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Autore: My Pride    20/01/2011    3 recensioni
Igni natura renovatur integra, salve spiritus ignis: flamma cerei te video doce mihi intellegere vis ignis.
Lux et lex, lux et veritas. Post tenebras lux in luce tua videmus lucem, in lumine tuo videbimus lumen”
«É questa la vera natura dell’alchimia del fuoco»

«Se le ho affidato la mia schiena e quelle ricerche è perché credevo in lei, Maggiore. Credevo nei suoi sogni, in un futuro dove tutti avrebbero potuto vivere felicemente. Ho continuato a crederci anche se siamo dovuti arrivare a questo»
[ Roy/Ed, Accenni HyuRoy e Royai ]
[ Partecipante al contest «My beloved one» indetto da DallasEfp ]
[ Spoiler del volume quindici, del Gaiden Blue e del Character Guide Book ]
[ Seconda classificata e vincitrice del Premio Giuria al «Queen Contest» indetto da Himechan84 ]
Genere: Guerra, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Edward Elric, Maes Hughes, Riza Hawkeye, Roy Mustang, Un po' tutti | Coppie: Roy/Ed
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Spoiler!
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Tra i bagliori del fuoco'
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Please, take me out of here_1
[ Seconda classificata e vincitrice del Premio Giuria al «Queen Contest» indetto da Himechan84 ]

Titolo:
Please, take me out of here
Autore: My Pride
Fandom: FullMetal Alchemist

Citazione:In my defence” Queen
Tipologia: One-shot suddivisa in cinque sottosezioni
[ 13.005 parole [info]fiumidiparole ]
Genere: Generale, Malinconico, Sentimentale, Guerra, Vagamente Introspettivo
Characters: Roy Mustang, Edward Elric, Riza Hawkeye, Maes Hughes, Un po’ tutti
Pairing: Roy/Ed, HyuRoy e Royai ad interpretazione piuttosto personale
Avvertimenti: Shounen ai, Probabilmente non per stomaci delicati, Spoiler del volume quindici, del Gaiden Blue e del Character Guide Book, What if?
Rating: Arancione 
Introduzione: Era piombato nella mia vita come una vera e propria tempesta, facendo sì che, con la sua strana esuberanza e il suo temperamento tutt’altro che mite, tornassi a poco a poco il Roy Mustang sognatore che ero stato all’età di sedici anni. Edward era stato come una panacea, per me, una panacea che aveva lenito le ferite della mia anima.


FULLMETAL ALCHEMIST © 2002Hiromu Arakawa/SQUARE ENIX. All Rights Reserved. 

In mia difesa, cosa c’è da dire?
Tutti gli errori che abbiamo fatto devono essere affrontati oggi.
Non è facile ora sapere da dove iniziare mentre il mondo che amiamo si distrugge.
- In my defence, Queen -
 

