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Autore: Yelena Blonsky    21/01/2011    0 recensioni
Non è stato facile piazzare questo scritto in una categoria. Trattasi di una dedica un pò particolare, in versione pseudo-poetica e romantica, al mio attore preferito.
Una goccia di pioggia vede il mondo umano dall'alto e si innamora di un uomo. Ma come farglielo sapere? Lei è solo la pioggia...
Genere: Malinconico, Poesia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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LACRIME DI PIOGGIA

 

        Oggi piove. Il cielo ha passato la sua mattinata a caricare le sue nuvole plumbee di acqua ribelle che alla fine non ha più voluto sentirsi imprigionata dalle sbarre vaporose di quei cumuli, e si è buttata a capofitto sulla terra. E così miliardi e miliardi di irruente ed entusiaste gocce di pioggia si sono lanciate di sotto, nel baratro, ma senza alcun timore, senza nessuna paura. Perché si incontrano tante cose belle. Laggiù. Sulla terraferma.

 

        Fra tutte queste gocce ci sono anch’io…sono anch’io una misera goccia di pioggia che in realtà sulla terra vuole incontrare non qualcosa…Io sono diversa. Io voglio incontrare qualcuno. Io voglio sentire la vita scorrere sotto di me, prima di schiantarmi a terra dove vengo accolta comunque in modo dolce, come in un soffice abbraccio, dove mi addormento per poi risvegliarmi ancora. Lassù. Nel cielo. Fra le nuvole che corrono veloci sospinte dal soffio di Eolo. Questa è tutta la mia vita. E’ la sola vita che conosco. Ma non me ne dispiaccio. Prima sì. Mi sentivo inutile. Vuota e ripetitiva. Sempre le stesse cose. Tutti i giorni erano uguali, uno dietro l’altro, tanto da non riconoscerli nemmeno più. Ma ora…Ora no. Non più. Da quando ho trovato lui.

 

        E’ stato difficile sceglierlo. Fra tanti. Fra milioni e milioni di uomini che da quassù sono solo piccole formichine che corrono avanti e indietro. Sembrano tutti uguali in effetti. Si assomigliano tutti. Tranne lui. E’ passato tanto tempo ormai dalla prima volta che mi sono accorta che lui era diverso, ma non dimentico comunque quello che mi ha spinto a sceglierlo. Fra tanti. Fra milioni. O forse…forse no, non l’ho nemmeno scelto. E’ successo. Semplice. Limpido. Chiaro. Esiste il destino per noi gocce di pioggia? Io ne sono convinta. Ed il mio era di trovare lui. Ed il ricordo di quel primo incontro è vivo nella mia memoria…anche se a volte mi dico quanto sia strano presumere presuntuosamente che noi gocce di pioggia abbiamo una memoria…Eppure io ce l’ho. Sarò diversa? Può essere…diversa come lui.

 

        Era un giorno di pioggia. Come oggi. E come oggi tutte noi eravamo stanche ed annoiate di starcene qui con le mani in mano quando puoi correre di sotto all’impazzata a raccogliere qualche rapida fotografia del mondo. Ma forse eravamo talmente tanto annoiate che non avevamo abbastanza carica per uscire in forza. E così ci siamo solo lasciate mollemente e pigramente cadere, scivolando via dalle nuvole per andare a cadere leggere laggiù. Dispettose. Tanto per infastidire gli esseri umani che tirano sempre fuori quei ridicoli oggetti circolari e variopinti quando ci vedono arrivare. Ma quando sono arrivata quasi alla fine della mia corsa, mi sono accorta che stavo andando a cozzare contro qualcuno che non ce l’aveva quello strano oggetto. –Bizzarro!- ho pensato…

       

        Pensavo di finire sui suoi capelli, come al solito. Aveva i capelli un po’ lunghi, biondo cenere. Pensavo di attaccarmi ad uno di essi, come faccio sempre, e…voilà! scorrere giù per tutta la sua lunghezza, rapida, come su di una di quelle che gli uomini chiamano montagne russe, in quei posti che chiamano luna park. E’ divertente farlo. E più i capelli sono lunghi, più mi diverto.

