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Autore: EtErNaL_DrEaMEr    30/01/2011    1 recensioni
Lei è lì, davanti a te.
La fissi immobile, non sai nemmeno tu come ci riesci, visto che vorresti abbracciarla, baciarla e baciarla ancora.
Ti limiti a parlare semplicemente.
«Non ti dirò mai che ti voglio per me.»
Non ad alta voce, almeno.
«Andrò avanti per la mia strada, e tu per la tua.»
E preghi davvero di poterla trovare, una strada.
«Sposerai mio fratello, e lo renderai un uomo felice ogni giorno. Lo rispetterai, lo amerai, e lui farà lo stesso con te.»
E tu imparerai a non amarla.
Imparerai a convivere ogni giorno con i tuoi errori, perché dicendo la verità uccideresti tuo fratello. D'altra parte, il silenzio ucciderà te, ma se uno dei due deve soffrire, allora meglio che sia tu a farlo, pregando di poter dimenticare lei prima che raggiunga tuo fratello all'altare.
Perché così deve andare.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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These Autumn Leaves












Notte

19 Novembre.



Thanks for all you've done...





Non hai mai creduto alla faccenda delle pecorelle.
Davvero, fin da piccolo ti avevano inculcato quella storiella delle pecore da contare per prendere sonno.
Tutte balle.
Hai l'ennesima conferma che si tratta di una bugia bella e buona: potresti arrivare a contare anche l'intera popolazione ovina di tutto il globo senza prendere sonno. Altrimenti non avresti passato le ultime tre ore a rigirarti nel letto senza pace, mentalmente circondato da fastidiosi belati.
Dopo una nottata del genere sai che di certo non farai mai il pastore. Figuriamoci.
All'ennesima pecora che saltella davanti ai tuoi occhi irritati, senti qualcuno sedersi sul tuo letto e sospirare rumorosamente.
«Sembri un condannato a morte, piuttosto che un uomo che sta per sposarsi...» biascichi, riconoscendo la presenza di tuo fratello.
Un altro sospiro.
«Non è la fine del mondo... Cioè, probabilmente diventerai un marito con istinti repressi e la tua libertà finirà, ma non è la fine del mondo...» aggiungi poi, e puntualmente ti arriva una sberla in testa.
Non è la fine del mondo.
Respiri piano, dando tempo a tuo fratello di dirti ciò che prova. Sai che non è mai stato una persona di molte parole, non quando si tratta di parlare di cose serie, per lo meno. Domani sarà un uomo sposato, e sai che, in fondo, questo lo spaventa e lo rende felice come niente al mondo.
«E' che... » inizia, titubante. «E' che mi sembra tutto assurdo, pazzesco.»
«E' assurdo» confermi, cercando di non suonare troppo bastardo, anche se quello sarebbe il minimo.
«Sì, hai ragione... è assurdo che io abbia trovato una persona in grado di sopportarmi sempre e comunque. Ho il terrore che lei mi abbandoni all'altare...»
E un brivido ti attraversa la schiena.
«Ho il terrore di scoprire che lei è solo uno scherzo, che in realtà non è qui per me...»
Devi ammetterlo che l'avevi sperato, che lei non fosse qui per tuo fratello...
«Ho il terrore di scoprire che magari questo è solo un sogno causato da una sbronza colossale...»
A dire il vero, quello che avrebbe bisogno di una sbronza dell'oblio in quel momento sei tu.
«E' più di tutto, mi spaventa il fatto che fino a qualche anno fa non avrei neanche pensato cose del genere» si ferma un secondo, lasciandoti ad ascoltare il silenzio tra voi. «... Forse, però, il fatto che lei sia qui per me è la prova decisiva che un Dio esiste.»