01. PROLOGUE › CENTRAL CITY, 1919
UNCOMFORTABLE NIGHT
 
    Era una fredda sera d’inizio gennaio, una di quelle in cui si preferiva restare a casa sul divano con una tazza fumante di cioccolato caldo e un bel libro interessante come compagnia.
    Ero tornato da lavoro da poco più di un’ora, lasciandomi alle spalle quella stressante giornata passata a firmare scartoffie per godermi quei pochi momenti di riposo che potevo permettermi. Mi ero munito di un bicchiere di latte caldo - con disappunto di un bisbetico fagiolino biondo, c’era da aggiungere - macchiato con del caffè e avevo recuperato uno di quei tomi pesanti e soporiferi che tenevo stipati nella mia biblioteca, andando in soggiorno per accomodarmi accanto al mio compagno; aveva alzato solo di poco il naso dalle pagine per degnarmi un’occhiata e, nonostante l’espressione disgustata che gli si era dipinta in viso alla vista di quel liquido biancastro, come tanto soleva chiamarlo lui, si era ritrovato a farsi un po’ più vicino per poggiarsi contro la mia spalla e riprendere a leggere come se nulla fosse. Avevo sbuffato ilare, concentrandomi a mia volta sulla lettura e godendo al tempo stesso di quella calda vicinanza.
    In realtà veniva quasi da chiedere come io, il più grande donnaiolo d’Amestris, mi affrettassi ogni sacrosanta giornata a tornare il prima possibile da quel biondino che avevo al mio fianco: Edward Elric. Era stata una sorpresa anche per me, ad esser sincero. Se prima di capire che quella bizzarra sensazione era amore, mi avessero detto che avrei perso la testa per un ragazzo - un ragazzo, per la miseria! - alto un metro e un tappo, avrei di sicuro riso in faccia a quel malcapitato e avrei organizzato un appuntamento con una bella donna avvenente e tutta curve. Eppure era esattamente quello che era successo. Così, senza accorgercene pienamente nemmeno noi. E questa cosa andava avanti da quasi un anno e tre mesi. Avevamo sì i nostri alti e bassi, le tensioni comuni in tutte le coppie, e non mancavano di certo i momenti in cui l’uno voleva per forza avere la meglio sull’altro in una discussione, ma in fin dei conti, fino a quel momento, ce l’eravamo cavata abbastanza bene. Forse l’unica cosa che andava davvero a gonfie vele era proprio il sesso, chi poteva dirlo. Avevo scoperto che l’unico modo per farlo smettere di strepitare, durante un acceso dibattito, era proprio quello di tappargli la bocca con un bacio e sfruttare l’adrenalina della litigata per guidare quell’energia in tutt’altra direzione, e quel tipo di discussione lo trovavamo piacevole entrambi, almeno.
    «Certo che è strano», disse d’un tratto Acciaio, risvegliandomi dai miei pensieri e interrompendo la propria lettura. Quella era una cosa che succedeva raramente quando un libro lo appassionava davvero, così gli scoccai una rapida occhiata prima di sollevare un sopracciglio, vedendo il suo viso rivolto verso di me.
    «Che cosa?» domandai di riflesso, e forse anche per un motivo abbastanza lecito. Magari
su quel vecchio libro aveva letto qualcosa che l’aveva fatto diventare pensoso, ma per un qualche strano motivo ne dubitavo.
    Si allontanò da me per mettersi seduto e, scrollando le spalle, tornò a guardarmi seriamente. «Di te non so quasi nulla, ma tu, di me, sai anche troppo».
    Sbattei le palpebre. «Non so come ti sia potuta venire in mente una cosa del genere, ma dire che di me non sai niente è un po’ come mentire, sai?» lo presi in giro, ricevendo da lui un’occhiataccia.
    «So qual è il tuo cibo preferito, quale libro adori più di tutti gli altri, so persino quanto tempo stai al bagno - e, diavolo, ci stai un
eternità! -, ma non so assolutamente niente del tuo passato o della tua famiglia», arrivò dritto al punto, senza girarci intorno e lasciandomi basito. Dato il suo passato, non era tipo da interessarsi a cose del genere, anzi, fino a quel momento non era sembrato un argomento da prendere in considerazione a nessuno dei due. A me bastava quel che già sapevo di lui, giacché lo conoscevo quasi da nove anni. Era piombato nella mia vita come una vera e propria tempesta, facendo sì che, con la sua strana esuberanza e il suo temperamento tutt’altro che mite, tornassi a poco a poco il Roy Mustang sognatore che ero stato all’età di sedici anni. Edward era stato come una panacea, per me, una panacea che aveva lenito le ferite della mia anima ed estirpato la grigia monotonia che era diventata la mia esistenza dopo la guerra. Quella sua curiosità di voler conoscere il mio passato, quindi, non riuscivo proprio a capirla.
