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Autore: Lizzyluna    28/01/2011    1 recensioni
Lo scontro finale si avvicina...ma Harry non è solo: quattro improbabili alleati combatteranno al suo fianco!
I personaggi più odiosi della storia di Hogwarts per la prima volta insieme...dalla parte dei buoni! Cosa succederà?
Genere: Azione, Comico, Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro personaggio, Dolores Umbridge, Harry Potter, Peter Minus, Severus Piton
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Da VII libro alternativo
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7-Resistenza

La notte era calata sulla sinistra abbazia; un venticello leggero ma inquietante agitava rami secchi e contorti sui quali nemmeno una foglia osava mostrarsi e la debole luce della luna calante si impigliava nei nastri di nebbia, disegnando sul terreno le sagome spettrali di raggrinzite mani di strega. Nulla di vivente si muoveva in quel deserto di terreni paludosi ed alberi dalla strana forma; nulla, se non due tetre figure incappucciate, immerse nei loro foschi discorsi davanti all’antico portone.
Secondo te, chi vince il campionato?” mormorò uno dei due, freddando (letteralmente) un’incauta zanzara.
Le Harpies sono messe bene” rispose l’altro, lisciandosi il mantello con una mano scheletrica, “ma anche l’Appleby International sta facendo una buona stagione
Chi, quelli? Ma se non vincono da diciotto anni...è più probabile che Potter ci attacchi stanotte armato di bucce di banana!” ribatté il primo con una risata raspante.
Magari è davvero la volta buona” replicò il compagno. “Sarebbe anche ora, se non altro per i tifosi...certe facce da funerale, dimmi che gusto c’è a tormentarli!
In lontananza, come a sottolineare quell’affermazione, si udì una corale esclamazione di disappunto, subito soffocata dall’urlo di gioia degli avversari. A quella tempesta seguì un intervallo di relativo silenzio, rotto nuovamente dalla voce gelida del Dissennatore.
Certo che non si può più lavorare al giorno d’oggi...con tutti quei tizi vestiti di nero che si tagliano con le lamette...quelli coi capelli sugli occhi...come si chiamano?
Emo, Spike” lo soccorse il collega.
Sì, proprio quelli... sempre sull’orlo del suicidio, sempre a piangersi addosso...un mortorio, parola mia. Mica ci pensano, a noi poveri affamati...
Beh, speriamo sia una moda passeggera, mi secca stare a dieta” tagliò corto il secondo Dissennatore. “Intanto stasera c’è la finale, una bella abbuffata una volta tan...
Un sibilo improvviso squarciò l’aria malsana della palude, interrompendo quei ragionamenti; poco dopo lo seguì un altro, e un altro ancora.
Ehi, Lou...hai sentito?” esclamò il Dissennatore di nome Spike, voltandosi verso il rumore. “Cosa può essere?
Non so...sembrano Caccabombe” rispose il compagno con indifferenza.
Ci fu un attimo di silenzio tombale.
Caccabombe?!” gridarono all’unisono i due. “Oh, no!
In un attimo si scatenò il finimondo: grossi proiettili marrone cominciarono a tempestare lo spiazzo davanti all’abbazia, spiaccicandosi sui mantelli dei Dissennatori e riducendo il terreno ad un pantano scivoloso e puzzolente. Le malcapitate sentinelle corsero verso il portone nel tentativo di mettersi in salvo, ma furono travolte da una mezza dozzina di compagni attirati dal fracasso e piombarono a sedere nella melma, sollevando schizzi maleodoranti.
Che succede?” gridò uno dei nuovi arrivati (evidentemente non il genio del gruppo).
Caccabombe! Ci attaccano!” rispose un altro, abbassandosi per schivare un proiettile.
Che disdetta, ho appena ritirato il mantello dalla tintoria!