«Dio non esiste» controbatti subito, convinto che non possa esserci una creatura perfetta che governa e protegge tutti dall'alto dei cieli. Non ti avrebbe permesso di fare uno sbaglio così grande. A meno che non abbia un gran senso dell'umorismo e una certa propensione al sadismo.
«Perché ne sei così sicuro? Davvero non pensi che forse un Dio esista? Non ti sei mai chiesto cos'è?»
Fare discorsi sulla natura del Signore alle tre di notte non ti ha mai entusiasmato a dire il vero, ma visto che è tuo fratello a farti questa domanda, almeno cerchi di rispondere.
«Sai qual è l'unica cosa che mi viene in mente quando penso a Dio?» gli chiedi e poi, senza dargli tempo, gli dai anche la risposta. «Hai presente quando vuoi tantissimo una cosa, e allora chiudi gli occhi e esprimi quel desiderio? Ecco, per me Dio è quello che ti ignora.»
Tranne quando esprimi il desiderio più sbagliato del mondo, ma questo non glielo dici.
Dopo qualche istante di silenzio senti tuo fratello spostarsi un po' sul tuo materasso. Forse sta pensando a quello che hai detto, forse ha capito perché la pensi così.
«Beh, Dio o non Dio, continuo ad essere spaventato da quello che potrà succedere domani...» mormora poi, cestinando immediatamente il discorso su divinità e affini.
A quel punto capisci che devi dirgli qualcosa. Glielo devi, hai il dovere di confortarlo.
Fa' il fratello. Cerca di riguadagnarti quel ruolo che ormai non avresti più diritto di avere.
«Sei solo agitato, è normale. Stai per compiere il passo più importante della tua vita, stai per sposarti. E forse hai paura di finire come mamma e papà, hai paura di combinare un casino pazzesco e di deludere chi ami, ma non succederà. Tu non sei quel tipo di persona. E' vero, hai fatto le tue stronzate, ma sai qual è il tuo limite, e sai che adesso il gioco è finito. Non manderai tutto all'aria, non ne saresti capace. Sei buono, e la ami. E andrà tutto bene. Fidati di me.»
Fidati di me. Fidati di me. Fidati di me.
«Fidati di me» gli dici ancora, cercando di convincere prima te stesso.
Senti un altro sospiro, stavolta più leggero.
Non siete mai stati tipi da abbracci o particolari dimostrazioni d'affetto, ma avete sempre saputo pesare le parole e dare loro il giusto significato.
E il «Grazie» che tuo fratello mormora dopo qualche istante vale molto più di qualsiasi gesto.
Almeno per te. E' decisamente più di quello che ti meriteresti. Lo senti alzarsi dal letto e tornare nel suo. Non dormite più nella stessa stanza da qualche anno ormai, ma stanotte, stanotte è diverso. E' quella sciocca sensazione di essere vicini, di essere insieme, di essere fratelli di cui hai bisogno, e sapere che lui è nel letto accanto a te... beh, ti basta.
Cerchi di concentrarti su questo, lasciando che quei ricordi che ti sono tornati in mente scivolino via in silenzio, in un attimo, così come sono arrivati. Non li vuoi vedere.
Non la vuoi vedere.
Hai già ammesso il tuo sbaglio mille volte ormai, e non sopporti di doverci convivere ogni giorno. La memoria è crudele. La consapevolezza è crudele.
Sapere che non c'è modo di rimediare a ciò che hai fatto è lacerante, perché dire la verità rovinerebbe tutto, e stare in silenzio rovinerebbe te.
Hai già fatto la tua scelta, e non hai intenzione di tornare indietro, ma fa male sapere di dover portare un peso del genere da solo. E ti fai schifo al solo pensiero di dover mentire per sempre alla persona più importante che hai al mondo.
E il sonno non arriva.
E quelle maledette e beate pecore ancora ti saltano davanti agli occhi. Tanto, ormai, hai perso il conto.









Mattina



What you did you did with feelings...







