Minako aveva le mani unite e l’aria sognante. «Hai perso la testa per il ragazzo bello e impossibile. Lui ti evita e ti tratta male, ma a te non importa. Ormai si tratta di una sfida. Io faccio il tifo per te Usa-chan!»

«Non darle retta.» riprese il discorso Makoto. «Lo sappiamo tutte che Mamoru ti piace tanto; ma hai mai pensato che la cosa può non essere reciproca?»

«Ma io non voglio fidanzarmi con lui … voglio solo che mi inviti al ballo.» Nient’altro. Poi se fosse nato qualcosa di più tra di loro, tanto meglio, anche se ormai non ci sperava più; in realtà non ci aveva mai sperato. «Perché per voi sembra tutto così assurdo?»

«Forse perché non fate altro che litigare.» s’intromise timidamente Ami. «E poi non gli ho mai sentito dire qualcosa di carino su di te.»

Era tremendamente vero, tutte annuirono. Ami-chan come al solito aveva pienamente ragione. Mamoru era un ragazzo introverso e controllato. Sempre gentile e mai fuori luogo; ma quando c’era di mezzo Usagi, tirava fuori il peggio di sè.

«Al massimo può invitarti ad un incontro di boxe … come sfidante!» Rei rise immaginando Usagi al tappeto con un occhio viola.

«Tu cedi facilmente alle sue provocazioni e questo non va bene … probabilmente lui pensa che tu lo odi!» Makoto diceva sempre cosa pensava, anche se poteva far male.

Odiarlo? Se Mamoru pensava una cosa simile allora era proprio la fine. «No, questo no … io non lo odio!» Aveva i lacrimoni agli occhi.

«Non è quello che sembra!»

«Cosa devo fare?» Aiutatemi!

«Ignoralo!» Rei si fece improvvisamente seria. Non era più l’amica impaziente e cinica a parlare, ma la futura sacerdotessa del tempio. Sembrava un'altra persona. «Ignora le sue battute, il suo sarcasmo … non ti inviterà al ballo, ma forse smetterà almeno di prenderti in giro.» Ed era più di quanto potesse sperare.

Per quanto le costasse ammetterlo, quello fu il miglior consiglio che Usagi ricevette. Ignorare Mamoru Chiba era un’impresa più che ardua, quasi impossibile, ma poteva farcela, doveva farcela.

 

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«Quindi resti qui ad aiutarmi!» Motoki si tolse il grembiule da lavoro e lo appoggiò senza cura sul bancone. A quell’ora il Crown era sempre un locale desolato. L’unico a fargli compagnia era Mamoru.

«Cosa ti fa credere che io resti qui la notte di capodanno?» Il moro sorseggiava del caffè fumante, senza zucchero.

«Lo so che non hai niente da fare.»

«Niente è sicuramente meglio di lavorare.»

«Guarda che la paga è ottima! E poi lavoreremo in smoking.» cercò di convincerlo l’altro. «Dai non farti pregare.» Motoki aveva realmente bisogno d’aiuto, ma soprattutto di una compagnia. Sarebbe stato disposto addirittura a mettersi in ginocchio pur di convincerlo. Il dover passare la notte di capodanno da solo a lavorare era un’idea alquanto deprimente.

«Non saprei, potrei anche decidere di partecipare al Ballo di Capodanno del liceo Juban.» Mamoru osservava sorridente un volantino molto colorato che pubblicizzava l’evento.

«Tu che vai ad un ballo … tzè!» Lo immaginava in un angolo della sala impegnato ad allontanare le centinaia di ragazze che volevano ballare con lui.

«Non mi credi all’altezza?»

«Mah, non ti ci vedo a ballare con le liceali, penso che ti annoieresti … » E soprattutto era convinto che l’amico no sapesse ballare.

«Potrebbe essere divertente.» Mamoru appallottolò il volantino e lo lanciò verso un cestino della spazzatura posto all’ingresso. Canestro! «E comunque sarebbe meglio di lavorare … dovresti andarci anche tu.»

«Magari potessi andarci.» Motoki aveva un’aria afflitta. «Quest’anno mi tocca lavorare.» Il giorno di capodanno, il Crown faceva orario continuato dalla mattina del trentuno Dicembre fino all’alba del primo Gennaio. I commessi del locale dovevano rispettare dei turni di sei ore. Purtroppo a Motoki era toccato il turno più antipatico: da mezzanotte alle sei del mattino! «Comunque se tu preferisci andare al ballo fa pure, ma devi trovare una ragazza da accompagnare.»

«E che ci vuole … » disse sicuro di sé e del suo fascino. Nessuna ragazza poteva resistergli e lui ne era consapevole.

«Ha ha … guarda che non puoi imbrogliare!» La vera preoccupazione di Motoki era che Mamoru facesse finta di andare al ballo, per poi starsene a casa sua, tutto solo la notte di capodanno. «La ragazza che inviterai la voglio conoscere.» Non era una richiesta ma un ordine.

«Oh, grazie per la fiducia.» Mamoru sorrideva. In fondo Motoki era bravo a capire le sue intenzioni e ad agire d’anticipo. «Facciamo così: per farti felice lo chiederò a tutte le ragazze che entreranno nel locale.»

«Troppo facile.» Motoki si mise a pensare. «Hai tre possibilità! Farai l’invito alle prime tre ragazze che entreranno; se nessuna di loro vorrà essere la tua dama, beh, allora ti toccherà farmi compagnia.» Ormai mancava poco al ballo e tutte le ragazze dovevano avere già un accompagnatore. Mamoru non gli avrebbe detto di no; a lui piaceva più che altro farsi pregare.

«Solo tre?»

«Non lamentarti Latin Lover.» Motoki porse la sua mano destra. «Prendere o lasciare.»

Mamoru rifletté un attimo. «Affare fatto!» Strinse la mano.

 

 

Din-Din-Din-Din

Quel suono catturò l’attenzione dei due ragazzi. Quel suono inconfondibile indicava che qualcuno era entrato nel locale. Delle ragazze?

«Brrrrrr che freddo! Ha iniziato di nuovo a nevicare.» Usagi fu la prima ad entrare, seguita dalle sue inseparabili amiche.

Mamoru sbiancò, guardò di sottecchi Motoki per cercare un appiglio.

«Fatti valere amico mio!» Motoki gli diede una pacca sulle spalle, non riusciva a trattenere un sorriso traditore.

Tra tante ragazze, proprio Usagi doveva varcare quella soglia? Proprio lei con la quale non aveva mai avuto una conversazione civile? Proprio lei che aveva sempre trattato come uno staccio da pavimenti? Lui e Usagi erano incompatibili. Si punzecchiavano, si maltrattavano, si mandavano a quel paese. Spesso esagerava, ne era consapevole, ma ormai andava avanti così da tanto tempo, e a lui non piaceva cambiare quelle che definiva “sane abitudini”. Usagi era la più fastidiosa creatura di sesso femminile che conoscesse … il suo peggior incubo.

Di farle l’invito per il ballo non se ne parlava proprio. Che figura avrebbe fatto? Lei si sarebbe sbellicata dalle risate … piuttosto la morte!

Mamoru si alzò e si avviò con passo deciso verso le ragazze. Passò accanto ad Usagi , la fissò, ma andò oltre.

«Rei, avrei una cosa da chiederti.» Mamoru fissava intensamente la mora. Tutti gli occhi puntati su di lui.

«Si?» Rei si sentiva imbarazzata … che voleva Mamoru da lei? Perché la fissava così?

«Ti andrebbe di venire con me al Ballo del Liceo Juban?»

A Usagi quasi venne un colpo, si sentiva improvvisamente come svuotata dei suoi organi vitali. Perché faceva così male?

Rei lanciò istintivamente un’occhiata verso Usagi. La vide girarsi ed avviarsi verso il bancone. Non la vide in faccia, ma era sicura che fosse distrutta. «Mi dispiace Mamoru, ma dovresti chiederlo a una studentessa di quella scuola … non conosci il regolamento?» Il regolamento prevedeva che almeno un componente delle coppie che partecipavano al ballo frequentasse il liceo Juban. Rei poi aveva già il suo accompagnatore: Inazuma Kenta, un compagno di classe di Usagi.

Mamoru si voltò verso Motoki. «Questa non vale.»

Motoki annuì.

«Makoto … tu?» Il ragazzo non perse tempo.