Intanto le bombe cominciavano a fare effetto: qua e là si vedevano sagome scure che si grattavano furiosamente o si artigliavano la gola perché non riuscivano a respirare. Altri quattro Dissennatori si precipitarono all’esterno per fronteggiare il pericolo (abbattendo il povero Spike, che era appena riuscito a rialzarsi) e furono prontamente bersagliati da altri proiettili vaganti; in mezzo a quella confusione di “Aaah! Brucia!”, “I miei occhi! Non ci vedo!” e “Ma se non ci vedevi neanche prima, razza di cretino!” la pesante porta di quercia si richiuse da sola e tutti i Dissennatori si ritrovarono chiusi fuori.
Era esattamente il momento che Piton aspettava: approfittando della distrazione degli avversari, l’ex professore sbucò da un cespuglio secco gridando: “Tutti all’assalto! Expecto Patronum! Expecto Patronum!
Il cervo di Harry fu il primo ad irrompere sul campo di battaglia, caricando a testa bassa tutti i Dissennatori che trovava sul suo cammino; nel frattempo il Patronus della Umbridge, un magnifico esemplare di gatto selvatico, seminò il terrore nello schieramento avversario mettendo in mostra i suoi artigli e la tigre di Peter riempì d’orgoglio il suo creatore azzannando alla gola i nemici più vicini. Allock ebbe bisogno di tre tentativi per produrre un maestoso pavone che zampettò elegantemente verso l’abbazia spiegando la bellissima coda; uno dei Dissennatori ebbe la pessima idea di scoppiare a ridere, ma smise immediatamente quando l’uccello planò con grazia sulla sua spalla e cominciò a beccarlo in testa.
Mancava ancora un Patronus all’appello, quello che il giovane Potter era più ansioso di vedere. Ben presto la sua curiosità fu soddisfatta: dalla bacchetta di Piton scaturì un minuscolo pipistrello che sbatteva freneticamente le ali nel tentativo di prendere il volo.
Harry, che si aspettava un Patronus proporzionato all’abilità del celebre Principe Mezzosangue, dovette ancora una volta recuperare la mascella; Piton, alla sua destra, notò la sua reazione e sorrise beffardo. “Sai com’è Potter...” commentò con noncuranza “sono un po’a corto di pensierini felici!”
Intanto il pipistrello aveva raggiunto i compagni e stava svolazzando intorno ad uno sbigottito Dissennatore cercando di spaventarlo; il cervo e la tigre si voltarono a guardarlo e scossero la testa con aria sconsolata.
“Beh, in effetti sarebbe da perfezionare” ammise il professore, osservando le evoluzioni dell’animaletto. “Ma credimi, Potter...può essere molto più efficace di quello che avevo prima”
“Ah...ed era...?” chiese Harry distrattamente, mentre la bestiola in questione mordeva un dito della sua vittima.
“Non sono fatti tuoi, Potter...e se fossi in te mi asterrei dal commentare”
I cinque Patroni riuniti non impiegarono molto a sbarazzarsi dei Dissennatori; dieci minuti dopo l’inizio dell’attacco l’ultimo nemico fu graziosamente calciato dal cervo d’argento e piombò nel fossato vicino con un artistico tuffo di testa. “Bene, era ora!” borbottò Piton togliendosi una foglia secca dal mantello. “Naturalmente questa era la parte facile, ma la vera sfida arriva...alohomora...adesso. Dobbiamo introdurci là dentro, affrontare una banda di mannari e Mangiamorte e farne fuori un numero apprezzabile prima di crollare a terra abbattuti da un Avada Kedavra. Avanti tutta, adesso...il dado è tratto e il dovere ci chiama!”
“E una rondine non fa primavera!” mormorò Harry, impertinente. Nessuno degli altri gli badò mentre si affrettavano verso l’ingresso, addentrandosi uno dopo l’altro nell’oscurità oltre il portone ad arco.