       

        Ma poi lui ha alzato la testa, impedendomi di finire i miei pensieri. Ed impedendomi di guadagnarmi il mio giro sulla giostra. Ha strizzato gli occhi, forse perché noi gli diamo fastidio quando ci cadiamo dentro, anche se nemmeno per noi è una bella esperienza. Finiamo invischiate nelle gocce che hanno gli umani nei loro occhi, gocce salate, che non ci vogliono con loro e ci sputano fuori con violenza dalla loro casa; così facendo irritano gli umani che di solito ci lanciano via stizziti con una mano, sbattendoci per terra, facendoci male. Lui non lo ha fatto. Io gli sono caduta birichina e dispettosa su di una ciglia, facendogli sbattere uno dei suoi occhi. Strani occhi. Di due colori. Azzurro chiaro ed un insolito cerchio più scuro, verdino, attorno a quel grande punto nero che hanno al centro. Lui ne aveva un altro di punto, più piccolo, sempre verdino. Sotto al cerchio verde-marrone. Bizzarro!

 

        Sono scivolata lungo quella ciglia chiara, troppo corta per divertirmi, e ho disturbato le sue gocce. Gli uomini le chiamano lacrime. Sarà perché sono salate? Chissà. Ma le gocce dei suoi occhi non mi hanno cacciata via. Sono state gentili. Mi hanno accompagnato all’uscita senza cattiveria. Pensavo di ricevere la solita sberla e di essere sbattuta via senza pietà. Ma lui non lo ha fatto. Mi ha lasciato lì, come tutte le altre che gli cadevano addosso dopo di me. Sempre più rare. Si erano già stancate quel giorno. L’ho detto? Che eravamo troppo pigre quel giorno? Dal cielo non ne arrivavano altre. Si erano stancate. Le mie amiche se ne andavano veloci. Ma io no. Lui mi aveva incuriosita. Volevo restare lì. Perché lui era così gentile? Cosa fa la differenza negli umani? Volevo capirne di più.

 

        E così mi sono attaccata con tutte le mie forze alla sua pelle, senza nemmeno sentire i richiami delle mie simili che mi invitavano ad andarmene. Loro non capiscono. Non mi hanno mai capita. Non capiscono la mia diversità. Lui forse lo avrebbe fatto. Perché anche lui sembrava diverso. Da tutti gli altri milioni. Sono scesa rigandogli una guancia dove ormai restavo solo io. Mi scappava da ridere! Mi ha fatto il solletico con la sua barba incolta! In seguito, dopo tutte le altre volte in cui ho fatto di tutto per incontrarlo ancora, avrei voluto dirgli di radersela più spesso. Ma io sono solo una goccia di pioggia e posso parlargli sempre e solo attraverso un brivido freddo che gli lascio quando scivolo giù per la sua guancia…

 

        I suoi peli ruvidi hanno rallentato la mia corsa. Suppongo di avergli fatto solletico anch’io, a modo mio. Ma ancora. Ancora è stato così gentile da non scacciarmi via col dorso della sua mano…In seguito, dopo tutte le altre volte in cui ho fatto di tutto per incontrarlo ancora, mi sarei convinta che mi sentiva mentre lo imploravo di lasciarmi lì ancora un po’. Forse per quello ha sempre deciso di darmi l’opportunità di correre giù per la pelle calda del suo collo.

 

        Ormai ho perso il conto di quante volte l’ho cercato. Ritrovandolo. E di solito la pelle del suo collo era sempre calda. A volte era un po’ più fredda perché non la copriva. Porta spesso la solita maglietta grigia ed i soliti pantaloni che ho sentito si chiamano jeans, quasi sgualciti ormai. Pazzo! Copriti la gola! Oggi mi ha portata da te un vento cattivo, non senti? Per quello sono venuta a sbatterti contro gli occhi invece di posarmici appena soltanto! Delicatamente…

 

        La prima volta che l’ho toccato non sono riuscita a restare tanto a lungo per osservarlo bene. Ero lì, sul suo collo. Ma poi si è abbassato. Non so cosa stesse facendo. So solo che io sono caduta. No! Non lo ha fatto per liberarsi di me! Per quello ho pensato che fosse diverso. Per quello non ho dimenticato le sue labbra che si distendevano in un sorriso, appena prima che io toccassi il terreno. Appena prima di addormentarmi e di risvegliarmi lassù. A casa. Sembrava quasi si volesse scusare di avermi fatto cadere. Non ho mai dimenticato il suo sorriso. Io sono diversa. Io mi sento piena di…come dicono gli umani? Amore. Come lui che non mi ha picchiata. Come il suo sorriso…Forse rappresentava…l’amore? Non avevo mai ben capito cosa volesse dire di preciso, ma sapevo che lo riferiscono a certi loro atteggiamenti, a certe cose che dicono o che fanno. Lo chiamano sentimento. Come quel sorriso. Finalmente forse ho capito! E per quello voglio tornare da lui. Perché per la prima volta mi sento viva. E voglio capirne di più. Voglio saperne di più.