La sveglia suona, interrompendo il tuo agognato sonno dopo nemmeno due ore.
Le palpebre ti sembrano pesantissime, e ti ci vuole davvero tanta buona volontà per riaprire gli occhi e sederti sul bordo del letto.
Metti a fuoco l'altro letto davanti a te e ti accorgi che è vuoto: tuo fratello si è già alzato.
Fai in tempo a tirati su in piedi che proprio lui entra nella stanza con in mano due bicchieroni di caffè.
Li poggia sulla scrivania e con movimenti veloci ti passa accanto e si dirige verso la porta finestra. Scosta le tende e osserva per un istante il cielo limpido, poi torna sui suoi passi e riprende in mano il caffè, ti mette sotto al naso il tuo bicchiere e finalmente si siede iniziando a sorseggiare la bevanda nera.
Ancora immobile, intontito dal sonno e da quei movimenti rapidi, lo guardi con un sopracciglio criticamente sollevato.
«Hai qualcosa da dirmi?» gli chiedi, sedendoti lentamente davanti a lui.
Tuo fratello smette per un secondo di tracannare il caffè, fissandoti interrogativo. «In che senso?»
«Nell'unico senso che può avere la frase che ho appena detto...» dici, facendo uno sforzo non indifferente viste le tue momentanee difficoltà di articolazione del pensiero.
Lui sembra pensarci su un attimo.
«No, tutto bene!» esclama poi, dedicando nuovamente le sue attenzioni al bicchiere.
«Sai che non puoi presentarti al tuo matrimonio in overdose da caffeina, vero?»
«Io sto benissimo.»
«Non sembrerebbe...»
«Tu, piuttosto, hai proprio un aspetto da schifo» continua lui, ignorandoti. «Sul serio, ultimamente sei uno straccio. Troppe nottate selvagge? Qualche ragazza piuttosto focosa? O hai ricevuto il tuo primo due di picche?»
Abbassi lo sguardo, fissando il pavimento come se potesse darti una risposta, una qualsiasi risposta, ma oltre quelle piastrelle non c'è assolutamente nulla.
«Allora?»
Rialzi il volto, sorridendogli distrattamente e bevendo un altro sorso di caffè. «No, niente, è tutto apposto. Sono solo un po'...stanco, tutto qua...»
«Ho bisogno di te oggi. Fatti una doccia gelata e rimettiti in sesto. Il mio testimone non può sembrare un condannato a morte...» dice poi, e non capisci se sta scherzando o è serio, dal momento che appena finito di parlare si alza e getta il suo bicchiere vuoto nel cestino.
Segui i suoi movimenti e di nuovo senti il bisogno di sputare fuori la verità, tutta la verità. Apri la bocca, prendi fiato, sei pronto a far uscire un fiume di parole... Poi però ti blocchi, come se ti avessero spento, come se di colpo fossi stato svuotato di tutta l'aria nei polmoni. Come se dire la verità fosse troppo opprimente da affrontare anche per te. Ti passi una mano sul volto stanco, e in quel momento bussano alla porta.
Ed entra lei.
E provi quella strana sensazione per cui ti si allarga il cuore e allo stesso tempo ti si chiude lo stomaco. Come se finalmente potessi respirare profondamente, ma improvvisamente non ne fossi più capace.
Tutto questo è lei.
E' bellezza e desolazione insieme.
E' salvezza e condanna.
E' libertà e prigionia.
Non ti ha nemmeno visto. Ha spalancato la porta ed è corsa tra le braccia di tuo fratello.
L'unico posto dove avrebbe sempre dovuto stare.
«Amore... che ci fai qui?» l'apostrofa dolcemente lui, sorpreso di vederla lì.
«Avevo bisogno di vederti. Mia madre è così agitata che sembra lei quella che sta sposarsi, oggi è incontrollabile!» dice lei sbuffando, ma incapace di nascondere un sorriso divertito.
«Dovresti capirla: la sua unica, stupenda figlia sta per dire di sì a uno scansafatiche...» e mentre parla vedi tuo fratello spostare dolcemente una ciocca di capelli dal volto di lei e sistemarla dietro un orecchio.
E' felice.
Loro due sono felici, ed è così che dovrebbe essere.