L’interno dell’abbazia non era affatto come Harry lo immaginava: niente gargoyle, teste mozzate o strane macchie sul pavimento, ma solo un muro di pietra umida di fronte all’ingresso e qualche torcia gocciolante. Dall’atrio partivano due corridoi esattamente uguali: uno a destra, l’altro a sinistra.
“E adesso?” mormorò la Umbridge.
“Questo posto è un labirinto...letteralmente. I corridoi cambiano percorso ogni mezz’ora e le mappe si cancellano una volta oltrepassata la soglia” rispose Peter. “Ma non è difficile trovare la strada giusta, basta girare una volta a destra e una a sinistra”
“E con quale delle due si parte, Peter?” chiese Piton in tono pericolosamente gentile.
“Veramente...non lo so, Severus. Magari tu...?”
Il mago si scostò i capelli dalla fronte con un gesto brusco, come se la domanda lo infastidisse. “Beh, è ovvio, il corridoio giusto è...ecco...”
“Sì, Sevy?” lo incoraggiò la Umbridge.
“Un attimo...dovrebbe...”
“Allora, professore?” fece eco Harry.
“Sì, un secondo, non mettetemi fretta. Allora, senza ombra di dubbio è...”
“Dunque, collega?” intervenne Allock.
“Beh, io...non mi ricordo!” brontolò infine Piton.
“Cooosa?” esclamarono gli altri quattro sconcertati.
“Che c’è, voi non sbagliate mai?” borbottò il mago, voltando le spalle ai compagni per celare un rossore alquanto sospetto sulle guance. “Bene, vorrà dire che procederemo a caso. Potter, passami l’indelebile, cominciamo da qui”. Si diresse deciso verso il corridoio a sinistra, seguito a ruota dai compagni, voltò a destra alla fine del passaggio e scavalcò Avery che dormiva sul pavimento.
A dire il vero, quello fu l’unico ostacolo sul cammino dell’Ordine: per il resto l’avanzata fu rapida e monotona, con Piton che borbottava tra sé e tracciava segni sulle pareti mentre procedeva (“Vandalo!” mormorava stizzita la Umbridge). Quindici minuti più tardi, dopo l’ennesima svolta nell’ennesimo corridoi identico agli altri, l’ex direttore di Serpeverde propose di fermarsi un attimo per “raccogliere le idee”; Allock approfittò della pausa per limarsi le unghie, mentre Peter scartò furtivamente una Cioccorana e ne passò metà alla Umbridge con un sorriso galante.
Harry soffocò uno sbadiglio: si era aspettato orde di mostri ed Inferi pronti a sbarrargli la strada e tutto ciò che aveva trovato era uno stupido labirinto. Alla terza svolta la sua mente aveva cominciato a scollegarsi, ma tutto quel destra-sinistra-destra gli faceva venire la nausea.
“Strano...dovremmo essere già arrivati!” commentò Peter, ficcandosi in tasca una figurina di Dilys Derwent.
“Avremo sbagliato strada!” ribatté Piton. “Vorrà dire che torneremo in...”
“Zitti!”
La Umbridge aveva estratto la bacchetta e restava immobile, in ascolto: da qualche parte si sentivano delle voci...e sempre più vicine.
“Maledizione!” sussurrò Piton, retrocedendo in un corridoio laterale buio. “Contro il muro, forse non ci vedranno!”
Il rumore cresceva: si distinguevano almeno cinque voci, più una sesta persona che fischiettava. Harry strinse la bacchetta, pronto ad agire: non sapeva chi potessero essere quei nuovi avversari, ma aveva sentito una risata familiare che non gli piaceva per niente.
Non dovette attendere a lungo: annunciata da un coro da taverna e da una sinfonia di passi pesanti, oltre ad un forte odore di birra, comparve una pattuglia di Lupi Mannari capitanata da Fenrir Greyback. Erano le persone più rozze, trasandate e pelose che Harry avesse mai visto ed avanzavano a braccetto, cantando a squarciagola: “Che ci frega del Prescelto, noi abbiamo Voldemort!”