«Ah no … ho già un accompagnatore.» Rise nervosamente.

«Ami?» Lo chiese anche a lei ma si pentì quasi subito. Sapeva quanto fosse timida, un rifiuto era più che probabile.

«Eh? Io? Perché lo chiedi a me?» Era arrossita visibilmente. «Io ... no … non ci vado al ballo … resterò con mia madre … » Sentiva di aver in qualche modo tradito Usagi.

«Minako? Non darmi buca anche tu!» Afferrò entrambe le mani della ragazza, proprio non voleva arrendersi. Quella era la sua ultima opportunità.

«Mamoru, mi spiace, ma una ragazza bella come me non può essere ancora libera!» Modestamente.

Mamoru ritornò a sedersi al bancone proprio accanto ad Usagi. «Motoki hai vinto tu.»

«Però non vale.» rispose il biondino intento a rimettersi il grembiule. «Avresti dovuto chiederlo ad Usagi. È stata lei la prima ad entrare nel locale.»

«Non ricordi bene i patti Motoki: avrei dovuto invitare le prime tre ragazze che entravano nel locale … ragazze! E non la prima scimmia coi codini!» Credeva di essere divertente.

Usagi incassò il colpo senza battere ciglio, ormai era abituata a quel genere di battute.

Fece finta di niente.

Non si girò neanche a guardarlo in faccia. Doveva avere la forza di ignorare le sue battute.

«Non sei neanche curioso di sapere cosa ti avrebbe risposto?»

«Avrei risposto di … no!» affermò Usagi. In realtà d’istinto gli avrebbe detto di sìsìsisi, ma pensare che quella richiesta era dettata da una scommessa la fece rattristare. «Se vuoi davvero andare al ballo dovresti invitare una persona che ti piace … e non le prime tre che ti capitano.» Per la prima volta guardò Mamoru direttamente negli occhi, ma abbassò quasi subito lo sguardo.

Mamoru rimase in silenzio, non commentò la risposta di Usagi. Era dura da ammettere ma aveva pienamente ragione.

«Allora ragazze … le solite cioccolate calde?» Finalmente dei clienti. «La tua con tanta panna .. vero Usagi?»

«Motoki tu la vizi troppo … non vedi che assomiglia sempre più a un porcellino?» Quel giorno aveva deciso di non risparmiarla.

Prima l’aveva paragonata ad una scimmia e adesso ad un porcellino. Usagi era riuscita a restare impassibile, si sentiva fiera di sé. Ma perché continuava a prenderla in giro, che gusto ci provava se lei non rispondeva. A quel punto un terribile pensiero albergò nella sua mente: e se Mamoru non la prendesse in giro? Se tutte quelle cattiverie le pensasse sul serio?

«Beh, non dici niente? … Hai perso la lingua?» Aveva bisogno di uno scontro.

Usagi fece spallucce e si mise una mano davanti alla bocca, per frenare la sua lingua … aveva una gran voglia di rispondergli.

Perché continuava … perché non la lasciava in pace? Non aveva neanche il diritto di stare per fatti suoi? Stava male a causa sua. Sentiva gli occhi pizzicarle.

Rei fece subito segno a Mamoru di stare zitto, di smetterla. Ma quello per lui era un pretesto per continuare.

«Cosa c’è sei depressa?» insisteva ostinato. «Ah, ho capito! Ti sei vista allo specchio?» rise.

Quella fu la goccia che fece traboccare il vaso. Non gli aveva detto niente, eppure lui aveva continuato a trattarla male. Aveva seguito il consiglio di Rei ma non era servito a niente. E per di più aveva invitato tutte le sue amiche al ballo, a quel maledetto ballo! Questo significava solo una cosa: che lui la disprezzava, e ci provava anche gusto. Non c’era altro modo per definire quello che Mamoru sentiva per lei … odio!

Con le mani si coprì il volto e iniziò a piangere. Non riuscì a trattenersi. Piangeva silenziosamente. Faceva male, molto male. Come se qualcosa dentro di lei si fosse irrimediabilmente rotto.

Si poteva dire che Mamoru avesse praticamente toccato il fondo! Fissava pietrificato Usagi che singhiozzava. In quel momento scoprì quanto fosse fragile. Si guardava intorno cercando un aiuto, ma a fissarlo c’erano solo sguardi giudicatori. Motoki era sorpreso tanto quanto lui. Le ragazze invece avevano un’espressione triste, rassegnata, come se immaginassero che prima o poi sarebbe esplosa. Si sentiva un verme, il verme più verme dei vermi.

Non era possibile. Stava fingendo! «Dai, adesso non farmi credere che ti metti a frignare per così poco.» Quella lo stava facendo passare per uno stronzo.

Usagi scattò in piedi. Lo fissava esasperata. No, non stava fingendo. «Ma si può sapere che t’ho fatto?» Mentre pronunciava quelle parole, senza controllo, una sua mano andò a scontrarsi contro il volto di Mamoru. Uno schiaffo … e che schiaffo. «LASCIAMI IN PACE!» Scappò via. Voleva stare il più lontano possibile da lui.

Quel ceffone era stato così inaspettato che Mamoru perse l’equilibrio e per poco non finiva a terra. Fortunatamente riuscì ad aggrapparsi al bancone, evitando una caduta rovinosa. Si massaggiò la parte lesa, sorpreso di quanta forza possedesse la ragazza, era bagnata … lacrime.

Ami era corsa fuori all’inseguimento di Usagi.

«TU SEI UN MOSTRO!» Minako aveva afferrato Mamoru per la maglia e aveva iniziato a scuoterlo avanti e indietro. «Lei non reagiva e tu hai lo stesso infierito su di lei! Cattivo!»

Mamoru era impassibile … sentiva di meritarselo. Le ragazze non si fanno mai piangere, neanche se la ragazza in questione è l’odiosa Usagi.

«Minako smettila!» Era intervenuta Makoto allontanando l’amica da quell’essere immondo. «Così non gli fai abbastanza male!» disse mentre cercava di mettere le mani intorno al collo del malcapitato. Fortunatamente, per Mamoru, Rei e Minako giunsero per tempo.

«Cosa avevi intenzione di fare?» disse Rei agitata.

«Nessuno può far piangere Usagi e passarla liscia!»

«Non è così che si risolvono le cose … piuttosto, andate a cercare Usagi … sarà distrutta.»

Makoto e Minako annuirono e uscirono dal locale.

«Adesso che vuoi fare? Vuoi assalirmi come le tue pazze amiche?» Mamoru aveva un’espressione avvilita. Era visibilmente pentito.

«No.» rispose la ragazza. «Io sono colpevole tanto quanto te.» Si sedette al posto che prima era di Usagi. «Le ho detto io di non rispondere alle tue provocazioni. Pensavo che … » Appoggiò sconfortata la testa sul bancone. «Non so neanche io cosa pensavo. Volevo solo aiutarla.» Poi lo fulminò con lo sguardo. «Certo che potevi tenere la bocca chiusa!»

«Non potevo immaginare che avrebbe reagito così.»

«E che ti aspettavi? Usagi è pur sempre una ragazza, prima o poi sarebbe esplosa, era solo questione di tempo.» Una ragazza con un sogno impossibile.

«Vedrai che presto le passa, e tornerà tutto come prima.» lo desiderava talmente tanto.

«Mamoru.» Rei si alzò per andarsene. «Voglio troppo bene ad Usagi per permetterle ancora di soffrire. Se non farai qualcosa, giuro che non le permetterò più di vederti. Non la vedrai mai più.»

 

Mai più? Era molto, moltissimo tempo. Non poteva perdere il suo bersaglio preferito.

Mamoru si grattava la testa. «Quella stupida non fa altro che crearmi problemi!»

«Questa volta è colpa tua!» Motoki si ritolse il grembiule, era arrabbiato anche lui. Mamoru era riuscito a far scappare le uniche clienti che fossero entrate quel pomeriggio.

«Allora anche tu sei contro di me?»

«Hai toccato il fondo … sei riuscito a ridurla in lacrime.» Quello sguardo ammonitore, non riusciva proprio a sopportarlo. «Non l’avevo mai vista triste, neanche quando prendeva un brutto voto.»

Mamoru si alzò, in quel momento aveva bisogno di schiarirsi le idee. «Credo che questa volta non me la caverò con un semplice scusa

«Beh, in bocca al lupo.» Lo salutò Motoki con un sorriso amaro.

