Serie TV > Angel
Segui la storia  |       
Autore: margotj    21/01/2011    2 recensioni
[IN PARTE CROSSOVER CON HIGHLANDER THE SERIES]
Ho scritto per anni e, poco alla volta, ho creato un AU su angel e spike ambientato a LA. A grandi linee, possiamo collocare l'inizio dell'avventura verso la meta' della Quinta Serie di Buffy,oppure alla fine della prima di Angel. Ovviamente cambio episodi del passato a mio piacimento. In questo caso, ricostruisco l'episodio, oppure segnalo i cambiamenti dove sono basilari per capire lo svolgimento.
Non ho seguito un ordine cronologico nemmeno durante la stesura, è scritta a capitoli separati, ma con una certa coerenza.
Difficilmente sono definibili fan fictions d'azione. Tendo a focalizzarmi su singole situazioni, in cui i combattimenti e gli intrecci polizieschi fanno puramente da sfondo. Mi piacciono le confessioni, le riflessioni e gli attimi di debolezza. Con un po' di autocritica, mi ripeto e mi piace veder scorrere il sangue. C'e' chi e' romantico e chi e' trucido... E, tanto per specificare, non si tratta di Fanfic Slash.
A seguito di spiacevoli episodi tale Fanfiction è disponibile con la mia autorizzazione solo presso il mio sito, Vs. Ananke e su EFP. Per richieste o segnalazioni, per cortesia, scrivetemi . Grazie, MJ
Genere: Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Allen Francis Doyle, Altro Personaggio, Angel
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Alba in LA

 

I personaggi delle serie "Angel" e "Buffy, the vampire slayer", appartengono a Joss Whedon, la WB, ME e la Fox, l'autrice scrive senza alcuno scopo di lucro e non intende violare alcun copyright.

 

Buffy li guardò, mentre la macchina si allontanava. Li guardò con un dolore nel cuore.

Andavano via, entrambi.

L'irriverente ed il rispettoso.

Il sacro ed il profano.

I due volti dell'amore.

Quella notte divorarono chilometri. Lo stereo della macchina andava,buttava in faccia musica, musica e ancora musica. Guardavano fisso di fronte a loro, ognuno immerso nei suoi pensieri, impugnando il volante, oppure fumando una sigaretta.

Spike non parlava. In un certo senso, subiva il torpore della sera prima, la sensazione di spossatezza che aveva combattuto ad oltranza.

Fumava, concentrandosi, per non crollare di nuovo per debolezza.

"Non andrai lontano…" - Angel non distolse lo sguardo dalla strada.

"Come scusa?"

"Ho detto che non andrai lontano. Mi riferisco al tuo usare la rabbia per stare in piedi. Crollerai."

"Angel… ho due cose da dirti."

"Allora dille."

"Punto primo: finiscila di entrare nella mia mente."

"Non sono entrato nella tua mente. Sei teso, non mi ci vuole nessun particolare potere per accorgermene. Chiamala questione di pelle. Ci conosciamo da troppo. Anche tu sai se sono di cattivo umore, se lo sono."

"Lo sei sempre."

"D'accordo Spike."

"Punto secondo: non ho bisogno la balia. Se anche faccio una cazzata, non sei obbligato a farmela notare."

"Non ti faccio da balia. Ma anche in questo caso, ho parlato nel tuo interesse. Se poi pensi di avere piacere ad impiegare il doppio del tempo a riprenderti perché hai forzato i tempi, fai pure."

"Angel…"

"Dimmi Spike."

"Punto terzo…"

"Credevo che i punti fossero due." - constatò, sorridendo, senza voltarsi.

"Lo erano. Punto terzo: non usare il tono accondiscendente. Ho un'anima, non sono idiota."

"Va bene, Spike. Altro?"

"sì Angel. C'è dell'altro. Perché lo fai?

"Fare che cosa?"

"Perché ti occupi di me…"

Quanta fatica gli era costata quella frase? Un'enormità,probabilmente. Soprattutto tenendo presente che Spike stava cercando il suo equilibrio nel suo vecchio carattere. E quale sarebbe stata una risposta soddisfacente?

"Non è la prima volta che mi occupo di te…" - rispose Angel, lentamente, brancolando in cerca di un buon motivo che si potesse dire - "Anche prima…"

"Prima?"

"Prima del ritorno della mia anima. Anche allora eravamo una famiglia…"

"Siamo una famiglia, adesso?"

"Non lo so ancora Spike…"

"Io penso di sì…"

"Sul serio?" - adesso valeva la pena gettargli un'occhiata, per capire quanto credesse in quelle parole.

"Il tuo atteggiamento lo farebbe pensare. Ma non è la risposta alla mia domanda. Perché ti occupi di me?" - ripeterla era stato meno faticoso di quanto pensasse.

"William…"

"Dimmi, Angel."

"Ti va di offrirmi una sigaretta?"

Questa era una novità. Angel allungò una mano per accettare la sigaretta e se la lasciò accendere.

Adesso stava pensando. Reggeva con la stessa mano sigaretta e volante, massaggiandosi la fronte con l'altra, il gomito appoggiato al finestrino.

Sembrava che quei gesti meccanici lo aiutassero a chiarire le idee, il ritmato cambiare mano per portare la sigaretta alla bocca.

"Willow mi ha fatto pressappoco la stessa domanda, la notte in cui sono tornato a Sunnydale."

"E tu cos'hai risposto?"

"La prima cosa che mi è venuta in mente: che eri uno della mia vita. E non potevo fare a meno di farlo."

"Uno della tua vita…"

"Già. Non era un concetto legato al senso di famiglia. Volevo farlo e basta. Willow mi ha cercato a Los Angeles ed io ho preso la macchina e sono venuto a vedere come stavi."

"E se non si fosse trattato dell'anima? Cioè, se fosse stato un caso differente?"

"Non lo sapremo mai."

 

Il discorso si interruppe. Ognuno aveva una sigaretta su cui concentrarsi.

"Spike… se tu fossi stato al mio posto, cosa avresti fatto?"

"Cosa?"

"Mettiti nei miei panni. Che cosa avresti fatto?"

Era una domanda che non si era posto. Era una domanda a cui non sapeva rispondere. Non gli sembrava adeguato dichiarare che se ne sarebbe fregato. Risposta che non si distaccava troppo dalla realtà dei fatti. Angel aveva riavuto l'anima e nessuno l'aveva soccorso.

Vero che si era trattato di una reazione da vampiro comune, un assassino con pochi buoni sentimenti.

Eppure, inconsciamente, allora, aveva risentito della perdita di quella figura con cui contendersi il predominio nel gruppo.

Costretto a rinunciare alla rivalità ed alla contesa…

Già avviato verso l'inevitabile sfasciarsi della loro famiglia, quando infine anche Darla era andata per la sua strada…

Angel aveva ragione. Ci si sarebbe potuti stupire del contrario. Uno della mia vita.

Era una definizione perfetta, abbracciava quella vasta gamma di sentimenti negativi che, discutibili ma presenti, li avevano legati sin dal principio.

Ma non rispondeva alla domanda.

Ed Angel stava aspettando.

"Mi spiace Angel. Non lo sapremo mai."

Aveva sorriso di quella risposta che azzerava la complicata riflessione di Spike. Ma non aveva poi molta importanza. Angel aveva imparato ad aspettare. Aveva imparato a riflettere e capire, con il tempo.

"Del resto, William, non sono certo di saperti veramente rispondere. Può darsi che all'inizio sia stata una reazione istintiva, oppure di incredulità. " - Angel buttò il mozzicone acceso nella notte - " All'inizio non ero certo che avresti accettato il mio aiuto. Ma volevo fare un tentativo."

"Sicchè, se io avessi rifiutato il tuo aiuto, mi avresti lasciato in pace."

"Temo di no." - ammise Angel, dopo un attimo di indecisione - " In quel caso il problema non sarebbe stato come aiutarti, ma come farti capire che volevo aiutarti."

"Può anche darsi che io non abbia bisogno d'aiuto…"

"Forse. Ma ciò non toglie che io ritenga una buona soluzione che tu venga a Los Angeles per qualche tempo." - Angel rallentò, poi aggiunse distrattamente - " Puoi vederla anche in questo modo: mi sono sentito il più adatto ad impicciarmi degli affari tuoi ed ho intenzione farlo."

Era una fine poco nobile per quella conversazione così seria.

Ma Spike non sentì quell'ultima frase come un affronto. In effetti, non si poteva negare la competenza di Angel sui casi di vampiri con l'anima. Dopotutto, da più di un secolo, sperimentava sulla sua pelle i pro ed i contro. Naturale era stata la richiesta di Giles ed ovvia la risposta di Angel.

Ovvia…

Non proprio ovvia.

Non si era limitato ad esporre la sua opinione in merito. Li aveva estromessi, assumendosi un incarico che non gli competeva.

E non solo.

Si era creata una sintonia. Come se entrambi traessero un certo beneficio dal confrontarsi. E dal restare in silenzio.

Spike non era mai stato tanto zitto.

Angel, in cuor suo, riviveva l'invadenza sarcastica dei loro primi anni di convivenza, le provocazioni e il tormento che gli creava coscientemente.

Inequivocabile desiderio di polverizzargli le ossa e disfargli i lineamenti.

Eppure gli era mancato. Angelus non aveva mai conosciuto un sentimento del genere, più adatto a Liam. Il vuoto di una famiglia perduta…

Ci era voluto Angel, per rendersi conto della forza del loro legame. Un legame pronto a rinsaldarsi alla prima occasione.

Angel fu colto alla sprovvista da quella verità. Spike non aveva saputo rispondere a quella domanda breve quanto complessa. Non gli era tornata alla mente l'occasione in cui si era trovato di fronte ad una scelta di quel tipo.

Non si era ricordato di come l'aveva accolto, ricreando quel gioco ostile di sempre, nel momento in cui Angel, perdendo l'anima, era tornato ad essere Angelus.

Non ricordava quell'episodio relativamente recente?

Spike l'aveva nuovamente accettato. Aveva accettato di dividere nuovamente Drusilla.

"Ma infine mi sono alleato con la Cacciatrice." - obbiettò Spike.

Angel frenò bruscamente.

"Come hai detto, scusa?"

"In quel caso, ti ho accettato ma poi ti ho tradito." - puntualizzò il vampiro biondo - "A meno che tu non abbia intenzione di tradirmi, non mi sembra un paragone che regge."

"Spike, non è questo il punto! Io non ho aperto bocca."

"Figurati!"

"Te lo posso assicurare! Spike, hai letto nella mia mente." - quell'aspetto della loro sintonia iniziava a divenire scomodo - "D'accordo, ricominciamo. Che cosa mi avresti sentito dire?"

Spike aggrottò la fronte. S'impose di ricordare ogni particolare.

"Stavo pensando ai fatti miei quando tu mi hai fatto notare che non mi ero ricordato di quando hai fatto l'amore con Buffy e ti sei ritrovato di nuovo senz'anima. No, non ne sono certo. Non si è trattato solo di parole. Mi è tornato alla mente quel caso, ma c'erano anche le tue riflessioni…"

Ma bene… non solo era successo di nuovo, ma questa volta non si riusciva neppure a scindere il ricordo dal pensiero. Del resto, Angel stava, in effetti, richiamando certe scene alla mente…

"Possiamo quindi definirla telepatia e chiudere il discorso sui ricordi mischiati? Potremmo, visto che ci siamo, concentrarci anche su come ridurla!"

"Allora non è il caso che ti dica che anche questa volta non ho parlato…"

Spike lo fissò, sbalordito. Angel aveva spento il motore e rifletteva, cercando di scorgere un frammento di mondo dai vetri dipinti di nero.

"Sigaretta?"

"Sì grazie, William."

Chi li avesse visti non avrebbe potuto far altro che sorridere. Stavano seduti in macchina, su una strada deserta. Fumando una sigaretta, perfettamente immersi nei loro ragionamenti. La radio proseguiva a cantare e Spike aveva posato un piede sul cruscotto.

Preferivano non fissarsi e forzavano le loro menti perché andassero nella direzione dovuta, senza captare nulla che non fosse farina del loro sacco.

Alfine Angel, con un sospiro di puro dubbio, rimise in moto il motore.

"Allora?" - chiese Spike.

"Allora non mi sembra il caso di finire arrostiti solo perché ci parliamo con il pensiero. Posso pensare e guidare."

"Puoi pensare agli affari tuoi!"

"Mi spiace contraddirti William, ma sei tu quello che ha letto i fatti miei due volte di fila."

"Allora se ti da' fastidio, fa qualcosa! A me darebbe sui nervi uno che legge nella mia mente."

"D'accordo con te. Mi da' fastidio. Sono molto geloso di quello che penso." - Angel aveva riportato la sua attenzione sulla strada - "Va bene. Ricominciamo dal principio. Sono arrivato a Sunnydale, sono venuto in biblioteca da Giles e, quando ti sono arrivato a pochi metri di distanza, ho percepito la tua anima."

"Percepito in che senso?"

"E' stata una visione di insieme. Espressione, stato di prostrazione… ma indubbiamente c'era qualcos'altro che non ho visto ma sentito…"

"Probabile… io in quanto vampiro riuscivo a percepire la tua presenza, ma non la tua anima. Sapevo che eri a Sunnydale, la prima volta che sono arrivato con Dru, ma quando ci siamo incontrati non mi sono reso conto dell'anima…"

"Va bene. Quindi essere vampiri ci permette di percepire una specie di disturbo, se siamo vicini. Rileviamo un messaggio ma non sempre lo decodifichiamo. E questo spiega come possiamo prenderci di sprovvista."

"Ed aggiungiamo che tu, in media, decodifichi meglio di me…"

"Grazie dal complimento…"

"Angel… punto quarto: non fare umorismo. Ti riesce male." - Spike si concentrò e riprese dal punto dove si era interrotto Angel - "Quando tu sei arrivato a Sunnydale, questa volta, non me ne sono accorto."

"Non me ne stupisco. Eri del tutto incosciente. Non ero certo che la tua mente reggesse al colpo." - Angel omise intenzionalmente il suo dissidio sul lasciarlo vivere o ucciderlo. Raccontarglielo li avrebbe messi entrambi nella condizione di dover dare ragione a Xander Harris -"Quando ho deciso di intervenire eri, a mio giudizio, fuori di testa. Ci siamo picchiati e tu avevi un'energia che fisicamente non potevi avere. Combattevo solo con la tua parte demoniaca. Per cui non dovevo prevalere per forza. Dovevo piegare la tua tenacia e la tua violenza."

"Ed allora…"

"Ed allora ho usato il dolore fisico. Per come ti avevano ridotto, non si sarebbe trattato di un dolore temporaneo, ma di uno duraturo. Non si sarebbe rimarginato in fretta. Però, in tutto questo, c'era un margine di rischio."

" Sarebbe?"

"La tua mente, Spike. Io dovevo essere certo di riportarla dentro il corpo, di doverla rendere di nuovo consapevole. E dovevo essere certo che il mio demone non prevalesse, combattendo."

"Questo mi sfugge."

"Tu eri ostile, William. Non si trattava di fare a pugni. Te l'ho detto: io dovevo piegarti. Ti avessi sopraffatto con la forza, ti saresti limitato a crollare di nuovo, in un senso strettamente fisico. Invece quello che volevo io era una reazione psicologica. E per ottenere una reazione di questo tipo, dovevo far sentire al tuo demone il mio, come se ti parlassi in un linguaggio affine." - sembrò pensarci un attimo - "Tu ed io abbiamo sempre fatto a pugni per metterci d'accordo…"

"Vero. Mai più trovato uno al mio livello." - concordò Spike, con una punta di rammarico.

"Grazie. Tutto chiaro fino qui?

"Direi di sì…"

"Riprendiamo. Io ti blocco contro la parete della gabbia. Ho un pugnale. A questo punto ho bisogno che tu risponda ad un'altra sollecitazione. E mischio il tuo sangue con il mio."

