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Autore: Georgia Freya Hydref    24/01/2011    6 recensioni
"Sì, si disse, ho paura. Aveva paura di quello che avrebbe sentito, visto, provato. Aveva paura che il suo cuore la tradisse, paura che lui intuisse tutto e che la costringesse.
Oh, che dolce tortura sarebbe."
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Draco Malfoy, Hermione Granger | Coppie: Draco/Hermione
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
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Forgive me please for I know not what I do, how can I keep inside the hurt ,I know is true.
Tell me when the kiss of love becomes a lie that bears the scar of sin too deep
to hide behind this fear of running unto you
Please let there be light in a darkened room
All the precious times have been put to rest again and the smile of the dawn
brings tainted lust singing my requiem , can I face the day when I'm tortured
in my trust and watch it crystalize while my salvation crumples to dust.

[
Skid Row -In a darkened room]







Please, Forget me!




La luce color zafferano filtrava dalle finestre e veniva proiettata sul pavimento del corridoio. Hermione camminava rapida; i tacchettii delle sue scarpe rimbombavano, rimbalzando sulle pareti spoglie dove la sua figura si slanciava nella luce creando un ombra affusolata e leggera.
Era in un terribile ritardo, cosa inusuale per lei.
La lezione doveva essere iniziata e probabilmente il professor Piton si era accorto della sua assenza. Sperava proprio di no.
Girò l'angolo e con una falcata si avvicinò all'aula.
«Mi scusi professore»  ruppe il silenzio entrando nell'aula. La voce si era fatta grossa dal fiatone e le mani stringevano spasmodicamente i bordi della sua tracolla.
Studiò la classe con attenzione: la maggior parte degli studenti ora volgeva il proprio interesse verso di lei, chi perchè incuriosito, chi per l'incredulità e chi per deriderla.
O almeno, così le pareva; infatti le Serpi stavano ghingnando spudoratamente chi più, chi meno. Ma lei tra tutti scorse solo un viso, che a mò di saluto ghignò: Malfoy.Repentina, distolse lo sguardo e fucalizzò il professore.
Piton si mosse lentamente, con passo cadenzato , appoggiò le mani sulla cattedra.
«Grager,» sputò con astio «ti eri per caso persa? Ero convinto che, dopo la bellezza di 7 anni passati in questa scuola, la sua memoria non avesse bisogno di una "rinfrescata", le pare?» il sarcasmo era stato ignettato nella sua voce come veleno.
Hermione trasalì agitata poi, arrossendo sulle gote prese coscienza della pessima figura che aveva fatto. Mosse dei passi incerti e si sedette vicino al suo amico, Harry.
«Le chiedo nuovamente scusa, professor Piton.» riuscì a dire infine.
« Beh, in questo caso, meno 10 punti ai Grifondoro. All'uscita ricordatevi di ringraziare la vostra compagna. Ora, ripetiamo alla sig.ina Granger l'argomento che tratteremo oggi.»
La riccia scrollò le spalle, gesto che le serviva per spazzare via quella sensazione opprimente di essere fissata. Sapeva bene che aveva fatto una cosa sbagliata e che a causa sua ci avevano rimesso tutto. Ma purtroppo non era stata dettata da lei.
La spiegazione sulle creature androgine proseguiva con flemma, la annoiava persino.
Forse, pensò, era dovuta dalla voce di Piton che conciliava al sonno .
Oppure era per la lettera.
Già, quella lettera.
Alzò i palmi delle mani e li ppoggiò al grembo. Li analizzò. Vicino alla linea della vita c'erano dei piccoli tagliettini irregolari ancora cremisi.
Probabilmente ho sanguinato, si disse.
Con la mente si perse in strani soliloqui, astratti e onirici. Erano disarticolati e privi di logica, pensieri contorti che non portavano nè a un inizio nè a una fine. Quando ne riuscì ad emergere, la lezione era appena terminata.
Si alzò come un automa, seguendo meccanicamente quel processo che ormai faceva perte della routine; ripose i libri nella borsa.
«C'è qualcosa che non va, Herm?» Hermione alzò lo sguardo e incontrò quello del suo amico.
Harry.
«No, nulla. Sono un pò sovrapensiero, tutto qui!» Cercò di regalargli un sorriso abbastanza sincero da fargli credere che stesse bene, ma sepeva che lui non ci sarebbe cascato.
Harry le sorrise e, poggiandole una mano sulla spalla uscì. Ecco cosa adorava in lui, quella sua capacità di non fare domande e di aspettare che fossero le persone a parlargli.
Doveva essere l'ultima in quella stanza, anche se sentiva sella nuca pizzicare, come se qualcuno cercasse di entrarle dentro la testa con gli occhi.
Ghiaccio.
Ebbe un brivido e seppe che due occhi tempesta l'avevano appena lasciata dalla loro morsa. Ripensò a quella lettera:


Nel corridoio del primo piano

D.M.



D.M., Draco Malfoy.

Salì le scale di corsa.
Sì, si disse, ho paura. Aveva paura di quello che avrebbe sentito, visto, provato. Aveva paura che il suo cuore la tradisse, paura che lui intuisse tutto e che la costringesse.
Oh, che dolce tortura sarebbe.
Paura di sentire qualcosa che non si era mai sopito, che vegliava dentro il suo corpo in allerta.
Sì, paura.
Arrivò al primo piano.
Nella tana del Drago.
Iniziò a tremare, sentiva i palmi della mano farsi sudate. Il cuore le martellava nelle tempie, sia per la corsa che per l'emozione. Alzò la testa e lo vide.
Era appoggiato alla parete, vicino a una di quelle grandi finestre che rimepivano il muro del corridoio. Il raggi solari giocavano sui suoi capelli creando ombre scure e chiare tra i crini. La camicia cadeva stropicciata sui pantaloni neri, le maniche erano arrotolate sui gomiti; la cravatta aveva il nodo allentato come se quando l'aveva tenuta allacciata avesse sentito il respiro farsi leggero. Teneva gli occhi chiusi , il corpo ricurvo  di certo non tradiva il suo portamento nobile, fiero e così agraziato che , se fosse stato di un altro, sarebbe risultato femmineo.
Sembrava un angelo vendicatore, allontanato dall'Eden a causa del suo orgoglio, imprigionato sulla terra dalla quale poteva solo alzare gli occhi al cielo e sperare di poterlo rivedere un giorno.
Come se avesse sentito la sua presenza, Draco aprì gli occhi. Subito si posarono sulla ragazza.
Tempesta.
Guardarlo negli occhi era come essere trascinati dentro ad una tempesta, bella e nel contempo pericolosa.
Hermione trasalì e si affrettò a distogliere lo sguardo dal suo. Era passato troppo tempo dall'ultima volta che aveva visto quei occhi e una morsa le si strinse intorno alla trachea, come a soffocarla.Voleva parlare, doveva.
«Cosa vuoi?» bisbigliò più a se stessa che al ragazzo.
«Nulla di che, Grander. »asserrì lui.
Con lentezza  staccò la schiena dalla parete e riportò il busto in posizione eretta.
«E, se non vuoi nulla, perchè quella lettera? Pensavo,» speravo , che la questione fosse chiusa.»
«Ti prego, Mezzosangue... non cercare di convincere il sottoscritto quando sei tu la prima ad non esserlo. » Draco avanzò tranquillo, movendosi con grazia.
«A che gioco sta giocando, Malfoy?»
«Nessun gioco. Com'è che dite voi babbani? "Non c'è inganno, non c'è trucco?". Ti volevo vedere.»  mentre parlava non aveva abbandonato la sua esperessione severa se non... gli occhi, ora avevano una luce diversa.
«Mi vedi tutti i giorni, e se non erro mi fai sempre notare di come la mia presenza ti disgusti.»
Draco si fermò di colpo,  il volto trasformato in una maschera di ira.
«Sai di cosa parlavo.» sibilò.
Lei scosse la testa. Voleva dimenticare, voleva...
«Non ci vediamo come facevamo prima» ringhiò il biondo.Poi aggiunse «Non dicevi così»  gli tremò la voce.
«Ti prego...»sussurrò Hermione. Le lacrime minacciavano di uscire, le sentiva pungere.
Le si fece vicino e con le mani che tremavano le prese il mento
«Guardami Hermione» non assomigliava a un ordine, sembrava quasi una supplica. Hermione si fece sfuggire un singhiozzo e alzò lo sguardo.