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Nevicava abbondantemente, per di più il vento non accennava a calmarsi. Mamoru si stringeva nel suo cappotto maledicendosi per essere uscito senza ombrello. In lontananza qualcuno avanzava verso di lui. Era una strana figura con un’enorme ombrello verde. Quando fu abbastanza vicino, Mamoru riconobbe un ragazzo che aveva sicuramente visto da qualche parte, ma non ricordava dove, e francamente non gli interessava.

Lo sconosciuto si era fermato di fronte a lui. Era sorridente. «Ciao.» disse, come se lo conoscesse da sempre. «Cercavo proprio te.»

«Ci conosciamo?» chiese Mamoru sorpreso.

«Io sono Mitsuo Catamaru, frequento la tua stessa università.» inchinò lievemente il capo. «Sono una matricola e … ho bisogno del tuo aiuto.»

 

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Usagi se ne stava seduta sui gradini che portavano al santuario, incurante della neve che la stava tramutando in una statua di ghiaccio.

«Ti prenderai un malanno!» Makoto l’aveva coperta col suo ombrello.

Lei non parlava, non ascoltava, aveva smesso ormai di piangere e fissava intensamente le sue scarpe. Stivali neri impermeabili … orribili! Eppure le erano sembrati così belli nella vetrina di quel negozio …

«Usagi? Ci stai ascoltando?»

«Ah … » Un sospiro fu la sua risposta.

Le ragazze si guardavano indecise sul da farsi. Sapevano quanto Usagi ci tenesse ad essere invitata da Mamoru, e si sentivano mortificate per aver ricevuto tutte l’invito dal ragazzo per il quale la loro amica si stava dando tanto tormento.

«Avevate ragione … sono solo un’illusa!» Sembrava essere finalmente tornata con i piedi per terra.

«Ci dispiace … » disse Ami.

«Non è colpa vostra … avete anche cercato di svegliarmi … ma io … io … » riprese a singhiozzare.

«Su, non fare così.»

«Mamoru mi sembrava veramente dispiaciuto.» Minako voleva risollevarle il morale, per quel che era possibile.

«Dimenticalo!» Makoto aveva fatto un pugno con la sua mano inguantata. «Non hai imparato niente? Quel farabutto non merita alcuna pietà!»

«Non ha tutti i torti … » s’intromise Rei. «Usagi forse ho sbagliato a darti quel consiglio, ma almeno adesso sei riuscita a capire che razza di tipo è Mamoru.»

«Che vergogna! Gli ho dato uno schiaffo … uno schiaffo! Non avrò più il coraggio di guardarlo in faccia!»

Perché era sempre così impulsiva?

Perché non pensava mai prima di agire?

Perché si era innamorata di Mamoru?

Domande che mai avrebbero trovato risposta.

«Beh, credo che non vedervi per un po’ farà bene a entrambi.» Rei sorrideva mentre aveva iniziato ad asciugare dolcemente le lacrime di Usagi. «Mamoru imparerà a darsi una regolata e tu, avrai l’occasione per riflettere sui tuoi sentimenti.»

Usagi annuì ma non disse niente, si sentiva un po’ meglio. Aveva delle buone amiche.

«Ok … il Game Center è off limits! Dove andiamo?» Minako si rese conto che ormai la situazione si era calmata e aveva deciso di cambiare argomento.

«Io, avrei voglia di un gelato … » disse timidamente Usagi.

«Un gelato! Cos’è, non hai preso abbastanza freddo?»

«È l’unico modo che conosco per affogare i miei dispiaceri!» Un modo delizioso e ipercalorico.

Le ragazze si fissarono rassegnate, per Usagi avrebbero fatto questo ed altro. «E gelato sia.» dissero all’unisono.

 

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Mamoru continuava a fissare perplesso quel ragazzo e anche un po’ seccato; dopo quello che era appena successo non voleva altre grane. «Hai bisogno di un aiuto di tipo scolastico?» Non sarebbe stata la prima volta che qualcuno gli chiedesse aiuto con lo studio. Si era da sempre distinto per le sue doti intellettuali.

«Oh, nono … » Mitsuo era arrossito. «Devi aiutarmi con una … ragazza

«Una ragazza?» quante assurdità in una giornata sola.

«Sì.» Lo stato di rossore di Mitsuo aumentava a vista d’occhio. «Ho chiesto a questa ragazza di venire al ballo con me, ma ha rifiutato la mia proposta.» Divenne immediatamente triste. «Due volte!»

«E io che c’entro?» Già, cosa aveva fatto di male quel giorno per meritarsi tutto ciò?

«Solo tu puoi aiutarmi a conquistarla!»

Beh, che avesse un certo fascino era inconfutabile, ma dare consigli su come conquistare le donne era troppo. «Non se ne parla.»

«Ma non devi fare niente.» supplicò. «Dammi solo qualche suggerimento, sicuramente la conosci meglio di chiunque altro!»

«E chi sarebbe questa ragazza?»

«Usagi, Tzukino Usagi!»

Mamoru sgranò gli occhi. Non era vero. Seguì un attimo di silenzio. «Non credo di essere la persona più adatta.»

«Perché? Vi ho visto insieme tantissime volte … sembrate così affiatati.» Non poteva rifiutare, era la sua ultima possibilità di riuscita.

«Io e Usagi non andiamo molto d’accordo.» Era di sicuro la persona meno adatta. «Mi dispiace.»

«Ti prego, sei la mia ultima speranza, mancano solo tre giorni!» Si era inginocchiato a terra noncurante che fosse tutto bagnato. Quello non si dava di certo per vinto.

«Ok ti darò una mano.» Quella sceneggiata poteva finire lì. «Basta che la smetti!» Aveva ceduto troppo facilmente. Colpa di Usagi?

 

Mamoru aveva invitato quello strano ragazzo nel suo appartamento; non gli andava di discutere al freddo e sotto la neve.

«Accomodati.» Aveva acceso i riscaldamenti e quasi immediatamente sentì un’ondata di calore avvolgerlo piacevolmente. Casa dolce casa. «Sono curioso di sapere come può piacerti quella ragazzetta petulante e fastidiosa.»

Ma come osava quello parlare così della ragazza più fantastica del mondo? «Usagi è … » Il solo pensare alla sua bella fece illuminare i suoi occhi. «Meravigliosa!» Fu il primo aggettivo che gli venne in mente.

Mamoru lo ascoltava disgustato. Mitsuo aveva di sicuro preso una botta in testa, non c’era altra spiegazione. Però, poteva anche sbagliarsi, in fondo “de gustibus non disputandum est”. «E in tutto questo come posso aiutarti?»

«Voglio fare colpo! Dammi delle dritte, insomma dimmi cosa le piace e cosa no.» Mitsuo tirò fuori un taccuino nero pronto per prendere appunti.

Mamoru continuava a fissare quel ragazzo, incapace di comprendere come potesse aver perso la testa per Usagi. Lo osservava attentamente, e più lo guardava e più non capiva perché Usagi avesse rifiutato la sua proposta. Sembrava uno in gamba, di bell’aspetto, e poi doveva essere anche abbastanza intelligente per frequentare un’università rinomata come la sua. Perché Usagi gli aveva detto di no? La conosceva abbastanza da sapere che avrebbe sbavato dietro a quel tipo. Quella sciocchina doveva ringraziare il cielo per aver trovato uno interessato a lei, un’occasione simile non le sarebbe capitata mai più. Mah, valle a capire le donne! «Secondo te, perché Usagi ha rifiutato la tua proposta?»

«Non saprei … forse non sono il suo tipo.» Era impressionante come Mitsuo passava da momenti di felicità ad altri di completa depressione. Il suo sguardo era cupo, perso in chissà quali pensieri funesti. «Ma, mi conforta il fatto che abbia rifiutato anche tutti gli altri.» Era di nuovo felice.

Tutti gli altri? «Aspetta un attimo» lo interruppe sconcertato. «Usagi ha ricevuto altre proposte per il ballo?»

«Oh certo, non immagini quante!» Lo disse sicuro, come se fosse la cosa più ovvia in assoluto.

Quel giorno non si sarebbe meravigliato più di niente. «E lei le ha rifiutate tutte.» Non riusciva a crederci.

«Sì!»