"E questo ci porta ad un contatto mentale."

"Molto affine a quello che hai con la tua vittima, quando senti il cuore che accelera e ne percepisci il terrore. Solo che tu non hai provato il terrore. Anzi, è sembrata maggiormente un'interruzione delle tue paure."

Spike restò un attimo in silenzio. Poi annuì.

"Io non ricordo bene. Ma penso sia esatto. O quasi. Mi ricordo un sacco di sensazioni e visioni non mie. C'era di tutto, episodi che non potevo avere visto e poi, c'era quello…"

"Quello cosa?"

"L'anello. Quel tuo anello con il cuore e le mani…"

"Il Claddagh? Ne sei certo?"

"Eccome. Hai una spiegazione?"

"Assolutamente no."

"Ottimo. Allora andiamo avanti." - replicò rassegnato - "il nostro sangue si mischia di nuovo ed io vengo investito da una valanga di pensieri e ricordi non miei. Uno per tutti, il tuo nome. Non potevo saperlo e, dopo quell'approccio, mi è rimasto in testa."

"Va bene. Dopo, forse non puoi ricordarlo, sei crollato del tutto. Corpo e anima insieme. Soffrivi perché il corpo soffriva e percepivi la tua anima come un incubo e non più come l'unica parte di te ancora esistente."

"E'esatto. Anche per te è stato così?"

Era una domanda molto intima.

Angel fu tentato di chiudersi nel suo naturale silenzio, di non riportare a galla la sua disperazione. Di non fare nulla per…

"No, non è stato del tutto così. Io non sono stato ferito. Ho riavuto l'anima e sono stato abbandonato al mio destino. I sensi di colpa mi hanno schiacciato, non ho fatto altro che vagare e tormentarmi. Spiavo la gente per vedere cosa avevo strappato alle mie vittime il giorno in cui le avevo uccise. Gioie, dolori, colori, profumi. Gli stessi che mi inebriavano e mi facevano sentire potente da vampiro, adesso avevano di nuovo una connotazione umana. Non potevo fare a meno di vedere la bellezza umana nelle sue forme. Non mi sembravano più misere creature da dissanguare, erano pieni di forza e passione, grandi nella loro piccolezza mortale…" -Angel parlava senza porsi un freno - "Io non facevo altro che fissarli. Studiarli giorno e notte, immergendomi nella loro cultura del sovrannaturale e quant'altro ancora. Volevo sapere come ci vedessero, come percepissero ciò che non capivano e ciò che negavano. Poi qualcuno venne a cercarmi…"

Spike sperò con tutto cuore che non si interrompesse, che nulla potesse distrarlo. Voleva capire. Voleva capire come si potesse sopravvivere con un peso tale, con qualcosa che sembrava distruggerlo da dentro.

"Qualcuno venne a cercarmi, mentre vagavo, in America. Avevo vagato, vagato per più di ottant'anni alla ricerca di una comprensione che placasse il mio tormento. Eravamo pressappoco a metà degli anni novanta…Mi disse che potevo chiamarlo Cantastorie." - Angel sorrise, ricordando quegli occhi trasparenti e ridanciani - "E mi fece notare che ero un animale più nobile di un topo di fogna. Cercai di tirargli un pungo e lui mi stese."

"Questa scena avrei voluto vederla."

"Già… non me ne sono fatto ancora una ragione." - all'improvviso gli venne da ridere. Quell' essere serafico che ancora non aveva un ruolo nella sua vita, giunto da chissà dove e per quale motivo, gli era piaciuto sin dal principio.

"Chi era?"

"Era il mio angelo custode. Ma ancora non lo sapevo." - Angel tacque. Forse Spike aveva letto di nuovo nella sua mente. O forse no. Angel non si soffermò molto sul quell'evenienza. Di colpo gli sembrò di rivivere quell'anomala situazione.

E Spike non era certo di poterlo interrompere. E non ebbe tempo per restare indeciso. "Quel tizio, il Cantastorie, risvegliò in me un sano senso dell'io. Di colpo tutto quell'osservare che mi era sembrato basilare, divenne incompleto. Io volevo agire. Volevo muovermi in quel mondo che avevo cercato di distruggere in parte, quando ero soltanto un demone. Il cantastorie mi sorrise e mi tese una mano. Ed io l'accettai. Era il primo contatto da non so quanti anni. Ed era stato un contatto sincero di solidarietà. Non l'ho mai più scordato. Non c'era niente della passione e del possesso che mi avevano dato Darla, Drusilla o gli altri. Non c'era la sfida che provavo con te, oppure la sottomissione…"

Aveva mai sentito sottomissione, nel contatto con lui? - Spike non osò chiederlo.

"No, William. Sei sempre stato un mio pari." Angel si voltò a guardarlo - "ma non diciamo ad Angelus che te l'ho detto."

Spike gli sorrise, poi, rispettoso, gli chiese di andare avanti. Era successo di nuovo. Ma non aveva realmente importanza. Contava la risposta, non il modo in cui l'aveva ottenuta.

"Fatto sta che lo conoscevo da cinque minuti. Mi aveva già insultato, accoppato e aiutato. Mi disse di seguirlo e lo feci. Era una cosa molto biblica e lo sapevamo entrambi. Faceva citazioni e mi parlava di qualunque cosa; riuscivo a seguirlo a stento.

Faceva di tutto per farmi ridere. Ma io non ne avevo poi molta voglia. Ed allora mi sembrava addirittura di non essere più capace. Ma non desisteva. E voleva qualcosa da me."

"Cosa voleva?"

Allora era interessato. Era pericoloso avere un pensiero sarcastico, in quella loro particolare situazione. Ma Angel se lo concesse ugualmente, alzando un sopracciglio nel fissarlo. Spike pendeva dalle sue labbra. Una cosa mai vista.

" Voleva che sorvegliassi la Cacciatrice."

"Che cosa?" - gli occhi di Spike sembravano cadere dalle orbite.

"Si trattava di un caso particolare. Era una liceale. Mi spiegò che era troppo grande, ma che era la prescelta ed il Consiglio l'aveva dovuta accettare. Un Osservatore era già in viaggio dall'Inghilterra, per sostituire il precedente. Si trattava di Giles." - Angel face una pausa e poi riprese - "La ragazza aveva già iniziato a dare qualche grattacapo e presto si sarebbe trasferita sopra la Bocca dell'Inferno a fare il suo dovere."

"E tu dovevi accertarti che lo facesse?"

"Per quello c'era il suo Osservatore. Io dovevo accertarmi che avesse le informazioni giuste al momento giusto e che non l'ammazzassero tanto facilmente. Il fatto che lei avesse degli amici, in un certo senso, dal punto di vista pratico, mi ha risolto parte del lavoro. E mi ha permesso di allontanarmi quando ho deciso di farlo."

"Tu sei il custode di Buffy."

"E' vero. Lo sono ancora, per certi aspetti. Per altri, a quanto pare, sono già il custode di qualcun altro."

"Io non vado custodito."

"Non mi riferivo a te. Ma a Faith."

"E cosa centra Faith!" - un lampo di comprensione gli passò nello sguardo. E Spike boccheggiò - "Tu stai nascondendo la cacciatrice rinnegata?"

Sembrava stupito. Angel lo trovò divertente.

"E' un grosso segreto. Ma penso che saprai tenerlo per te."

Spike era assolutamente senza parole.

"se proprio non hai niente da dire" - lo punzecchiò il suo sire, con un certo compiacimento - "proseguirei…"

"Riprendi da dove hai interrotto. E non mi fregare. Perché accettasti?"

"Perché me ne innamorai. E perché non avevo niente da perdere. Mi veniva offerta l'occasione di riscattarmi. Solo in seguito capii che la Cacciatrice poteva essere in un certo senso superflua nella mia missione. Quando lasciai Sunnydale, dopo l'Ascensione, pensavo semplicemente di aver fallito. Troppe volte Buffy era stata in pericolo per colpa mia. Non si era trattato di difenderla." - Angel guidava tranquillo, indipendentemente dalle pesanti ammissioni che gli uscivano dalle labbra - "L'avevo quasi ammazzata, per salvarmi la vita. Deliberatamente, non avevo saputo controllare il mio demone. Avevamo corso un rischio enorme ed inutile."

Spike gli porse un'altra sigaretta, ma Angel rifiutò con un cenno.

"E così tornai a Los Angeles. Ed il cantastorie venne di nuovo a cercarmi. E mi tormentò, per farmi entrare in testa che non c'era stato fallimento, di andare avanti con la mia missione. E mi disse di piantarla di rimuginare al buio, di cercare di essere costruttivo."

"costruttivo… bel termine…"

"Già. Costruttivo. In duecentocinquanta anni nessuno mi aveva mai detto una cosa del genere. Ma questa volta non provai nemmeno a picchiarlo. Mi stava simpatico. E non mi ci volle molto a capire che, con quell'accento irlandese, si sarebbe permesso di dirmi qualunque cosa gli passasse per la testa."

 

La narrazione era finita. Si erano allontanati parecchio dal problema originale, ma solo ora, di colpo, se ne rendevano conto.

Spike stava zitto ed Angel parlava. Era il capovolgimento delle regole. Tutto stava ad abituarsi.

"Dopo che mi hai accoltellato sono crollato. E poi?" - riprese Spike, come se le loro confidenze stessero chiuse dentro una coppia di parentesi. Come se l'argomento potesse essere ripreso laddove si era interrotto.

Aveva chiaro in testa un singolo e rispettoso concetto. Angel sapeva. E bisognava fare di tutto perché Angel non si sentisse intrappolato dalle sue stesse parole.

"Tu cosa ricordi?

"Ben poco. Nulla. Incubi. Facce…"

"Hai delirato. Parecchio. E quando ti sei svegliato io non ho trovato niente di meglio che cominciare a parlare. Non so nemmeno cosa ho detto." - Angel represse una risata - "Parlavo per darti più informazioni possibili e tu non dicevi nulla. Poi sei ripiombato in una semi-incoscienza. Continuavi ad alzarti e cercare di scappare."

"Sul serio?"

"Oh sì, William. Ad un certo punto ho smesso di contare le costole che mi hai rotto e le volte in cui mi hai lussato una spalla. Sei andato avanti almeno tre giorni. Non mi hai lasciato dormire…"

"Ti aspetti delle scuse?"

"No. Ma volevi sapere…."

"Va' avanti."

Pure il crepitio dell'accendino sembrava seccato. Spike trovava imbarazzante non ricordarsi niente. Ma non poteva fare a meno di volerlo sapere. Anche se l'imbarazzo faceva presto a divenire irritazione.

"Poi è ricominciata la salita. Hai cominciato ad essere lucido per periodi più lunghi."

"E' vero." - annuì - "Non avevo molta voglia di esprimermi, ma mi ricordo. Poi ho ricominciato anche a parlare e siamo arrivati ai nostri giorni."

Concluse frettolosamente. Adesso ricordava bene cosa era successo, la sera che aveva deciso di riprendere la parola.

Preferiva non parlarne.

Non voleva proprio parlarne.

Questo era certo.

Ed Angel fece finta di niente.

"Benissimo." - aggiunse Spike - "Finito il riepilogo, quali sono le conclusioni?"

"Non siamo andati molto lontano. Sappiamo quando è cominciata la telepatia e sappiamo che ci è successo anche quando tu eri incosciente."

"Ah sì?"

"Credo. Io sapevo con una frazione di anticipo quando avrei dovuto bloccarti e rimetterti a letto. E tu smettevi all'istante di agitarti, nel momento stesso in cui ti stringevo."

"Per cui…"

"Per cui comunicavamo senza le parole. Non ti dibattevi. Ti rilassavi e di colpo scivolavi sui miei piedi. All'inizio non ci ho badato molto ma, in effetti, è…strano."

Spike sembrò pensarci un attimo.

"Ma vero. Questo me lo ricordo. Mi ricordo il gran desiderio di scappare dai miei incubi, il senso di non riuscire a svegliarmi. Era una sensazione intensa. Arrivavo sempre ad un passo dal credere che sarei crollato. E poi c'era qualcosa che mi distoglieva. Che riduceva tutto ad un livello controllabile. Era un po' come…"

"Sentirsi protetti?"

"Già." - Ammise Spike - " Sentirsi protetti."

Angel non rispose. Ma il suo profilo era dipinto di un sorriso appena accennato.

"Angel, non mi ci voleva chissà quale rivelazione, per sapere che eri tu. Chiunque stia male si sente protetto da uno che sta bene."

"Lo so. Ma è ugualmente piacevole sentirselo dire."

 

"Pensi sia una cosa temporanea?"

"Credo di sì. Capita soltanto quando abbassiamo la guardia. E tenendo presente che nella vita di tutti i giorni non siamo avvezzi a farlo, le occasioni di comunicare con il pensiero dovrebbero ridursi."

"e perché adesso stiamo abbassando la guardia? Qualche ricorrenza particolare?"

"Non siamo ancora abituati alla reciproca compagnia. Ci vorrà del tempo. E tu non sei ancora in ottima forma. Sei solo un po' più recettivo. Ma tornerai presto ad essere un mulo testardo, William, non ti preoccupare."

"Io non sono un mulo. Sono un tipo con le idee chiare."

"D'accordo Spike."

"Non sono un mulo."

"Ho capito."

"Non devi capirlo. Devi esserne convinto."

"Ne sono convinto."

"Non… Angel" - lo chiamò, cambiando improvvisamente idea - "Come mai Faith è con te?"

"Aveva bisogno di aiuto."

"Mi riferivo al fatto reale, non alla causa metafisica…"

"Faith ha avuto qualche difficoltà a farsi capire. Ha cercato di uccidermi e poi ci siamo trovati."

"E non vi lascerete più? Che cosa romantica."

"Attualmente non mi viene in mente un posto migliore dove mandarla a vivere. L'Hyperion è grande, può andare in giro e se vuole fare due chiacchiere deve solo scendere di un piano. La cosa più difficile è stato convincere Westley a non farle da Osservatore."

L'aveva detto in modo incurante. Ma si aspettava da un momento all'altro che Spike gli facesse fermare la macchina e tornasse a piedi a Sunnydale.

"Ma Whidam-Price non sa farsi gli affari suoi?"

"Allora sapevi che lavorava con me."

"Per un po' ho vissuto con Giles. Di qualcosa dovevamo pur parlare…" - replicò, come se questo spiegasse tutto. - "Poi dovrebbe esserci Cordelia Chase.."

"In effetti è esatto."

"E vivete tutti insieme di amore e d'accordo."

"Ognuno ha il suo spazio."

"Ed il Consiglio sa che hai Faith?"

"Non mi riguarda. Se verranno a reclamarla, dovranno veramente avere delle buone ragioni."

"Non per darti un dolore, ma non stai proteggendo un agnellino. Ha cercato di ammazzarti più di un paio di volte."

"Non ha mai cercato di dissanguarmi per guarire la sua ragazza da una pazzia congenita…" - replicò Angel, asciutto.

Spike lo fissò un istante, con un'infinita ammirazione nello sguardo. Poi scoppiò a ridere.

"Touchè." - replicò - "Pazzesco. Vado a vivere con il mio Sire, una Cacciatrice rinnegata, un Osservatore ed una reginetta di bellezza."

"E potresti anche trovarlo divertente."

Forse, Angel, forse, pensò, sistemandosi più comodo.

E non badò a cosa Angel potesse aver captato. Sorrise e guardò fisso, innanzi a sé, la strada.

 

 

II

Alba su Los Angeles.

Il cielo si arrossava appena, al di sopra delle loro teste. Angel percorreva l'ultimo isolato con calma. Ormai era a casa, non aveva motivo di affannarsi, sarebbe arrivato alla porta prima del sole.

