ZOMBIE
Si
svegliò in quella che le parve un’infermeria.
Si
guardò intorno: si, era l’infermeria della scuola. Non ricordava come ci fosse
finita, probabilmente era svenuta, le succedeva spesso. Ma in quel momento non
aveva importanza: contando che fuori cominciava a fare buio era meglio tornare
a casa. Immaginava già la sfuriata di sua madre che la aspettava a casa e non
aveva assolutamente intenzione di peggiorare la sua situazione. Afferrò con un
gesto deciso la borsa consunta che utilizzava come cartella e la sentì
decisamente leggera. Non le sembrava così quella mattina, ma molto più pesante
e quasi impossibile da portare.
Mosse
un passo in avanti e rischiò di piombare a terra. Era inciampata nel suo libro
di matematica che non ricordava di aver fatto cadere e di non avere raccolto.
Era molto precisa e ordinata al limite del possibile. Lo prese tra le mani e lo
lasciò andare immediatamente: era intriso
di sangue. Esaminò la stanza attorno a lei e la trovò nello stesso identico
stato del suo libro. Per poco non cacciò un urlo e brividi freddi le
ricoprirono le braccia e la schiena.
Ma
cosa era successo?Cosa?
Aveva
un groppo in gola e sentiva la paura invaderle la mente di domande e dubbi. Si
alzò da terra e si diresse verso la porta, mentre le sue scarpe facevano ciac-ciac nel sangue come se stesse
camminando sotto la pioggia. Era il solo rumore che si sentiva e lei tirò su
con il naso, le veniva da piangere.
Quando
la aprì ciò che vide la lasciò senza fiato: tutto rosso e tutto immerso in un
rigoroso e terrificante silenzio. Sbarrò gli occhi, ma nonostante questo avanzò
ancora.
Ciac.
Un
passo.
Ciac.
Un
passo.
Ciac- ciac.
Si
fermò e si guardò intorno, sospettosa e terrorizzata come mai lo era stata in
tutta la sua vita. Poi l’urlo.
Un
lungo strillo che le arrivò alle orecchie e vi rimase come se avesse premuto “replay”
su un immaginario stereo. Si ripeté all’infinito, anche quando ormai era
finito.
Con
mani tremanti prese il cellulare dalla tasca dei jeans e cercò di chiamare la
polizia, ma il suo telefono sembrava morto. Non c’era campo.
Deglutì
e anche se non voleva farlo corse verso il luogo dal quale aveva sentito
provenire lo strillo. La sua corsa le appariva di più come una camminata veloce
tanta era la paura. Ma riuscì ugualmente ad arrivare dove sotto sotto non
voleva andare.
E
lì urlò anche lei.
C’era
un uomo. Si era un uomo. O no?
A
guardarlo meglio non lo era. Era una creatura mostruosa con denti affilati e la
faccia completamente insanguinata. No, non era esattamente insanguinata: era in
putrefazione.
Quell’uomo
era morto e si muoveva lo stesso?
Come
cavolo era possibile?
La
scienza non poteva spiegarsi una cosa del genere. No, a meno che non fosse un
robot. Fatto benissimo sul serio, ma finto.
Si,
doveva essere così.
Tutti
questi pensieri vorticavano nella testa della ragazza in un uragano confuso,
impossibile da controllare.
“Ehm
… dove sono le telecamere?” chiese.
Al
suono della sua voce, il “robot” si girò verso di lei, lasciando in pace il cadavere
della donna su cui si era chinato prima e che lei non aveva notato.
Corse
verso di lei e le morsicò un braccio.
Kate
urlò.
Era
vero, non era un robot.
Ma
non c’erano solo nei film certe creature?
Zombie.
****Note
dell’Autrice****
Mi è uscita di getto e non so bene come mi è venuta.
Bella?Non lo so. Forse carina. Almeno so che l’ho scritta io. Spero che vi
piaccia, anche perché è la prima horror che scrivo. E non so nemmeno se si può
definire horror. Beh cosa dire?Se passate a leggere, commentate, così so se vi
piace!
AquamarinePrincess