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Autore: Scaldotto    25/01/2011    2 recensioni
E se nell'oscura realtà dei fratelli Salvatore, nella Firenze Rinascimentale, non fossero stati soli?
E se questa persona li avesse raggiunti anche a Fell's Church?
E se avesse rubato il cuore di Damon, ma non sapesse cosa farsene?
Una creatura della notte, una delle più temibili, ma anche l'unica persona in grado di comprendere.
E se anche Elena ne fosse attratta al punto di venir posseduta dalla sua attrazione e dimenticasse Stefan?
E se a Stefan questa cosa andasse anche bene?
Genere: Erotico, Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Yuri | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Another Point of View

-The Beginning


 Il Ponte Vecchio era percorso da un carro, che lasciava cadere una manciata di mele a ogni scossone.

Che spreco, pensò Stefan, accovacciato su una balconata marmorea di un edificio antico. 

“Antico”, beh, non per quei tempi. Avrebbe potuto distinguere bene la luce fioca delle candele ancora accese nella bottega del Maestro Donatello.

Damon non era lì, non era nemmeno nei dintorni, constatò, lanciando un’ondata circoscritta di Potere sufficiente a scandagliare tutta la città. Non che voglia trovarlo, pensò con amarezza il giovane, scostandosi con la mancina un ciuffo di ondulati capelli scuri che gli ciondolava sulla fronte.

Nonostante cercasse di vedere intorno a sé, impressa nella mente c’era l’immagine di Katherine. Prima il suo delicato viso ridente, poi quell’orrendo mucchio di cenere e carne bruciata che era diventata.

Tirò un pugno al terreno, una smorfia rabbiosa si contrasse sul viso dai lineamenti perfetti.

Non mi devo distrarre, pensò poi, dilatando le narici e ispirando una zaffata di odore della notte.

Infatti, era fuori per nutrirsi.

Qualche piccione avrebbe fatto al caso suo, non affamato abbastanza da spingersi nelle campagne.

 

                                                                                  ***

 

Damon camminava lentamente in una Venezia tutt’altro che addormentata.

Le acque del canale erano mosse, e riflettevano in modo distorto l’immagine della luna piena, a causa dell’ennesima gondola che trasportava l’ennesimo nobile diretto al Palazzo Ducale, dove si sarebbe tenuto uno dei bellissimi balli in maschera organizzati settimanalmente dal Duca.

Infatti, sotto l’attaccamento dei capelli del vampiro era adagiata una maschera di velluto nero, con elaborate decorazioni di perline, legata da un nastro di raso nero tra i voluttuosi ricci di Damon.  Non faceva altro che esaltare la bellezza del giovane in abiti riccamente elaborati.

Dalla bocca fino al mento, la pelle era nuda e piacevolmente accarezzata dal delicato vento afoso di quella sera estiva, e le labbra erano stiracchiate nel suo solito sorriso beffardo.

Nessuna giovane bellezza locale lo stava accompagnando, stranamente.

Un gondoliere di passaggio si rivolse al giovane.

«Signore, signore!»

Il ragazzo smise di chiamarlo quando Damon volse lentamente il capo e rallentò l’andatura sciolta, puntando stancamente gli occhi neri prima sul ragazzo, poi sulla gondola vuota. Inarcò un sopracciglio.

«Sì?» Disse, svogliatamente, il sorriso pigro si allargò.

«Sto andando al Palazzo Ducale, solo due Zecchini per voi, signore!» disse con aria allegra, che fece irritare il vampiro, che si avvicinò lentamente alle scalette più vicine.

«Ma io non devo pagare, ragazzo.» Disse, puntando i suoi occhi di pece in quelli cristallini del giovane gondoliere.

«Lei non deve pagare!» ripeté il giovane soggiogato, e Damon schioccò la lingua, in segno di approvazione verso sé stesso, quindi salì sulla gondola, senza aver bisogno del braccio che il gondoliere gli aveva gentilmente offerto. Si sedette su un’asse retrostante della gondola, e per tutta la durata del tragitto ignorò bellamente le chiacchiere moleste del giovane, e stava quasi per perdere la pazienza quando la vista dell’imponente palazzo Ducale lo riscosse dal farsi i fattacci suoi.

L’affluire della gente al Palazzo era impressionante, come era impressionante il modo in cui le persone di medio ceto facevano a gara per ottenere più sguardi, nei vestiti più costosi dei sarti più costosi, che tuttavia non erano nulla in confronto alle vesti elaborate dei nobili.

Nobili come me, pensò tutto ringalluzzito il vampiro, in uno dei suoi più larghi sorrisi sornioni.

 

                                                                      ***

 

L’entrata di Damon nella Sala fu annunciata da un paggio con una voce considerevole per i suoi circa quattordici anni. Il brusio si interruppe per un istante, il tempo che i presenti ebbero per constatare chi fosse l’ospite, per poi ricominciare, più fitto.

Damon interruppe il sorriso, mostrando un’espressione che trasudava indifferenza pura.

Era ritenuto dalle belle fanciulle locali (e non solo da queste) lo stupendo straniero o l’avvenente fiorentino, e, come in ogni luogo dove era passato, aveva fatto strage di cuori.

Dai mastodontici lampadari la luce delle candele era moltiplicata infinite volte dai cristalli a forma di goccia, e gli occhi sensibili del vampiro ne furono infastiditi. Quindi volse lo sguardo verso alcuni divanetti di velluto ai piedi delle scale.

La Duchessa adagiata su uno di essi ammiccò verso di lui, e il giovane rispose con uno sguardo magnetico, seguito da un accennato sorrisetto che la fece arrossire, come tutte le damigelle presenti intorno ad essa.