Infilò la discesa dei garages, parcheggiò la macchina e spense il motore. Restò un attimo fermo, poi si girò a fissare Spike.

Quasi gli spiaceva doverlo svegliare. Spike dormiva, con la testa gettata indietro.

Appariva sereno.

Scese dalla macchina, silenziosamente e fece il giro, per aprirgli lo sportello.

Gli posò una mano sulla spalla per scuoterlo appena.

"William, sveglia." - sussurrò.

Spike gli rispose con un mormorio e si mosse.

"Sveglia, siamo arrivati."

Un altro mormorio, poi Spike, con aria pesta e seccata aprì gli occhi. Lo guardò trucido e si sporse per scendere.

Finendogli addosso.

Angel rise sommesso nel sostenerlo. Rise, mentre Spike cercava di riacquistare dignità ed equilibrio puntellandosi con il naso tra i suoi pettorali.

Gli passò un mano sotto il braccio nel sentirsi artigliare una scapola. E lo tirò in piedi. Lo mise dritto e, piegandosi appena sulle ginocchia per fissarlo, chiese:

"Resti in piedi se ti lascio?"

Un grugnito di risposta lo indusse a lasciargli le braccia.

Ed il risultato fu che dovette riprenderlo al volo.

Questa volta lo tenne saldamente per le spalle, fino a quando Spike non articolò un frase di senso compiuto.

"Smetti di ridere, per piacere."

" E tu smetti di finirmi addosso?"

"Ci provo…"

"Ok."

Angel allargò nuovamente le braccia, ma questa volta le gambe non gli cedettero. Rimase ben saldo dove si trovava, con l'aria di sfida che riservava a chi si dimostrava scettico sulle sue potenzialità.

Non era per niente sicuro di restare in piedi. Ma riteneva assolutamente superfluo ammetterlo.

"Non andrai lontano, se ti ostini sulla rabbia."

"L'hai già detto…"

"Non mi sembra però che tu mi abbia sentito."

"Ti ho sentito benissimo. Ma non ho intenzione di continuare a fare la mammoletta." Angel lo guardò un istante, poi gli girò le spalle.

"Fai pure."

Fu il suo unico commento.

Non voleva che Spike lo vedesse preoccupato. La breve parentesi di Sunnydale era finita.

Sia lui che Spike avevano un ruolo, una maschera ed un compito.

Ed entrambi erano abbastanza grandi per decidere.

Ma ad Angel sarebbe piaciuto tirare un eloquente sospiro di rassegnazione.

Alle sue spalle Spike si stava puntellando al tetto della macchina, con l'aria incurante di chi fissa i propri bagagli.

Angel fece alcuni passi verso la porta. Poi, con un ripensamento, fece retromarcia e tornò indietro.

"D'accordo, facciamo come vuoi tu, ma a modo mio." - sussurrò al profilo di Spike - "Dietro quella porta stanno in agguato due ragazze molto poco socievoli nei tuoi confronti. Non penso che tu voglia finire disteso ai loro piedi e poi sommerso dalle loro moine e critiche per una settimana."

Aveva voglia di ringhiargli contro. Ma la testa gli girava troppo.

Ed era arrabbiato. E stufo. Esasperato dal suo corpo che rifiutava di ubbidirgli. Come il suo animo.

I suoi pregiudizi.

Ed i suoi sentimenti.

Ogni singola parte del suo essere lo stava boicottando.

"Cosa consigli di fare?" - replicò seccato.

"Penso di salvare la dignità ad un inglese con la testa dura come un mulo."

"Senti chi parla…"

"Dai, raddrizzati." - lo ammonì blandamente Angel, nel piazzargli una mano sul petto ed una sulla schiena.

Senza trovare resistenza. Spike si lasciò guidare docilmente, allineando le braccia ai fianchi.

Angel gli fece fare un passo indietro, per fare spazio.

"Chiudi gli occhi…"

Era semplice. Ma, di necessità, doveva essere anche una cosa molto breve. Prima che Cordelia spalancasse quella porta per ficcare il becco.

Angel gli parlava in un orecchio e, man mano che guidava i movimenti, Spike si ritrovava saldo sulle sue gambe.

Non stava facendo niente di particolare, eppure…

"D'accordo. Apri gli occhi." - Angel lo lasciò andare e lo vide distendersi piano.

Il problema non era uno dei peggiori. Spike si era mosso troppo in fretta per le sue energie. Ciò che gli mancava era l'equilibrio.

L'equilibrio delle parti.

E la reazione tanto positiva a quell'esercizio spirituale era diretta conseguenza di quel desiderio di sentirsi nuovamente in piena forma.

Spike era disposto ad imparare più di quanto non si fosse reso conto.

"Ascoltami bene." - riprese Angel, rapidamente - "Non arriverai da nessuna parte, se continui a ignorarti in questo modo. No, non voglio discutere, adesso. Ma tu ed io domani dobbiamo parlare. Penso di avere trovato una buona soluzione. E, prima che tu me lo chieda: no, non ho intenzione di tenerti sotto una campana. Cammina, forza."

"Quanto parli per essere uno taciturno." - sbuffò Spike sbattendo la portiera.

Angel si girò e lo precedette. Non c'era pericolo che Spike cadesse. L'orgoglio e quel piccolo trucco l'avrebbero tenuto in piedi quel quanto che bastava. Angel si era messo sulla spalla la sacca, di modo che il ragazzino potesse preparare la sua entrata. Ragazzino…

Per poco non ricominciò a ridere.

Posò la mano sulla maniglia e poi, aprendo, salutò.

"Ciao Cordelia."

Nell'ingresso dell'Hyperion, intenta a fare finta di niente, stava Cordelia Chase. Con un piumino della polvere in mano.

Sdraiata sui gradini della prima rampa, appoggiata sui gomiti e con un ginocchio piegato, provocante, stava Faith.

"Vedi, Cordelia. Te l'avevo detto che non potevi imbrogliarlo." - sorrise Faith, piegando appena il collo.

Cordelia dimenticò di salutare i due vampiri… due… ma certo erano due… come aveva fatto a convincersi che sarebbe tornato solo?

"Lo so benissimo che se ne sarebbe accorto! Ma non mi sembrava un buon motivo per non nasconderlo." - strillò, battendo un piede a terra.

"Ehm, accorto di cosa?" - l'ilarità di Angel stava crescendo. Le due ragazze stavano sciupando l'entrata di Spike…

"Che ti stavamo aspettando qui." - spiegò Faith - "Abbiamo chiamato la strega e ci ha detto che eri partito. Così ci siamo messe a fare finta di niente per non dare importanza al fatto che stavi tornando. Cordelia ha quel piumino in mano da almeno un paio d'ore."

"Già. Come mai ci avete messo così tanto?" - insistette Cordy.

"Non c'era motivo per affannarsi. Non vi stavate occupando di tutto voi?"

"Sì, certo. Non ti immagini nemmeno tutto quello che è successo nei primi giorni. E poi? Poi più nulla. Solo Whidam-Price con il raffreddore." - Faith lasciava intendere quanto fosse stata seccante quella pace - "E' di sopra, a letto e non fa che starnutire."

"Sopravvivrà, Angel, è inutile che accorri. Bhe? Pensate di restare ancora a lungo sulla porta?"

Cordelia non intendeva di certo perdere tempo. Avanzò bellicosa ed afferrò la sacca che Angel teneva ancora sulla spalla. Quanto bastava per sbirciare Spike, appoggiato allo stipite, con le mani in tasca.

Non aveva un bell'aspetto. Ma il suo sguardo era fermo e forte come sempre.

E ironico.

"Angel… la tua abitudine a vivere con le donne non muore mai." - constatò, con un leggero tono di sfida.

Faith lo fissò, con inequivocabile sguardo di disprezzo. Ma non disse nulla. Rimase dov'era, dondolando appena un piede. Angel si spostò dalla traiettoria delle loro occhiate, decidendo di ignorarli entrambi.

"E cosa è successo mentre non c'ero?" - domandò a Cordelia.

"Di tutto. Ma il mondo non è finito. Westley ti racconterà, quando gli tornerà la voce."

"Cosa ha combinato?"

"Ha fatto l'eroe. Tu non c'eri… lui era l'uomo di casa…"

"Capisco." - sospirò rassegnato, nello sfogliare alcune buste posate su un tavolo- "Ragazze, perché non vi sedete?"

Cosa pensava di fare, un proclama?

Spike rimase fermo dov'era. Gli piaceva stare appoggiato così, alla parete. Sapeva di essere molto efficace, anche se il suo fisico, al momento, non era dei migliori. Inoltre poteva fissarli tutti, da quell'angolo, abbracciando la visione dell'Hyperion sino all'ultimo piano.

Cordelia sedette sull'ultimo gradino, spostando con una spinta gli anfibi di Faith.

" Spike starà qui per un poco. Si prende l'appartamento di fronte al mio, al primo piano. Domande?"

"Tutto qui?" - Cordelia non sembrava per niente intimorita dalla brevità del messaggio - "non pensi che meritiamo qualche informazione in più? Sei sparito per una settimana e non dici nulla?"

"Cordelia, mi hai chiamato quasi tutte le sere…"

"Ma tu non mi hai detto nulla!"

"Nemmeno tu mi hai raccontato cosa stavate facendo."

"Era tutto sotto controllo!"

"Anche a Sunnydale era tutto sotto controllo." - concluse Angel - "Faith?"

"La sua anima è permanente o dovrò impalettarlo quando meno me lo aspetto?" - parlava di Spike come se non fosse presente.

"La mia opinione è che sia permanente. Anche se non so ancora da dove e come sia tornata."

Faith fece un cenno d'assenso. Per lei era abbastanza.

"Me ne vado a dormire." - commentò alzandosi - "Benvenuto."

Cordelia rimase contraddetta. Guardò le spalle di Faith che si incamminavano in direzione mansarda. Poi fissò Angel e Spike.

"Un bacio di benvenuto?" - la punzecchiò Spike.

Cordy lo fissò, con gli occhi sottili come due fessure. Poi si alzò spolverandosi la gonna con la mano.

"Buonanotte, Spike."

Angel gli lanciò un'occhiata eloquente.

"Che c'è? Stavo solo socializzando…" - replicò il colpevole, innocente.

L'appartamento di Angel, a sinistra della scala, era costituito da un grande salone semicircolare su cui si affacciavano le sue stanze, la camera da letto e lo studio.

Appartamento di Spike risultava essere speculare per posizione, ma i locali apparivano più squadrati e con una suddivisione più omogenea. Sopra la testa di entrambi si stendeva la vasta biblioteca di Westley e le sue stanze.

Cordelia dormiva sotto i suoi piedi, nell'ala est dell'albergo, al piano terra. Era una specie di isola felice a cui nessuno poteva accedere.

Spike si mosse a lungo, da una parete all'altra. Aveva una gran voglia di spostare mobili per scaricare la tensione. Buttare la sua roba in giro e creare una amena confusione. E con il baccano tirarli tutti giù dai loro letti.

Gli andava di essere criticato e disapprovato. Aveva voglia di sentirsi tanto cattivo.

Ed era stufo di quel martellare sordo delle sue tempie. Avrebbe voluto non sognare…

E fu l'ultimo pensiero coerente prima di piombare in un sonno profondo.

Rumore di passi. Angel non riusciva a dormire. Seduto in poltrona si godeva la casa, immersa nel silenzio del primo mattino. I suoni della città giungevano attutiti e lontani, attraverso le spesse pareti dell'albergo.

Rumore di passi sul pianerottolo.

Chiunque fosse, stava venendo in quella direzione.

Attese.

Sentì i passi fermarsi davanti alla sua porta. Poi più nulla.

Si allontanavano.

Chi era?

Non era Spike.

Ed una volta escluso Spike…

Angel si alzò e dischiuse l'uscio.

Poteva vedere un flebile filo di luce filtrare al di sopra della sua testa.

Salì le scale, evitando accuratamente le macchie luminose di sole che si riflettevano sui gradini di marmo.

Superò la porta di Westley e proseguì verso la mansarda.

Bussò rispettoso ed entrò. Non aspettò nemmeno di sentirsi invitare.

"Ciao." - disse incurante - "Non riuscivo a dormire. Ti vanno quattro chiacchiere?"

Faith indossava una sua maglietta. Era lunga, le arrivava fino a metà coscia, facendola sembrava piccola e minuta. Sedeva su un tavolo, nell'alcova della finestra e sbirciava fuori dalle tende.

Le stringeva con una mano, per evitare che i raggi filtrassero ancora.

Angel afferrò una sedia a lato della porta e si sedette al tavolo, posandoci i gomiti.

Ad un palmo dalle sue mani, stavano i piedi nudi di Faith.

"Tatuaggio?" - mormorò posando un dito su un complicato simbolo tribale disegnato sopra il malleolo.

"Ti piace?"

Faith si girò a guardarlo, speranzosa.

Ed Angel vide qualcos'altro.

Allungò la mano e l'afferrò per il mento.

"Ma tu guarda che roba…"

Sussurrò, costringendola a girarsi di profilo.

La guancia nascosta dai capelli era ancora tumefatta. C'erano due tagli, sullo zigomo. E l'irrecuperabile labbro spaccato. Una costante, sulla faccia di Faith.

"Come ti è successo?"

"Come al solito. Ero di ronda e sono caduta male."

"Costole?"

"Una sola. Ma non la sento quasi."

"Punti?"

"Solo tre. Qui." - rispose Faith, tirando su la manica per mostrare la spalla.

Tre, certo. Se non si contava l'estensione del livido ed i punti in cui la pelle non c'era proprio più.

Angel la guardò comprensivo. Poteva immaginare che sotto quella maglietta enorme ci fosse ben più di qualche escoriazione. Ma non disse niente.

"Dovrò proprio farmi raccontare da Cordelia cosa è successo." - sospirò.

Faith abbozzò un sorriso.

"Sarà uno sballo, credimi."

"Non ne dubito."

Faith appariva molto diversa, in quei momenti. Sommessa, senza difese.

Lei ed Angel dormivano poco e pensavano molto. Non avevano impiegato molto ad incontrarsi così, nel loro vagabondare insonne. All'inizio si erano limitati ad un cenno di riconoscimento. Poi avevano riunito le loro riflessioni.

Faith sembrava trarne un vantaggio. La sua naturale diffidenza veniva meno, durante quelle loro chiacchierate. Sbocciava, rivelandosi sensibile quanto sottile nelle sue considerazioni.

Faith, agli occhi di Angel, era una bambina trascurata. Una bambina bisognosa d'affetto, da sempre sgridata per i danni che faceva, mai protetta dal male che poteva farsi.

Faith era la perfetta realizzazione del suo animo protettivo. Faith era la vittima della sua sindrome da fratello maggiore.

"Che mi dici di Spike?" - Faith azzardò la domanda.

"E' un osso duro. E sta passando un brutto periodo."

"Sì,ma tu che c'entri. Da quanto mi avevi detto, aveva buoni rapporti con la Cacciatrice, per la storia del chip."

"Sì. Ma, nella vita di Buffy, un vampiro con l'anima è già abbastanza."

Faith rise, di quel prendersi in giro.

"Vedi, Faith." - spiegò, tornando serio - "Quando un vampiro sceglie un mortale e decide di trasformarlo, reagisce alla solitudine. Crea un legame di sangue, crea una famiglia. Una specie di famiglia. Si tratta di persone unite tra loro in modo molto intenso."

"Per questo non puoi uccidere Darla?"

"Già. Io l'ho già uccisa una volta, in questa vita. E non è stata una cosa piacevole." - non sembrava sorpreso da quella domanda - " Speravo di riuscire a salvarla, in questa occasione. Ed anche Drusilla ha agito con questo pensiero. Solo che per me la salvezza era nel farla restare umana, per Drusilla si trattava di vampirizzarla di nuovo."

Faith fece un cenno d'assenso. Non era difficile capire. Forse non poteva immaginare la profondità di quel legame, ma capiva.