Il mondo aveva iniziato a girare al contrario. «E non è che lei ha già un accompagnatore?» Ok, l’aveva detto; a quel punto tutto era possibile.

«Nono … me lo ha confermato una fonte sicura.» Mitsuo divenne serio. «Aiutami! Dimmi come comportarmi! Sono sicuro che col tuo aiuto potrò avere ancora una possibilità»

Mamoru era titubante, si trovava di fronte ad una situazione alquanto bizzarra. Dei problemi di Mitsuo sinceramente non gli importava granché, ma non se la sentiva di dirgli definitivamente di no. Forse perché c’era di mezzo Usagi, forse perché l’aveva fatta piangere. Ma il perché Usagi avesse rifiutato Mitsuo, e altri ragazzi, restava comunque un mistero. Non riusciva proprio a capacitarsi. Forse era timida, o semplicemente Mitsuo non aveva utilizzato la tecnica giusta con lei. Magari aiutandolo avrebbe fatto per la prima volta qualcosa di carino per Usagi e avrebbe alleviato un po’ quel peso che sentiva allo stomaco.

«Va bene, ti darò una mano.» Aveva preso la sua decisione e già si sentiva meglio.

 

Mamoru prese posto sulla sua poltrona di pelle beige. «Usagi … » accarezzò i braccioli con le mani e sorrise pensando a tutte le folte che l’aveva fatta infuriare. Nonostante non la sopportasse, doveva ammettere che il solo pensarla lo metteva di buon umore. Poteva affermare con assoluta sicurezza di conoscerla abbastanza. Di sicuro sapeva cosa odiava, o meglio chi; ma di quello preferì non parlarne. «Usagi è una ragazza permalosa, irascibile, aggressiva.» Iniziamo con i complimenti.

Mitsuo si bloccò dal prendere appunti. «Aggressiva? Ma se è la ragazza più dolce di questo pianeta.»

Mamoru portò istintivamente la mano sulla guancia che Usagi aveva colpito con un’incredibile potenza. «Limitati a prendere appunti e non interrompermi. Scrivi aggressiva, e sottolinea due volte. Fidati!»

Mitsuo non credeva minimamente a ciò che gli era appena stato detto, ma si limitò solo a prendere appunti. Non lo avrebbe più interrotto.

Mamoru riprese a parlare. «Sarai d’accordo con me sul fatto che Usagi è una ragazza pasticciona, sbadata, distratta e … infantile.»

Mitsuo annuì e scrisse tutto, era doloroso ammetterlo, ma Usagi era davvero tutte quelle cose.

«Usagi è una ragazza un po’ strana, lunatica oserei dire. Non capisci mai cosa le passa per la testa e credo che nessuno sia ancora riuscito a comprendere i percorsi del suo cervello.» Mamoru sembrava più rilassato. «Scusami, non ti ho offerto niente. Vuoi qualcosa da bere? Qualcosa di caldo?»

Mitsuo fece cenno di no con la testa. «Sto bene così, grazie. Raccontami ancora di Usagi.»

Mamoru non se lo fece ripetere due volte. «Fammi pensare … Non le piace studiare, non le piace leggere, ah, a meno che non si tratti di un fumetto … » L’aveva vista spesso nel reparto “manga” della libreria che frequentava. «Ama ingozzarsi di dolci in quantità industriali, ma non farle notare che ciò potrebbe avere effetti devastanti sulla sua linea, o conoscerai il suo lato aggressivo.» Tutti gli zuccheri che Usagi ingurgitava, da qualche parte dovevano pur finire. Purtroppo, l’abbigliamento di Usagi aveva sempre camuffato le sue forme, e le uniche parti che Mamoru era riuscito a vedere erano le braccia e le gambe. Quelle erano abbastanza magre, quindi era assolutamente convinto che sotto i suoi abiti, Usagi nascondesse abilmente dei fianchi laghi e una pancetta abbastanza pronunciata. «Però, puoi sfruttare a tuo vantaggio questo suo amore per i dolci. Penso che regalandole dei cioccolatini attireresti la sua attenzione.»

«Regalarle dei cioccolatini.» Mitsuo lesse ad alta voce ciò che stava scrivendo. Continuava imperterrito a prendere appunti. Era stata una grande, grandissima idea rivolgersi a Mamoru.

Mamoru aveva preso simpatia per quel ragazzo, apprezzava la sua energia, il suo entusiasmo. Lui non si era mai comportato così, neanche quando era un’adolescente. Aveva frequentato molte ragazze, ma non si era mai innamorato, neanche una cotta! Sarebbe stata una bella esperienza da vivere. «Il trucchetto per far colpo su Usagi è essere gentile, farle complimenti, ridere alle sue battute pietose; e non prendere in giro la sua pettinatura.» Odango. Era così che l’aveva soprannominata per via dei suoi ridicoli codini. A lei proprio non andava giù quel nomignolo e si arrabbiava ogni volta che la chiamava così. Era così buffa. «Quindi, ecco cosa dovrai fare: regalale dei cioccolatini, invitala a fare una passeggiata, nel parco, penso che sia un posto romantico. Dille che è bella e che adori i suoi codini. Non parlare di scuola o di libri. Sii gentile, sempre. Magari la porti a prendere una cioccolata calda, a lei piace con tanta panna. E infine, quando capisci che ormai hai conquistato la sua fiducia, le fai la proposta per il ballo. Non prima, è di fondamentale importanza.»

Mitsuo era pienamente soddisfatto. Ce l’avrebbe fatta! «Io avevo pensato di regalarle dei fiori. Che ne pensi? Tu sai che fiori le piacciono?»

Mamoru rifletté un attimo. «Una rosa. Regalale una singola rosa rossa.»

Mitsuo chiuse il block notes con un sorriso immenso. «Non so come ringraziarti.» Fece un inchino.

«Con i consigli che ti ho dato, non avrai problemi. Sono sicuro che riuscirei a conquistarla persino io!» Il solo pensiero lo fece rabbrividire. «Se poi le cose dovessero mettersi male, dille che odi Mamoru Chiba

Mitsuo sorrise non capendo il significato dell’ultima frase.

 

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Trenta Dicembre.

Usagi non se la sentiva di andare a fare colazione. Era ancora giù per la questione con Mamoru. Per aver pianto davanti a lui, per avergli dato uno schiaffo. Ma come le era venuto in mente? Si nascose sotto le coperte per la vergogna. Si sarebbe finta malata, ne avrebbe guadagnato una mattinata a letto a leggere manga!

 

«Usagi … » Mamma Ikuko era entrata discretamente nella sua camera.

«Si … » disse mostrando di sé soltanto gli occhi.

«Ho qui un pacchetto per te.» Ikuko mostrò una scatolina ben impacchettata.

«Uhm? Per me?» Usagi si riprese dal suo stato pietoso, se c’era qualcosa che l’aiutava a dimenticare i problemi erano i regali. «Da parte di chi?»

«Non saprei, non c’è scritto niente, in realtà non c’è neanche il timbro postale.» La donna scrutava attentamente il pacco, ma oltre alla scritta per Usagi Tzukino, non vi era altro. «L’hanno lasciato qui fuori.»

«Per me li dentro c’è una bomba!» Osò dire suo fratello.

«Suvvia Shingo non dire sciocchezze.» Lo rimproverò Ikuko.

«Beh? Tutto questo movimento per un pacchetto?» Persino papà Kenji era attratto da quella situazione.

Usagi afferrò il pacchetto e l’agitò per capirne il contenuto. Si sentiva il suono di oggettini piccoli ma non riusciva a capire di cosa si trattasse. Lentamente scartò il pacco per scoprire che si trattava di … cioccolatini.

Kenji guardava sua figlia sconcertato, chi aveva osato fare un regalo simile alla sua piccolina? I cioccolatini si regalano tra innamorati e la sua Usagi non poteva avere un ragazzo. No. Era fuori discussione.

«Beh, noi andiamo.» Ikuko capì che era meglio lasciare la figlia sola. Tirò fuori dalla camera figlio e marito, e dovette usare tutta la forza che aveva, perché quei due non avevano nessuna intenzione di uscire.

«Starei attento a mangiarli, per me sono avvelenati!» fece in tempo a dire Shingo, e per poco non si prese una pantofola in testa. Fortunatamente per lui, Usagi aveva una pessima mira e beccò solo la porta.