“Bleah, che puzza!” esclamò uno dei Mannari arricciando il naso. “Pure l’aglio ci mette...come se non bastassero i crauti avariati che ci becchiamo tutte le sere!”
“Eh, con Severus era diverso!” disse un altro in tono nostalgico. “Quella crostata cioccolato e fragole...ah, non farmici pensare o mi vengono le lacrime agli occhi!”
“Bah, io preferisco le bistecche al sangue!” tagliò corto Fenrir, mentre a pochi passi da lui quattro paia di occhi si appuntavano su un uomo pallido dal naso adunco, che si rifiutò di ricambiare quegli sguardi. “Forza, di qua!”
I Mannari passarono oltre, lungo il corridoio; Piton li lasciò avanzare per qualche metro, poi toccò leggermente col gomito il braccio della Umbridge (che a sua volta pestò il piede ad Allock) ed uscì allo scoperto. “Fenrir, quanto tempo!”
L’uomo (chiamiamolo così...) si irrigidì. “Severus, che sorpresa!” mormorò voltandosi lentamente. “Posso chiederti cosa fai da queste parti, spregevole voltagabbana?”
“Vedi, Fenrir...ho intenzione di scortare Potter dal tuo padrone e stare a guardare mentre quei due si massacrano a vicenda. Non hai nulla in contrario, spero” rispose pigramente il mago, rigirandosi la bacchetta fra le dita. “E tanto per essere chiari...Wingardium leviosa!”
Né Greyback né i suoi compagni mannari, distratti dal temerario discorso di Piton, avevano notato la strana pozzanghera d’argento che sembrava espandersi ai suoi piedi: non appena l’ultima sillaba dell’incantesimo fu pronunciata, la sostanza lucente cominciò a fluttuare a mezz’aria, in attesa. E mentre il capo dei Mannari, furente, dava l’ordine di attaccare l’intruso, la sottile bacchetta scura si mosse ancora una volta...e qualcosa volò.
Fenrir, che aveva aperto la bocca per gridare “Prendetelo!”, all’improvviso assunse una buffa espressione stupefatta: si portò una mano alla gola e cominciò a tossire, battendosi il petto con un pugno chiuso. Un secondo dopo il drappello di licantropi fu bombardato dalla seconda, devastante arma segreta dell’Ordine della Pernice: una grandinata di grosse biglie metalliche.
Precisamente, grosse biglie d’argento.
“Ahi! Uhi! Ohi! Dann...coff...tore, me la...coff...rai!” ansimò Fenrir, cercando di sputare la biglia e beccandone altre due sull’orecchio.
“Sì, sì, fai pure con comodo!” rispose Piton annoiato. “Mi fermerei volentieri ma vado di fretta...veloci, voialtri!”
Harry, Peter, Allock e la Umbridge lo seguirono in fretta lungo il corridoio, mentre le biglie tenevano occupati i loro aspiranti inseguitori. Erano quasi giunti alla svolta quando udirono alle loro spalle una risata di trionfo: le munizioni erano finite.
“Aha, prestigiatore da strapazzo!” esclamò Fenrir con un ghigno, alzandosi in piedi (aveva finalmente sputato la biglia). “Ora vengo a prenderti...all’attaaaaaargh!”
“E qui ti sbagli, piedi di banana!” esultò Peter, mentre il licantropo ricadeva a terra con un sonoro splat: in effetti le biglie funzionavano egregiamente anche da ferme, slittando sotto i piedi dei Mangiamorte e facendoli cadere come birilli. In più, essendo d’argento, avevano il potere di indebolire gli avversari, confondendoli e procurando loro una forte emicrania.