"Quando la mia strada si è staccata da quella della mia famiglia, ho cercato di farmi una ragione del fatto che tra noi non ci fosse più nulla. Solo che non è così, e non ci posso far niente."

"Quindi, tu e Spike, siete una famiglia."

"Non del tutto. Ma William dice di sì."

"William?"

"William. Spike. È il suo nome."

"Non lo sapevo."

"Continua a non saperlo. Avere il permesso di chiamarlo William è molto difficile…" - Angel piegò la testa quanto bastava da appoggiare la guancia alla mano - "Sui libri è ancora segnato con questo nome. William il Sanguinario. Ma nessuno lo chiama mai così."

"Solo tu."

"Io posso."

"Chiaro. È così perché è così."

"Esatto. Ti eviterai delle discussioni."

"Non ha un gran aspetto."

"Lo so. E, quel che è peggio, è che lo sa anche lui. Ha perso troppo sangue quando lo hanno torturato. E l'anima gli pesa come un macigno."

"A vederlo non si direbbe." - Faith abbassò lo sguardo. In fondo, con un po' di spirito di autocritica, si rendeva perfettamente conto che, anche nel suo caso, molte cose non si vedevano a primo sguardo.

"Faith. Il mio legame con te è altrettanto forte." - sussurrò Angel, protraendosi a carezzarle la guancia martoriata - "Conosco Spike da molti anni ed ho intenzione di dedicargli parecchio tempo nei prossimi giorni. È importante. ma questo non limiterà mai la mia attenzione. Io ci sarò finchè tu lo vorrai."

Avrebbe voluto piangere. Angel aveva dato forma alle sue paure. Le aveva rese parole semplici e rassicuranti. Si costrinse a deglutire, ricacciare indietro le lacrime. "Lo so. Ma… grazie. Volevo sentirmelo dire."

"Non c'è di che. E non sei nemmeno obbligata ad andarci d'accordo."

"Già. Non credo sia una cosa facile. Ma mi impegnerò comunque."

"Ti impegnerai più di lui. Di questo sono certo."

"È davvero così testardo?"

"Faith, è un inglese. Tu conosci qualche inglese?"

Faith si fermò a pensare, poi, all'unisono sospirarono:

"Westley."

"E Giles. Non dimenticare Giles. Noi irlandesi sappiamo essere dei gran muli ma gli inglesi ci battono in oratoria. E petulanza, oserei dire." - scherzò Angel - "Spike non è da meno. Il tutto dosato con una certa sicurezza personale di stampo americano."

 

"Mi piacerebbe lottarci."

Faith non sapeva resistere a quella tentazione. Era una rinnegata, ma una Cacciatrice fino all'ultima cellula. E Spike era l'uccisore di due Cacciatrici. Una leggenda.

"Ne avrai l'occasione. Ma ti consiglio di non farlo adesso. Rimarresti delusa e lui diventerebbe furioso."

"Il che è una cosa da evitare."

"Fai mai qualcosa per rabbia, Faith? Spike al momento vive per rabbia. Non ha concentrazione e non ha resistenza."

"E non sarebbe contento, se sapesse cosa mi stai raccontando."

"Evitalo per un po', Faith. Non dargli occasione di venire con te di ronda. E se proprio non reggi alla provocazione, stendilo in fretta e senza troppi artifici."

"E questo non lo renderebbe furioso?"

"Certo. Ma anche sorpreso. Se tu gli mostri la tua bravura, per lui sarà irresistibile il desiderio di misurarsi. Inoltre, c'è la questione del chip. Per quel che mi riguarda, è disattivo. E da parecchio."

"Cosa te lo fa pensare?"

"Il suo demone. Ci siamo trovati parecchio vicini alla perdita del controllo, negli ultimi tempi. L'anima lo tormenta ma, se incosciente, il suo demone non conosce restrizioni, nel prendere il sopravvento."

"Vuoi dire che in questi mesi ha finto?"

"Può darsi." - Angel tacque. Si stava avventurando nel territorio delle confidenze. Con che diritto poteva parlare della vita di Spike? Non sapeva nulla di profondo sui mesi passati. Pettegolezzi, notizie…

Ma Spike non aveva detto nulla a riguardo.

Riguardo a Buffy.

Harmony.

Drusilla.

E non sembrava aver badato molto al chip, da quando si era ripreso.

"Ogni cosa a suo tempo." - concluse, alzando lo sguardo - "Spike è debole. Se combatte con te e, per qualche causa imprecisata, il suo demone si risveglia, non ha molte probabilità di riuscire a controllarlo. Non voglio che vi facciate del male giocando."

"Giocando?"

"Perdonami. Mentre vi mettete alla prova." - corresse, sarcastico.

"Così va meglio."

"Angel…"

"Dimmi, Faith."

"No, niente. Niente di importante." - Faith giocherellava con l'orlo della maglietta, pensierosa - "C'è qualcosa che posso fare, oltre a non rompergli nemmeno un osso?"

"Al momento, no. Ti assicuro, avrò già io le mie difficoltà a farmi ascoltare."

"Si fida di te?"

"Nel limite dell'accettabile." - rise Angel - "E' un vampiro, la fiducia non è tra le sue caratteristiche predominanti. Deve smantellare parte della sua esistenza, mentre si ostina a tutti i costi a non cambiarne neanche una virgola. Io sono uno che nella sua vita va e viene. Una volta sono un alleato ed una volta sono un nemico. Gli creo qualche confusione."

"Per me è più semplice." - proseguì - "Rispondere ad una chiamata di Giles era per me una cosa giusta. Aiutarlo a superare il trauma iniziale era di nuovo una cosa giusta. E perché no, in fondo, Spike mi mancava. Mi è mancato in tutti questi anni."

"Invece per lui..."

"Per lui io sono quel grandissimo stronzo di Angelus, il suo sire prepotente che lo pestava ogni volta che voleva avere ragione. E poi sono Angel, il vampiro rammollito che si innamora delle Cacciatrici e fa sventolare il mantello nella notte in difesa dei deboli e degli innocenti." - lo sguardo di Angel si stava adombrando, nell'avanzare dei ricordi - " Io non posso dirgli che avrei voluto salvare tutti loro, quando ho riavuto l'anima. Non posso spiegargli l'impossibilità. Per loro era una questione di onore e disprezzo. Per me si trattava di impotenza. Non potevo cambiare le cose."

"Ma adesso le cose sono cambiate da sole."

"E' vero. Adesso posso provare a spiegargli quello che ho capito in questi anni."

"E non hai dubbi sul fatto che capirà."

"Non devo cambiarlo. Devo solo fargli levare la maschera. Da quel punto di vista, siete tali e quali."

"Siamo come?" - il cuore di Faith batteva irregolare, Angel poteva sentirlo chiaramente. Batteva per la paura di sentirsi svelata, ancora una volta.

"Colpevoli sulla strada della redenzione?"

"No. Fragili, sotto una corazza spessa. Profondi e sensibili, intrappolati in un meccanismo che non riuscite a controllare. Incompresi. Desiderate solo aggrapparvi a qualcuno, qualcuno che, prima o poi, vi fraintende e vi delude. Negate la vostra necessità di essere capiti, per non soffrire ancora." - Angel avrebbe voluto fermarsi, ma non riusciva - "Temete di essere un peso e non potete accettare di essere veramente amati da qualcuno. E non vi date mai per vinti, nemmeno quando dovreste."

"Accidenti." - sussurrò Faith. Cercando disperatamente di nascondersi - "Tutto questo?"

"E più ancora. Non dovresti sottovalutarti." - poi aggiunse, scherzando - "E non dovresti sottovalutare il mio spirito di osservazione."

Faith aveva degli occhi enormi e luminosi. Le labbra le tremavano nel tendersi in un sorriso.

"E Spike sa che vai in giro a parlare così bene di lui?"

"Ma certo che no. Renderebbe tutto troppo complicato."

 

 

III

Un giorno. Era passato.

Un'altra notte era in arrivo.

Westley diede un altro colpo di tosse e cercò di sistemarsi meglio, nella sua poltrona, spostando ammassi di fazzoletti di carta dal pregiato ripiano della sua scrivania.

Si sentiva gonfio e pesto. Il naso continuava desolatamente a colare, in barba a tutti i medicinali che Cordelia gli aveva fatto ingurgitare.

Uno starnuto.

Uno starnuto.

Ed un altro ancora.

"Salute." - disse una voce alle sue spalle.

Westley bofonchiò un ringraziamento, prima di saltare in piedi, afferrando la prima croce che gli era capitata sotto mano. Inciampò e finì per terra.

Dove lo colse un altro starnuto, seguito dal più grande accesso di tosse mai immaginato.

Davanti a lui, con una faccia da paletto nel cuore, stava Spike. E dietro di lui, con le immancabili mani in tasca, Angel. Con una classica espressione di divertimento sul viso.

Westley spostò lo sguardo da uno all'altro, restando sdraiato sul tappeto. Inebetito.

Angel avanzò e gli tese una mano.

"Ciao Westley." - lo salutò, mettendolo in piedi. E finendo investito in una valanga di starnuti.

"Sgusa." - disse, tirando su con il naso.

"Ti scuso." - replicò Angel, rassegnato e divertito allo stesso tempo - "Westley, non so se conosci…"

Partire con il piede giusto sembrava un'ottima idea. Westley amava le buone maniere.

"Sì. Già avuto questo piacere." - disse, tendendo la mano.

Spike ebbe un attimo di esitazione. Era la prima volta che un Osservatore si mostrava così amichevole. Giles, per quanto un ospite perfetto, aveva sfrondato rapidamente tutti questi rituali, per incatenarlo alla vasca del bagno.

Non proprio un trattamento da Grand Hotel.

Westley non aveva per niente l'aspetto dell'Osservatore vigile e perspicace. Soprattutto adesso, con gli occhi pesti ed il naso spelato.

"Ci siamo già incontrati." - replicò Spike, facendo posto a Cordelia che avanzava dietro il peso di un enorme vassoio.

Sul vassoio, in bilico precario, stavano due tazzoni di the ed un paio di bicchieri pieni di…

Pieni di sangue.

Questa era una vera sorpresa.

Spike abbassò lo sguardo, giusto in tempo per ritrovarsene uno in mano. Cordelia, con un'abilità da funambolo distribuiva bevande ai presenti.

"Wes, l'aspirina. E copriti. E siediti."

"Bene." -Wes tornò alla sua scrivania, inforcando gli occhiali - "Bene…Spike, a quanto pare…"

"A quanto pare…" - ripeté Spike posando il bicchiere e incrociando le braccia. Non aveva molta intenzione di essere loquace sulla nuova condizione che si era creata. Angel, dal canto suo, stava seduto in poltrona; Cordy, terminate le sue incombenze da padrona di casa, si era seduta sul bracciolo e, parlando confidenzialmente sottovoce, gli mostrava alcuni incartamenti.

"Già…" - Wes annuì, comprensivo - "E c'è… qualcosa…che posso fare? Qualcosa che vuoi chiedermi? Sto facendo qualche ricerca, ho parlato con Giles…"

Angel alzò lo sguardo, per non perdersi la scena. Westley era partito per la sua strada, continuava a parlare, facendo di Spike un esperimento scientifico.

Spike, ascoltandolo, senza muoversi e senza sedersi, stava sorridendo. Un sorriso che gli metteva in vista tutti i denti.

"Westley!" - tuonò Cordelia - "lui ha solo un'anima. E se tu vuoi saperne qualcosa, chiedi ad Angel! Tu ci vivi, con l'unico caso che stai ricercando! E poi, si da' il caso che niente gli impedisca di morderti, se te lo meriti."

Cordelia Chase, in tutto il suo splendore, stava piantata davanti alla scrivania, con le mani sui fianchi.

Westley la fissò, lasciando che gli occhi divenissero sempre più tondi.

"Ma, il chip…"

"Ah, è così? il chip ti permette di fare il saccente? Guarda che se non la pianti, chip o no, ti morsico io personalmente."

Spike era tutta ammirazione. Superata la sorpresa di essere così difeso, la guardava con aperto interesse.

L'interesse che si ha per un matto da legare.

Cordelia lo difendeva… chissà cosa le passava per la testa.

Angel, dal suo angolo, si godeva la scena in perfetto silenzio. Trattavano Spike come se fosse assolutamente normale che se ne stesse tranquillo e con tanto di anima tra di loro.

Era la dimostrazione di come poco badassero alle regole in quell'albergo. Tutti assieme, demoni, rinnegate e vampiri.

La verità forse stava in quel denominatore comune che tutti loro si portavano dietro: un passato da dimenticare. Dolori, sbagli e violenza. Si buttavano tutto alle spalle, o almeno ci provavano; convivevano con le loro paure e tentavano di sentirsi meno soli, nella vita di tutti i giorni, condotta ai margini del reale.

Erano assolutamente incapaci di condannare. Perché ognuno di loro aveva avuto una seconda occasione.

Finita la sfuriata, Cordelia si rivolse a Spike.

"E tu, levati quel sorrisetto dal muso. Se Westley ha deciso di aiutarti lo ha fatto solo perché è un tipo gentile."

Una risata.

E tutti si girarono a fissarlo.

"Scusate, scusate." - disse Angel, coprendosi la bocca con la mano. Un colpo di tosse per ricomporsi - "Cordelia, stavi dicendo…"

L'occhiata di Spike grondava sarcasmo senza fine. Afferrò il suo bicchiere e si sedette nell'altra poltrona.

Aveva l'espressione seccata, piena di sentimenti contrastanti.

"Allora, Whidam-Price, spara. Che vuoi sapere." - sbuffò.

L'occhiata che lanciò ad Angel era eloquente.

Si stava comportando bene. Non attaccava briga e si dimostrava disponibile. Ci mancava solo che lo facessero lavorare all'uncinetto…

Westley si alzò e si risedette sul tavolino di fronte a Spike. Cordelia lo seguiva, con un pacco di fazzoletti di carta e la tazza di the.

"Spike, io voglio capire. Sarà anche un difetto, ma voglio capire. Vuoi provare con l'ipnosi? Potrebbe aiutarti a ricordare."

"No."

Come osava? Angel aveva risposto per lui. Questa sì che era una vera sorpresa.

Westley si girò e lo guardò, interrogativamente.

"Non penso che sia il caso, al momento. È una buona soluzione, ma non adesso."

"Già, ho un vero casino, in testa." - ringhiò Spike, nella sua direzione.

Eppure non voleva lasciarsi ipnotizzare, avrebbe detto di no, gli fosse stato dato il tempo.

Un'altra cosa da mettere in chiaro.

"Westley, su una cosa hai ragione." - proseguì Angel - "Sei un buon ricercatore. Andiamo per approssimazione, stila un elenco, tutte le possibilità documentate. Qualunque essere, reale o metafisico che possa restituire un'anima. Per il momento basterà."

Certo. Era una buona idea.

Ma Westley non demordeva.

"D'accordo, mi pare giusto. C'è qualche altra cosa che devo cercare. Ci sono stati problemi, reazioni inaspettate, qualcosa…"

La telepatia. Spike non fece in tempo a pensarlo che Angel aprì bocca.

"No. Assolutamente." - mentì Angel.

 

"Perché non gli hai detto dell'effetto collaterale?" - Spike entrò, chiudendosi la porta alle spalle. Angel stava in piedi alla finestra.

Era appena rientrato.

Dove fosse stato era mistero. Spike gli aveva urlato di comprargli sigarette, tornando a casa, e non gli era nemmeno passato per la testa di seguirlo.

Aveva preferito restare a farsi i fatti suoi, frugando negli scatoloni che si era ritrovato a lato della porta.

Nessuno aveva disturbando quel sonno che sembrava senza sogni. E Spike non aveva voglia di ricordare gli incubi dei ricordi che lo avevano assillato.