Sulla confezione rossa brillava un bigliettino bianco. Usagi lo aprì con estrema lentezza, il cuore le batteva forte.

Ti aspetto alle 17:00 pm

Davanti alla fontana nel parco

M.C.

MC MC … ripeteva Usagi nella testa. Le era venuto un solo nome in mente, ed aveva paura anche solo pensarlo … Mamoru Chiba. Divenne bordeaux. Poteva essere lui. Oh si, doveva essere lui. Magari voleva scusarsi con lei per il modo con cui l’aveva trattata. Che gesto carino.

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Rei aveva tra le mani il famoso bigliettino. «Secondo me non sono da parte sua.» Mamoru non le sembrava il tipo da certe smancerie.

«Sempre la solita guastafeste!» disse Minako rubando uno dei cioccolatini nella scatola. Delizioso! «Forse vuole scusarsi con Usagi.»

«Chiunque sia stato è tuo dovere ringraziarlo.» Anche Ami era tentata dal prenderne uno, erano così invitanti.

«Serviti pure.» Usagi si accorse che Ami-chan quasi sbavava, ma l’amica era fin troppo educata dal prendere un cioccolatino senza permesso.

«Ti accompagno. Non si sa mai che tu abbia bisogno di una guardia del corpo.» Makoto vedeva il pericolo ovunque.

«Me la saprò cavare da sola … e non seguitemi come sospetto!» Più che un sospetto era una certezza. «Vi racconterò tutto. Giuro!»

 

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Parco cittadino di Tokio.

Per la prima volta in vita sua Usagi era arrivata puntuale ad un appuntamento, addirittura con cinque minuti di anticipo. Era agitata ma non doveva darlo a vedere. Si guardava intorno stupita dal fascino del parco innevato, le sembrava di trovarsi in una di quelle caratteristiche cartoline natalizie.

«Usagi.» Mitsuo era proprio dietro di lei, felice di non aver ricevuto buca. «Sono contento che tu sia venuta.» Sprizzava felicità da tutti i pori.

Usagi lo guardò interdetta. «Mitsuo … tu!» M.C. Mitsuo Catamaru. Come aveva fatto a non pensarci, era cotto di lei, l’aveva pure invitata al ballo. «Sei stato tu a mandarmi la scatola di cioccolatini?» disse con la desolazione nel cuore. Domanda retorica.

«Spero ti siano piaciuti.» sorrise imbarazzato.

«Perché?» Perché non era stato Mamoru? Perché lui! Se non avesse terminato le sue lacrime per Mamoru, si sarebbe messa a piangere. No no no! Non era giusto, doveva esserci Mamoru e non quello. Se sperava che lei accettasse di andare al ballo con lui solo perché le aveva regalato dei cioccolatini, si sbagliava di grosso.

«Tu mi sei simpatica Usagi, consideralo un piccolo regalo di natale.» Era diventato tutto rosso.

Beh, se la metteva così … «Grazie.»

«Scusa se ti ho chiesto di incontrarci in un posto così freddo.»

«Invece è bellissimo qui, non ricordavo che il parco fosse così suggestivo sotto la neve.» E anche molto romantico.

«Conosco un bar nelle vicinanze che ha aperto da poco. Preparano una cioccolata calda buonissima. Ti va di accompagnarmi?»

Non si rifiutava mai una buona cioccolata calda. «D’accordo.»

«Bene … sai a me piace con tanta panna.»

«Che coincidenza, anche a me!»

Stava procedendo tutto secondo i piani. Tutto per merito di Mamoru.

 

Contro ogni sua aspettativa, Usagi passò un pomeriggio sorprendentemente piacevole. Era stato tutto perfetto. Aveva scoperto di avere molto in comune con Mitsuo. Era contenta di aver passato un po’ di tempo con lui, perlomeno aveva temporaneamente dimenticato Mamoru.

 

Era arrivato il momento, Mitsuo doveva dichiararsi. «Usagi, scusa l’invadenza ma, mi domandavo se alla fine avevi trovato un accompagnatore per il ballo.»

«No.» Ecco, come immaginava, adesso glielo avrebbe chiesto.

«Aspettami qui, arrivo subito.» Mitsuo si allontanò lasciando Usagi sola. Ritornò dopo un paio di minuti, affannato. Nascondeva qualcosa dietro la schiena; la tirò fuori: una rosa scarlatta. La porse verso Usagi. «Vieni con me … al ballo.»

«Co-cosa? Ma i-»

«Scusa, non volevo essere sfacciato, ma, tu sei sola, io sono solo, andiamoci insieme al ballo. Da buoni amici.»

«Buoni amici?» Usagi avvicinò la rosa la naso per poterne percepire l’odore. Adorava le rose, specialmente quelle rosse.

«Sì, da buoni amici.»

Usagi continuava a fissare la rosa confusa. Cosa fare … accettare? Era triste pensarlo, ma Mamoru era ormai un capitolo chiuso. Non c’era niente di male ad andarci con Mitsuo, lui era un così bravo ragazzo, e poi sarebbero andati da amici, da buoni amici. «Ok … verrò al ballo con te!» Ma sì, era giunto il momento di pensare un po’ a se stessa e divertirsi.

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Trentuno Dicembre.

«Usagiiiii il tuo amico ti sta aspettando, sbrigati se non vuoi che papà lo distrugga!» Ikuko era andata a chiamare la figlia per la seconda volta.

Usagi si fissava allo specchio: indossava un abito lungo di raso, color rosa pallido. Era molto semplice, fatta eccezione delle bretelline di strass.

Mitsuo la vide scendere le scale. Era bellissima.

Finalmente, non ne poteva più del terzo grado di Kenji Tsukino.

«E dove credi di andare vestita così?» Kenji non avrebbe mai permesso a sua figlia di uscire in quello stato.

«Va ad un ballo.» A rispondere fu Ikuko.

«Ma non credi che quell’abito sia un po’ scollato? Nevica sai?»

«Quell’abito è perfetto, e poi ballerà al chiuso!» ovvio.

«Non mi va che MIA figlia vada in giro conciata così, è ancora una bambina.»

«NOSTRA figlia non è più una bambina.»

«Potrà uscire solo se va a cambiarsi.»

«Oh no, lei non andrà a cambiarsi.»

«Invece sì!»

«Oh bene, così questo sarà il secondo ballo di capodanno che rovinerai!»

«Lo sapevo che sarebbe andata a finire così, vuoi farmela pagare perché non ti ho portata al ballo del liceo. Possibile che dopo tanti anni sei ancora arrabbiata con me?»

«Io ero a casa da sola e tu al ballo con Hitomi.»

«Ma avevamo litigato ed io … »

Ogni volta che si parlava di balli, i suoi genitori finivano col litigare.

Usagi si mise il cappotto, quel vestitino leggero era un attentato alla sua salute. «Vi ricordo che resterò a dormire a casa di Rei.» Ma quelli continuavano a bisticciare. «Mamma? Papà? Allora noi andiamo.» Niente, Non ascoltavano. Pazienza. «Andiamo Mitsuo.»

«E vuoi lasciarli così?»

Usagi indicò i genitori che avevano iniziato a parlare più animatamente. «Fanno sempre così, tra un po’ si stancheranno e ritorneranno più innamorati di prima.»

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Nella palestra del liceo Juban due ragazze non si stavano divertendo come tutti gli altri.

«Se avessi saputo che sarebbe andata a finire così sarei rimasta volentieri al santuario a pregare!»

«Dov’è il tuo cavaliere?» chiese Makoto.

«In bagno, penso. Si è sentito male dopo il terzo drink!» Che rabbia!

«Non dovrebbero servire alcolici ai balli liceali.»

«Infatti! Credo che qualche ragazzo abbia corretto furtivamente le bevande.» E mandato a monte la sua serata romantica. «E il tuo cavaliere invece? Che fine ha fatto?»

«Beh, mentre ballavamo, presa dall’enfasi, l’ho, come dire, sollevato in aria.» Makoto era tutta imbarazzata. «Penso di aver in qualche modo intaccato la sua virilità. Non l’ho più visto.»

«Avete visto Iroshi?» Minako era arrivata come una furia!

«No.» Risposero insieme.

«Non so dove si sia cacciato. Uffa, devo assolutamente ballare questa canzone con lui!» Si allontanò di nuovo alla velocità della luce. «IROSHI! IROSHINOOOOOO!»

