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Autore: Suocere    23/01/2011    1 recensioni
La luna illuminava la via, un ombra si allungava sull'asfalto.
Si muoveva a passi lenti, diretta al ponte di legno che dava sul lago di quel paesino sperduto nel nulla.
La luce pallida della luna rendeva visibile solo la sagoma della figura, avvolta in un mantello nero.
Suocera G.
Genere: Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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ALI NERE

 

La luna illuminava la via, un ombra si allungava sull'asfalto.
Si muoveva a passi lenti, diretta al ponte di legno che dava sul lago di quel paesino sperduto nel nulla.
La luce pallida della luna rendeva visibile solo la sagoma della figura, avvolta in un mantello nero. Si poteva dire comunque che fosse un uomo, o un ragazzo. I capelli biondi risaltavano, lunghi abbastanza da sfiorare le spalle, ondeggiando lievemente ad ogni passo.
Quando finalmente giunse al limitare del ponte si fermò qualche istante, il suo sguardo si perse nel vuoto.
Davanti a lui un immensa distesa d'acqua scura, la superficie appena increspata da piccole onde, in lontananza, dalla parte opposta di dove si trovava lui, le luci della città.
I suoi occhi si soffermavano su ogni particolare, per imprimersi nella memoria tutti i dettagli.
Quella sarebbe rimasta la sua casa nonostante tutto, anche se ora era costretto a fuggire, anche se non sarebbe più tornato.
Era stato scoperto, le leggende su di lui iniziavano a diffondersi; doveva andarsene prima che qualcuno vedesse la realtà in quelle dicerie.
Lasciò scivolare il mantello dalle spalle, raccogliendolo poi distrattamente da terra, un ultimo sguardo al paesaggio e poi volse gli occhi alla luna.
Quasi come se lui non se ne accorgesse due ali spuntarono dalla sua schiena, poco distanti dalla sua colonna vertebrale.
Spicco un salto e si librò in volo, diretto verso un nuovo luogo, dove forse si farebbe potuto fermare di più.
Senza più voltarsi in dietro si allontana, immergendosi nel nero del cielo fino a scomparire.

La luna illuminava la via, seguivo, più silenziosa possibile, quella figura stranamente famigliare, mi sentivo legata a quella persona, pur non sapendo chi fosse.
Sapevo di non doverla seguire, era sbagliato, ma non potevo farne a meno, ero certa che fosse importante, anche se non immaginavo in che guaio mi stavo cacciando.
La figura si fermò solo una volta raggiunto il limitare del ponte che dava sul lago. La luna la illuminava solo in parte, rendendo visibile solo il contorno del corpo e illuminando i capelli biondi.
Mi nascosi dietro a dei cespugli poco distante da li, miracolosamente non mi feci scoprire.
Potei osservare il ragazzo lasciar scivolare lo sguardo sul paesaggio, riuscendo perfino a scorgere gli occhi chiari, quasi risplendenti alla luce della luna.
Ad un certo punto lo vidi lasciar cadere il mantello. Scorsi la sua schiena, la pelle chiara non era coperta dalla maglietta, non la portava. Sulla spalla destra aveva un tatuaggio, due ali, molto simili a quelle di un angelo, ma nei toni del nero.
Sentivo una strana sensazione guardando quel tatuaggio, io ne avevo uno simile. Due ali di fata, semplici, nere, tatuate sul fianco sinistro.
Coincidenze, strani casi del destino, o c'era un legame tra i due tatuaggi? Domande la cui risposta trovai solo in seguito.
In un attimo sulla schiena di lui comparvero due grandi ali, esattamente come quelle del tatuaggio. Non potevo credere hai miei occhi. Come poteva essere possibile una cosa del genere?
Mi passai una mano sugli occhi, li strofinai. Quando li riaprii vidi il ragazzo sparire nella notte.
A quel punto non capivo veramente più niente. Perchè sentivo di essere legata in qualche modo a quel ragazzo? E perchè lui aveva le ali? Era forse tutto un sogno? No non lo era, e sarebbe stato anche peggio di li in avanti.