Non c'è niente di sbagliato in quello che stai vedendo, ma non resisti all'impulso di alzarti e uscire da quella stanza che improvvisamente è diventata troppo piccola.
Non ti volti nemmeno per vedere lo sguardo perplesso di tuo fratello e quello cupo della ragazza tra le sue braccia.
Respiri a fondo e ti ripeti che dovrai farci l'abitudine a non averla più con te. Ormai lei è morta. Almeno per te, lo è.
Dimentica gli occhi, dimentica i baci, dimentica le carezze.
Non pensare più a cosa provavi stringendola tra le tue braccia.
Smettila di cercarla con lo sguardo, ricordando gli sbagli del passato.
Lei non è tua e non lo è mai stata, né lo sarà mai.
«Ehi...»
Perfetto, ora ti sembra perfino di sentire la sua voce.
«Girati, per favore...»
Sai che lei non è davvero lì, eppure come un riflesso incondizionato, il tuo corpo si volta come lei ti ha chiesto.
«Sei scappato...» ti dice lei.
Lei che è davvero lì, e questo non ha davvero senso.
Perché è lì con te?
Perché è con il fratello sbagliato?
Non sai nemmeno cosa risponderle.
«Dì qualcosa, ti prego...»
«Non c'è niente da dire» sputi fuori senza nemmeno rendertene conto, più acido di quello che volevi essere.
Vedi dalla sua espressione che c'è rimasta male e questo, nonostante tutto, ti spiace ancora.
«Scusa. Non... non volevo. E' che... è difficile, tutto qui.»
«Lo so. Non volevo che andasse così.»
«E' l'unico modo in cui poteva andare. Hai scelto, e hai scelto bene. Lui ti ama, ed è mio fratello...»
«Non gli dirai niente?» ti chiede subito, preoccupata.
Chiudi un istante gli occhi e scuoti leggermente la testa. «E' mio fratello» ripeti «E non ho intenzione di peggiorare ulteriormente la situazione. Ho già fatto abbastanza, non credi?»
Lei ti si avvicina, e il profumo dei suoi capelli, della sua pelle ti investe come un'onda violenta, riportando a galla tutto ciò che tanto faticosamente avevi cercato di seppellire.
Allunga una mano e ti accarezza una guancia.
«Sai, a volte ho paura di pronunciare il tuo nome quando sono con lui. Quando faccio l'amore con lui a volte mi sembra di essere tra le tue braccia, e mi odio per questo. Mi odio per quello che gli ho fatto, e soprattutto perché tu... mi manchi.»
La guardi, sconvolto, senza respiro, e capisci dai suoi occhi lucidi che tra poco inizierà a piangere. E vorresti farlo anche tu, se non ti sentissi così bloccato e incapace di muovere un solo muscolo in quel momento.
«Ho il terrore di farmi scappare una sola parola che potrebbe fargli intendere tutto quello che è successo. All'inizio era peggio, ma mi sembra lo stesso che ogni giorno sia sempre uguale. Mi sembra che tu non te ne andrai mai dalla mia testa, dal mio corpo...»
Si morde forte il labbro inferiore, e abbassa o sguardo, senza spostare la mano dalla tua guancia.
«Non posso dimenticare di aver fatto l'amore con qualcun altro, sapendo che non è stata una semplice sbandata, ma un'azione volontaria. Questa situazione mi sta uccidendo, e non posso farci niente, perché sono io che ho sbagliato, sono io che ho torto, e non potrò andare da mio marito a chiedere conforto. Non potrò stringermi a lui e farmi cullare dalle sue braccia per cancellare qualcosa che lui non saprà mai» prende fiato e ti guarda di nuovo in faccia, col volto rigato di lacrime e le labbra più rosse del solito.
Vorresti baciarle quelle labbra.
Vorresti non averle mai nemmeno sfiorate.
«Smettila...» la supplichi, cercando di ricordarti che lei per te è morta, ma non riesci a fermarla.
E' un fiume in piena.