«Povero Iroshi,» aggiunse Rei. «Mina-chan non ha fatto altro che pestargli i piedi … »

«Ammettiamolo … siamo delle sfigate!» entrambe annuirono tristemente.

«Chissà se a Usagi andrà meglio.» Pensò Rei ad alta voce.

«Sono contenta che alla fine abbia deciso di venire con Mitsuo, sembra uno a posto.»

 

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Usagi e Mitsuo avevano oltrepassato l’ingresso della scuola e si dirigevano verso la palestra. Usagi tremava per il freddo, non vedeva l’ora di entrare.

«Usagi, ho dimenticato i documenti in auto, aspettami.»

Usagi guardava le vetrate della palestra che risplendevano di mille colori. Che bello. Si sarebbe divertita, alla faccia di Mamoru.

Improvvisamente qualcosa catturò la sua attenzione. A terra tra la neve, spiccava un taccuino nero. Lo raccolse e curiosa lesse la prima pagina, per capire a chi appartenesse, così da poterlo restituire. Quello che vi lesse a chiare lettere la lasciò senza parole. Iniziò a sfogliare violentemente tutte le pagine. La delusione si dipinse sul suo volto.

 

«Eccomi, sbrighiamoci ad entrare o moriremo di freddo.» Mitsuo andò avanti, ma Usagi rimase immobile.

«Mitsuo, credo che ti sia caduto questo.» mostrò il taccuino.

Il ragazzo sbiancò. E se Usagi avesse … «L’hai letto?»

«Sì.»

«Non lo sai che non si leggono le cose altrui?»

Questa poi, adesso voleva anche girare la frittata. «Sai com’è, il titolo “consigli per conquistare Usagi” ha catturato la mia attenzione!» Farabutto. Gli uomini erano tutti dei farabutti, lo stava scoprendo a sue spese.

«Io volevo solo venire al ballo con te.»

«Ti sei preso gioco di me.» Come Mamoru.

«Lo so. Mi dispiace.» Era veramente dispiaciuto.

«Chi ti ha detto tutte quelle cose?»

«Nessuno.» Non avrebbe tradito il suo salvatore.

«Ti prego, riportami a casa.» disse risoluta.

«No. Usagi non buttiamo via questa serata.»

«Ho detto: riportami a casa.»

Non poteva finire così. Doveva trovare una soluzione. Tentò allora il tutto per tutto. «Io … io odio Mamoru Chiba!»

Usagi spalancò gli occhi. «È stato lui, non è vero? Dimmelo!»

«No.»

«BUGIARDO.» Prima che terminò la parola, le cinque dita della sua mano destra si erano impresse sulla guancia di Mitsuo. Questo schiaffo era stato meno forte di quello dato a Mamoru, causa del freddo che aveva paralizzato metà dei suoi arti, per niente soddisfacente. Se potesse tornare indietro gli avrebbe tirato un pugno!

«Usagi … » Mitsuo se ne andò abbattuto lasciandola sola in quel cortile innevato.

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Mamoru fissava le due carte in mano a Motoki. Quale scegliere? Allungò la mano per afferrare quella a destra.

«Sei davvero sicuro di voler quella carta? Sai, io lo dico per te, non voglio vederti perdere ancora.»

Motoki e le sue tattiche da quattro soldi. Non poteva starsene zitto e giocare? Doveva per forza aprire la bocca ogni secondo? Era un bluff, ne era sicuro. Stava cercando di proteggere il cinque. «Ho deciso, scelgo questa!» disse prendendo la carta su cui aveva puntato. Jolly!

«Ha ha … Mamoru, non dire che non ti avevo avvisato!» Motoki era imbattibile a quel gioco. «Adesso tocca a me.»

Mamoru mescolò le due carte che aveva n mano e le mise sul bancone, senza guardale. Motoki era capace di leggere la mente e capire tutto. «Allora amico mio, quale scegli?»

L’altro ci pensò una frazione di secondo. «Scelgo questa.» prese una carta. «Cinque! Ho vinto di nuovo!»

No, non era possibile, era la quarta volta che perdeva. «Sei solo fortunato.»

«Ha ha, oppure sono solo bravo … ammettilo!»

Quella si prospettava una lunga, lunghissima nottata.

 

Din-Din-Din-Din

Clienti? Era strano che all’una di notte ci fosse qualcuno in giro, era presto.

Motoki sgombrò il bancone dalle carte, mentre Mamoru si alzò per accogliere i clienti.

«Ehilà Mamoru … » Mitsuo entrò nel locale con passo lento e con lo sguardo depresso.

Chiba rimase sorpreso dal vedere il ragazzo varcare la soglia. «Mitsuo? Tu qui? Non dovresti essere-»

«Mamoru, ho rovinato tutto» Lo interrupe. «Mi odia.»

«Siediti, raccontami cosa è successo.» Mamoru lo fece accomodare ad uno sgabello. «Non ha accettato la proposta?»

«No, anzi. Ha accettato. Ero felicissimo. Tutto grazie a te.» abbassò lo sguardo. «Sono andato a prenderla a casa, e siamo andati al liceo, e … » s’interruppe, era troppo doloroso parlare.

«Insomma cos’è successo?»

«Usagi ha per caso trovato il mio taccuino.»

Mamoru sgranò gli occhi. «Quel taccuino?» Era un grosso guaio.

Mitsuo si toccò la guancia sinistra ancora rosea. «Ho conosciuto il suo lato aggressivo e manesco!»

Mamoru comprendeva benissimo. «Io non so che dire. Dovevi stare più atten-»

«E non è finita qui.» continuò. «Sa che sei stato tu a darmi tutti quei suggerimenti … »

«Cosa?»

«Mi dispiace … »

«Ed io che credevo di fare una cosa buona per lei.» Mamoru si alzò e si tolse il grembiule da lavoro mostrando il suo elegantissimo smoking. «Adesso dov’è?»

«L’ho lasciata nel cortile del liceo, ma non credo che sia andata al ballo da sola.» Non era una cosa positiva per le ragazze presentarsi da sole al ballo.

«Vado a cercarla.» Si mise il cappotto.

«Mamoru, ma dove vai? Hai un lavoro da svolgere!» disse Motoki, che fino a quel momento era rimasto in silenzio.

«Motoki mi dispiace ma dovrai cavartela da solo.»

«Baka Mamoru! Adesso dovrò passare altre cinque ore ad annoiarmi da solo!»

Mitsuo si alzò. «Va beh, vado anch’io, me ne torno a casa … »

Eh no, era tutta colpa sua se Mamoru se n’era andato. «E tu dove credi di andare? Indossa questo grembiule e aiutami!»

«Eh?»

«Sai giocare a Jolly?» Motoki tirò fuori sorridente il mazzo di carte.

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Poco lontano dal liceo Juban, Usagi aveva fortunatamente trovato un locale aperto. Era una caffetteria un po’ malandata e senza riscaldamento. Decise che avrebbe passato in quel posto la notte di capodanno, ad ingozzarsi di gelato e a piangere su se stessa.

Seduta ad un tavolino si stringeva nel suo cappotto, forse non era stato saggio andare lì; ma quanto il titolare le portò una gigantesca coppa di gelato alla fragola con tante fragoline, tantissima panna e biscotti sbriciolati, i suoi occhi si illuminarono di felicità.

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Mamoru era alla disperata ricerca di Usagi per parlarle e chiederle scusa. Era stato un disastro su tutti i fronti. Nonostante tra loro non corresse buon sangue, non poteva permettere che lei passasse un capodanno orribile. Sarebbe stata tutta colpa sua e non poteva accettarlo. Mentre aveva pattugliato per l’ennesima volta la zona, notò una caffetteria aperta. Poteva essere lì, parcheggiò l’auto.

Il locale era praticamente deserto, solo il titolare era incollato alla tv a guardare uno spettacolo sulla danza tradizionale giapponese. Mamoru stava per andarsene quando scorse due odango solitari e ben nascosti in fondo alla sala. Tirò un sospiro di sollievo, finalmente l’aveva trovata.

 

«Usagi … » disse sottovoce.

Lei s’irrigidì facendo cadere il cucchiaino nella coppa di vetro ormai vuota. Quella voce, era lui. Si girò di scatto. Era proprio lui! Com’era bello … «TU? Lasciami in pace.» ritornò nella posizione di prima, dandogli le spalle.

