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Autore: OpunziaEspinosa    23/01/2011    5 recensioni
Isabella Maria Swan, 30 anni, insegnante di cucina, fugge a Londra dopo aver spezzato il cuore di un uomo e seriamente danneggiato il proprio. Edward Cullen, 24 anni, attore, a Londra per una breve vacanza prima di tornare a L.A. sul set di Le Quattro Stagioni, famosa saga cinematografica vampiresca. E se si dovessero incontrare? È possibile l'amore tra una donna qualunque e la star del momento? Tra una donna ed un ragazzino? Cosa li unisce? Cosa li rende così adatti l'uno all'altra? Nulla, in apparenza...
CONSIGLIATO A CHI TROVA CIO' CHE ACCADE AL CAST DI TWILIGHT FANTASCIENZA, APPREZZA L'IRONIA, VUOLE SORRIDERE MA ANCHE COMMUOVERSI UN PO'.
Genere: Introspettivo, Romantico, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Coppie: Bella/Edward
Note: Lime, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Twilight
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Edward Cullen assomiglia terribilmente a RPattz. Bella Swan non ha nulla a che vedere con la Bella di S.Meyer. Quindi: se per voi Edward è solo Edward (e maledetto chi ha fatto il casting di Twilight!) e c’è un'unica, sola, inconfondibile Bella dagli occhi color cioccolato, abbandonate ogni speranza o voi che entrate; oppure leggete comunque… magari vi piace lo stesso!
È la mia prima fan-fiction... Siate clementi!!!
CONSIGLIATO A CHI TROVA CIO' CHE ACCADE AL CAST DI TWILIGHT FANTASCIENZA, APPREZZA L'IRONIA, VUOLE SORRIDERE MA ANCHE COMMUOVERSI UN PO'.

OpunziaEspinosa


Ogni riferimento a fatti realmente accaduti e/o a persone realmente esistenti è da ritenersi puramente casuale. I personaggi sono proprietà di S.Meyer e non vengono utilizzati a scopi lucrativi. La riproduzione anche solo parziale di questa ff non è autorizzata.
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PARTE PRIMA



Sabato, 17 aprile 2010

1. ISABELLA

C’è un silenzio quaggiù, che mi riposa
Se il mio cuore non sa che giorno è
Quanti anni ho, mio cielo
Sai che non lo so, com’è…
(Quanti anni ho – Zucchero)

Oggi compio trent’anni.
Non mi sembra vero. Trent’anni…
Com’è possibile? Voglio dire: come sono arrivata a questo punto della mia vita così in fretta? Io non ho trent’anni! Alla mia età dovrei avere un piano! Dovrei aver capito cosa fare della mia esistenza! Dovrei, forse, avere un fidanzato, magari un marito e, ad ascoltare mia madre, mettere in cantiere un figlio. Invece non ho nulla di tutto questo. Passo da una storiella ad un’altra, senza mai innamorarmi veramente e senza mai legarmi seriamente a nessuno, e, nel profondo, mi sento ancora esattamente come quella liceale bruttina, timida, impacciata, timorosa di tutto e di tutti che tanto odiavo. Eppure ne ho fatta parecchia di strada. Mi sono diplomata, ho conseguito una laurea, ho trovato un impiego serio, rispettabile e ben retribuito, ho convissuto con il ragazzo di cui mi sono innamorata a quindici anni, l’ho lasciato ad un passo dalle nozze - spezzandogli il cuore e danneggiando seriamente il mio - e subito dopo ho abbandonato casa, lavoro, famiglia ed amici, e sono volata a Londra per lasciarmi tutto alle spalle e cominciare una nuova vita fatta di precariato ed instabilità.
Trent’anni…
Lo so, sono la stessa identica persona di ieri. Non è cambiato nulla. In fondo si tratta solo di un numero, e se fino a qualche ora fa riuscivo a sopportare senza grossi patemi la mia condizione posso continuare a farlo anche oggi. Eppure non posso a fare a meno di sentirmi una fallita.
Trent’anni… Merda!

