LACRIME
DI PIOGGIA
Oggi
piove. Il cielo ha passato la sua mattinata a caricare le sue nuvole
plumbee di
acqua ribelle che alla fine non ha più voluto sentirsi
imprigionata dalle
sbarre vaporose di quei cumuli, e si è buttata a capofitto
sulla terra. E così
miliardi e miliardi di irruente ed entusiaste gocce di pioggia si sono
lanciate
di sotto, nel baratro, ma senza alcun timore, senza nessuna paura.
Perché si
incontrano tante cose belle. Laggiù. Sulla terraferma.
Fra
tutte queste gocce ci sono anch’io…sono
anch’io una misera goccia di pioggia
che in realtà sulla terra vuole incontrare non
qualcosa…Io sono diversa. Io
voglio incontrare qualcuno. Io voglio sentire la vita scorrere sotto di
me,
prima di schiantarmi a terra dove vengo accolta comunque in modo dolce,
come in
un soffice abbraccio, dove mi addormento per poi risvegliarmi ancora.
Lassù.
Nel cielo. Fra le nuvole che corrono veloci sospinte dal soffio di
Eolo. Questa
è tutta la mia vita. E’ la sola vita che conosco.
Ma non me ne dispiaccio. Prima
sì. Mi sentivo inutile. Vuota e ripetitiva. Sempre le stesse
cose. Tutti i
giorni erano uguali, uno dietro l’altro, tanto da non
riconoscerli nemmeno più.
Ma ora…Ora no. Non più. Da quando ho trovato lui.
E’
stato difficile sceglierlo. Fra tanti. Fra milioni e milioni di uomini
che da
quassù sono solo piccole formichine che corrono avanti e
indietro. Sembrano
tutti uguali in effetti. Si assomigliano tutti. Tranne lui.
E’ passato tanto tempo ormai dalla prima volta che mi sono
accorta che lui era diverso, ma
non
dimentico comunque quello che mi ha spinto a sceglierlo. Fra tanti. Fra
milioni. O forse…forse no, non l’ho nemmeno
scelto. E’ successo. Semplice.
Limpido. Chiaro. Esiste il destino per noi gocce di pioggia? Io ne sono
convinta. Ed il mio era di trovare lui.
Ed il ricordo di quel primo incontro è vivo nella mia
memoria…anche se a volte
mi dico quanto sia strano presumere presuntuosamente che noi gocce di
pioggia
abbiamo una memoria…Eppure io ce l’ho.
Sarò diversa? Può essere…diversa come lui.
Era un
giorno di pioggia. Come oggi. E come oggi tutte noi eravamo stanche ed
annoiate
di starcene qui con le mani in mano quando puoi correre di sotto
all’impazzata
a raccogliere qualche rapida fotografia del mondo. Ma forse eravamo
talmente
tanto annoiate che non avevamo abbastanza carica per uscire in forza. E
così ci
siamo solo lasciate mollemente e pigramente cadere, scivolando via
dalle nuvole
per andare a cadere leggere laggiù. Dispettose. Tanto per
infastidire gli
esseri umani che tirano sempre fuori quei ridicoli oggetti circolari e
variopinti quando ci vedono arrivare. Ma quando sono arrivata quasi
alla fine
della mia corsa, mi sono accorta che stavo andando a cozzare contro
qualcuno
che non ce l’aveva quello strano oggetto.
–Bizzarro!- ho pensato…
Pensavo
di finire sui suoi capelli, come al solito. Aveva i capelli un
po’ lunghi,
biondo cenere. Pensavo di attaccarmi ad uno di essi, come faccio
sempre, e…voilà!
scorrere giù per tutta la sua
lunghezza, rapida, come su di una di quelle che gli uomini chiamano montagne russe, in quei posti che
chiamano luna park. E’
divertente
farlo. E più i capelli sono lunghi, più mi
diverto.
Ma poi
lui ha alzato la testa, impedendomi
di finire i miei pensieri. Ed impedendomi di guadagnarmi il mio giro
sulla
giostra. Ha strizzato gli occhi, forse perché noi gli diamo
fastidio quando ci
cadiamo dentro, anche se nemmeno per noi è una bella
esperienza. Finiamo
invischiate nelle gocce che hanno gli umani nei loro occhi, gocce
salate, che
non ci vogliono con loro e ci sputano fuori con violenza dalla loro
casa; così
facendo irritano gli umani che di solito ci lanciano via stizziti con
una mano,
sbattendoci per terra, facendoci male. Lui
non lo ha fatto. Io gli sono caduta birichina e dispettosa su di una
ciglia,
facendogli sbattere uno dei suoi occhi. Strani occhi. Di due colori.