 

        Quella prima volta non ero riuscita a sfioragliele le labbra. In realtà non ne avevo neanche avuto la curiosità di farlo. Peccato! Mi ero detta. Ma oggi sulla terra dicono che sarà una giornata piovosa…e sono già tante ormai le volte in cui sono stata tanto birbante da cadergli su di un labbro. Ormai cerco di guidarmi dove voglio. Tranne quando c’è il vento. Lui è più dispettoso di noi gocce e si diverte a spedirci dove vuole. Ma con me non ce la fa. Ci ha provato ad allontanarmi e a farmi cadere lontano da lui. Ma non ci è mai riuscito.

 

        Lui si è abituato a me. Ormai mi conosce. Eppure non ci parliamo. Io vorrei…ma non posso. Sono sempre e solo la solita inutile goccia di pioggia che talvolta lo vede ridere. Mi sa che gli faccio davvero il solletico le rare volte che sono scappata giù dentro la maglietta, magari su di un fianco. O dietro la schiena. Rabbrividisce quando lo faccio. Ho notato che non porta quegli oggetti di vanità. Collane le chiamano? Sì. Collane. Mi chiedo il perché. Ed oggi, dopo tutte le volte in cui ho fatto di tutto per incontrarlo ancora, mi dico che vorrei essere umana per poter donargliene una con un ciondolo come me…a forma di goccia…una goccia cristallina e chiara e sincera come i suoi occhi.

 

        Sono complessi gli umani. Noi gocce siamo più semplici. Anche se lui mi ha reso complicata. Sono sempre stata diversa. Ed ora lo sono ancora di più. Perché lui mi ha donato i sentimenti che prima conoscevo solo per sentito dire. E sento la sua mancanza ogni giorno di più. Vorrei scendere da lui ogni giorno. Ma non ce lo lasciano fare. Sono severi a volte. Quassù. A casa. Dicono che la natura deve fare il suo corso e che par mantenere l’equilibrio laggiù noi non sempre possiamo divertirci a tormentare la terra.

 

        Ed io ormai vivo ogni singolo giorno della mia vita per incontrarlo. Per un solo attimo così veloce. E mi sento morire ogni volta che devo abbandonarlo per toccare il terreno ed addormentarmi. Morire? Ho detto morire? Sì…forse ne ho capito il senso. E’ come quando mi addormento ed il suo viso si offusca pian piano e sparisce di fronte a me. Sono strani gli umani. Hanno strane usanze. So che gli uomini hanno un nome. Si identificano così fra di loro. Ci ho messo tanto a capirlo. Ci ho messo tanto ad individuarli e distinguerli. Il suo...il suo è Tim. Bizzarro! Sembra quasi il suono che facciamo noi gocce quando cadiamo sul metallo. Mi piace. E’ un suono dolce. Come lui. E’ un suono speciale. Come lui. Almeno ora so come chiamarlo. Tim mi ha fatto capire cosa sono i desideri ed i sogni. Ed ora non voglio più essere una goccia di pioggia. Voglio di più. Voglio che il mio desiderio ed il mio sogno diventino veri. Come vero è il momento in cui lo tocco. Ora voglio che lui mi veda. Che mi parli. Come sogno di farlo io da tanto tempo.