Ci misi un giorno a metabolizzare l'accaduto, ventiquattro ore per decidere che non avrei potuto dimenticare la faccenda, millequattrocentoquaranta secondi per capire che avrei fatto di tutto per ritrovare quel ragazzo e capirci qualcosa.
I giorni successivi li passai nella biblioteca del paese, tra miti e leggende, a frugare, cercare qualcosa. Filtrare informazioni, in cerca della verità tra tutte quelle superstizioni.
Ringraziavo che gli abitanti di quei luoghi tenessero così tanto alle leggende da dedicargli un intero reparto in quella biblioteca.
Spulciai ogni libro sull'argomento, avida di informazioni. Annotavo le mie scoperte su un quadernetto, riempiendolo di appunti e quant'altro.
Sette giorni dopo avevo finito. Il mio quaderno straripava di notizie, potevo ritrovare quel ragazzo, e lo avrei fatto.
Dopo quella settimana sapevo che di persone come quel ragazzo ce n'erano molte in giro, sparse per il mondo. Si riunivano in una specie di società segreta che aveva sedi in ogni stato praticamente. Scoprii che ogni solstizio d'inverno si ritrovavano tutti in un paesino tra le montagne, poco distante da li, per svolgere una specie di rito di iniziazione per i nuovi arrivati.
Fortuna vuole che il ventun dicembre cadesse il giorno dopo.
Preparai velocemente uno zaino, presi poche cose, non avevo intenzione di stare via molto.
Salii in macchina e partii. Seguivo le indicazioni prese da uno dei libri che avevo consultato, pregando che non si sbagliasse, sperando che non fosse solo una leggenda.
Quando finalmente giunsi alla mia meta capii immediatamente che era il posto giusto, semplicemente lo sentivo. Appartenevo a quel posto, come fosse stata la mia casa.
Scesi dalla macchina lentamente, esitante. Spostavo lo sguardo da un posto all'altro, studiavo l'ambiente.
Ero all'inizio di un bosco. La strada davanti a me si faceva sterrata, gli alberi gli crescevano intorno, come a formare un tunnel. Qualche raggio di sole penetrava tra le fronde. Quel luogo aveva qualcosa di mistico, di magico.
Mi incamminai per quella strada, piena di aspettativa e curiosità.
Camminavo e camminavo, la gonna che indossavo era appena mossa dai miei passi e da un leggero alito di vento. Gli anfibi facevano un lieve rumore, a contatto con la terra della strada. Tenevo le mani nascoste nei tasconi della maglia, cercando di scaldare le mani, diventate improvvisamente fredde. I capelli neri mi ricadevano sulle spalle, anch'essi mossi dal vento.
Era tutto stranamente silenzioso; Non un uccello cantava, non un fruscio si sentiva dal sottobosco.
Iniziavo a provare una sensazione di pericolo, un avvertimento. Mi guardai attorno, cercando tra gli alberi o alle mie spalle una possibile minaccia, non pensavo che il pericolo potesse arrivare dall'alto, anche se l'avrei dovuto immaginare.
Improvvisamente vidi un ombra calare su di me, arrivandomi alle spalle. Non ebbi tempo neanche di urlare, una mano mi premette forte sulla bocca, mentre un altra mi immobilizzava le braccia.
Si svolse tutto molto velocemente, quasi non me ne resi conto quando in mio aggressore si rialzo in volo.
Mi trascino con se, volando sopra agli alberi, allontanandosi dalla strada che stavo percorrendo poco prima.
Si fermò dopo quella che mi sembrò un ora, anche se poteva essere molto meno, in una piccola radura in mezzo al bosco.
Appena poggiai i piedi a terra persi l'equilibrio, ma lui mi teneva ancora ferma e non caddi.
Avevo appena volato insieme ad uno sconosciuto con le ali. Il fatto aveva dell'incredibile.
-Promettimi di non urlare o tentare la fuga e ti lascerò andare- Non ero ancora riuscita a vederlo in faccia, ma il tono con cui mi parò in quel momento non era per niente minaccioso.
Mi fidai, d'altronde che altro poteva fare?!
Quindi annuii, e lui mi lascio. Barcollai ancora un attimo, il viaggio fino a li mi aveva reso malferma, ma era stato veramente emozionante, nonostante fossi stata rapita.
