Sfiorando una nuova visione mi è parsa affilata
Stupita, sfioro le mie guancie, già da troppo tempo ritenute aride
Sono bagnate
Troppe volte mi sono costretta nell’ombra per ragione d’altri
Ira mi travolge il cuore, squarciandolo, dilaniandolo, soffocandolo nella ragione e fomentandolo nell’odio, riaprendo ferite vecchie e nuove
Solo perché anime egoiste mi hanno tranciato le ali, solo perché io non ho voluto vedere e sentire
adesso misconosco il cielo
Ed ora che le ho ritrovate il tempo è giunto: che è alato volerà, gli altri a terra rimarranno.
Ed io rimango qua.
Con le mie ali in mano, mentre guardo l’azzurra e fredda volta.
Rabbiosamente rivolgo gli occhi a terra, scagliando lontano le, non più mie, brune piume.
D’altronde che cos’è il cuore se non un organo?
Non diventerò cacciatore, ma aspetterò il loro cadavere per scavalcarlo e lasciarlo insepolto.
La Terra non accetta gli alati.
Ne è indifferente.
Zest