«Ti prego... »sussurrò di nuovo.
«No, ti prego io. »la fermò Draco prima che lei continuasse. La voce era roca, con una sfumatura profonda.
«Ne abbiamo già parlato, non dobbiamo. Non è giusto.»
La presa di Draco si allentò. Il tono di voce si fece affilato come la lama di un coltello
«No, tu Granger parlavi. Io ho dovuto solo accettare. Ma ora non parlarai tu, sarò io a farlo.» prese un respiro ma non distolse mai lo sguardo dal quello oro della fanciulla. «Secondo me siamo nel giusto, solo stando divisi siamo nel torto. Capisci?»  
«Draco» disse lei.
«No, fammi finire, ti prego. Non posso dire di essermi innamorato di te a prima vista, se lo dicessi direi una menzogna. Però, Granger da quella volta io mi sono sentito diverso. Forse per la prima volta mi sentivo vivo, felice. »
Avvicinò il suo volto a quello della ragazza «E lo eri anche tu.»
Hermione non si ritrasse.
Staccarsi da lui era stato come se le avessero staccato i polmoni, un  dolore fisico che sperava di non sentire più.
Sentì le labbra del biondo poggiarsi sulle sue. Le mani del ragazzo le tenevano il viso fermo, quasi timorose del suo allontanamento. Delicatamente Hermione immerse le sue dita tra quei crini dorati.
Il bacio si fece piò profondo, tra loro correva necessita, bramosia. Hermione voleva che quelle labbra al caffè e dal profumo di tabacco entrassero dentro di lei, lasciandole una firma indelebile.
Ora la lingua del biondo chiedeva l'accesso nella bocca della riccia che, con un sospiro si lasciò cullare da quella beatitudine.
Si aggrappò al petto di Draco, ne sentì i muscoli tendersi sotto le sue dita, lo sentì tremare.
Gli era mancato, tanto che quella mancanza l'aveva fatta morire, consumandola poco a poco.
Ma sapeva che era sbagliato, che non dovevano amarsi perchè per loro era sbagliato provare amore reciprocamente.
Lei stava con Ron, con il quale avrebbe avuto una famiglia e un matrimonio. Lei doveva fare quello che era giusto e non doveva fare quello che le sarebbe piaciuto fare.
Si staccò da Draco. E quel rifiuto per lui fu più forte che un Cruciato.
Le lacrime scorrevano sulle guancie della grifona. «Mi spiace. Perdonami. Ti prego, non vedermi più  e non chiedermi più di incontrarci. Ti prego, dimenticati di me.» si allontanò scappando. Ora anche il suo cuore se n'era andato.
E' una bugia.
Draco serrò i pugni, le unghi lacerarono la pelle dei palmi lasciando solo dei segni a forma di mezzaluna. Sulle mani ancora il suo profumo di iris.
Quelle parole vestite di menzogna bruciavano nel sangue come veleno. Pianse, per la prima volta dopo tanto tempo.
Tirò un pungo contro la parete. Poi un'altro e un'altro ancora.
Sentiva la pelle spaccarsi, sentiva le nocche sbriciolarsi sulla parete. Sanguinava. Sperava che almeno il male fisico aiutasse a dimenticare il male al  cuore.
Dimenticati di me.
No, non lo avrebbe fatto. Mai.




Heilà!  :)
Non chiedetemi perchè, ma mi è venuta in mente questa storia sta mattina durante l'ora di economia! ù_ù
Ed eccola qui!
Una buona lettura e un saluto! Alla prossima! ^____^ LaJochan!
  
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