Damon si diresse verso uno dei tavoli ai lati della Sala, dove dei maggiordomi servivano Champagne di alta qualità.

Il giovane vampiro prese un bicchiere di cristallo ricolmo del liquido e sentì una voce dietro di sé.

«Signor Salvatore, è un onore averla qui!» proferì il Duca con aria bonaria, sorridendo a Damon, che nel frattempo si era voltato in sua direzione.

«Tutto il piacere è mio, Duca.» rispose, accennando un inchino, e gli rivolse un freddo sorriso, che faceva a botte col tono volutamente cordiale con il quale gli si era rivolto.

«Se non vi dispiace.» disse poi Damon, gli occhi incollati a un punto indefinito nel mezzo del salone da ballo, adibito a “sala delle chiacchiere” prima che si iniziasse a suonare.

Aveva sentito una quantità di potere impressionante proveniente da una delle tante giovani chioccianti, e la fanciulla dimostrava più o meno diciassette anni. Gli era stato detto che Venezia ospitava le ragazze più avvenenti, ma non si aspettava altro che le mediocri ochette che catturavano l’attenzione degli insulsi umani, non certo questo.

E sì, non aveva mai conosciuto nessun umano con dei Poteri, ma cosa gli diceva che quella magnifica visione fosse umana? Non aveva la bellezza delicata ed esotica di Katherine, ma una più… aggressiva, o comunque più selvaggia, anche se Damon effettivamente non trovava le parole per descriverla.

Si diresse a passi misuratamente lenti verso quell’adorabile fanciulla, non prima di aver poggiato il calice ancora pieno su un vassoio di un maggiordomo di passaggio. Eseguì quel gesto senza degnare i saluti a lui rivolti di uno sguardo, i pozzi neri ormai persi nella sua contemplazione, tipica di quando individuava una possibile preda.

Aveva la carnagione color dell’avorio, e due occhi così neri li aveva visti solo riflesso in uno specchio, sì, come i suoi. Non sembrava bassa, ma era alta per quell’epoca, infatti spiccava sopra le compagne che ridacchiavano tra di loro. Il corpo, che sembrava tutto tranne che debole o fragile, era fasciato da un elaborato abito bordeaux, del colore del sangue, e pizzi neri in contrasto con la camicia e il sottogonna bianchi. Il brusio intorno a Damon si fece insopportabile.

Sangue pulsava caldo nelle carotidi di tutte quelle persone…Basta, si disse, e arrivò di fronte al gruppetto di giovani quasi trattenendo il respiro. Si passò la lingua sulle labbra, le stesse labbra piegate in un sorrisetto sardonico. Lei era estranea ai frivoli commenti e agli scandalosi apprezzamenti che le amiche stavano rivolgendo a Damon, indirettamente, senza sapere che lui poteva sentirle benissimo.

Si inchinò profondamente – molto più profondamente che prima, al Duca – in direzione della giovane, e sarebbe stato considerato un oltraggio se non fosse che era stato compiuto da Damon, che già tutti idolatravano.

«Potrei avere l’immenso piacere di conoscere il vostro nome, signorina?» La scelta della parole non era stata casuale, infatti la reazione di una persona normale, la reazione che ebbero le chiocce accerchiate intorno alla bella sconosciuta, avrebbe provocato arrossamento delle gote, risolini incontrollati e occhiate languide. Con non poca delusione il giovane vampiro notò che niente di tutto questo accadde nella sua fanciulla, che se ne stava a fissarlo, sì, fissarlo, con espressione criptica, nessun sorriso a illuminarle il volto.

Come se fosse intimorita da Damon. E a buon ragione, pensò questi, gli occhi neri che scivolavano sulle fanciulle dalle gote arrossate quasi non le vedesse, e che tornavano con insistenza sulla riccia. Lanciò quel poco di Potere che gli serviva a scandagliare la mente, e gli arrivarono i pensieri praticamente isterici delle ragazze, quelli caotici dei presenti nelle Sale, ma nessuno dalla sua fanciulla.

Diamine, pensò, crucciandosi. O quella dolce creatura – che doveva essere sua – aveva una personalità ferrea, o non aveva un cervello (impossibile, lo sguardo troppo enigmatico), oppure era una creatura della notte. Il non riuscire a scandagliarle la mente causò a Damon non pochi problemi, poiché non era solito incontrare ostacoli durante la sua “caccia”, anche la rendevano ancor di più intrigante. Non come quella di Stefan, una caccia che esprimeva il vero senso del termine, la caccia di Damon era più una riproduzione della caccia del ragno con le sue prede. Non vedeva l’ora di mettere le mani su quella fanciulla.  Già, non si nutriva da due giorni addietro, e alla vista di quelle gole candide gli provocava un immane dolore alle mandibole e ai canini, che tratteneva a stento di una lunghezza accettabile.

Non a caso aveva scelto quel luogo ricco di umani, per avere più scelta per le sue prede.

Ma i suoi Poteri non erano al massimo, era questo il vero problema.

«Catherine Accurso, messere.» fu la fredda risposta che arrivò da quelle dolci e rosee labbra.

Damon si irrigidì. Catherine. Come Katherine. Inspirò profondamente, perché nel rialzarsi avesse un’espressione il più controllata possibile.

«Bene Catherine, il mio nome è Damon Salvatore.» e sarai mia. Pensò, con un ghigno beffardo sulle labbra.

 

.Angolino dell'autrice

Dopo secoli nei quali non ho scritto nulla, mi è tornata l'ispirazione. Spero che non sia una completa catastrofe, visto che non sono più allenata, ma mi impegnerò per far arrivare al più presto il prossimo capitolo.

Recensiteee!

Baci, Scaldotto.

  
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