    Mi massaggiai una tempia con due dita, abbandonando un braccio dietro lo schienale del divano. «Non ne vedo la necessità», replicai, non volendone parlare. L’ultima cosa che volevo, in fin dei conti, era che la mia infanzia potesse in qualche modo ricordargli in parte la sua. Non eravamo stati fortunati, su quel fronte.
    «La vedo io», ribatté immediatamente, cominciando a comportarsi proprio come quando pretendeva qualcosa. Quel suo lato infantile lo odiavo terribilmente, dovevo ammetterlo. «Chiamami pure egoista, ma io la ritengo una cosa importante».
    Sospirai pesantemente, sentendomi intrappolato. In fin dei conti dirglielo non mi sarebbe costato nulla, ma non parlavo molto volentieri del mio passato. Non mi era mai piaciuto farlo, ma sapevo bene che, quando quel fagiolino si metteva in testa qualcosa, faceva letteralmente di tutto per ottenerlo. «Non c’è molto da dire», confessai infine. «Sono andato a vivere con mia zia Christina all’età di quattro anni, esattamente poco dopo la morte dei miei genitori».
    Cadde un sottile strato di silenzio, dopo quelle mie parole. Uno di quei silenzi imbarazzanti che non si sapeva mai come poter rompere, sebbene quello fosse quasi carico d’attesa, ansia e d’un qualcosa che non riuscivo ancora a definire bene. Sofferenza? Compassione? O quella sensazione che sentivo era più la consapevolezza di chi aveva vissuto sulla propria pelle un’esperienza simile?
    «Mi dispiace», sussurrò pochi istanti dopo. «Non sapevo che... i tuoi genitori...»
    «Non importa», mi affrettai a bloccarlo, forse cogliendo la nota addolorata che si dipinse nei suoi occhi dorati. Esattamente come avevo immaginato, sapere che i miei genitori non erano più in vita gli aveva riportato alla mente la sua famiglia. Sua madre morta, il padre disperso chissà dove... chi gli restava, almeno della sua famiglia di sangue, era soltanto Alphonse.
    «Nay, non avrei dovuto nemmeno chiedertelo», insistette, abbassando lo sguardo sul proprio libro come se volesse provare a riconcentrarsi su di esso per lasciarsi alle spalle quella conversazione. Si vedeva lontano un miglio, però, che faticava parecchio a leggere.
    «Acciaio», lo richiamai, utilizzando il suo nome d’alchimista più per abitudine che per altro, dato il momento. «Ti ho detto che non importa, davvero. Tu come mille altri non potevi saperlo. Non mi piace particolarmente parlare della mia infanzia, anche perché non sono molte le cose che ricordo con chiarezza e sono altrettanto pochi gli oggetti che ho conservati. Non ho loro fotografie, quindi ricordo vagamente il volto di mia madre... e, se cercassi di sforzarmi a rammentare la sua voce, non ci riuscirei. Per quanto riguarda mio padre, ricordo solo che era sempre di buon umore e mi portava continuamente sulle spalle, quando uscivamo tutti e tre insieme». Sorrisi con una punta di nostalgia, perdendomi un po’ nei ricordi. Mia zia Christina, più comunemente conosciuta come Madame Christmas, durante i primi anni di convivenza mi parlava di continuo dei miei genitori, come se volesse aiutarmi a non dimenticarli. «Per la mia età non ero un bambino molto alto, e quando mi prendeva in braccio e mi sistemava sulle sue spalle ero... felice. Mi sentivo il re del mondo
 [1]».
    Restammo ancora una volta in religioso silenzio, probabilmente ognuno perso nei propri reconditi pensieri. Ciò che avevo appena espresso a parole non l’avevo mai confessato a nessuno, come se fosse uno di quei pochi ricordi che conservavo gelosamente nel mio animo. Nemmeno a Maes ne avevo mai parlato, né tanto meno a Riza, che conoscevo da molto più tempo. Forse mi aveva spinto a farlo il semplice fatto che, in qualche modo, Edward ed io eravamo molto più simili di quanto non sembrassimo; probabilmente la questione principale era quella, oltre il fatto che, ormai, era divenuto il mio compagno, la persona con la quale aveva deciso di dividere il resto della mia vita. Se dunque non ero sincero con lui, con chi mai avrei potuto esserlo?