Comunque feci come mi aveva chiesto. Non fiatai, mi limitai a voltarmi per guardarlo.
Impossibile, era lui! Il ragazzo che stavo cercando. Ora che me lo trovavo davanti, alla luce del sole potevo vederne il viso. Era bello, i capelli biondi gli ricadevano scompigliati sulla fronte e gli occhi chiari, di un azzurro intenso, risplendevano.
Come nel nostro precedente incontro indossava solo un paio di larghi pantaloni neri e le scarpe. Dalla sua schiena spuntavano le grandi ali nere che già avevo visto.
-Sono Hamal- Mi tese la mano, sorridente, come se fino a cinque minuti prima non mi avesse spaventata a morte portandomi via in quel modo.
-E io Adhara- Risposi, senza però stringere la mano che lui mi aveva porto.
Vidi la sua faccia stranita nel sentire il mio nome e cercai di spiegare.
-Si lo so è un nome strano, viene da..- mi interruppe a metà frase.
-Da una stella lo so! Anche il mio. Ma forse quello che non sai è che questo genere di nomi viene tramandato tra quelli come me.- Come lui? Cioè con le ali? Quindi ero una di loro?
-Ma quindi io...?- Non sapevo neanche se era una domanda, e se lo era non sapevo come lui avrebbe potuto darmi risposta. Ancora una volta mi sbagliavo.
-Si. Tu sei una di noi e sei in pericolo.- Tutte le volte che quel ragazzo parlava nella mia mente i punti interrogativi aumentavano.
-Ma io non ho le ali! E poi perchè sarei in pericolo?- Lo guardavo, scettica e timorosa. Non capivo, non credevo potesse essere vero, eppure sentivo di potermi fidare di Hamal.
-Oh si che hai le ali, ma non ti hanno mai insegnato ad usarle! E sei in pericolo perchè sei la primogenita della famiglia reale, quindi destinata al trono.-
Quindi dovevo anche imparare ad usarle le ali? E come? Non ci stavo capendo niente e la cosa si faceva sempre più complicata.
-Spiegati meglio! Non ci sto capendo niente!- Sbuffai e incrociai le braccia, seccata. Non mi è mai piaciuto non capire le situazioni, soprattutto se, come in quel momento, ci ero dentro fino al collo.
-Ti racconterò tutta la storia.- Mi disse, sedendosi a terra.
-Sedici anni fa al castello della tua famiglia scoppiò una lite, sfociata poi in una guerra. Tuo padre, il re, riteneva di poter lasciare la nostra gente libera di mischiarsi al mondo degli umani, a patto di di non rivelare mai la nostra vera natura. Il suo più fidato consigliere invece, Sirio, era contrario. Non si fidava della gente, temeva che la notizia della nostra esistenza si diffondesse e che gli umani iniziassero a perseguitarci. Iniziarono le liti, la nostra gente si divise, c'era chi era contro il re e chi contro Sirio, iniziò la guerra. Ma tuo padre era molto potente, riusciva benissimo a fermare ogni possibile attacco di Sirio, a sedare ogni rivolta popolare.-
Narrava quella storia completamente preso dai ricordi, ma non poteva averla vissuta, era troppo giovane!
Seguivo con attenzione, seduta di fianco, ma lo interruppi.
-Che vuol dire che mio padre ERA?- domandai timorosa, anche se la risposta la si poteva perfettamente intuire.
-Lasciami continuare e capirai.- Io Annuii e rimasi in ascolto.
-Dicevo, tuo padre riusciva a mantenere l'ordine, ma temeva il peggio. Così mandò la sua unica figlia, l'erede al trono, a vivere in mezzo agli umani. Nessuno seppe mai dove ti mandò, ma eri al sicuro e questo rassicurava lui e tutti quelli che lo appoggiavano. Avevi appena un anno, non avresti ricordato niente. Per altri sedici anni la guerra andò avanti, ma in questi ultimi mesi sembra volgere al termine. Tuo padre è ormai allo stremo delle forze, Sirio sta solamente aspettando che muoia per prendere il comando del regno. Intanto alcuni dei suoi seguaci ti cerca, vogliono eliminarti per impedirti di salire al trono.-
Non avrei mai creduto di avere una storia così alle spalle. Certo sapevo di essere stata adottata, ma questo andava ben al di la!
