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Autore: Lady_Enchanting    21/01/2011    0 recensioni
Come glielo spiego ora? – Pensò sua madre. Con che coraggio si può dire ad una bambina che da quel momento avrebbe potuto avere a sua volta un’altra bambina?
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Barbara nacque in una calda mattina d’agosto, sotto il segno del ruggente Leone. I suoi genitori continuavano a osservare compiaciuti la loro magnifica creatura che iniziò timidamente a respirare. Una nuova vita era iniziata e tutti i parenti della bambina erano giunti all’ospedale per accoglierla. Barbara aveva capelli dorati e occhi talmente blu da sembrare di ghiaccio. Fu per queste sue caratteristiche e per via del suo nome che i suoi amichetti la soprannominarono “Barbie”,proprio come il suo giocattolo preferito. Buffo nomignolo se si pensa che una bambina in carne e ossa venisse paragonata ad una bambola di plastica completamente asessuata data la mancanza di parti intime e, inoltre, dotata di una testa totalmente snodabile a 360° e soprattutto removibile. Era il 12 aprile e Barbara aveva già compiuto i suoi 10 anni. Mentre giocava con una delle sue Barbie si fermò improvvisamente ed un dolore atroce all’addome la colpì.  Fortunatamente dopo qualche minuto tutto passò. La giornata proseguì tranquilla fino al pomeriggio,quando Barbara andò in bagno e si accorse che le sue mutandine erano piene di macchie rosse.
“Mamma!Vieni qui!”
 “Dimmi amore!”, rispose sua madre.
“Mamma, guarda …”. Sua madre guardò gli slip di sua figlia e con uno sguardo impietosito la baciò teneramente sulla fronte.
“Non ti preoccupare tesoro mio. E’ tutto normale. Da oggi sei diventata una donna.”
“Mamma,che cosa significa?Io ho sempre 10 anni!”
- Come glielo spiego ora? – Pensò sua madre. Con che coraggio si può dire ad una bambina che da quel momento avrebbe potuto avere a sua volta un’altra bambina?Gli unici che poteva accudire erano i bambolotti.
“Lo so Barbara,lo so. Non devi avere paura. Sei diventata donna perché adesso hai la possibilità di avere un bambino.”
“Ma mamma,io non voglio avere un bambino!”
“Non ti preoccupare. Non ne avrai uno adesso. Lo avrai in un futuro e solo se lo vorrai.”
“Va bene mamma.”
Sua madre andò nella stanza da letto ed aprendo un cassetto prese un assorbente da dare alla sua piccola Barbara. – E’ troppo piccola – continuava a pensare. Da quel 12 aprile la vita della bambina non era più la stessa. I suoi amici la chiamavano insistentemente per farla andare a giocare con loro,ma lei non poteva perché era stesa a letto con un brutto mal di pancia. Gli anni passarono e la bambina iniziò ad assumere le fattezze di una ragazza,seppur non ancora di una donna. Non era molto alta però il suo corpo dimostrava qualche anno in più di quelli che realmente aveva. Il suo seno divenne di una terza misura e questo attirò le attenzioni di tanti ragazzi. Aveva solo 14 anni ma tutti gliene davano almeno 20. Una sera decise di fare una passeggiata con una sua amica,un semplice giro nei dintorni di casa. Un uomo di trent’anni la vide e pensò che doveva assolutamente conoscerla. Non si sarebbe mai fatto scappare un “bocconcino” così giovane,ingenuo e succoso. Senza perdere neanche un altro attimo,si avvicinò a lei e si presentò lasciando Barbara alquanto spiazzata.
“Senti,” - disse lui - “che ne dici se andassimo in un posto tranquillo io e te?”
“Perché?” - rispose lei.