È sabato. Oggi non lavoro e non ho alcuna intenzione di alzarmi dal letto. È il giorno del mio compleanno, più precisamente del mio trentesimo compleanno, e davvero non mi va di festeggiare. Voglio passare l’intera giornata chiusa in camera mia, al buio, a magiare cioccolata. Ed invece, mentre rifletto sul senso della vita e di questo mio inevitabile passaggio epocale, Angela e Rosalie fanno irruzione nella mia stanza con una meravigliosa torta alla panna, talmente bella da sembrare finta,  cantando Happy Birthday to you, Happy Birthday to youuuu, Happy Birthday dear Bellaaaa, Happy Birthday to youuuuu. C’è anche una piccola candelina rosa accesa, sopra.
Ragazze, vi odio! Vi avevo espressamente chiesto di lasciarmi perdere, per oggi. Di ignorarmi, e di fare come se fossi morta! Perché non mi date mai retta?

“Che ci fai ancora a letto? Sono le due del pomeriggio!” mi rimprovera Angela.
“Non m’importa” borbotto, nascondendomi sotto i cuscini, tra le confezioni vuote di cioccolata. “Voglio restare qui fino a quando questa orribile giornata sarà finita. Vi prego. Lasciatemi marcire qui dentro! Almeno per oggi!”
“Non dire idiozie!” continua Rosalie, scostando le tende ed aprendo la finestra, lasciando entrare l’aria tiepida e il sole meraviglioso di questo insolitamente caldo e sereno 17 aprile.
“Rose!” mi lamento, cercando rifugio tra le coperte. Ma Rosalie non mostra alcun segno di pietà.
“Isabella Maria Swan!” esclama, improvvisando un tiro alla fune con le lenzuola che cerco disperatamente di trattenere. “Alzati immediatamente da questo letto! Oggi è il giorno del tuo compleanno. È un giorno importante che va festeggiato come si deve! Spegni la candelina e vieni in cucina, così ci mangiamo la torta!”
“Rose! Staccati!” le ordino, cercando di difendermi con tutta la forza che ho in corpo. “Non voglio spegnere nessuna candelina! E non voglio mangiare nessuna torta!”
Ce la posso fare. Posso cacciarle e tornare a dormire. Anche se avrei voglia di una grossa e calorica fetta di torta…
E poi Rosalie molla improvvisamente la presa, facendomi perdere l’equilibrio e cadere all’indietro sui cuscini. A quel punto per lei è un gioco da ragazzi strapparmi le lenzuola da dosso e gettarle in un angolo della stanza.
“Allora? Ti alzi?” mi chiede furiosa, con il fiato corto a causa dello sforzo.
Angela, che ha osservato perplessa tutta la scena, è decisamente più accomodante. Si siede sul letto di fianco a me e mi sorride materna. “Forza. È solo una candelina,” dice, cercando di darmi coraggio.
Come posso deluderle? Pare che non aspettino altro, da una settimana a questa parte. Mi vogliono bene ed io ne voglio a loro. Così mi avvicino, lancio un ultimo sguardo di sfida a Rosalie, prendo un bel respiro e spengo la candelina.

Mezz’ora più tardi siamo in cucina, di fronte alle briciole di quella che fino a poco fa era una meravigliosa torta di pandispagna, panna e fragole. È incredibile cosa possono fare tre ragazze affamate in così poco tempo! Soprattutto quando una delle tre ragazze è la sottoscritta. Ho sempre l’appetito di un lupo e ringrazio ogni giorno i miei genitori per avermi fatto così magra. Non importa cosa o quanto mangi: non ingrasso di un etto. Chissà se a partire da oggi il mio metabolismo cambierà… brrrrr, la sola idea di essere costretta a controllare la dieta, o peggio ancora di iscrivermi in palestra per mantenere la linea,  mi mette i brividi. Meglio non pensarci.