Ed ora ero terrorizzata, che cosa avrei fatto?
-Che devo fare?- Mi sentivo vulnerabile, e in quel momento lo ero veramente.
-Ti insegnerò a spiegare le ali e ad attingere ai tuoi poteri. Poi penso potremmo andare direttamente al tuo castello: devi prenderti il tuo trono.-
Si la faceva facile lui, anche se penso stesse solo cercando di consolarmi, rincuorarmi in qualche modo.
Prese da una delle tasche dei suoi pantaloni un coltello. A quella vista indietreggiai velocemente, portando le mani davanti al corpo.
-Che intendi fare?- La voce mi tremava, anzi tremavo completamente.
-Ehi tranquilla, devo solo tagliarti la maglia sulla schiena per lasciar uscire le ali. Certo se non la vuoi tagliare puoi sempre toglierla...- Mi rispose, con noncuranza, ma sorridendo malizioso.
-No No! Tagliala pure!- Mi voltai di scatto, con il volto rosso per la sua frase.
Ascoltai la sua risata e i suoi passi avvicinarsi e sentii la maglia strapparsi sulla schiena.
Lui si allontanò e io mi voltai nuovamente verso di lui.
-Ok ora concentrati. Respira a fondo. Immaginati le tue ali, quelle del tuo tatuaggio, aprirsi sulla tua schiena.-
Mi ero persa qualcosa, quando io avevo parlato a lui del mio tatuaggio?
-Come sai del mio tatuaggio?- Chiesi curiosa e sospettosa.
-Ognuno di noi ne ha uno...- Ecco così si spiegava la somiglianza tra il mio tatuaggio quello di Hamal.
-Ora chiudi gli occhi e concentrati!-
Feci come mi diceva lui. Chiusi gli occhi, respirai a fondo e immaginai di sentire le ali crescere sulla schiena, le senti sulla pelle. Non aprii gli occhi, ma desiderai di muovere quelle ali e sentii la terra mancarmi sotto i piedi.
Aprii lentamente gli occhi e ritrovai a due metri da terra, voltai la testa di lato e vidi le mie ali muoversi lentamente.
Erano nere, sottili, come fossero di pellicola, si intravvedeva quasi la luce attraverso. Erano magnifiche.
Mi voltai verso di lui, con un sorriso enorme. Volare con le mie ali era fantastico!
Comunque non era il momento, dovevo imparare a usare i miei poteri e poi andare a riprendermi il trono.
-Allora, per attingere ai tuoi poteri devi solo concentrarti. Senti il potere che scorre nelle tuo vene, è li pronto ad essere usato. Ti basta immaginare un oggetto e lo avrei in mano, puoi anche comunicarmi qualcosa con la mente se vuoi, io lo sentirò. Puoi controllare la natura, ti risponderà.-
Provai a fare come diceva lui, e ancora una volta ci riuscii.
Mi veniva tutto naturale, come se fossi nata per farlo, e in effetti era così.
Mi esercitai un poco, guidata dai consigli di Hamal.
Quando ebbi imparato a gestire a pieno i miei poteri partimmo alla volta del castello.
Non vi sto a ricordare tutta la battaglia, vi basti sapere che le guardie presenti a castello affiancarono me ed Hamal.
Sirio si ritrovò praticamente solo di fronte a noi e la battaglia si svolse velocemente.
Mio padre morì poco dopo, ormai allo stremo. Aveva resistito più che poteva, ma non aveva più retto.
Mi aveva lasciato il comando di quella gente, che una settimana prima non sapevo neanche che esistesse. Ma al mio fianco avevo Hamal, non ero sola e questo mi ero di conforto.
Riportammo la pace, che fino ad ora è rimasta intatta.
Questa è la mia storia, da normale ragazza sono diventata regina di un popolo di cui quasi nessuno crede l'esistenza.
E se la mia vita è cambiata così chissà cosa vi aspetta la vostra!

   
 
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