“Andiamo,noi dirmi che non hai capito!Che cosa ti farei …”
Lei si spaventò e rifiutò quell’offerta estremamente squallida e sfacciata. Lui si arrabbiò e si avvicinò a Barbara,la quale si stringeva sempre di più al braccio della sua amica. – Questo sfizio me lo devo togliere! – pensò lui e in un secondo la sua mano si trovò sul seno della ragazza. Lei scappò spaventata e corse a casa. Non lo disse a nessuno,aveva paura che qualcuno le desse la colpa come si fa di solito. Come quando si dice che è colpa di chi indossa una maglietta scollata o una gonna troppo corta se poi viene molestata. Si sentiva troppo bambina per poter vivere già queste esperienze,troppo giovane per conoscere il mondo della depravazione in cui la sua città galleggiava. Non voleva più rivivere quei momenti,non voleva più che nessuno la vedesse come una donna,per lo meno fin quando non lo sarebbe diventata. La sua testa quindi cominciò ad elaborare pensieri e pian piano si convinse che era colpa del suo corpo se quell’uomo l’aveva infastidita. – Forse se appiattissi un po’ il seno sembrerei più piccola – pensò. Iniziò a portare una sorta di guaina contenitiva. Nonostante questo suo accorgimento tutti continuavano a guardarla con degli occhi che facevano davvero paura,con degli occhi sbarrati come un lupo che vuole a tutti i costi agguantare la sua preda. Barbara se ne accorgeva e questo la portò a nascondere sempre di più il suo corpo,quel feticcio malefico che le fece perdere l’infanzia e che ora la stava gettando troppo presto in un universo che non le apparteneva. – Basta, non posso andare avanti così. L’unica soluzione sarà eliminare la mia femminilità. –
Un giorno si sedette sul divano e accese la televisione. Accanto a lei c’era suo padre che la guardava e che pensava a tutte le volte in cui l’aveva presa in braccio,l’aveva aiutata a rialzarsi dopo essere caduta dalla bicicletta,a tutte le volte in cui la portava alle giostre e lei gli chiedeva insistentemente di spingerla sull’altalena. Non la riconosceva più ormai,lei era cambiata. Come quel 12 aprile,la sua pancia le fece male per un attimo e comprese che aveva un urgente bisogno di mettere un assorbente. SI alzò dal divano e si accorse che senza volerlo lo aveva macchiato di rosso. Suo padre la sgridò per questo e le disse di stare più attenta. Barbara corse in bagno e mentre osservava quel colore rosso vivo una lacrima le rigò il viso. Prima una,poi due,poi cento. Un pianto con singhiozzi. Quando uscì, sua madre si accorse che i suoi occhi erano rossi.
“Che ti succede amore?”
“Niente.”
“Non è vero. Perché piangi?”
“Perché sono una donna, mamma.”
Barbara mangiò sempre meno e dopo pochi mesi perse molti kg. Diminuì di una taglia come anche il suo seno. Guardandosi allo specchio notò che in quel modo sembrava molto meno donna e questo la fece sentire stranamente e grottescamente bene. Continuò quindi a non mangiare: i suoi genitori erano preoccupati per lei. Decise di ostinarsi a non mangiare. Si lasciava andare ai meandri delle sue emozioni e di ciò che vedeva allo specchio. Quasi magicamente quelle macchie rosse che le avevano cambiato la vita scomparsero improvvisamente. Era troppo dimagrita,troppo deperita. Un giorno qualcuno le chiese:”Perché ti fai del male?”
“Io non mi faccio del male,”rispose lei, “cerco di essere la persona che avrei voluto sempre essere.”
Gli sguardi per la strada continuarono ad esserci anche se questa volta,le attenzioni nei suoi confronti erano molto diverse. Prima tutti la guardavano perché rimanevano accecati dalla bellezza di una ragazza mentre ora queste stesse persone le rivolgevano uno sguardo incredulo nel vedere una persona spenta,un fiore appassito troppo presto. Tornò a casa e si gettò sul letto a peso morto,come se fosse quasi svenuta. Non poteva abbattersi ad un passo dal traguardo,no,mancava troppo poco per raggiungere la felicità e non si sarebbe fermata. Ogni giorno si pesava ossessivamente per vedere quanto ancora doveva andare avanti. La bilancia impietosa segnava 40 kg su 1,65 di altezza. Troppo poco penserebbe chiunque,per lei invece era solo troppo. Si avvicinò allo specchio e riuscì a compiacersi del fatto che non aveva più seno,che le sue ossa erano ben in vista. Riuscì a compiacersi di non essere più donna. I suoi occhi spenti da tempo iniziarono a farle percepire immagini in bianche e nero,completamente sfuocate. Le sue gambe non la sorreggevano più sebbene quelle ossa non dovessero più sostenere alcun peso oltre a quello maggiore della testa. Un improvviso rumore spaventò i suoi genitori.