    A rompere per primo quella quiete che ci aveva avvolto, fu nuovamente Acciaio, il quale si stava massaggiando distratto la spalla sinistra, come se fosse a disagio. «Non pensavo che anche la tua infanzia non fosse stata delle migliori», disse, evitando di guardarmi. «Conoscendoti, si fa quasi fatica a crederlo, specialmente con quella faccia da Colonnello di merda che ti ritrovi». A quel suo dire aprii la bocca per ribattere, ma lui sembrò affrettarsi a continuare per non permettermi di dire qualcosa. «Mi spiace per i tuoi genitori, ma forse non è questo ciò che vorresti sentirti dire». Mi fissò seriamente, guardandomi con i suoi grandi occhi d’ambra. Vi scorsi il mio riflesso e potei benissimo intravedere la sfumatura nostalgica che mi si era dipinta in viso. Avevo davvero quell
espressione da cane bastonato? «Dev’essere stato difficile».
    Non seppi cosa dirgli e si fece largo nella mia mente il pensiero di liquidare la faccenda con un semplice “Il passato è passato”, scrollando magari anche le spalle. Con mio grande stupore, però, annuii automaticamente. «Lo è stato», ammisi. «Ma mia zia mi era sempre vicino. Cercava di accontentarmi il più possibile, seguendomi anche quando non avrebbe potuto a causa del lavoro. Ed è stata lei a spronarmi affinché continuassi a coltivare la mia passione per l’alchimia, visto che avevo quasi deciso di abbandonarla una volta per tutte».
    «Dov’è tua zia?» mi domandò, e nella sua voce colsi un velo di timore, come se avesse paura d’aver chiesto una cosa sbagliata, ma sorrisi e gli diedi una pacca su una spalla.
    «Sta bene, se ti stai chiedendo questo. Anzi, direi che sta alla grande. Forse sta persino meglio di me», lo rassicurai ilare per alleggerire la tensione che si era creata fra noi, e mi parve di sentire un suo breve sospiro di sollievo.
    Non mi domandò nient’altro su quell
’argomento, ma il modo in cui tornò a fissarmi non prometteva nulla di buono. «Te la sentiresti di parlarmi di Ishvar, adesso?» mi chiese difatti senza tanti giri di parole.
    Socchiusi gli occhi e sbuffai sonoramente, lasciandomi sfuggire un mezzo lamento. Sapevo che, prima o poi o in un modo o nell’altro, quel discorso sarebbe sbucato fuori. Avevo sperato di scamparmela, ma non era stato per niente così. «Mi sembrava che il Tenente te ne avesse parlato abbastanza».
    «So solo la sua versione dei fatti», mi tenne presente, sollevando un sopracciglio prima di tornare a squadrarmi con somma attenzione, come se pendesse dalle mie labbra nonostante non avessi ancora cominciato a parlare.
    Lo guardai anch’io per un lunghissimo istante, e fui quasi tentato di alzarmi dal divano e di lasciarlo lì per infilarmi sotto il piumone e sotterrare quel discorso una volta per tutte, facendo bellamente finta di niente; ma quel mio gesto sarebbe equivalso a scappare, e sapevo fin troppo bene che quel fagiolino biondo non si sarebbe mai arreso così facilmente. Quando s’impuntava su una cosa, difatti, era piuttosto difficile farlo smuovere.
    Trassi un lungo sospiro e abbandonai il libro sulle cosce, guardando dritto dinanzi a me, come se la cosa potesse aiutarmi ad addentrarmi ancora una volta in quelle settimane piene d’orrore. «Chiudi anche tu quel libro e resta ad ascoltare, allora. Sarà una storia piuttosto lunga, da raccontare».





[1] Anche se vista singolarmente quest’espressione può apparentemente non avere nulla di così eclatante, una volta spiegato il significato appare chiaro anche il motivo per cui l’ho scelta. Il nome “Roy” deriva dal vecchio francese “Roi”, il cui significato è per l’appunto “Re”. Come quasi tutti i restanti militari del manga, poi, il suo cognome è preso dal “North American P-51 Mustang”, uno dei più versatili caccia americani durante la Seconda Guerra Mondiale.
Ricorda anche un termine militare slang con cui si indicherebbe un soldato che ha velocemente fatto carriera sul campo di battaglia o che ha guadagnato in fretta medaglie e onorificenze; si basa anche sul Mustang, cavallo noto per la sua indole selvaggia anche dopo essere stato domato e per la spiccata intelligenza e maggior istinto di sopravvivenza. Indi per cui, Roy è un
mustang a tutti gli effetti.



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