Azzurro
chiaro ed un insolito cerchio più scuro, verdino, attorno a
quel grande punto
nero che hanno al centro. Lui ne
aveva un altro di punto, più piccolo, sempre verdino. Sotto
al cerchio verde-marrone.
Bizzarro!
Sono
scivolata lungo quella ciglia chiara, troppo corta per divertirmi, e ho
disturbato le sue gocce. Gli uomini le chiamano lacrime.
Sarà perché sono
salate? Chissà. Ma le gocce dei suoi occhi non mi hanno
cacciata via. Sono
state gentili. Mi hanno accompagnato all’uscita senza
cattiveria. Pensavo di
ricevere la solita sberla e di essere sbattuta via senza
pietà. Ma lui non lo ha
fatto. Mi ha lasciato lì,
come tutte le altre che gli cadevano addosso dopo di me. Sempre
più rare. Si
erano già stancate quel giorno. L’ho detto? Che
eravamo troppo pigre quel
giorno? Dal cielo non ne arrivavano altre. Si erano stancate. Le mie
amiche se
ne andavano veloci. Ma io no. Lui
mi
aveva incuriosita. Volevo restare lì. Perché lui era così gentile? Cosa fa
la differenza negli umani? Volevo
capirne di più.
E così
mi sono attaccata con tutte le mie forze alla sua pelle, senza nemmeno
sentire
i richiami delle mie simili che mi invitavano ad andarmene. Loro non
capiscono.
Non mi hanno mai capita. Non capiscono la mia diversità. Lui forse lo avrebbe fatto.
Perché anche lui
sembrava diverso. Da tutti gli altri milioni. Sono scesa
rigandogli una guancia dove ormai restavo solo io. Mi scappava da
ridere! Mi ha
fatto il solletico con la sua barba incolta! In seguito, dopo tutte le
altre
volte in cui ho fatto di tutto per incontrarlo ancora, avrei voluto
dirgli di
radersela più spesso. Ma io sono solo una goccia di pioggia
e posso parlargli
sempre e solo attraverso un brivido freddo che gli lascio quando
scivolo giù
per la sua guancia…
I suoi
peli ruvidi hanno rallentato la mia corsa. Suppongo di avergli fatto
solletico
anch’io, a modo mio. Ma ancora. Ancora è stato
così gentile da non scacciarmi
via col dorso della sua mano…In seguito, dopo tutte le altre
volte in cui ho
fatto di tutto per incontrarlo ancora, mi sarei convinta che mi sentiva
mentre
lo imploravo di lasciarmi lì ancora un po’. Forse
per quello ha sempre deciso
di darmi l’opportunità di correre giù
per la pelle calda del suo collo.
Ormai
ho perso il conto di quante volte l’ho cercato. Ritrovandolo.
E di solito la
pelle del suo collo era sempre calda. A volte era un po’
più fredda perché non
la copriva. Porta spesso la solita maglietta grigia ed i soliti
pantaloni che
ho sentito si chiamano jeans, quasi
sgualciti ormai. Pazzo! Copriti la gola!
Oggi mi ha portata da te un vento cattivo, non senti? Per quello sono
venuta a
sbatterti contro gli occhi invece di posarmici appena soltanto!
Delicatamente…
La
prima volta che l’ho toccato non sono riuscita a restare
tanto a lungo per
osservarlo bene. Ero lì, sul suo collo. Ma poi si
è abbassato. Non so cosa
stesse facendo. So solo che io sono caduta. No! Non lo ha fatto per
liberarsi
di me! Per quello ho pensato che fosse diverso. Per quello non ho
dimenticato
le sue labbra che si distendevano in un sorriso, appena prima che io
toccassi
il terreno. Appena prima di addormentarmi e di risvegliarmi
lassù. A casa. Sembrava
quasi si volesse scusare di avermi fatto cadere. Non ho mai dimenticato
il suo
sorriso. Io sono diversa. Io mi sento piena di…come dicono
gli umani? Amore. Come lui che non mi ha picchiata. Come il suo
sorriso…Forse
rappresentava…l’amore? Non avevo mai ben capito cosa volesse
dire di preciso, ma sapevo che lo riferiscono a certi loro
atteggiamenti, a
certe cose che dicono o che fanno. Lo chiamano sentimento.