Dopo il sesto tentativo fallito di rialzarsi in piedi, Fenrir sfogò la sua frustrazione con un discorso che coinvolgeva i membri dell’Ordine ed i loro parenti di sesso femminile, con un linguaggio che la McGranitt non avrebbe sicuramente approvato; un successivo commento infamante sull’igiene personale di Piton fu troncato da una buccia di banana che planò delicatamente sul suo brutto muso, mettendo fine alla discussione.
“Questo è per Remus, mostro!” gridò Harry, mentre un altro licantropo scivolava sulle biglie e franava addosso al suo capo.
“Ben ti sta, sudicio ibrido!” approvò la Umbridge.
“Ritiro tutto, Potter: sei un genio!” grugnì Piton.
“Quando si mangia?” chiese Allock confuso.

La vittoria sui licantropi riempì Harry di cauto ottimismo. Per la prima volta dall’inizio di quella surreale avventura, intravedeva una microscopica possibilità di uscirne vivo e con almeno il dieci per cento del corpo in condizioni accettabili.
Sfortunatamente anche l’ottimismo più sfrenato (più, potremmo dire, interista) non riesce a resistere a cinque chilometri di corridoi tutti uguali. Dopo altri lunghi minuti di esplorazione, il giovane mago cominciò a sentirsi intontito e a provare un lieve capogiro; aveva l’impressione che la luce delle torce stesse progressivamente scemando e che l’aria si facesse sempre più pesante ad ogni passo, come se volesse fermarli.
Non usciremo più da questo posto!” pensò mentre oltrepassava un mucchio di sostanza indefinita. “Vagheremo qui dentro fino alla morte, e tra due secoli troveranno solo le nostre ossa!
L’idea che il nasone di Piton sarebbe stata l’ultima cosa che avrebbe visto prima di chiudere gli occhi per sempre contribuì ad incupire lo stato d’animo di Harry. Come se non bastasse, la diminuzione della luce non era frutto della sua immaginazione: Piton, alla testa del gruppo, era stato costretto ad accendere la bacchetta per vedere dove metteva i piedi e l’oscurità crescente rendeva quel luogo ancor più simile a una tomba.
Stanco e demoralizzato, Harry si fermò all’imbocco di un corridoio laterale per allacciarsi le scarpe e fu travolto da Avery, che si era svegliato e stava tornando al covo per andare in bagno.
“Aaaaaah!” gridò Harry riconoscendo Avery.
“Aaaaaah!” gridò Avery riconoscendo Harry.
Raaaaah!” ringhiò qualcuno alle spalle di Harry.
Il giovane Potter non sapeva di chi (o cosa) si trattasse, ma Piton sì: si voltò con la bacchetta in pugno e gridò: “Inferi, Potter! Stai attento…Incendio!”
Harry si buttò a terra per evitare il fuoco e rotolò verso il corridoio da cui era uscito Avery, mentre Peter e la Umbridge scagliavano incantesimi contro l’orda di Inferi che si avvicinava. Erano almeno venti, scarni e verdastri come mummie, e non sembravano affatto felici di vederli.
“Muoviti, Potter! Non è il momento di dormire!” esclamò Piton, afferrando Harry per la maglietta e rialzandolo rudemente. “Sono troppi, meglio tagliare la corda!”
Né Harry né gli altri ebbero bisogno di ulteriori incoraggiamenti: tutti si precipitarono nel corridoio tenendo alte le bacchette illuminate, mentre alle loro spalle Avery si lasciava prendere dal panico e scagliava un incantesimo Reductor dopo l’altro nel tentativo di uscire dal labirinto. Pochi metri dopo, la loro corsa finì: il corridoio terminava in un vicolo cieco.
“Siamo in trappola!” esclamò Peter terrorizzato.
“Ci serve del fuoco, parecchio fuoco!” suggerì Harry. “Forse ho un’idea…professor Allock, mi presta la sua lacca?”
“Lacca? A che ti serve, per le foto della lapide?” chiese Piton sarcastico.
“Torcia incendiaria! L’ho visto in un film!” spiegò Harry prendendo la bomboletta dalle mani di Allock. “Qualcuno ha un accendino?”