“Che ci fate a casa a quest’ora?” chiedo versando del succo d’arancia a tutte e tre.
Rosalie lavora come personal shopper per un grande magazzino di Londra, ed Angela gestisce un pub con il fidanzato, Eric. Generalmente il sabato lavorano entrambe, e io confidavo nella loro assenza per piangermi addosso in santa pace.
“Ci siamo prese qualche ora per festeggiare con te.” risponde sorridendo Angela.
Sono così dolci… le migliori amiche che potessi trovare. Cosa farei senza di loro? Cosa farei senza gli spintoni di Rosalie e senza le carezze di Angela? Quasi mi pento della scenata che ho fatto loro poco fa.
“A questo punto credo sia giunto il momento di confessare, ragazze: cosa avete in programma?” chiedo curiosa.
So che stanno complottando qualcosa. In questi ultimi giorni, ogni volta che entro in una stanza, le sorprendo a parlare fitto fitto; sghignazzano eccitate, ma non appena si accorgono della mia presenza si interrompono o cambiano goffamente discorso.
“Sorpresa...” risponde enigmatica Angela.
“Andiamo! Almeno un indizio!” le supplico.
“Beh…” continua Rosalie. “Diciamo che hai un appuntamento al salone di bellezza tra circa…” e controllando l’orologio appeso alla parete conclude “… un’ora!”
“Mi avete regalato un pomeriggio all’ Heaven?!” chiedo incredula e anche un po’ eccitata.
Un mese fa, in fondo alla via, è stato aperto un meraviglioso salone di bellezza. Ci trovi di tutto: estetisti, massaggiatori, truccatori, parrucchieri… Ho consumato il catalogo che abbiamo trovato nella cassetta della posta a forza di sfogliarlo. Ma i prezzi sono talmente proibitivi che non mi sono mai azzardata neppure a guardare oltre la vetrina.
“Diciamo di sì…” continua Angela, facendo la misteriosa.
“Diciamo di sì? Angela, che vuoi dire? Non ti seguo… Mi avete o no regalato un pomeriggio al salone di bellezza che si trova in fondo alla strada?”
“Voglio dire che tra un’ora hai un appuntamento con un massaggiatore, un parrucchiere e un truccatore. Che faresti meglio a farti una doccia, prima. E che sì, ti abbiamo regalato un pomeriggio da favola, ma che potrebbe esserci dell’altro.”
“Dell’altro? Ma cosa…” insisto, perché ora sto davvero morendo di curiosità.
“Piantala! Tanto non ti diremo nulla!” scoppia a ridere Rosalie.
“Ma…”
“Doccia!” mi ordina imperiosa Rose.
Che posso fare? Non caverò un ragno dal buco da queste streghe. Così mi alzo, do un bacio sulla guancia a tutte e due e urlando vi odio, vado a farmi una doccia.

Mmmm…  Beatitudine somma. Tutti dovrebbero sperimentare un pomeriggio tra le mani sapienti di veri esperti del benessere. Non credo di essermi mai sentita così bene in tutta la mia vita. Dopo quel meraviglioso massaggio ogni singola fibra del mio corpo è distesa e rilassata, e quasi ho scordato il motivo per cui sono tanto depressa. Ho provato un tuffo al cuore solo quando Phoebe, la ragazza che si è occupata di me, ha cercato di capire il significato del vistoso tatuaggio che ho impresso sulla scapola sinistra. Fortunatamente si è resa subito conto che parlarne avrebbe sciolto la nuvola zen in cui mi aveva condotto, e di fronte alle mie risposte vaghe ha glissato con classe. Fernando, ne sono certa, è il miglior parrucchiere esistente sulla faccia della terra, perché quando termina il suo lavoro i miei capelli, generalmente una criniera ingestibile e selvaggia, si sono trasformati in una chioma liscia, brillante, morbida e fluente. Sono così belli che potrebbero diventare i protagonisti di una di quelle inverosimili pubblicità che sponsorizzano shampoo miracolosi. Quando anche Chris, il truccatore, stende l’ultimo velo di rossetto, stento a credere ai miei occhi. Chi diavolo è quella creatura meravigliosa che mi guarda stranita dallo specchio? Non posso essere io… Riconosco di non essere niente male quando mi metto d’impegno, e che il brutto anatroccolo del liceo è ormai un lontano ricordo. Ma quella donna oltre lo specchio è davvero uno schianto! Sul serio sono io? A quanto pare sì… Cavolo…