Gli era successo di nuovo. Sentire paura ,dolore e disperazione e non riuscire a svegliarsi.

Ma non aveva fatto nulla di strano, il che andava bene, per salvare la reputazione.

Aveva portato i suoi scatoloni fino al centro della stanza. Poi, inginocchiato davanti a quell'ammasso di cianfrusaglie, aveva cercato di mettere ordine nella sua vita.

Più ci provava più saliva il malumore.

Angel, con la sua discreta presenza, sembrava schiacciarlo e separarlo dal resto del mondo. Spike si ribellava con tutto il suo animo, tanto quanto finiva con il sentirsi sperso, non appena doveva arrangiarsi per gli affari suoi.

Un primo motivo per essere furiosi.

Spike non era mai dipeso da nessuno.

Anzi, la sua abitudine era occuparsi degli altri.

No, non nel senso umanitario. Ma la compagna della sua vita, Dru, aveva finito con il dipendere in tutto e per tutto da lui.

La lista, dopo Drusilla, si assottigliava tristemente. E si riduceva a Spike.

Spike dedito ad occuparsi di Spike.

E nessuno dedito ad impicciarsi degli affari di Spike.

Spike mangia e dorme e pensa quando Spike vuole.

Semplice. Come un serpente che si avvolge su se stesso e non va da nessuna parte.

 

"Allora!Perché non gli hai detto dell'effetto collaterale?" - insistette, arrivandogli a fianco.

"Volevi veramente che lo sapesse?"

Ma certo che no. Ma poteva essere un buon sistema per liberarsi di quel problema. Almeno di quello.

"Westley ne avrebbe fatto un caso. E la sua ricerca spesso implica la sperimentazione."

"E questo riporta al tuo impicciarsi perché non mi ipnotizzasse?"

"Volevi essere ipnotizzato?"

Ma certo che no. Da qualche tempo tutti vogliono entrare nella mia testa. Scienziati, vampiri e osservatori. Mai detto che mi piacesse.

"Ma non è questo il punto!" - Spike stava rapidamente perdendo le staffe - "Non mi importa se avrei risposto come te. Mi importava di rispondere. Ma tu no, l'eroe senza macchia e senza paura deve sempre impicciarsi dei fatti non suoi. Bhe, sai cosa ti dico, Angelus…"

Si bloccò. E vide Angel irrigidirsi. Fece un passo indietro, annichilito da ciò che avrebbe potuto dire e le tenebre lo avvolsero.

 

Non riusciva neanche ad alzare un braccio. Non sentiva male… non aveva proprio forza.

Non sentiva nulla, come se lo avessero anestetizzato.

Aprì gli occhi e la stanza gli sembrò piena di nebbia e macchie colorate. Sentiva voci sommesse.

Poi il rumore di una porta che veniva chiusa.

Spike armeggiò per mettersi seduto, sperando di tutto cuore che la stanza smettesse di girare.

Imprecò, nell'aggrapparsi ai cuscini. Non si sentiva così male dalla volta in cui Buffy gli aveva fatto cadere sulla testa tutti il coro ligneo della cappella di Sunnydale.

"Tieni."

Spike mise a fuoco un bicchiere, a pochi centimetri da suo naso. Lo prese e sperò che il tremito non fosse tale da rovesciarlo. Aveva fame.

Una fame da non crederci.

"La prossima volta che stai casa a trafficare con i tuoi giocattoli, ricordati di mangiare." - puntualizzò Angel, sedendosi sul bracciolo del divano. Si era tolto la giacca ed il suo maglione scuro a collo alto era una vasta macchia scura agli occhi di Spike.

Spike aprì bocca, pronto ad una battuta pungente. Poi si fermò. Qualcosa nella mente gli diceva che aveva già fatto uno sbaglio in quella conversazione interrotta. Ed uno sbaglio bello grosso.

"Angel…" - il solo pronunciare il nome gli accese una lampadina in testa.

Rimase a fissare l'interno del bicchiere, in assoluto silenzio. Non aveva fatto uno sbaglio. Aveva detto una cattiveria.

Un'enorme cattiveria.

"Scusami." - disse, passando una mano sugli occhi e sperando, una volta per tutte, di ricominciare a vederci bene - "Sono un emerito stronzo."

"Lo sei. Ma non importa." - Angel bevve un sorso dal suo bicchiere, lasciandolo magnanimamente in preda al rimorso - "Spero solo che tu non volessi veramente dirlo."

"No, mi è sfuggito." - Spike continuava a massaggiarsi la testa, come gli dovesse esplodere da un momento all'altro - "Non so come sia successo. Ero arrabbiato."

"Ed hai perso il controllo."

"E poi cos'è successo? Non penso che tu mi abbia steso…"

"Non ne ce ne è stato bisogno. Ti sei steso da solo. Sei andato giù come un sacco."

"Privandoti del piacere di tirarmi un pugno."

"Non posso picchiarti,Spike. In questo momento basta guardarti storto e sei già a terra."

L'orgoglio di Spike stava iniziando a prendere il sopravvento sulla contrizione.

"Non mi sembra il caso di esagerare. Non sono poi così mal messo."

"Ah."

Adesso lo vedeva. Angel sorrideva appena, vagamente divertito dalla più grossa sciocchezza che avesse sentito negli ultimi tempi. Ma nei suoi occhi brillava qualcosa di antico, una lucina che ben diceva quanto fosse lontana la sua mente, dalle loro parole e dai loro battibecchi.

Angel stava cercando se stesso. Riportava a galla vecchi atteggiamenti, cercava cosa avesse potuti indurre Spike a chiamarlo in quel modo, ad apostrofarlo con la rabbia dei tempi in cui ogni discussione finiva con una coltellata.

Era un gioco pericoloso.

Era la risultante non calcolata.

Uno Spike pieno di rancore, mal represso e contro se stesso. Ed Angel, incapace a non ricadere in atteggiamenti persi. Non poteva negarlo. Se non fosse svenuto gli avrebbe volentieri tirato un pugno. E sarebbe stato veramente come essere di nuovo Angelus impegnato con la sua famiglia.

Bisognava fermarsi, prima che la situazione degenerasse. Si erano già spinti troppo oltre.

"William." - Angel avanzò nel discorso dosando bene le parole - "Io non ho problemi a controllarmi. Ho anni di esercizio alle spalle. Ma tu non mi devi provocare. Io non sono Angelus. Faccio di tutto per non esserlo. Quello che è passato non si può cancellare. Ma non si deve nemmeno rivivere in continuazione."

Spike lo ascoltava in silenzio.

"Dobbiamo imparare a fidarci uno dell'altro. Io dovrò perdere l'abitudine a calcolarmi tuo superiore. Mi ci vorrà tempo." - proseguì - "E tu dovrai accantonare il rancore per questa nuova situazione. Perché non troverai nessuno disposto a rimettere le cose a posto come vorresti tu. Hai un'anima, dovrai tenertela."

Non c'era possibilità di replicare.

Nessuno gli avrebbe tolto l'anima ritenendola la cosa migliore da farsi. Nessuno avrebbe mai barattato lo Spike nuovo con quello vecchio. Spike poteva sgolarsi e rimpiangersi in eterno.

Ma la sua vita era perduta.

"Perché non provo il rimorso che hai provato tu? Non riesco veramente a concentrarmi sulla mia malvagità e vederla come una cosa cattiva. Non riesco a non rimpiangere la mia esistenza da vampiro."

"Sei ancora un vampiro. E penso che il chip ed il suo funzionamento abbiano attutito l'effetto traumatico che poteva avere su di te l'anima. Non è stato un cambiamento repentino, ma un passaggio graduale." - spiegò Angel pazientemente - " Credi sia possibile che abbia ragione?"

"Non ci avevo pensato." - ammise Spike, posando il bicchiere sulla fronte. Il vetro, liscio e solido sembrava dargli un certo conforto.

Le sue percezioni sembravano anestetizzate. Vedeva appena, tutto gli sembrava vagamente bidimensionale. Mai, nemmeno con una sbornia, era stato tanto prossimo all'inefficienza.

Non era la mente che non andava.

Era il suo corpo.

La mente non seguiva un filo logico, non sapeva da quanto avesse smesso di parlare. Era come se ogni sua impressione sbagliata galleggiasse in uno spasmo muscolare.

Angel si alzò e si sedette sul tavolino, di fronte a Spike. Ma il vampiro gli diede l'impressione di non esserne accorto.

Immobile, con gli occhi chiusi ed il bicchiere appoggiato sulla tempia.

Angel fissò un attimo l'espressione addolorata che gli scolpiva i lineamenti poi, con un gesto umano, gli posò una mano sulla fronte.

Un gesto spontaneo, di preoccupazione. Come se Spike potesse avere una brutta influenza, un raffreddore… qualcosa di semplice e lineare come una malattia da curarsi con l'aspirina.

Gli posò una mano sulla fronte, aspettandosi di sentirla scottare. Ma era una fonte fredda e imperlata di sudore. Spike stava peggio di quanto pensasse.

Quel contatto sembrò distrarlo dai suoi pensieri. Aprì gli occhi e lo fissò dritto in faccia.

Gli occhi di Spike erano una potenza. Erano la sua arma migliore. Se in combattimento ti distraevi a cercare di coglierne la complessità, eri morto.

Morto.

Come le due Cacciatrici.

E l'anima non aveva fatto altro che aggiungere un'altra sfumatura a quell'azzurro.

 

"Angel, mi sento malissimo."

"Lo so." - Angel sapeva di aver dato una risposta scontata. Ma era la pura e semplice verità: la percepiva in modo netto, al di là del contatto - "William. Stai crollando."

"Cosa?"

"Ti ricordi cosa ti ho detto ieri? Con la rabbia non andrai da nessuna parte. Andiamo, l'anima ti concede altre risorse a cui ricorrere. Non hai bisogno di farti violenza in questo modo. L'unico risultato che puoi ottenere è questo."

Si alzò e gli tese una mano.

"Mettiti in piedi." - gli disse, sfilandogli il bicchiere vuoto di mano.

"E' un parola…"

"Appunto. Le parole non ti entrano in testa. Passiamo ai fatti."

 

Angel fece il giro del divano e si chinò ad arrotolare il tappeto. Spike stava miracolosamente in piedi, puntellato allo schienale del divano. Angel gli aveva fatto sfilare il maglione e, a torso nudo, non si sentiva perfettamente a suo agio.

Tutti lo ripetevano di continuo, ma non ne era mai stato consapevole come adesso: troppo magro.

Troppo magro.

Non ci voleva il proprio riflesso in uno specchio per accorgersene. Spike fissò con sguardo desolato i suoi pettorali e scosse la testa.

"Non sono più il vampiro di una volta…"

"Questo già lo sapevamo…"

"Non fare spirito… guardami! Sono da sanatorio."

"Non credo che si chiamino più così da almeno un secolo."

"Intanto sembro un chiodo. Di nome e di fatto."

Almeno non aveva perso la sua vena di sarcasmo.

"Ti riprenderai…"

"Potrei fare a pugni con la tua Cacciatrice!" - Spike si accese di speranza. Quanto gli sarebbe piaciuto sentire i muscoli tendersi nella lotta, se avesse avuto la certezza di restare in piedi.

"Puoi provarci. Ma importunare Faith non mi sembra una buona idea." - replicò Angel neutro.

Spike lo squadrò ed un'idea gli si affacciò nella mente.

"Tu hai detto a Faith di non combattere con me? Le hai detto che non sono in forma e non sarebbe carino stendermi al tappeto!"

Angel alzò la testa, sorpreso. Qui la telepatia non c'entrava nulla. Questa era la capacità di Spike di capire troppe cose. Uno scherzo del destino che ancora lo prendeva di sprovvista. L'antagonista in amore lo conosceva come il migliore degli amici…

"Angel, rispondimi o non ci sarà debolezza che mi impedirà di tirarti un pugno."

"Spike…"

"Ti stai inventando una scusa."

"Ma se non ho nemmeno parlato."

"Stavi per cacciarmi una balla!"

"William!" - esclamò Angel esasperato - "Faith ha promesso di non impalettarti giusto perché potrebbe dispiacermi. Ma se vai a provocarla, mi toccherà raccoglierti con l'aspirapolvere!"

Era una scusa. Spike socchiuse gli occhi e lo fissò truce.

Conversazione terminata.

"Angel." - Spike scandiva bene le parole - "io non diventerò un asceta, un bibliotecario o qualsiasi altra forma di soprammobile. Non ho intenzione di rinunciare alle mie pessime abitudini e gradirei che tu la piantassi di farmi da balia."

"Non ti ho mai detto di dedicarti alla contemplazione. Ma vedi, almeno qui a casa, vorrei evitare di fare il paladino che salva gli innocenti." - Angel finì di sfilarsi il maglione - "Cammina, centro stanza."

"E adesso che vuoi fare?" - domandò, camminando a piedi nudi sul pavimento di legno.

"Meditazione."

Spike si fermò di botto, con un movimento tanto barcollante che Angel protese le mani per tenerlo in piedi.

Mani che poi ritrasse quando Spike non solo riacquistò il suo equilibrio di colpo, ma si girò come una belva, mandando lampi dagli occhi.

"Hai appena detto che non mi avresti imposto la contemplazione!"

"Ho parlato di meditare, non di contemplare."

"Sai che differenza!"

"William." - la pazienza di Angel sembrava infinita - "Adesso ti mostro una cosa."

Detto questo gli appoggiò una mano sul torace e, con una leggera spinta, lo stese a terra.

Spike era furente. Digrignò i denti e lo sguardo di Angel lo passò da parte a parte.

"Non provare nemmeno a trasformarti."

Era un ordine. Spike ubbidì, prima ancora di accorgersi di averlo fatto. Il tono del comando. Un trucco che Angel, ed Angelus prima di lui, sapeva usare alla perfezione. Si trattò di un attimo. Gli occhi scuri di Angel mandavano bagliori d'acciaio. Ma non era la forza del suo demone.

"Ascoltami bene." - disse pacatamente chinandosi e posando le mani sulle ginocchia - "Questa è pura e semplice mancanza di equilibrio…"

"Come sei perspicace."

".. ogni volta che perdi l'equilibrio ti appelli al tuo demone, come se fosse una batteria infinita. Ed ogni volta che lo fai, ti sottoponi ad un certo stress, che non ti darebbe alcun problema se fossi in ottima forma. Indebolisci il tuo corpo e le barriere della tua mente. E questo spiega la telepatia."

Spike si puntellò sui gomiti e meditò un attimo su quello che gli veniva detto.

"Vai avanti, ti ascolto."

"Ascoltami bene William. Prima la tua forza risiedeva completamente nel demone. Il chip la bloccava e ti faceva sentire un animale in gabbia. L'anima non ha questa funzione. Se vuoi essere cattivo puoi esserlo, anche se la tua coscienza finirebbe con il darti qualche fastidio." - Angel si sedette a terra, gambe incrociate - "Stai reagendo alla tua anima come se fosse un corpo estraneo al tuo interno. Ma l'anima è parte di te. Lo era e lo sarà ancora. Non si tratta solo di accettare la consapevolezza che è tornata. Tu devi porre l'anima in relazione con il tuo corpo. Devi farti entrare in quella zucca testarda che non si tratta di una debolezza, ma di una forza. Devi smettere di reprimerla e …"

"Devo cercare un equilibrio."

"Esattamente. Devi solo cercare un equilibrio. Ci sono vari modi per farlo, ma la meditazione rimane il più efficace. Ieri sera ti ha permesso di restare in piedi, quando sei sceso dalla macchina."

"In effetti…" - ammise Spike riluttante - "E tutto questo cosa ha a che fare con l'ipnosi?"

"Aumenta il carico di informazioni che non vuoi. Informazioni che, con tutto rispetto, al momento, non sai gestire." - Angel accennò un sorrisetto - "Oltre a permettere a Westley di portare avanti le sue sperimentazioni. Vuoi fare da cavia?"