«Posso sedermi?» Tanto si sarebbe seduto anche se lei avesse risposto di no.

«NO!»

Mamoru prese posto di fronte a lei. La prima cosa che notò erano gli odango adornati con perle bianche che ricadevano ondulati sulla schiena. Aveva la testa appoggiata alla mano e guardava il nulla fuori dalla vetrata. Batteva nervosamente un dito sul taccuino di Mitsuo che era appoggiato sul tavolo.

Adesso che la guardava meglio, poteva affermare che fosse carina. Non che gli piacesse, che sia chiaro, non era il suo tipo, ma, aveva un qualcosa che lo affascinava.

Senza cambiare la sua posa, Usagi guardò in direzione di Mamoru. Aveva gli occhi arrossati, doveva aver pianto. «Che vuoi?»

«Beh, ero venuto per-»

«Tanto lo so.» Lo interruppe lei. «E ti dico che non ritornerò al ballo con Mitsuo.» Non voleva più vederlo quell’impostore.

«Non sono qui per quello … »

«No?» Non era qui per quello? Allora perché era lì? Non era di sicuro lì per scusarsi, Chiba Mamoru era troppo orgoglioso per cose simili. Guardò la sua coppa vuota e capì. «Sei qui per avvertirmi degli effetti devastanti che i dolci possono avere sulla mia linea?»

Mamoru sorrise. Aveva imparato gli appunti di Mitsuo a memoria! «No, non sono qui neanche per questo.»

E allora che ci faceva seduto di fronte a lei?

Mamoru afferrò la mano di Usagi. «Sono qui per scusarmi.»

«Scu-scusarti?» Non poteva crederci, Mamoru che ammetteva le sue colpe.

«Sì, l’altro giorno al Crown, sono stato un cafone. Ti ho riempito di insulti gratuiti. Perdonami.» Era pentito davvero.

Usagi era arrossita visibilmente. «Oh, ma non c’è bisogno di scusarsi, davvero.» Invece c’era bisogno e come! Finalmente si era fatta un po’ di meritata giustizia.

«E poi c’è la questione di Mitsuo. Io non volevo dirgli tutte quelle cose, ma lui è stato così convincente.» Persuasivo. «E poi mi aveva detto che non avevi ancora un accompagnatore. Aiutando lui, pensavo di aiutare anche te, così che non saresti rimasta sola la notte di capodanno.» A grosse linee era andata così. Più o meno. «Scusa per tutto.»

Quella era la prima volta che lui le parlava in maniera così dolce. Anzi quella era la prima volta che lui le parlava! Il suo cuore si stava sciogliendo. Quello era il più bel capodanno di sempre. «Scuse accettate.» disse sorridendo.

Mamoru si alzò e si mise la sciarpa. La magia era finita, lui se ne sarebbe andato e lei sarebbe rimasta lì a deprimersi. Ma era contenta lo stesso. Quei pochi attimi con Mamoru non li avrebbe dimenticati mai.

«Posso portare il conto?» Il titolare del locale si era avvicinato silenziosamente.

«Ehm, no!» rispose Usagi. «Mi porti un’altra coppa.»

Mamoru era sbigottito. «Ehi, ma le cose scritte su quel taccuino non ti hanno insegnato niente?»

Ecco ritornato il vero Mamoru. Usagi fece il viso imbronciato. «Ognuno a capodanno è libero di fare ciò che vuole!»

Mamoru invece non voleva repliche. «Tu adesso indossi sciarpa e guanti e vieni con me!» Era un ordine.

Usagi era sul punto di dirgliene una, ma non protestò. Fece come richiesto. Erano quasi le due ed era meglio ritornare a casa adesso che aveva un passaggio.

 

Fuori aveva ripreso a nevicare.

Era una cosa così romantica. Lei e Mamoru da soli a passeggiare sotto la neve. «Non abito molto lontano da qui.»

«Ma non voglio accompagnarti a casa … » disse deciso.

No? «Dove stiamo andando?»

«Laggiù!» indicò il liceo di Usagi.

«A scuola? Ma lì c’è il ball-» Non voleva mica … non poteva essere.

«Esattamente, ti accompagno al ballo.»

Oddio, il suo sogno più grande stava per avverarsi. «Ma non devi, so che non ti piacciono questo genere di cose.» Panico.

«E invece voglio andarci. Con te!» La guardò dritto negli occhi. «Per questa notte facciamo una tregua.»

«Ma … » Era confusa. Perché tante premure per lei? Lui la odiava.

Mamoru la prese per mano. «Su muoviamoci se non vogliamo diventare due pupazzi di neve.»

 

Prima di entrare in palestra, Usagi e Mamoru sostarono al guardaroba che avevano allestito.

Mamoru lasciò il cappotto nero e la sciarpa di cashmere. Era il turno di Usagi.

La ragazza provava una certa punta di vergogna a farsi vedere da Mamoru in abito da sera. E se non gli fosse piaciuta? Se avesse riso di lei?

«Signorina … il cappotto … »

Usagi si riprese dal suo stato riflessivo. «Ehm, sì.» Tolse i guanti e la sciarpa. E poi fu il turno del cappotto bianco.

Mamoru aspettava davanti le porte della palestra. Ma quanto tempo ci metteva? Lanciò una rapida occhiata per vedere a che punto fosse. Quella che vide fu un’immagine davvero inaspettata.

A passo lento avanzava verso di lui una siluette a dir poco perfetta.

La scrutò da testa a piedi, era davvero bella. Ma dove li metteva tutti quei dolci?

Usagi avvertiva i suoi occhi su di lei. Si sentiva bruciare. «Eccomi, sono pronta.» disse timidamente.

«Bene.» Le porse il braccio, ed Usagi ci si aggrappò immediatamente. «Reggiti forte.» Le fece l’occhiolino.

 

L’interno della palestra era meravigliosamente decorato per l’occasione. Dall’alto pendevano palloncini e nastri bianchi e argentati. Ai lati due grosse tavolate ricche di stuzzichini e bevande. In fondo una band eseguiva brani dal vivo. Ed infine le luci soffuse conferivano un’aria decisamente regale e romantica. Era tutto perfetto, come Usagi se l’era sempre immaginato.

Mamoru condusse Usagi al centro della palestra, ora pista da ballo. «Mi concede questo ballo?» Era strano fare il galantuomo con Usagi, ma non gli dispiaceva. Poteva anche abituarsi.

Usagi annuì. Se fosse morta in quel momento non le sarebbe importato, il suo sogno più grande si era appena avverato.

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«Che rabbia! Sono iniziati i lenti e Iroshi ancora non si vede.» Minako aveva trovato una sedia libera tra Rei e Makoto.

«Credo che il tuo Iroshi se la sia data a gambe levate.» disse Rei sbadigliando.

«Crudele … »

Makoto non stava ascoltando, qualcosa di più interessante aveva catturato la sua attenzione. «Ma quella non è Usagi?»

Mina-chan balzò in piedi. «Dove dove … »

«Lì.» indicò Makoto. «Sta ballando con qualcuno.»

«Oh si.» Anche Rei era riuscita a notarli. «Però quello non mi sembra Mitsuo.»

«Infatti … » Minako era incredula. «Quello è … »

«MAMORU!» dissero insieme.

«Ma come ci è riuscita?» Rei stentava a crederci.

«Che invidia!» aggiunse Makoto.

«Che belli che sono … Usagi alla fine è riuscita a conquistare il cuore del tenebroso e cinico Mamoru Chiba!» Minako parlava come se stesse leggendo un libro di fiabe. «Non vi sembra un bel lieto fine?»

Rei non era molto entusiasta. «Ora non farà che darsi delle arie solo perché il suo desiderio si è avverato!» E quella sarebbe stata una vera sciagura.

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«Non sono molto brava a ballare.» Era agitata, non aveva mai ballato in vita sua, ma il fatto di non aver ancora pestato i piedi del suo cavaliere era una buona cosa.

«Invece te la cavi bene.» Cercò di calmarla lui. «Però c’è qualcosa che non va.» La strinse di più a sé, in modo che la testa di Usagi poggiasse completamente contro il suo petto. «Ecco così va meglio.»

Era così felice. Stava ballando stretta stretta col suo Mamoru. Poteva sentire il suo cuore. Oh, anche lui aveva un cuore! «Mamoru?» Usagi ripensò al taccuino e a tutte le cose che vi erano scritte. «C’era una cosa che volevo chiederti: le rose rosse. Come facevi a sapere che le adoro. Sono sicura di non averne mai parlato.»