Torno a casa rilassata, felice e soddisfatta, impaziente di mostrarmi alle ragazze e di ringraziarle come si deve per il meraviglioso regalo. Non posso credere che non sia ancora finita e che quelle pazze abbiano in programma dell’altro per la serata! È vero, trent’anni si compiono una volta sola nella vita e siamo abituate a festeggiare i nostri compleanni in modo decisamente anticonvenzionale. Ad esempio, tre mesi fa, per i ventotto anni di Rosalie, siamo volate a Siviglia, in Spagna, per un intero weekend di flamenco - che nessuna di noi sa ballare -  paella e sangria. Ma una squisita torta d’alta pasticceria e un intero pomeriggio in quel costosissimo salone di bellezza sono più che sufficienti! Davvero non ho bisogno di nient’altro!

“Ragazzeeee… sono tornataaaa” urlo mentre apro la porta di casa. “Che ve ne pare?”
Mi precipito in salotto eccitata, facendo una giravolta, ma di Angela e Rosalie nessuna traccia.
“Ragazze? Angela? Rose?”
Chiamo i loro nomi facendo un rapido giro della casa, ma nulla. L’appartamento è vuoto.
Sono un po’ delusa, a dir la verità. Ero impaziente di mostrarmi alle mie amiche. Ma dove sono? Possibile che siano già tornate al lavoro? Avevano detto che la sorpresa non si limitava a un pomeriggio all’ Heaven. Inoltre è davvero strano che non abbiano lasciato un messaggio sulla lavagna in cucina. Di solito è in questo modo che comunichiamo i nostri spostamenti.
Ma non appena varco la soglia di camera mia, la vedo, posata sul letto rifatto, accanto alla mia chitarra: una scatola rosa pallido accompagnata da una busta dello stesso colore. Leggo il biglietto, curiosa ed emozionata, pensando che questo gioco comincia davvero a piacermi.

Fatti trovare alle 6.30 al Black Sheep di Russel Street. Indossa il vestito che ti abbiamo lasciato e le décolleté nere di Rose.
A & R

Apro la scatola e dentro trovo il più bel vestito che abbia mai visto. È un abito in jersey nero, aderente fino al ginocchio, con le maniche lunghe, impreziosito da un'alta fascia di raso con fiocco in vita. Semplicissimo, ma estremamente sofisticato allo stesso tempo. Sono talmente commossa che vorrei piangere!
Un simile capolavoro - opera di Rose, senza dubbio - merita della biancheria appropriata. Così mi fiondo nell’armadio e da uno dei cassetti estraggo un completino nero di pizzo e raso che uso raramente e che tengo per le occasioni speciali, e poi mi vesto.
Dopo aver recuperato le décolleté dalla camera di Rosalie, mi metto di fronte allo specchio.
Ok. Ora mi metto davvero a piangere. Non mi sono mai sentita così bella in tutta la mia vita. E nessuno è qui con me per condividere questo momento!
Caccio indietro le lacrime per non rovinare il trucco e, visto che sono già le 5.30 e non ho la più pallida idea né di cosa sia il Black Sheep, se un pub o un ristorante, né di dove si trovi, accendo il PC e mi collego ad internet per capire cosa mi aspetta.
Russel Street è dall’altra parte della città, quindi, se non voglio arrivare in ritardo, devo subito chiamare un taxi. Del Black Sheep, invece, non c’è traccia; il che mi pare strano, visto che oggi qualunque locale ha una pagina web per promuovere la propria attività.

Sto ancora cercando informazioni sul Black Sheep quando suona il citofono.
Perfetto. Questo è il mio taxi.
Spengo il computer, prendo la pochette, rigorosamente di pelle nera come le scarpe, infilo il soprabito e scendo in strada.

   
 
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