"Io non ho il carattere della cavia. Desisterebbe."

"Tu ne sei sicuro? Credevo che sapessi qualcosa della sana testardaggine inglese."

"Si chiama determinazione. Siete voi irlandesi i testardi."

"Ne facciamo una questione di principio e ci mettiamo a discutere, oppure ci dedichiamo a cose più utili?" - Angel gli tese una mano, ma Spike non l'accettò.

"No, grazie. Faccio da solo."

Angel non replicò. Si limitò a fare un passo indietro, per lasciargli spazio. Incrociò le braccia e lo fissò. Non avrebbe mosso un dito e voleva che Spike lo capisse con una semplice occhiata.

Si girò e gli diede le spalle. Alzò lo sguardo e rimpianse di non poterlo vedere riflettersi nella vetrata.

Dalle sue spalle giungeva un suono attutito, uno sfregare di pelle sul pavimento. Spike faticava, rallentava i movimenti e forzava ogni suo muscolo.

Ma voleva farlo, con le sue singole forze, frammentando la sua duplice natura, reprimendo l'istinto della rabbia.

Scegliendo la disperazione, focalizzando la sua mente.

Fino a ritrovarsi in piedi.

Per tutti loro.

Per Angel.

Per Dawn.

Con un'unica frase sulle labbra.

"Cominciamo."

 

 

IV

"Sposta il peso." - precisò Angel, interrompendo la sequenza dei movimenti e girandogli intorno - "Così. Va bene."

Detto questo, si avviò verso il divano e si appoggiò allo schienale, alle spalle di Faith. In silenzio, entrambi indirizzavano la loro attenzione verso Spike.

Da quando avevano cominciato ad allenarsi, la situazione sembrava essere migliorata. Ed anche se ogni tanto le gambe finivano col cedergli ignominiosamente, Spike non perdeva la tenacia e la volontà di applicarsi.

Imparava in fretta, perdendo la pazienza. Si imponeva per continuare, ad oltranza.

"Sta perdendo il ritmo." - sussurrò Faith, mettendo un piede a terra.

"Aspetta, vado io." - replicò Angel. Silenziosamente, avanzò fino a trovarsi di fronte a Spike.

"Appena in tempo." - concluse, riassestandolo sulle sue gambe.

"Come facevi a saperlo?" - chiese Faith.

"Cosa?"

"Come cosa. Angel, tu sapevi che stava per cedere."

"Io non cedo." - mugolò seccamente Spike, strofinandosi gli occhi, per snebbiarsi.

"Giusto. Tu svieni."

"Cacciatrice, lasciami stare."

"Arrivi fino al divano?"

"Angel, vai a fare da mamma a qualcun altro."

Perfetto. Li aveva messi a posto entrambi. Faith posò di nuovo il mento sulle ginocchia, abbracciandole con le braccia ed Angel le si sedette a fianco.

Incrociò le braccia e lo guardò tollerante.

"Ricomincia da dove hai interrotto."

"Oh, certo. Ti faccio vedere io chi cede…"

"Sai, Faith, avevi ragione." - la voce gli giungeva lontana, attutita - "William non cede. Sviene."

Oh no.

Era di nuovo sdraiato sul divano.

Un'altra volta.

Accidenti.

Erano quasi tre notti che non gli succedeva…

Iniziava a diventare seccante.

"Spiike…" - canticchiò Faith - "In piedi, forza!"

In tutta risposta, un grugnito.

"Ti ha sentito." - precisò Angel - "E ti ringrazia della tua premura."

Faith gli rivolse un sorriso complice.

"Accidenti, quante cose in un mugolio…"

Era troppo.

Lo sfottevano.

Si girò dall'altra parte e seppellì la faccia tra i cuscini.

Faith gli faceva camminare due dita su un braccio. Era un contatto piacevole e caldo, anche se vagamente ironico. Ma Spike non rispondeva alle provocazioni, teneva gli occhi rigorosamente chiusi e la bocca cucita.

Ne aveva abbastanza.

Della meditazione, della debolezza, della convivenza e dell'anima, ne aveva veramente le scatole piene.

"Allora io vado." - disse Angel.

"Dov'è che stai andando?" - Spike si tirò su di scatto, dimenticando i suoi crucci.

"Ho un caso da risolvere." - rispose evasivo Angel, infilandosi il giaccone.

"Ed io dovrei crederti! Portami con te."

"No, non sei costretto a credermi. No, non vieni."

"Non puoi impedirmi di seguirti."

"Oh sì, invece." - confermò Faith, girandosi a fissarlo.

"Zitta Cacciatrice. Avanti Angel, eravamo d'accordo che non mi avresti tenuto sotto una campana di vetro…"

"Il giorno in cui sarò certo che non basti starnutire per tirarti lungo disteso." - Westley si affacciò la porta ed Angel fece un cenno, prima di girarsi a concludere la frase - "Stai migliorando, Spike, ma non sei ancora pronto. Per stasera puoi continuare ad allenarti con Faith."

"Che prima o poi andrà di ronda…" - concluse Spike, facendo diventare gli occhi due fessure maliziose.

"No." - Angel si girò, incorniciato dalla porta - "Stasera anche Faith non va da nessuna parte. Ci vediamo dopo, divertitevi."

"Divertirci…" - sbuffò Spike.

 

"Angel, scusa se mi intrometto, ma non credi che usciranno tutti e due non appena giriamo l'angolo?"

"No, Westley, non ti preoccupare. Non passerà nella testa a nessuno dei due."

"Sarà, ma mi sembri troppo fiducioso…" - Westley salì in macchina, mentre Angel metteva in moto - "Dopotutto, non sono obbligati ad ubbidirti."

"Hai ragione. Ed è per questo che c'è Cordelia…"

 

"Fermo dove sei!" - urlò Cordy puntando il dito.

"Smamma Gattina." - ringhiò Spike, cercando le chiavi della sua macchina.

"Puoi fare quello che vuoi, ma non uscire da quella porta. E non chiamarmi Gattina!"

"Gattina…"

"Spike, se Angel mi dice di tenere qua sia te che Faith, io tengo qua te e Faith. Fine della discussione."

"E con che mezzi? Con la seduzione?" - Spike avanzò fino ad incunearsi, tra i pettorali, l'unghia laccata del dito che gli veniva puntato contro - "Dovrai impegnarti parecchio, perché sono uno esigente…"

"Spike, io fossi in te lascerei perdere." - consigliò saggiamente Faith.

"Ma sentila! Tu, Cacciatrice, hai paura della ragazza pon-pon?"

"Spike, non mi provocare…" - Cordelia iniziava ad avere un tono da brividi - "Non obbligarmi."

"Non obbligarti a cosa? Insisto. Levati dai piedi."

"D'accordo, ma te lo sei voluto…"

 

Spike fece per chiudere la porta con un calcio, ma una mano si insinuò e, dietro la mano, giunse anche il resto di Faith.

"Ti avevo detto di non provocarla." - mormorò, entrando nella stanza e sedendosi sulla poltrona preferita di Angel - "Ma tu non abiti sul pianerottolo di fronte?"

"E tu non sei quella che infesta la soffitta?"

"Vero. Vuoi startene da solo oppure vuoi compagnia?"

"E da quando tu hai uno spirito così umanitario?"

"Veramente pensavo che potremmo fare a pugni…" -concluse innocentemente Faith, abbassando lo sguardo.

Spike la guardò con aperta ammirazione. Che enormi occhi grigi. Faith non li aveva mai notati. D'altra parte, nel suo passato, Spike era una figura vaga, più menzionata che vissuta. Una figura tornata prepotentemente alla ribalta con un ruolo del tutto inaspettato.

"Ed io che pensavo che Angel ti avesse detto di non alzare un dito contro di me…"

"Uno che ci lascia a casa tutti e due, come marmocchi… bhe, non possiamo rispettare tutte le regole che ci impone…"

"Faith, perché sei a casa?" - un dubbio gli si stava affacciando alla mente - "Non è che, per caso, sei il diversivo per tenermi occupato?"

"Sì, certo, è un complotto contro il povero Spike, il povero piccolo Spike. Ho una costola rotta, ho fatto una cazzata qualche giorno fa. Non faccio la ronda da quando Angel è tornato, la fa lui al posto mio. Ma sei troppo occupato a pensare a te…" - Faith si alzò e prese qualcosa da bere dal mobile di noce scuro e, abbassando la voce, aggiunse - "Idiota."

E girandosi se lo trovo di fronte, era più alto di lei. Pacatamente posò la lattina che aveva in mano sul ripiano e lo guardò, con aperta sfida.

Mai i loro visi erano stati così vicini. Sul bianco latteo della sua pelle, risaltava ogni minimo particolare, compreso un sopracciglio spezzato, sottile e ben disegnato.

Occhi grigio-blu. Veramente belli.

Su una faccia perfida.

"L'idiota ha una gran voglia di picchiarti sul serio." - sussurrò freddo.

"L'idiota sarebbe meglio accetto se mi baciasse." - replicò spudorata - "Richiede meno forza e concentrazione…"

Un vago sorriso gli tirò le labbra. Era irresistibile. La sovrastava appena, ma senza l'imponenza di Angel. Era una struttura fisica diversa, indipendentemente dal suo stato attuale. Era un fascio di muscoli sottilissimi e ben delineati, lunghi, su ossa minute.

Da vivo doveva essere stato una figura esile. Ma era impossibile immaginarselo, eliminando quello sguardo da predatore….

Lo sguardo da predatore…

Faith si scostò rapidamente, quasi si fosse scottata.

"Che c'è, Cacciatrice? Cambiato idea?" - la sfotté, irriverente.

Faith rimase in silenzio. Di colpo la verità l'aveva colpita. Il demone di Spike aveva comunicato con la rabbia repressa della Cacciatrice. Il suo spirito era stato attratto dall'Uccisore delle Cacciatrici.

"Cacciatriceee…" - sibilò alle sue spalle, avvicinandosi - "non reggi l'attrazione fisica?"

Faith si girò come una furia e si fermò, un attimo prima di colpirlo.

Spike, provocante, allargò le braccia, esponendo il petto al suo attacco, pronto a smontarla o abbracciarla.

Ma la mano di Faith frenò, prima ancora di sfiorare la maglietta.

"Sei veramente un'idiota." - disse - "Non mi fossi fermata io ci saremmo trovati in un guaio. Io non sono Angel. Io non mi controllo."

"Ma cos…"

"Smettila con le battute." - lo interruppe furiosa - "Sai benissimo a che cosa mi sto riferendo…"

Ma certo che lo sapeva. Ed era veramente un'idiota. Infuriarsi per l'imposizione di Angel e poi di Cordelia gli aveva fatto abbassare la guardia. Senza pensarci, per alzarsi da quel divano, aveva nuovamente attinto dal lato demoniaco.

E se Faith non si fosse fermata, per entrambi, avrebbe preso il sopravvento.

"Angel mi aveva avvertita." - continuò Faith - "Ma non pensavo fosse così semplice cascarci."

"E' semplice finché non mi riprendo del tutto." - le rispose, cupo, Spike. Quanto gli costava ammettere una debolezza del genere - "Non ti farei mai del male, consapevolmente. Io… non potrei."

"Lo so. L'anima non è solo un complemento d'arredo. Col tempo diventerà più forte. E fino ad allora, sarà meglio che tu ed io evitiamo giochetti."

"Peccato. Avevo sul serio voglia di baciarti." - la punzecchiò ancora. Ma era un modo differente a prima, per una lieve ed impercettibile sfumatura - "Bene. Eliminati il sesso e la lotta dalla lista di cosa da fare, ci resta solo il Monopoli?"

Faith lo squadrò, incerta, ma senza espressione. Per un attimo le sembrò più saggio lasciarlo da solo e ritirarsi nei propri appartamenti. Poi, dando per scontato che Cordelia fosse assorta in ben altro e la sua soffitta troppo silenziosa, adottò la tecnica diversiva.

"Vuoi qualcosa da bere?" chiese rispettosamente, tornando verso il mobile su cui la sua Coca-cola andava lentamente scaldandosi.

"Che cos'hai di alcolico?"

E, colpito dall'occhiata ironica…

"Lascia perdere. Prendi quello che ti pare."

"Se vuoi sangue lo trovi in cucina…"

"See, e magari trovo Cordelia Chase seduta sul frigorifero. Meglio un'aranciata, per tanto così…" - si chinò a sbirciare sulla sua spalla- "Ed ho pure terminato le sigarette…"

"Primo cassetto a destra."

"Come?"

"Nel primo cassetto a destra ce n'è un pacchetto. Lo ha messo Angel l'altro giorno, quando stavate litigando."

"Non stavamo litigando." - Spike sapeva benissimo a cosa si stesse riferendo Faith - "Avevamo difficoltà di approccio."

Nel cassetto in effetti, stavano due pacchetti della sua marca. Allora Angel, senza commenti, le aveva comprate, anche se l'urlo di Spike era stato puramente irrispettoso.

Dalla tasca dei pantaloni, Spike estrasse l'accendino.

"Bello."

"E' un regalo." - rispose evasivo, rigirandolo tra le dita - "Vuoi una sigaretta?"

"No, grazie. È uno dei vizi che non ho ancora preso."

"Meglio. Così mantieni in buono stato i polmoni per quando potremo allenarci insieme. Fai come me. Aspetta di non avere più polmoni per cominciare a fumare."

"Saggio consiglio. Tieni, la tua aranciata."

"Grazie amore…"

Spike si sedette sul divano e guardò la nuvoletta azzurrognola andare verso l'alto. Faith gli si sedette a fianco e gli sfilò la sigaretta dalle dita.

"Cambiato idea."

"Non c'è dubbio. I consigli su di te fanno veramente presa…"

"Anche su di te…"

"Questione di carattere…" - rispose Spike, con un'alzata di spalle. Ed aggiunse - "Ma tu guarda che roba. Io e la Cacciatrice chiusi in casa, in castigo, da un vampiro paterno con lo sguardo tenero tenero."

Faith ridacchiò. E Spike la guardò di traverso.

"Faith…"

"Uhmmm." - Faith gli rimise la sigaretta in mano e bevve un sorso - "Che vuoi?"

"Da quanto vivi qui?"

"Da quando sono ufficialmente morta, quasi dieci mesi mesi fa. Non li leggi i giornali?"

"Quando mi alzo sono già giornali vecchi, non vale la pena di leggerli…"

"Il Consiglio ha cercato di accopparmi ed è riuscito solo a far saltare in aria la prigione. Poi mi hanno catturato, Westley mi ha fatto scappare ed Angel mi ha trovato. Fine della storia."

"Sei morta anche per il Consiglio?"

"No, probabilmente. Ma non si scomodano a venire a prendermi, per cui, rimango qui." - Faith si allungò, fino a posare i piedi sul tavolino, vicino a quelli di Spike - "E tu, Spike, che ci fai qui?"

"Bella domanda. Probabilmente mi aspetto che Angel abbia tutte le risposte che voglio. Di certo non mi andava di stare ancora a Sunnydale."

Poi fu colpito come da un fulmine.

"Aspetta un secondo… tu sei la prova che Angel ha mentito a Buffy!" - esclamò, tirandosi su di scatto.

"Non mentito. Ha omesso qualche informazione. Perché godi così tanto?"

"Non godo." - replicò Spike, cercando di impedire alla sua bocca di diventare un grosso sorriso - "la trovo solo una cosa… interessante."

"Sei innamorato di lei?" - chiese senza giri di parole.

"Di Buffy? Naaa, cosa ti salta in mente!" - tornò a mettersi comodo - "Mi attirava, ecco tutto. Ma le Cacciatrici mi piacciono da sempre…"

"Qualcuno me l'ha detto…"

"Parla troppo per essere uno silenzioso…."