“Che cosa è successo?”, gridò la madre.
Corsero subito da Barbara e la trovarono lì per terra,stesa e priva di sensi. Nonostante i tentativi di farla risvegliare lei continuava a tenere gli occhi chiusi e a non reagire. Prontamente suo padre prese le chiavi della macchina e la trasportò insieme alla madre all’ospedale più vicino. La donna in lacrime chiese al dottore: “Che cos’ha mia figlia?Si riprenderà?”
“Signora,mi dispiace davvero dirglielo ma sua figlia è troppo deperita. E’ in coma adesso.”
La madre di Barbara voleva soltanto morire in quell’istante perché si sentiva troppo impotente. Non poteva sopportare di perdere sua figlia. Si sedette accanto al letto della sua bambina,che bambina ormai non era più. Passò una settimana in ospedale accanto alla sua piccola. Era mattina quando Barbara si svegliò ma non aveva forza per parlare. Sua madre le strinse forte la mano,chiamò il dottore e poi avvisò suo marito. La ragazza sorrise piangendo. Era spaventata perché non aveva mai immaginato di potersi trovare in una situazione del genere. Il rifiuto per il suo corpo e per la sua femminilità l’aveva fatta risvegliare in un letto d’ospedale. Qualche giorno dopo si riprese grazie alle flebo ma i medici le dissero che se voleva continuare a vivere doveva necessariamente curarsi in un centro specializzato in disturbi alimentari.
“Ma io non sono malata!”, rispose lei sbarrando gli occhi. Il suo sguardo era più spaventato che mai,più spaventato di quella volta in cui quell’uomo le fece quelle avances. Fino a quel momento i suoi genitori rifiutavano l’idea che la loro bambina potesse soffrire di anoressia. Quella parola li terrificava. Tuttavia capirono che farla seguire da quel centro era l’unico modo di salvarla da morte certa. Anche contro la sua volontà,la mandarono in una clinica per curarsi. Lei non riusciva a capire perché tutti quanti volevano fermarla,perché volevano che lei ricominciasse a mangiare. Stava così “bene”. Non voleva più rivedere quel sangue sui suoi slip,non voleva più avere la terza di seno,non voleva più essere guardata come un oggetto da possedere. La alimentarono a forza e la fecero sentire in gabbia. Riusciva appena a respirare. Dopo 13 mesi di trattamento lei capì che a quel punto,se si fosse alimentata da sola, almeno non avrebbe avuto tutte quelle umiliazioni. Tutti i giorni le si presentava il solito incubo: ogni piccolo boccone rappresentava per lei l’inferno, l’ospedale,l’umiliazione,l’infanzia rubata e la paura delle molestie. Il cammino fu arduo e pieno di ostacoli,tanto che Barbara tentò molte volte di fermarsi e di lasciarsi di nuovo andare. La situazione intorno a lei non l’aiutava: i suoi amici si allontanarono sempre di più perché oramai non era più la Barbara di un tempo. Con le ragazze della clinica non aveva niente da dividere,le considerava pazze nonostante lei fosse nella stessa condizione. Due anni dopo rinacque. Il suo corpo tornò quello di un tempo e ricominciò a vivere. Guardandosi indietro non riuscì a capire con quale coraggio aveva distrutto se stessa ed il suo corpo. In quel brutto periodo i suoi capelli erano diventati crespi e non più dorati,bensì quasi grigi. Erano spenti, sembravano finti proprio come quelli della sua Barbie. Proprio come la sua bambola preferita,Barbara era diventata asessuata,senza più seno e senza più la possibilità di dar luce ad una nuova vita. Strano che la sua pelle così secca sembrasse plastica. Barbara non era più una ragazza,era solo un giocattolo in balia della sua malattia.

  
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