Come quel sorriso. Finalmente forse ho capito! E per
quello voglio tornare da lui.
Perché
per la prima volta mi sento viva. E
voglio capirne di più. Voglio saperne di più.
Quella
prima volta non ero riuscita a sfioragliele le labbra. In
realtà non ne avevo
neanche avuto la curiosità di farlo. Peccato!
Mi ero detta. Ma oggi sulla terra dicono che sarà
una giornata piovosa…e
sono già tante ormai le volte in cui sono stata tanto
birbante da cadergli su
di un labbro. Ormai cerco di guidarmi dove voglio. Tranne quando
c’è il vento.
Lui è più dispettoso di noi gocce e si diverte a
spedirci dove vuole. Ma con me
non ce la fa. Ci ha provato ad allontanarmi e a farmi cadere lontano da
lui. Ma non ci è mai
riuscito.
Lui si è
abituato a me. Ormai mi
conosce. Eppure non ci parliamo. Io vorrei…ma non posso.
Sono sempre e solo la
solita inutile goccia di pioggia che talvolta lo vede ridere. Mi sa che
gli
faccio davvero il solletico le rare volte che sono scappata
giù dentro la
maglietta, magari su di un fianco. O dietro la schiena. Rabbrividisce
quando lo
faccio. Ho notato che non porta quegli oggetti di vanità.
Collane le chiamano?
Sì. Collane. Mi chiedo il perché. Ed oggi, dopo
tutte le volte in cui ho fatto
di tutto per incontrarlo ancora, mi dico che vorrei essere umana per
poter
donargliene una con un ciondolo come me…a forma di
goccia…una goccia
cristallina e chiara e sincera come i suoi occhi.
Sono
complessi gli umani. Noi gocce siamo più semplici. Anche se lui mi ha reso complicata. Sono sempre
stata diversa. Ed ora lo sono ancora di più.
Perché lui mi ha donato
i sentimenti
che prima conoscevo solo per sentito dire. E sento la sua mancanza ogni
giorno
di più. Vorrei scendere da lui ogni
giorno. Ma non ce lo lasciano fare. Sono severi a volte.
Quassù. A casa. Dicono
che la natura deve fare il suo corso e che par mantenere
l’equilibrio laggiù
noi non sempre possiamo divertirci a tormentare la terra.
Ed io
ormai vivo ogni singolo giorno della mia vita per incontrarlo. Per un
solo
attimo così veloce. E mi sento morire ogni volta che devo
abbandonarlo per
toccare il terreno ed addormentarmi. Morire? Ho detto morire?
Sì…forse ne ho
capito il senso. E’ come quando mi addormento ed il suo viso
si offusca pian
piano e sparisce di fronte a me. Sono strani gli umani. Hanno strane
usanze. So
che gli uomini hanno un nome. Si identificano così fra di
loro. Ci ho messo
tanto a capirlo. Ci ho messo tanto ad individuarli e distinguerli. Il
suo...il
suo è Tim. Bizzarro!
Sembra quasi il
suono che facciamo noi gocce quando cadiamo sul metallo. Mi piace.
E’ un suono
dolce. Come lui. E’ un
suono
speciale. Come lui. Almeno ora so
come chiamarlo. Tim mi ha fatto capire cosa sono i desideri
ed i sogni. Ed
ora non voglio più essere una goccia di pioggia. Voglio di
più. Voglio che il
mio desiderio ed il mio sogno diventino veri. Come vero è il
momento in cui lo
tocco. Ora voglio che lui mi veda. Che mi parli. Come sogno di farlo io
da
tanto tempo.
Un
giorno mi sono svegliata. Come di consueto. E non ero più
una goccia di
pioggia. Avevo tanto desiderato diventare umana! E Madre Natura mi ha
ascoltata! Volevo esserlo! Per poter parlargli! Almeno una volta! Solo
una
volta! Per dirgli cosa poi? Non lo so…nemmeno io lo so.