"Non Angel. Gli Osservatori. Westley, Giles e chiunque sia passato prima di loro nella mia vita. Sei una leggenda per loro, un vero grattacapo."

"Lo so." - quanto compiacimento nella sua voce - "non riesco a fare a meno di esserne ancora parecchio orgoglioso. È una cosa odiosa, accidenti! So di aver ucciso delle innocenti, mi fa quasi uscire di testa la consapevolezza del delitto. Ma essere nominato nei libri, da studiosi… io volevo essere ricordato già da vivo… sarà questo…"

Era una frase quasi incomprensibile. Ma Spike seguiva il filo dei suoi pensieri, non intratteneva Faith con una conversazione.

"Sul serio volevi diventare famoso da giovane?"

"Non famoso." - puntualizzò distrattamente il vampiro - "solo ricordato in un libro, magari come scrittore, oppure dai miei…" - avrebbe concluso con figli se di colpo non si fosse reso conto di quello che stava dicendo.

"Perché tu, invece, non hai mai voluto diventare famosa!" - disse, pungente, interrompendo le riflessioni ad alta voce.

"Non proprio famosa. Solo una buona Cacciatrice." - anche Faith sembrava contraria all'idea di parlarne - "Tutto qui."

"Bene. Bene." - Spike si concesse un attimo di silenzio prima di esplodere - "Insomma, fammi capire, ci parliamo e non vogliamo, iniziamo le frasi e poi le interrompiamo. Andremo avanti così ancora a lungo?"

"Sei tu che hai cominciato." - Faith sembrava non perdere la calma. Mai. La sua espressione sfiorava l'inespressione. Ad eccetto dei suoi occhi, scuri e brillanti.

"Già. Sempre colpa di Spike." - avrebbe voluto sbuffare.

"Vuoi ricominciare gli esercizi?"

"Certo. Così poi crollo e tu mi lasci a terra a compiangermi!"

"Probabile." - concordò, alzandosi - "Ma non faranno male a nessuno dei due."

 

"Westley, secondo te, dovrei chiamare Cordelia?" - bisbigliò Angel, spostandosi nell'ombra.

"Adesso? E per chiederle cosa?" - rispose l'ex-osservatore, armeggiando con la balestra.

"Se quei due si sono ammazzati…"

All'improvviso si sentì stupido.

Ansioso e molto stupido.

 

"…poi c'è il pub, due isolati più in là. È peggio del precedente, ma i cocktail sono una bomba. La musica è buona, anche se non quanto quella del JakieLee…"

"Che è dove suonano dal vivo e la birra scorre a fiumi…"

"Esatto. Poi c'è il Ponysue. Lì il whisky è eccellente e la musica è country. Ma non ti vedo vestito da cowboy a ballare la quadriglia."

"Vero. Preferisco un altro genere. Rock. Tanto rock. Chitarra…"

"A me della musica importa poco. Mi piace ballare. Ballo tutto, scelgo in base all'umore… passami il pop-corn."

"Anche a me piace ballare. Quasi quanto combattere…"

"Sai ballare?"

"Certo. Devi sapere che nell'ottocentosessantadue, quando io ed Angel ci trovavamo a Parigi…"

 

"Come sarebbe a dire 'se si sono ammazzati'! Angel, quello è un covo che stiamo cercando da settimane e tu vuoi interrompere per chiamare a sentire se i bambini si comportano bene?" - gli occhi di Westley pendevano pericolosamente infuori.

"Wes, cerca di capire…sono un vampiro ed una Cacciatrice."

"Certo! questo lo so. Ma c'è Cordelia, ad occuparsi di loro. Saprà imporsi e dividerli."

 

"Ahio! Ma che mi venga un colpo, Cordy, ma in tanti anni che sei stata Reginetta al ballo di primavera non hai mai imparato un valzer?"

"Senti, vampiro. Ai balli ci vai per essere ammirata, non per affannarti e sudare."

"Non si suda con il valzer." - replicò serafico, incrociando le braccia - "E non si pestano i piedi del proprio cavaliere."

"Sì, certo, per te è facile, sei tu che incroci le tua gambe con le mie!"

"Non si incrocerebbero, se tu le muovessi con il tempo giusto. Ma si capisce, sei di una generazione che balla dondolando sulle anche senza muovere i piedi!"

"Certo, così ci si bacia meglio!" - scattò inviperita.

Spike la guardò, lasciando affiorare un sorrisetto petulante tale da far arrossire quella ragazza così certa delle sue opinioni.

"Faith, ricominciamo… facciamo vedere a questa signorina che ballare non ti mette in pericolo di vita…" - concluse, afferrandola saldamente - "Cordelia, la musica!"

 

"E poi, Angel, l'anima dovrebbe impedirgli di fare qualcosa di sbagliato." - continuò Westley, atterrando con un pugno il demone che gli correva incontro urlando.

"Sì, però non è un momento facile, potrebbe succedere di tutto. Non sappiamo ancora… " - un altro vampiro in polvere - "perché l'anima sia tornata. Può darsi che per una sciocchezza scompaia. Ed il chip."

"Su quello potremmo mettere una pietra sopra, direi." - Westley rotolò sotto un tavolo e caricò di nuovo la sua arma - "Attento alle spalle!"

"Tutto sommato hai ragione, forse sto esagerando. Ma non sono tranquillo." - sussurrò ancora, colpendo un altro avversario - "Non lo sono proprio."

 

"Possibile che non ci sia neanche un biscotto?" - mugolò Faith, ancora immersa nell'armadietto della cucina.

"Niente neanche qui." - gridò di rimando Cordelia dalla dispensa.

"Visto che ci sei, recupera la zuccheriera." - aggiunse Spike, finendo di versare l'acqua bollente nella teiera.

"Zucchero? Ma non se ne parla, c'è del dolcificante dentro il cassetto delle posate."

"Gattina, questo vampiro non è a dieta e vuole molto, molto zucchero. Allora, biscotti?"

"Ci sono, vuoi del limone?"

"Aspetta, prendi quella torta alle ciliegie."

"Ehi, ma quella è di Westley!"

"Chissenefrega. Con il the è perfetta."

 

"Allora spicciamoci. Inizio a preoccuparmi anch'io." - disse Wes, quando si trovarono spalla a spalla.

"Facciamo ciò che dobbiamo." - mormorò Angel, buttandosi nella mischia - "Spero veramente di sbagliarmi."

 

"Ciao. Ce ne avete messo di tempo." - disse Faith, voltandosi a fissarli, stanchi e coperti di polvere - "Serata piena, vero?"

Angel e Westley stavano sulla porta, ancora con le armi in mano. Con la faccia di chi ha sbagliato domicilio.

Nella hall dell'Hyperion, seduti ad un tavolino ed evidentemente assorti, stavano Faith e Spike.

Giocando a scacchi.

Poco più in là, sul tappeto, i resti di una spuntino, tazze vuote e briciole di torta. Lo stereo suonava ancora, a basso volume, un vecchio vinile gracchiante, di musica classica. I mobili erano stati spostati e le scarpe di Cordelia, stavano in un angolo, abbandonate. Mentre Cordelia stessa, a gambe incrociate, davanti alla scacchiera, prendeva il tempo delle mosse, con l'orologio stretto tra le dita.

Spike alzò fuggevolmente lo sguardo e fece un cenno di saluto, prima di tornare a concentrarsi. Toccava a lui muovere.

Westley fece correre lo sguardo a quella caotica stanza, fino a focalizzarsi tristemente sul vassoio dei dolci. Angel era senza parole.

"Allora io vado a dormire." - disse Westley, con un tono che provocò a Angel un brivido lungo la schiena.

Spike mosse il cavallo ed alzò gli occhi verso il suo sire. Questi, serissimo, con le braccia abbandonate lungo i fianchi, stava ancora sulla porta.

Palesemente perplesso. Come se fosse certo di vedere qualcosa… e Spike iniziava a sospettare cosa fosse. Si sarebbe detto… deluso.

Possibile che le ragazze non se ne accorgessero?

A stento soffocò una risata.

"Angel, non fare così… veramente ti aspettavi un massacro?"

 

 

V

Lo fissava.

Uno sguardo attento e indagatore, che lo passava da parte a parte, senza nessuno scrupolo.

Smettila.

Smettila.

Ho detto smettila.

Posso tranquillamente ignorarti.

Mi dai fastidio ma ti ignoro.

Posso farcela.

Non otterrai niente da me.

"Va bene William." - Angel posò il libro, rassegnato - "Ti chiedo scusa. Se proprio non puoi smettere di fissarmi, almeno piantala di ridermi in faccia."

"più facile smettere di fissarti che smettere di ridere." - bofonchiò Spike, scivolando ancora un po' nell'incavo della poltrona. Gli occhi gli lacrimavano, ogni qual volta ripensava all'espressione contrariata di Angel - "Tanto fiducioso, così liberale nei miei confronti. E poi, alla prima uscita, immagini che io possa avere un raptus ed uccidere…."

Era troppo divertente. Non riusciva a parlarne. Seppellì la testa nei cuscini del bracciolo e continuò a ridere, mentre il volto di Angel si dipingeva di una vaga esasperazione.

"William. Guarda che non ti hanno chiamato Sanguinario per piacere estetico, fino al mese scorso." - si giustificò.

E Spike riemerse, guardandolo di sbieco.

"Lo so. Ma penso che dovremo proprio lasciar perdere quel soprannome…" - replicò con finta tristezza - "Potrei cercarmene un altro . Magari William il Coniglietto…"

Angel non riuscì a soffocare una risata.

"Oppure William lo Svenevole…"

"Accontentati di essere Spike, il Tormento di Angel." - concluse Angel, riprendendo la sua lettura. E non appena aprì il libro, in cima alla pagina apparve una mano bianca con dita da pianista.

"Cosa vuoi, William?" - Angel alzò le mani vuote in segno di resa. Spike si era materializzato davanti al divano ed ora camminava, sfogliando il libro appena sfilato dalle sue mani.

"Voglio uscire e visitare LA."

"Quella è la porta."

"No, mio caro. Evita di prendermi per il culo. Se io varco quella porta e me ne vado, in capo a cinque minuti tu cominci a pedinarmi. Per tanto così, vieni con me."

"E se non avessi voglia?" - replicò incrociando le braccia.

"Dovresti fartela venire." - ribatté impertinente, lanciando il libro sulla poltrona - "Perché voglio veramente uscire; so quanto ami strisciare nell'ombra, ma io non ho voglia di sentirmi i tuoi passi alle spalle per le prossime tre ore."

Misurò la stanza a grandi passi, tenendo le braccia come un equilibrista. Si sentiva in ottima forma.

"Del resto, potrei raggiungere la Cacciatrice per la ronda e rimettermi un po' in allenamento…" - si girò su se stesso - "Sapendo che sei contrario, anche se te ne stai in perfetto silenzio, ti chiedo ancora se non preferisci venire a tenermi d'occhio di persona."

E seguitò a parlare. Elencando la sua correttezza, i motivi che l'avevano spinto a chiedergli un favore del genere… il tutto senza smettere di saltellare in giro per la stanza, per dimostrare quanto le gambe lo reggessero bene e la degenza, noiosa ed esasperante, fosse divenuta del tutto superflua.

E fu ad un'ennesima giravolta su se stesso che si trovò di fronte un Angel intento ad infilarsi la giacca.

Lo guardò raggiante e gli battè una mano sulla spalla.

"Pensandoci bene, potremmo invitare anche Cordy."

La chiamava già Cordy. Angel sorrise, per quel nomignolo. Ed il sorriso svanì, non appena sentì Spike correre giù dalle scale.

"Ehi, gattina, vuoi venire a fare due passi con me e Flagello?"

"Tu e…chi?" - Cordelia stava al centro del salone con una pila di riviste di moda in mano.

"Lui. Il tuo principale, il bel tenebroso." - spiegò, passandole un braccio sulle spalle ed indicando Angel - " L'eroe, il castigamatti del buio. Lui."

"Flagello?" - la bocca di Cordelia andava rapidamente allargandosi in un sorriso irrefrenabile.

"Certo." - confermò Westley, tralasciando per un istante quello che stava facendo sul tavolo - "Flagello dell'Europa. È un nomignolo con cui Angel è conosciuto nell'est europeo. Credo se lo sia procurato…"

"Basta così, grazie." - intervenne Angel, aprendo la porta d'ingresso - "William cammina. Ci vediamo dopo. Chiamate, se succede qualcosa."

Spike gli passò di nuovo sui piedi e scese in giardino. Si fermò un istante, ai piedi della gradinata di accesso ed Angel notò fuggevolmente la mano posarsi sulla colonna del portico.

Non stava bene come andava predicando. Ma non c'era in lui quell'ostinazione mal repressa dei giorni passati. Aveva fatto progressi, in quei dieci giorni. E la serata con le ragazze sembrava avergli donato più tranquillità di quanto non avesse fatto la meditazione.

Angel guardò quelle spalle curvarsi appena e poi raddrizzarsi, per marciare risolutamente verso il cancello. E ripensò a Doyle.

Doyle…

"Uomo, non puoi stare qui chiuso al buio." - sentenziò allegramente, accendendo la luce di colpo - "Ti rovinerai la vista, con questi continui sbalzi di luce!"

"Doyle, lasciami stare, ci sono alcune cose che devo risolvere."

"E le risolvi così? dentro te stesso? Nell'oscurità?" - Doyle si sedette con un tonfo sulla scrivania, dandogli uno spintone, per essere certo di aver spazio per le gambe - "Con un mondo vasto e luminoso anche di notte subito fuori dalla porta? Angel, tu devi rivedere i tuoi parametri. Esci, parla con me, osserva la gente e discutiamone. Quante volte te l'ho detto? Non basta fissarli, bisogna vivere con loro. E soprattutto quando si ha qualcosa a cui pensare, si deve assolutamente camminare tra loro."

 

"Allora?" - gridò Spike, piantando le mani sui fianchi - "è notte, non finirai folgorato se esci da sotto il portico! Muoviti, oppure faremo giorno."

"Arrivo." - replicò meccanicamente Angel, avviandosi verso di lui.

Camminare tra loro…

Li vedevi affacciarsi dai locali, con l'aspetto vivo e felice. Le ragazze correvano con i loro tacchi alti, stringendosi le camicette con le mani, per nascondere le scollature morbide. Ed i ragazzi, dietro di loro, ridenti ed esasperati dal loro fascino.

 

Era questo che osservava, tanto tempo fa, prima che il Cantastorie venisse a cercarlo e Buffy gli scavasse un buco nel cuore.

Il loro profumo continuava a stravolgerlo, come un piacere a lungo evitato. Eppure si rendeva conto della madornale differenza. Vivere tra loro ed osservarli. La differenza stava nel filtro che Angel frapponeva tra se stesso ed il mondo mortale. Un confine sottile e doloroso da varcare.

 

Un confine su cui Spike camminava come un funambolo.

Guardava le ragazze e le ragazze guardavano lui.

Senza soffermarsi a pensare a quanta distruzione avesse portato tra loro, nei suoi anni ruggenti.

"Dovrei sentirmi in colpa?"

Angel sobbalzò, nel voltarsi ad ascoltarlo.

Ma non c'era stata alcuna forma di telepatia, apparentemente.

"Secondo te, non dovrei sentirmi in colpa? Ed invece niente di concreto. Il rimorso non mi fa apprezzare meno la bella vita…" - spiegò incurante, girando su se stesso per seguire con lo sguardo una ragazza bionda altissima - "Partitina a biliardo?"

"Perché no…" - sorrise, nel seguirlo all'interno del locale.

Il barista gli fece un cenno di saluto. Ed Angel ricambiò, quasi meccanicamente, prima di sentirsi due occhi molto attenti ed inquisitori puntati addosso.

"Come dire che hai anche imparato ad avere qualche conoscenza utile?" - mormorò, con voce innocente.

