Storie originali > Generale
Ricorda la storia  |      
Autore: Geneviev    28/01/2011    3 recensioni
Potrebbe sembrare una storia dolce come una cioccolata, e triste come la morte, ma è solo una storia sincera, che racconta di come una ragazza abbia cominciato a credere, di come nulla è come sembra e di come eppure è tutto così semplice.
Genere: Romantico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

 

 

Sono un angelo custode.

Voglio raccontarvi una storia. La storia di una ragazza che ha cominciato a credere.

Lidia ha ventitré anni e lavora in un piccolo bar vicino alla stazione degli autobus. Lidia ha avuto un’infanzia che molti definirebbero difficile ed è quasi sempre stata atea, forse anche un po’ cinica, ma Lidia ha un sorriso splendido. Anche se è stanca o arrabbiata, con sua madre, con il suo capo o con il proprietario di casa sua, sorride sempre a tutti, e il suo sorriso caldo e luminoso fa sorridere gli altri.

Lidia non è la mia protetta, ma il mio protetto era innamorato di lei.

Alessio avrebbe dovuto compiere vent’otto anni, e aveva passato gli ultimi quattro dentro e fuori vari istituti e ospedali nella vana speranza di sentire un parere diverso dal solito. Era malato di leucemia acuta mielogena, e tutti i medici concordavano sul fatto che gli restassero dai tre ai quattro mesi di vita, che il trapianto di midollo fosse troppo rischioso, anche perché il suo fisico faticava a rispondere alla radioterapia.

Alessio non era mai stato un ragazzo brillante, era timido e impacciato. I professori a scuola gli avevano sempre assegnato l’insegnante di sostegno, non perché fosse stupido, ma perché faticava a comprendere. Non era mai stato fortunato con le ragazze, e le poche volte che aveva trovato il coraggio di confessarsi, le ragazze lo avevano respinto.

Se c’era una cosa che Alessio amava, oltre a Lidia, era la cioccolata. E la cioccolata che preparava Lidia era qualcosa di spettacolare.

Ogni mattina alle dieci, da quando aveva scoperto il bar vicino alla stazione, vi andava per ordinare una cioccolata. Densa e buona come sai fare tu, le diceva sempre.

Lidia gli sorrideva, e forse era quel sorriso a rendere così buona quella cioccolata. Gli sorrideva come faceva con tutti i clienti, ma Alessio sapeva che quel sorriso non era di circostanza. Sapeva che Lidia era sincera in tutto quello che faceva, anche quando era stanca o arrabbiata, e la sua cioccolata era buona perché lei era buona.

Era innamorato del suo sorriso, dei suoi occhi chiari e dei suoi capelli sempre raccolti in una coda, e del suo animo puro. Alessio non era mai stato bravo a scuola, ma sapeva leggere nei cuori delle persone meglio di molti altri.

Avrebbe voluto dirgli che l’amava, che l’aveva amata dal primo momento, dalla prima cioccolata, ma pensava che sarebbe stato inutile, se non triste, confidare il proprio amore a una ragazza che nemmeno sapeva come si chiamava, quando gli rimaneva poco tempo da vivere. Aveva scelto di amarla in silenzio, di godersi quei sorrisi negli ultimi giorni che gli restavano, di sognare quanto sarebbe stato bello poter vivere con lei, avere una famiglia, con lei.

Un giorno Alessio smise di andare al bar, e Lidia se ne dispiacque. Il tempo passava e del ragazzo della cioccolata non ne seppe più nulla, fintanto che arrivò a preoccuparsi, ma la vita era così. Chissà quale autobus aveva preso e dove era finito.

Dopo due settimane al bar arrivò una donna piuttosto anziana, che in verità sembrava così invecchiata perché era distrutta, dal dolore e dalla fatica. La sua voce era ansiosa e preoccupata, quando le chiese se lei era la Lidia della cioccolata.

Le disse che Alessio, suo figlio, era stato ricoverato d’urgenza all’ospedale per una polmonite, che aveva aggravato drasticamente la sua salute già precaria. Le disse che i dottori lo davano per spacciato, e pianse, quando le disse che l’ultimo desiderio di Alessio, era poter bere ancora una volta una cioccolata di Lidia.

Lidia rimase basita e i suoi occhi si riempirono incontrollati di lacrime mentre boccheggiava. In quel momento pensò a quanto fosse ancora ironicamente crudele la vita.

Il pomeriggio, appena ebbe staccato dal lavoro, preparò un bricco della sua migliore cioccolata, densa e come la sapeva fare lei, e la portò al vicino ospedale, dove era ricoverato Alessio.

Sarebbe bellissimo potervi dire che Lidia trovò subito la stanza nel reparto al quarto piano, e che quando arrivò, riempì la tazza di Alessio con la cioccolata, e che lui la bevve godendo ancora del sorriso della ragazza che lo aveva tenuto in vita per altri quattro mesi. Ma quando Lidia arrivò, Alessio si era già spento.

Lidia pianse, sentendosi un po’ sciocca, nel corridoio del reparto pieno di parenti in lacrime, con il bricco della cioccolata che si raffreddava nelle mani. Non lo aveva salutato, non gli aveva detto addio, e nemmeno grazie, e neanche scusa, e non lo aveva visto bere la cioccolata. Non aveva esaudito il suo desiderio.

Piangeva perché fino alla mattina, Alessio era rimasto il ragazzo della cioccolata di cui non sapeva il nome, fino alla mattina non sapeva che il ragazzo della cioccolata era malato di leucemia e gli rimaneva così poco da vivere.

Lidia non sapeva che lo aveva esaudito il suo desiderio. Alessio era contento perché la sua amata Lidia era lì e con la sua amata cioccolata. Alessio sorrideva perché aveva visto in Lidia la luce più bella e aveva avuto ragione, Lidia aveva un cuore d’oro, e non se ne rendeva conto.

Lidia cominciò a credere, da quel giorno. Non diventò una fervente cattolica, non iniziò ad andare in chiesa e a confessarsi, ma si rese conto che ogni più piccola azione, ogni più piccolo sorriso può significare molto.

Credere significa avere fede, in se stessi e negli altri, significa fare di ogni gesto un mattone con cui costruire la propria felicità e quella degli altri. Significa amare incondizionatamente la vita, propria e quella degli altri, e non aver paura delle avversità e della morte, proprio come aveva fatto Alessio.

Alessio non si era reso conto che Lidia era il suo angelo custode più di quanto non lo fossi io, e Lidia non si rese mai conto che Alessio era il suo.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

~ ~ ~

Spero di non avervi intristito troppo. Anzi no, in verità lo spero, perché mentre scrivevo questa storia ho pianto come una scema. Non so da quale parte bacata del mio cervello malato è uscita, posso solo dirvi che ero innaturalmente ispirata e che stanotte ho dormito male. Mi auguro comunque che vi sia piaciuta e che mi lascerete qualche commento.

 

 

   
 
Leggi le 3 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Generale / Vai alla pagina dell'autore: Geneviev