Nemmeno ora. Forse non
l’ho nemmeno mai saputo. Talmente tante erano le cose da
dirgli, da chiedergli,
da stare ad ascoltare rimanendo lì…bloccata
davanti ai suoi occhi che tante
volte gli hai accarezzato, con le sue labbra che gli hai baciato
centinaia di
volte e che si muovono ma dalle quali tu non percepisci alcun suono
uscire, con
le sue mani…le sue mani, dolci come lui, che mai ti hanno
fatto del male, che
gesticolano e non riesci a concentrarti sul perché
gesticolino così tanto.
Forse dentro di te sei rimasta la pioggia che ancora non si sente parte
di
questo nuovo corpo umano.
Purtroppo
col tempo avrei capito che a volte non è bello essere umani.
Perché quando sei
nel loro mondo diventa tutto più difficile. Soprattutto
quando hai bisogno di lui. Non
puoi svegliarti in un qualsiasi
momento della giornata, guardare quel formicaio di gente, cercare lui, trovarlo e creare un putiferio
lassù,
nella tua pacifica casa, di modo che si stanchino di sentire i tuoi
lamenti di
quanto ti senti annoiata e ti invitano ad andartene anche solo per
restare in
pace quei dieci minuti. E tu non vedi l’ora di andartene,
perché così è facile
raggiungerlo e a tuo modo parlargli. Anche se lui
non ti può sentire. Ma ti può vedere. Anche se tu
non gli puoi
parlare davvero. Ma lo puoi sfiorare. Non è così
facile. Quando sei un essere
umano.
Non
era più come prima da quando ero diventata umana. Lo potevo
solo vedere da
quella che una volta, nella mia vita precedente, chiamavo scatola
magica. Gli
potevo parlare. Ma lui non mi rispondeva comunque. Lo toccavo. Ma
toccavo solo
un vetro freddo senza forma. E così ho desiderato di morire.
Per tornare ad
essere una goccia di pioggia. Lo sono ancora ora. E non desidero
nient’altro.
Preferisco la mia vita così com’è. Non
è più l’unica vita che conosco. Ma
è
tutta la mia vita. E lui l’ha
cambiata. L’ha resa migliore. L’ha resa speciale.
Sono
sempre stata diversa. Ed ora più che mai. Ho sofferto
talmente tanto per avere
perso lui durante la mia
esperienza
umana che ho finalmente capito il senso delle lacrime. Ne ho versate
talmente
tante che ora io non sono più una semplice goccia di
pioggia. In onore della
prima volta in cui ne ho incontrata una nei suoi occhi, ora sono una
lacrima di
pioggia. Sì. Le ho incontrate le sue lacrime. Ho imparato
che le versi quando
soffri. Quando sei triste. Anche lui è
stato triste nella sua vita. Forse è per quello che
è diventato l’uomo che è
ora. Un uomo unico. Tanto da essere riconosciuto. Tanto da sceglierlo.
Fra
tanti. Fra milioni. Tanto da legarmi a lui
per non lasciarlo più. Non sono mai più
caduta su di un altro essere umano
da quando ho visto Tim. Non potrebbe essere andata in altro modo.
Non
piove sempre sulla terra. Ma quando accade sono felice di poter essere
questa
lacrima di pioggia. Perché così lo posso
sfiorare. Perché così gli posso
sfrecciare vicino all’orecchio e lasciargli il mio sussurro.
Perché così posso
cadere nella sua mano. Perché così posso essere
dispettosa e fargli venire
freddo sulla schiena. Facendolo sorridere. Conto i giorni che passano
ed
intanto lo cerco e lo seguo per vedere dove trovarlo. E lo trovo
sempre. E lui sa che esisto. Anche
se non conosce
il mio nome. Il mio nome? Che stupida..io non ce l’ho neanche
un nome. Mi
chiama semplicemente pioggia. Ma
almeno sa che esisto. Mentre quando ero solo un’umana lui era all’oscuro della mia
esistenza. Per lui ero solo il
nulla. Una fra tante. Una fra milioni.
Oggi
piove. Da parte a me si stanno preparando tutte. Guardo giù.
Sospiro. Ma non
per tristezza. Sospiro perché sono felice. E’
venuto il momento. Ancora una
volta. Sono solo una lacrima di pioggia. Ma ora ho un sogno giornaliero
nella
mia vita. Per questo sono già pronta ad essere pianta dalle
nuvole. Guardo
laggiù. Lo vedo. Sorrido. Ha alzato la testa e sta guardando
in alto. Sorride
anche lui. Bizzarro!
Forse mi aspetta. Aspettami!
Non scappare! Arrivo da te!