 

        Un giorno mi sono svegliata. Come di consueto. E non ero più una goccia di pioggia. Avevo tanto desiderato diventare umana! E Madre Natura mi ha ascoltata! Volevo esserlo! Per poter parlargli! Almeno una volta! Solo una volta! Per dirgli cosa poi? Non lo so…nemmeno io lo so. Nemmeno ora. Forse non l’ho nemmeno mai saputo. Talmente tante erano le cose da dirgli, da chiedergli, da stare ad ascoltare rimanendo lì…bloccata davanti ai suoi occhi che tante volte gli hai accarezzato, con le sue labbra che gli hai baciato centinaia di volte e che si muovono ma dalle quali tu non percepisci alcun suono uscire, con le sue mani…le sue mani, dolci come lui, che mai ti hanno fatto del male, che gesticolano e non riesci a concentrarti sul perché gesticolino così tanto. Forse dentro di te sei rimasta la pioggia che ancora non si sente parte di questo nuovo corpo umano.

 

        Purtroppo col tempo avrei capito che a volte non è bello essere umani. Perché quando sei nel loro mondo diventa tutto più difficile. Soprattutto quando hai bisogno di lui. Non puoi svegliarti in un qualsiasi momento della giornata, guardare quel formicaio di gente, cercare lui, trovarlo e creare un putiferio lassù, nella tua pacifica casa, di modo che si stanchino di sentire i tuoi lamenti di quanto ti senti annoiata e ti invitano ad andartene anche solo per restare in pace quei dieci minuti. E tu non vedi l’ora di andartene, perché così è facile raggiungerlo e a tuo modo parlargli. Anche se lui non ti può sentire. Ma ti può vedere. Anche se tu non gli puoi parlare davvero. Ma lo puoi sfiorare. Non è così facile. Quando sei un essere umano.

 

        Non era più come prima da quando ero diventata umana. Lo potevo solo vedere da quella che una volta, nella mia vita precedente, chiamavo scatola magica. Gli potevo parlare. Ma lui non mi rispondeva comunque. Lo toccavo. Ma toccavo solo un vetro freddo senza forma. E così ho desiderato di morire. Per tornare ad essere una goccia di pioggia. Lo sono ancora ora. E non desidero nient’altro. Preferisco la mia vita così com’è. Non è più l’unica vita che conosco. Ma è tutta la mia vita. E lui l’ha cambiata. L’ha resa migliore. L’ha resa speciale.

 

        Sono sempre stata diversa. Ed ora più che mai. Ho sofferto talmente tanto per avere perso lui durante la mia esperienza umana che ho finalmente capito il senso delle lacrime. Ne ho versate talmente tante che ora io non sono più una semplice goccia di pioggia. In onore della prima volta in cui ne ho incontrata una nei suoi occhi, ora sono una lacrima di pioggia. Sì. Le ho incontrate le sue lacrime. Ho imparato che le versi quando soffri. Quando sei triste. Anche lui è stato triste nella sua vita. Forse è per quello che è diventato l’uomo che è ora. Un uomo unico. Tanto da essere riconosciuto. Tanto da sceglierlo. Fra tanti. Fra milioni. Tanto da legarmi a lui per non lasciarlo più. Non sono mai più caduta su di un altro essere umano da quando ho visto Tim. Non potrebbe essere andata in altro modo.

 

        Non piove sempre sulla terra. Ma quando accade sono felice di poter essere questa lacrima di pioggia. Perché così lo posso sfiorare. Perché così gli posso sfrecciare vicino all’orecchio e lasciargli il mio sussurro. Perché così posso cadere nella sua mano. Perché così posso essere dispettosa e fargli venire freddo sulla schiena. Facendolo sorridere. Conto i giorni che passano ed intanto lo cerco e lo seguo per vedere dove trovarlo. E lo trovo sempre. E lui sa che esisto. Anche se non conosce il mio nome. Il mio nome? Che stupida..io non ce l’ho neanche un nome. Mi chiama semplicemente pioggia. Ma almeno sa che esisto. Mentre quando ero solo un’umana lui era all’oscuro della mia esistenza. Per lui ero solo il nulla. Una fra tante. Una fra milioni.

 

        Oggi piove. Da parte a me si stanno preparando tutte. Guardo giù. Sospiro. Ma non per tristezza. Sospiro perché sono felice. E’ venuto il momento. Ancora una volta. Sono solo una lacrima di pioggia. Ma ora ho un sogno giornaliero nella mia vita. Per questo sono già pronta ad essere pianta dalle nuvole. Guardo laggiù. Lo vedo. Sorrido. Ha alzato la testa e sta guardando in alto. Sorride anche lui. Bizzarro! Forse mi aspetta. Aspettami! Non scappare! Arrivo da te!

  
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