Mamoru parve sorpreso di quella domanda. «Una volta ti ho visto. Eri incantata a contemplare delle rose rosse messe in bella vista sul bancone del game center. Sembravi così affascinata, rapita.» Soltanto le persone semplici con un animo nobile guardavano i fiori in quella maniera. «Poi hai raccolto un petalo caduto e lo hai chiuso tra le pagine di un tuo libro.» Era un bel ricordo.

«Ti ricordi una cosa simile? È successo tanto tempo fa.» Usagi sorrideva, era contenta che lui non si ricordasse solo delle sue figuracce.

«Posso chiederti anche io una cosa?»

«Dimmi.» Lei si staccò un attimo e lo fissava curiosa.

«Perché hai rifiutato Mitsuo?»

Perché non eri tu! Si fece tutta rossa. «In realtà, io … aspettavo che me lo chiedesse un’altra persona.» Si strinse di nuovo nel suo abbraccio. «Grazie. Per avermi accompagnata.»

Mamoru per un attimo aveva addirittura pensato di essere lui quella persona, ma era una cosa impossibile. Sentì una punta di gelosia dentro. Quel ragazzo non sapeva cosa si perdeva; doveva essere un vero stolto.

Provava un turbine di emozioni, cose strane, mai provate prima. Gli venne in mente Mitsuo e il suo entusiasmo e si sentiva come lui. Sorrise, gli piaceva Usagi.

Adesso di una cosa era certo: i litigi tra loro stavano per diminuire drasticamente.

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«Finalmente voi due vi siete staccati … » Minako scrutò il malcapitato Mamoru.

Makoto aveva le braccia conserte e un’aria minacciosa. «Come mai Usagi è venuta al ballo con te?»

Mamoru si sentiva come ad un interrogatorio. «Beh, diciamo che è stato un caso … »

«Puoi chiamarlo caso, oppure “destino”.»

«Smettila!» Rei diede un buffetto a Mina-chan. Odiava quando parlava in quel modo.

«Ahi!» Minako si massaggiò la testa, poi volse la sua attenzione a Mamoru. «È strano vedervi andare d’accordo.»

«Surreale.» Osò affermare Rei. «Comunque dov’è adesso Usagi?»

«Aveva sete, è andata a bere qualcosa.» E ci stava mettendo un sacco di tempo.

«Be-be-bere qualcosa? Oh no!» Makoto spalancò gli occhi terrorizzata e si coprì la bocca con entrambe le mani.

L’espressione di Makoto non piacque per niente a Mamoru. C’era forse da preoccuparsi?

«Sciao raga-zze … hic!»

Mamoru non poteva credere ai suoi occhi. Usagi aveva le gote rosse e un’espressione ilare. «Sei ubriaca?» Oddio, era ubriaca sul serio.

«Certo che NO! Hic.»

Rei attivò l’olfatto e fece una smorfia. Sentiva l’odore inconfondibile di vodka. «Ma quanto alcol hai bevuto?»

«Alcooool? Ho hic bevuto sooolo aran-hic-ciata!»

«Aranciata corretta!» Rei la fece accomodare su una sedia. «Su, cerca di riprenderti.»

«Ma io hic voglio andare a ballare!» Usagi si alzò di scatto, in quel preciso momento il mondo attorno a lei iniziò a girare vorticosamente. «Ah, la mia testa … » Cadde addosso a Makoto priva di sensi.

Rei diede una rapida occhiata all’amica K.O. «La festa è finita!»

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Mamoru si era gentilmente offerto di accompagnare le ragazze a casa, anche perché sarebbe stato difficile per Minako Rei e Makoto tener bada ad una Usagi in quelle condizioni.

«Non credevo che andasse in escandescenza per così poco.» Mamoru sorrideva mentre una chiassosa Usagi non la finiva di cantare motivetti senza senso.

Rei era seduta accanto a lui. «Usagi non regge per niente l’alcol!» disse con fare rassegnato mentre si massaggiava le tempie.

«Una volta si è ubriacata mangiando i miei dolcetti al rum.» Ammise Makoto mentre cercava di tener ferma Usagi. «E, che si sappia, di rum ne metto veramente poco.»

Minako sghignazzava. «Vi ricordate quel giorno a casa di Rei?»

«Oh si, in quell’occasione Usagi ha dato il meglio di sé!» confermò Makoto.

«Cosa accadde?» chiese Mamoru, adesso era davvero curioso.

Le altre ridevano ripensando a quel momento passato, così fu Rei a parlare. «Beh, Usagi è riuscita a ubriacarsi semplicemente annusando la grappa di mio nonno.» Cercò di trattenersi, ma alla fine rise anche lei. «Anche in quell’occasione perse i sensi.»

Mamoru rise di cuore. «Addirittura annusando?» Non riusciva a crederci. «È impossibile.»

«Credi a ciò che vuoi, ma ti assicuro che le cose sono andate esattamente così!» confermò Minako.

Erano arrivati.

Le ragazze riuscivano a stento a tenere Usagi in piedi.

Mamoru si fece coraggio e prese l’iniziativa. «A lei ci penso io.» prese Usagi in braccio.

Le altre erano arrossite assistendo a quel gesto. Iniziarono a salire la lunga scalinata lasciando indietro Mamoru e la loro amica. Ogni tanto si giravano e sorridevano. Se solo Usagi fosse stata abbastanza sobria …

 

Mamoru iniziò a salire lentamente, fortunatamente Usagi si era calmata. In fondo era piacevole stare con lei, non ci si annoiava mai.

Usagi si strinse forte a lui. «Ti voglio bene Mamo-chan!» Poi, cadde in un sonno sereno.

Mamo-chan? Suonava bene …

Mamoru sorrise dolcemente. «Ti voglio bene anch’io … » Le lasciò un delicato bacio sulla fronte. «Usako.»

 

Fine?

 

Dopo un periodo imprecisato di tempo …

Din-Din-Din-Din

«Mamoru?» Motoki fissava l’amico perplesso. Era stracarico di buste e sacchetti di ogni tipo, e, dalla sua espressione, non doveva esserne molto felice. Poi capì tutto. «Come mai da queste parti non dovresti essere a fare shopping con Usagi?» Con Usagi. Assurdo. In passato non avrebbe scommesso uno yen su di loro.

«Infatti.» disse Chiba affannato . «Le ho detto che mi fermavo un attimo a salutati.» Mamoru si guardò attentamente intorno. «Tieni questa. È la mia unica salvezza!» diede a Motoki una boccettina.

«E questo cos’è?» Motoki osservava curioso il liquido trasparente.

«MAMO-CHAN!» Usagi si era improvvisamene materializzata alle spalle di Mamoru. «Dobbiamo andare al centro commerciale … »

Mamoru ebbe quasi un infarto, come aveva fatto ad entrare senza far suonare i campanelli? «U-Usagi, andiamo subito, però prima volevo sentire la fragranza del nuovo profumo di Motoki.»

«Un nuovo profumo? Voglio sentirlo anche io. Magari te lo regalo!» aveva abboccato all’amo. Era stato fin troppo facile.

Mamoru lanciò un’occhiata a Motoki, il quale aprì immediatamente la bottiglietta. Non aveva capito praticamente nulla! Porse la bottiglietta ad Usagi. «Ti piace?»

Usagi respirò a pieni polmoni. Non fece in tempo ad espirare che era già crollata tra le braccia di Mamoru.

Ma cosa? Motoki si preoccupò. Ma cosa c’era nella bottiglietta … cloroformio? Annusò con discrezione. «Grappa?»

«Un regalo di nonno Hino.» Mamoru adagiò Usagi su di un divanetto. Quindi era proprio vero, Usagi partiva anche annusando la grappa. Sorrise. Non ne avrebbe più approfittato … o forse, solo in caso di assoluta necessità.

 

Fine!

 

 

Eh sì, questa è davvero la fine!

Un grazie infinito a chi è arrivato alla fine della storia … spero che non vi abbia annoiato ^^

Se la storia vi è piaciuta o se volete darmi qualche suggerimento per migliorarla, fatemelo sapere …

un vostro commento mi renderebbe super-felice!

Grazie in anticipo ^_^

Alla prossima

Maria

   
 
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