""Qua e là" - rispose, con tono evasivo - "Utile… non se pensi di ottenere una birra gratis…"

"E' uguale. Tanto paghi tu."

"Ah sì?"

"Certo. ma ha una sua logica. Adesso giochiamo a biliardo e scommettiamo. Poi io ti batto, tu perdi la scommessa, mi paghi ed io ho finalmente i soldi per prendermi una birra. Per tanto, se paghi adesso, ti metti avanti con il lavoro."

"Mi sembra chiaro." - Angel incrociò le braccia e lo fissò - "E quanto avrei perso in questa partita di biliardo?"

"Abbastanza. Ma io sono uno che riconosce il valore dell'avversario, per cui, prendi pure una birra anche tu, te la offro con i soldi della vincita." - gli diede un'amichevole pacca sulla spalla e gli sfilò il portafoglio.

Ed Angel non si mosse. Di colpo l'esasperazione assunse il dolce sapore del ricordo. Aveva smesso da così tanto tempo di essere un fratello maggiore, da non ricordare quasi di aver avuto una sorellina sempre intenta a rubargli qualche spicciolo per i dolciumi.

Tanto tempo fa.

"Tieni Flagello." - mormorò l'altro, porgendogli una bottiglia umida e camminando disinvolto verso un tavolo. Una semplice occhiata bastò a far scappare i due ragazzini che pensavano di arrivarci prima.

"Sono un vero cattivo. Spavento i più piccoli…" - canticchiò seccato, posando la birra. Angel l'aveva seguito e stava già scegliendo la stecca, fermo davanti alla rastrelliera, carezzando appena il legno con la punta delle dita.

"Vediamo…1898!" - esclamò giulivo, ronzandogli intorno.

"Come?" - Angel interruppe il sottile ragionamento e Spike ne approfittò per mettergli in mano una stecca e soppesare la propria.

"L'ultima volta che abbiamo giocato a biliardo. Anche in quel caso hai perso…"

Angel gli tese una mano.

"Che faccio, la stringo?"

"No, ci posi il portafoglio."

"Ma come, pensi ai soldi a metà di un ricordo? Ma sei tu quello che ama rimembrare i tempi passati! Parliamone, chiedimi cosa ho fatto negli ultimi sessant'anni!"

"proprio perché stavo rimembrando la partita di biliardo del 1898 mi è venuto in mente il portafoglio."

"non penserai mica di rinfacciarmi quelle quattro monete che ho preso per portare Dru…" - s'interruppe, come se gli fosse venuto in mente altro - "E poi non erano nemmeno tue. Erano del proprietario del biliardo. E di Darla,se ragioniamo su chi l'ha morso."

"William…"

"Che c'è!"

"Il portafoglio." - Angel mosse le dita, fino a quando non sentì la pelle del portafoglio premergli sui polpastrelli.

"Strozzino…" - Spike girò sui tacchi e raccolse il gesso da terra - "Spacca, che è meglio."

 

E Spike vinse la prima partita. Poi la seconda.

E, a metà della terza…

"sei certo di voler essere ancora umiliato? Io avrei intenzione di fermarmi per un po' sotto il tuo tetto. Per cui, se ti va, ti concedo una settimana per allenarti, per la rivincita." - si fermò un istante a guardarlo giocare - "meglio due. Allenati due settimane."

"Non me la cavo così male…" - obbiettò Angel, mentre Spike gli girava intorno.

"Come no… ho visto gente giocare meglio con sgabelli rotti… Ma non te la prendere, non si può essere perfetti in tutto. Anche provandoci con la tua assiduità…"

Ma lo sai William che parli moltissimo?

Angel inarcò un sopracciglio ma tenne per sé il commento.

Spike, intanto, senza smettere di parlare, stava portando devastazione nella loro partita. Tutto, non appena veniva sfiorato, finiva in buca.

Avvilente.

"Dovresti investire e comprare un biliardo… con tutto quello spazio. In più siete persone troppo serie. Studiare e massacrare, studiare e massacrare…."

"Talvolta ci alleniamo anche." - aggiunse distratto Angel, cercando di spedire almeno una fasciata in buca. Riuscendoci per un pelo e sbagliando il tiro successivo.

"E com'è che io continuo ad essere escluso da questi allenamenti? Dico, mi lasci a casa, magari fate anche a botte nello scantinato. E tu non mi inviti! Come faccio ad andare accordo con tutte quelle ragazze che girano mezze nude per casa?"

Angel lo fissò, senza un'espressione.

"oh, d'accordo. Posso sforzarmi anche ad andare d'accordo con Whydam-Price!" - esclamò Spike, alzando gli occhi al cielo- "Ma tu devi smetterla di tenermi fuori dalle questioni importanti!"

"William, io non ti sto escludendo. Se vuoi allenarti, allenati. In effetti" - aggiunse con tono noncurante - "Abbiamo sul serio una palestra nello scantinato."

"Perfetto. E lo scopro solo adesso! non potevi dirmelo?"

"Non potevi chiedermelo?"

"Vuoi che ti faccia delle richieste? Perfetto! Non aspettavo altro." - Spike si appoggiò alla sponda e prese ad enumerare - "Dunque, io vorrei…"

"Frena, frena." - Angel mise le mani avanti - "Lasciamo libero il tavolo. E usciamo di qui."

Si voltò, recuperando il giaccone. La conversazione si prospettava lunga.

"Avanti." - lo incoraggiò, tornando in strada - "detta le tue condizioni."

Spike gli lanciò un'occhiata di traverso, mentre un cane color miele li urtava, prodigandosi poi in feste con Angel.

Ed Angel, chinandosi ad accarezzargli la testa, aggiunse:

"Ed io, ovviamente le prenderò in considerazione."

Aveva un mezzo sorriso. Una cosa rara.

Spike non l'aveva mai visto così rilassato. Certo, calcolando come si erano incontrati negli anni, non c'era da stupirsi. Il più delle volte si erano picchiati a sangue e coperti di ingiurie.

Si erano macellati a vicenda. E nemmeno quando era Angelus, aveva sfoggiato un sorriso di quel tipo. Un sorriso normale, senza nessuna malvagità.

E mai un cane gli era passato tra i piedi, potendo poi proseguire allegramente la sua strada.

Angel scherzava. Si lasciava tormentare, come suo solito, con tolleranza.

Eppure appariva più giovane. E le strade per cui camminavano gli si addicevano.

Angel era fatto per una città affollata molto più di quanto pensasse.

"Cammini spesso intorno all'isolato?" - gli chiese, seguendo l'estro del momento.

Angel gli lanciò un'occhiata sorpresa, infilò le mani in tasca e ripresero a camminare.

"Tutto sommato…" - ammise - "bhe, sì si può dire che lo faccio spesso."

"Quanto permette il tuo ruolo di giustiziere, immagino."

"Si dice investigatore, William."

"investigatore, eroe, chiamati come ti pare. Qualcosa mi dice che il suo vero nome è redenzione…."

Angel non rispose, chinò il capo e rallentò il passo.

"Comunque mi consola che tu esca di casa… temevo di dovermi impegnare in noiose conversazioni in pantofola… nahhh, non sono fatto per cose del genere. Quando devo pensare è meglio se cammino."

Un pensiero così affine a quello di Doyle da sembrare allarmante.

No, Spike era un carattere differente, si ammonì mentalmente Angel. Non avevano niente in comune.

Eppure c'era qualcosa che li legava. Forse il modo in cui lo canzonavano e lo punzecchiavano. E per quanto Doyle fosse certamente più garbato di Spike nelle sue battute, era certo che la sua vitalità fosse ben superiore a quella di Angel.

"Mi ascolti o rimugini?" - lo interruppe Spike - "ti spiego… si chiama dialogo perché…"

"William, non avevi delle richieste da farmi?"

"soldi, amico mio." - esclamò, passandogli mafiosamente un braccio sulle spalle - "Voglio sapere come darmi alla bella vita."

"Puoi farlo come tutti a mie spese." - mormorò Angel - "Non viviamo di solo spirito, abbiamo soldi e carte di credito."

"sei fiducioso… potrei mandarti sul lastrico."

"Difficile. Tutti i soldi passano dalle mani di Cordelia." - Replicò Angel, mentre Spike si ritraeva contrariato, ficcando le mani in tasca - "adora gestire la contabilità e far quadrare i conti. Devi parlare con lei.."

"certo, l'eroe senza macchia e senza paura non maneggia vile denaro… e poi? Come funziona? Faith fa il bucato, Cordy la spesa e Westley passa l'aspirapolvere?"

"Io passo l'aspirapolvere." - puntualizzò Angel - "Westley lava i vetri. E a te lasceremo piatti e bicchieri."

"Stai scherzando, spero!" - spike si fermò, piantando i piedi.

"Avrai la tua parte di incombenze."

"Mi pare ovvio. Quando avrò i miei divertimenti, come tutti gli altri."

Una ragazza lo urtò, senza fermarsi. Era bella, sensuale e spike girò la testa, per seguirne la corsa. E lei ricambiò l'occhiata. Con occhi splendidi, cerchiati di mascara ormai sbavato.

Un attimo, eppure come al rallentatore.

Spike ebbe un brivido e girò frettolosamente il capo.

Angel lo stava guardando, e non c'era neanche da sperare che gli fosse sfuggita quell'improvvisa reazione.

"non è niente." - mormorò spike, stringendosi il giaccone indosso - "Andiamo."

Svoltarono l'angolo in silenzio.

Poi Angel si decise.

"può succedere, William." - disse, mentre Spike lo guardava interrogativamente - "Non le ricordiamo fino a quando qualcosa non ce le riporta alla mente. Chiunque fosse, non era lei, non era un'illusione. È stato solo un brutto scherzo dei tuoi ricordi. Ne vedrai parecchie…"

Si riferiva alle vittime. Alle loro colpe.

Sapeva di cosa stava parlando.

"Tu ed io siamo diversi, William. Anche per me è stato drammatico, ad un passo dalla follia, ma in modo differente da come l'hai percepito tu. E non posso neanche dire che con il tempo smetterà di succederti. Temo di poter solo dire che, prima o poi, dovevi cominciare a soffrirne…"

"Dal passato non si scappa…" - mormorò cinicamente Spike.

"purtroppo è così. Lentamente riaffiora il nostro lato umano e, con esso, tornano le debolezze, i rimorsi e qualche rimpianto." - Angel alzò lo sguardo fino ad incontrare il raggio luminoso del lampione. Strinse gli occhi, cercando i moscerini che si muovevano nella luce - "Ringraziando il cielo, tu non sei melodrammatico quanto me."

Quest'ultima frase accese lo sguardo di Spike, incurvandogli le labbra.

Angel lo guardò sottecchi, da complice.

"Non dire a Cordy che l'ho ammesso. Altrimenti non mi lascerà più in pace."

"già dormi poco…" - concordò Spike. Poi, sotto lo sguardo perplesso, aggiunse - "Non è un segreto. Sei Nottambulo, e su questo non si discute. Ma mi pare che anche di giorno, l'Hiperyon sia un viavai di persone che ti parlano, ti consultano…"

Si arrampicava su per gli specchi.

Ed Angel rispose alla domanda non formulata.

"Sì, Willliam, anch'io ho gli incubi. Tanti e ricorrenti. Mi sveglio di soprassalto e non torno a dormire tanto facilmente." - Angel osservò un distinto signore dall'altro lato della strada - "Ma ti renderai presto conto che, da quel punto di vista, all'Hiperyon è difficile dire chi sia peggio…"

"Cosa guardi?" - mormorò spike seguendo l'occhiata.

"Non senti niente?" - mormorò a mezza voce Angel, senza perdere di vista l'obbiettivo.

Spike si concentrò, appellandosi al suo istinto di predatore. Mosse lo sguardo lungo la strada, fino a localizzare la fonte. In effetti angel aveva visto giusto.

"Non… umano." - sospirò spike - "Uno di noi."

Si voltò, attendendo.

Il profilo di Angel rimase pietra ancora un istante. Non si era limitato a localizzarlo. Ci stava dialogando. L'uomo si mosse con un distinto cenno, levandosi appena il cappello in segno di rispetto. Poi si girò e svanì.

"Allora?" - domandò Spike, quando le pupille di Angel tornarono a dimensioni normali. Scosse il capo, portando la mano alla tempia.

"Angel…" - chiamò ancora, posandogli una mano sul braccio, temendo di vederlo barcollare.

Ed Angel si riscosse.

"Sto bene. Era solo un messaggero. Dobbiamo tornare all'Hiperyon. Subito." - rispose, girando decisamente sui tacchi.

"Adesso hai anche una rete di vampiri a tuo servizio?" - chiese spike, adattando la sua camminata all'ampia falcata del suo sire.

"Quello non era un vampiro. Ti sei sbagliato." - replicò quietamente Angel.

"Figurati! Difficilmente mi sbaglio."

"in questo caso ti stai sbagliando. Non era un vampiro. Era un demone con l'anima."

Che cosa?

Spike si fermò di botto. Ed Angel, a malincuore, rallentò e si girò ad aspettarlo.

Un demone con l'anima.

Aveva percepito un'anima.

Non si era trattato di un vampiro, Spike aveva confuso i messaggi. Aveva percepito un'affinità e non si era fermato a riflettere. Angel tornò sui suoi passi e lo fissò.

"Stai bene?"

"io… sì, si certo. Solo che…"

"Con il tempo imparerai a separare i segnali. È ancora presto."

"Stasera hai una risposta per tutto?"

angel gli sorrise sarcastico. Un sorriso che sembrava fargli intendere come potesse avere una risposta consona in ogni momento.

"Oh, ti prego!" - sbottò l'altro - "Non ti montare la testa! Andiamo, non eri di fretta?"

Ricominciarono a camminare. Riuscivano già a intravedere le finestre illuminate del grande albergo.

"Mi dici chi era?"

"Un messaggero. Non so altro. Mi ha detto dove andare…"

"e non ti fermi a pensare che potrebbe essere una trappola?"

"Non lo è. Le Alte Sfere difficilmente mentono."

"Alte cosa?"

"Alte Sfere. È una lunga storia, te la racconterò un'altra volta." - concluse, salendo di corsa i gradino e piombando nell'ingresso.

Seduta sul divano, in mezzo ad una valanga di scartoffie, stava Cordelia, massaggiandosi la testa. Aveva il colorito pallido che caratterizzava le sue visioni.

Spike si fermò, mentre Faith sbucava da una porta, armata di tutto punto.

"Era ora che arrivaste! Pensavamo di andare senza di voi." - esclamò, finendo di infilare alcuni oggetti contundenti nella sacca. Angel si inginocchiò davanti a Cordy mentre questa esponeva in modo sintetico il contenuto della sua visione. Alcune brevi frasi, per mettere insieme le informazioni.

"Angel, stavamo andando via senza di voi…" - Wes finì di infilarsi la giacca scendendo le scale di corsa. Poi si fermò, perplesso, indicando spike - "viene con noi, no?"

"Certo."

"Vengo con voi dove?" - chiese spike, seccato per non essere stato interpellato. Convinto, in cuor suo che il suo sire l'avrebbe spedito nel ripostiglio a lucidare scarpe, prima di saperlo in qualsiasi altro posto.

Faith gli passò a fianco, lanciando ad angel una cinghia di cuoio con alcuni paletti.

"Abbiamo un lavoro da fare. Andiamo, vampiro, non eri tu in vena di lotta?" - lo provocò - "vuoi stare a casa, per caso?"

Spike si voltò, gettando una breve occhiata ad angel. Ed Angel ricambiò, con un lampo nello sguardo. Lottare di nuovo insieme. La cosa lo eccitava. Fianco a fianco. Spike non aspettava altro.

"Muoviti William." - mormorò, dirigendosi verso il garage - "Sai quanto odio arrivare tardi agli appuntamenti."

 

  
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Angel / Vai alla pagina dell'autore: margotj