Storie originali > Epico
Ricorda la storia  |      
Autore: Hitagi_Crab    27/01/2011    1 recensioni
"Ora non c'erano unguenti sul suo uscio, non c'erano fiori profumati, non c'erano bottiglie di ottimo stillato d'uva, c'era un altro regalo, l'ultimo che il giovane avrebbe fatto all'amata. Il suo corpo ora era suo, ne poteva fare quello che voleva, era lì, immobile, aspettava solo lei e osservava, ormai attraverso un sonno eterno l'uscio della casa dell'amata, come se, da un momento all'altro il suo spirito, uscendo dagli occhi potesse penetrare la dura porta in legno ed entrare finalmente negli occhi dell'amata..."
-Storia epica, ispiratami dopo la lettura de ''Le Metamorfosi'' di Ovidio, Rielaborata dalla sottoscritta.
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: Otherverse | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Gambe, braccia, tutto penzolava di quel corpo semiudo lì, avanti alla porta della fanciulla. Così lei lo trovò il mattino seguente.
Ifi, quell'uomo così gentile, premuroso nei suoi confronti, quell'uomo che non aveva occhi se non per la sua lunga treccia bruna, che seguiva come se fosse un flauto magico... La prima cosa che la Fanciulla notò aprendo la porta di casa furono i suoi occhi, freddi, lucidi, il volto dell'uomo era rigato da lacrime ormai secche e il suo sguardo fisso sulla porta, quella porta che era rimasta chiusa anche durante il suo estremo atto.
Anassarete non si scompose, rimase a guardare il cadavere, leggermente mosso dalla brezza primaverile, poi sorrise leggermente: Cupido non era riuscito a scalfire il suo cuore di pietra, e se non ci riusciva lui, nessuno ci sarebbe mai riuscito.
Conosceva, sì, quel giovane, Ifi più volte era andato sull'uscio di casa sua con fiori, con ampolle contenenti unguenti, oli per capelli e vini pregiati, le faceva una corte spropositata, lei si fingeva infastidita da questa cosa, lo respingeva in modo violento, e quando vedeva il volto del ragazzo rattristarsi, internamente gongolava nella sua spropositata vanità.
Ora non c'erano unguenti sul suo uscio, non c'erano fiori profumati, non c'erano bottiglie di ottimo stillato d'uva, c'era un altro regalo, l'ultimo che il giovane avrebbe fatto all'amata. Il suo corpo ora era suo, ne poteva fare quello che voleva, era lì, immobile, aspettava solo lei e osservava, ormai attraverso un sonno eterno l'uscio della casa dell'amata, come se, da un momento all'altro il suo spirito, uscendo dagli occhi potesse penetrare la dura porta in legno ed entrare finalmente negli occhi dell'amata... Non una lacrima versò Anassarete, non un solo gridolino di terrore, Scoppiò a ridere, rise, rise come non mai indicando il cadavere e pensando che nessuno avrebbe potuto essere tanto stupido da impiccarsi per una che lo usava, lo usava per saziare la sua sete di vanità.
Ora era sazia quella donna era finalmente colma di vanità, aveva qualcosa di cui vantarsi in eterno finalmente, aveva spezzato una vita con la sua bellezza. Così pensando continuò a ridere, rise fino alle lacrime, e non appena le lacrime sgorgarono dal suo viso, lasciarono solchi di duro granito sulle sue gote rosate.
Lì dove un tempo c'era tenera carne giovanile, ora c'era fredda pietra, quelle gocce non risparmiarono niente, e quando la ragazza se ne rese conto, era ormai tardi; E allora le sue risate si trasformarono in disperazione e il suo sorriso in un urlo di orrore, la sua cosa più preziosa, il suo cuore di pietra ora batteva velocissimo, come se volesse bucare lo sterno ed uscirne fuori...
Intanto, ogni lacrima che usciva dai suoi occhi, ormai rossi per la disperazione lasciava dietro di se un lungo solco di granito, sulla sua pelle.
La ragazza a quel punto, sempre piangendo forte, ormai con gli arti pesanti corse verso il corpo dell'impiccato, inginocchiandosi a lui, stringendo le sue fredde gambe... ma questo non servì a nulla. Anassarete invocava il nome di Ifi gli chiedeva aiuto, voleva fermare la metamorfosi, ma ormai era troppo tardi. Scuoteva forte il corpo dell'uomo, piangendo e trasformando così sempre di più il suo guscio in fredda roccia.
L'appeso che dondolava, ormai privato di tutti i sensi ad un certo punto mosse la sua testa, girò il viso freddo e bianco verso la ragazza che, sollevata sorrise, ma poi qualcosa cambiò, lo sguardo diventò estraneo, brusco, cattivo, come se nel corpo di Ifi non ci fosse più lui, ma qualcun altro. Attraverso il cadavere dello sventurato giovane proferì Afrodite, Dea dell'amore che, osservando la giovane, ormai mezza di granito e mezza di carne aveva uno sguardo severo. "Questo l'hai voluto tu, mia giovane. Gli uomini pensano che gli Dei siano solo buoni artefici del loro destino, ma gli dei sono crudeli, puniscono i malfatti e raramente perdonano: guarda cosa hai fatto a questo giovane, e ti sei permessa di ridere anche della sua morte, la tua risata ha innescato il meccanismo, ora chi ti vedrà, saprà come sei dentro: osservando la tua figura di pietra."
Così, dove un tempo c'era la bellezza, ora c'era una roccia, e dove un tempo c'era un uomo, impiccato per amore di una donna che non lo meritava, scendeva un rampicante velenoso, che innescò le sue radici proprio in quella dura e fredda Pietra.

-Fine
   
 
Leggi le 1 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Epico / Vai alla pagina dell'autore: Hitagi_Crab