“Accendino?” ripeté Piton scandalizzato. “Accendino? Usa la bacchetta, idiota!”
“Ah, giusto…Incendio!”
Quando Harry premette l’erogatore, il getto di fuoco della bacchetta si trasformò in un’imponente fiammata che percorse il corridoio ed investì gli Inferi lanciati all’attacco. Le orribili creature spalancarono gli occhi (o quello che ne restava) ed invertirono rapidamente il senso di marcia, scappando a gambe levate; gli ultimi della fila non furono abbastanza veloci e furono travolti e calpestati dai compagni in fuga.
“Altra bella mossa, Harry!” si complimentò Peter, battendo una mano sulla spalla del ragazzo.
“Troppo buono, Peter!” ringraziò Harry, impegnato a spegnere un principio di incendio tra i suoi capelli. “Avery ci ha aperto un varco, andiamo!”
I membri dell’Ordine tornarono di corsa sui loro passi, seguendo gli Inferi in fuga; erano quasi arrivati al grosso squarcio sulla parete, quando da un altro corridoio accorse un drappello di vampiri avvolti in mantelli neri.
“Eh, no…così non vale!” protestò Peter. “Lasciateci respirare, per Merlino!”
“Da questa parte, ragazzi! È Potter! Prendiamolo!” gridò uno dei vampiri, che doveva essere il capo. Corse verso il gruppetto di maghi con una smorfia feroce, scoprendo i canini appuntiti, ma a metà strada si bloccò di colpo, come fermato da un muro invisibile.
“In nome di Dracula…cos’è questo odore nauseante?” chiese fiutando l’aria.
“Bleah, aglio!” disse una vampira dai capelli biondi storcendo il naso.
“Argh, Inferi!” gemette un altro vampiro, puntando il dito verso un passaggio laterale.
Urk, vampiri!” gracchiò una voce disumana dall’altra parte del muro.
“Tsk, razzisti!” borbottò Piton sprezzante. “Allora, vi decidete ad affrontarci oppure no? Non abbiamo tempo da perdere!”
“Veramente…” mugolò il vampiro capo portandosi una mano alla bocca. “Veramente io…scusate, credo che andrò a vomitare!” e con un rapido dietrofront si fece largo tra i suoi sottoposti e sparì nell’oscurità.
“Mi…mi sento male anch’io!” confessò la bionda, mentre il suo viso passava dal bianco al grigio.
“Aglio, rosa e Inferi! Questo è troppo!” esclamò un terzo. “Ragazzi, ritirata!”
In un attimo i vampiri sgombrarono il corridoio, cercando senza successo di tenere a bada i conati di vomito; gli Inferi se ne andarono dalla parte opposta, profondamente offesi (“Ehi, vorresti dire che puzziamo? Senti chi parla, cadavere ambulante!”) e l’Ordine ebbe via libera.
“Quasi ci siamo!” esclamò Piton, attraversando il buco nel muro. “Da questa parte, l’obiettivo è vicino!”
“Già arrivati?” si rammaricò la Umbridge. “Peccato, proprio adesso che mi stavo divertendo!”


Prima di tutto, grazie per le recensioni e scusate per l’immenso ritardo: la tesi ha assorbito tutta la mia creatività e la mancanza di ispirazione ha fatto il resto. Mi è servita una dose massiccia di Fastidious per ritrovare la rotta.
Spero che il capitolo vi sia piaciuto. Riguardo all’Appleby
International, ogni riferimento a squadre realmente esistenti è puramente casuale (certo, come no!); il coretto dei Mannari è la versione riveduta e corretta di Che ce frega del cileno noi c'avemo Totti-gol (ringrazio i romanisti per l’ispirazione).
Ah, la storia delle Caccabombe è roba mia. Se doveste incrociare un Dissennatore, vi conviene evocare un Patronus.

   
 
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