«Lo sai cosa mi fa sentire ancora di più una persona orribile? Io vorrei... vorrei... Non lo so nemmeno io cosa vorrei, perché nella mia testa ci siete tu e tuo fratello. E, Dio, ci sono notti in cui mi sogno di baciarti e di abbracciarti e di baciarti ancora e ancora. E vorrei davvero farlo. Ora. Qui. In questo preciso istante. E vorrei vedere ogni giorno i tuoi occhi celesti e profondi; vorrei poter sentire tra le mie dita i tuoi capelli; vorrei toccare ogni istante la tua pelle, e vorrei che tu mi toccassi e vorrei che tu pronunciassi il mio nome come facevi...»
Quello che sta dicendo, ogni singola parola, è come una pugnalata dritta al cuore. Non sei in grado di dire se stia ancora battendo, perché non senti più nulla.
Solo la sua voce e il suo tocco dolce.
E poi quelle parole che, davvero, ti stanno facendo del male fisico. Se lei non fosse sbagliata per te l'avresti già baciata, non ci avresti pensato due volte, perché quelle parole ti trasmettono la passione che tu stesso stai reprimendo.
Lei ti vuole ancora.
Tu la vuoi ancora.
Tuo fratello la merita: lui è la scelta giusta.
Cosa devi fare? Cosa diavolo devi fare?
Ti viene davvero da piangere e avresti voglia di prendere a pugni il muro.
«Non puoi... non puoi dirmi questo, non ora. Non me lo merito» le dici, serrando la mascella.
Lei si morde ancora il labbro inferiore.
«Non potevo più... Non resistevo più. Dovevo dirtelo.»
«E non pensi che ora ti vedrò andare all'altare e sposare mio fratello? Non pensi che io sarò lì, sarò il suo testimone, e gli sorriderò, e lo incoraggerò, mentre in realtà non sono altro che un maledetto bastardo? Non pensi che ora io ti perderò per sempre?» la guardi, e sai che lei sta leggendo nei tuoi occhi rabbia e dolore e frustrazione. «Lo sai che l'unica cosa che posso fare è pensarti morta, perché altrimenti non farei altro che desiderare di stringerti tra le mie braccia, e sentire le tue mani toccarmi, e spingerti contro il muro e baciarti? Lo sai che darei qualsiasi cosa per fare di nuovo l'amore con te, perché tu sei l'unica? Lo sai che ho tradito la persona più importante per me, quella che c'è sempre stata, indipendentemente da tutto e tutti, ma che se sapesse cosa gli ho fatto non mi guarderebbe più nemmeno negli occhi?»
Stavolta è lei ad essere spiazzata.
«Sai che non ho più parole per esprimere quello che provo? Che vorrei dirti che tu sei ovunque, che ti sento nel vento che soffia, che vorrei averti accanto a me quando torno a casa, che vorrei ringraziarti perché, dopotutto, tu mi hai fatto sentire di nuovo vivo?»
Se n'era accorta anche lei che c'era qualcosa nei tuoi occhi... anzi, che qualcosa mancava. Ti mancava la capacità di emozionarti, di provare sensazioni travolgenti e nuove, e lei ti ha fatto sentire così.
«E nonostante tutto, non ti dirò mai che ti voglio per me.»
Non ad alta voce, almeno.
«Andrò avanti per la mia strada, e tu per la tua.»
E preghi davvero di poterla trovare, una strada.
«Sposerai mio fratello, e lo renderai un uomo felice ogni giorno. Lo rispetterai, lo amerai, e lui farà lo stesso con te.»
E tu imparerai a non amarla.
Sai che il tuo tono può sembrare anche troppo duro, ma dev'essere così. Mostrare ancora la tua debolezza, i tuoi stupidi sogni non farebbe altro che peggiorare la situazione, e non puoi permetterlo.
«Non voglio sbagliare ancora» sussurra lei, allontanandosi da te, lasciando al posto della sua mano solo freddo.
«Non lo farai» la rassicuri, stavolta in modo gentile, carezzandola con lo sguardo.
Poi la porta di una camera si apre ed esce nel corridoio una coppia di anziani, marito e moglie forse.
Ne approfitti e decidi di andartene, non riesci più a restare lì. Hai bisogno di aria e di una sigaretta.





Pomeriggio





I can't believe you're gone






La chiesa è pronta: i banchi sono decorati con rose bianche ai lati, le eleganti sedie dove ci saranno gli sposi coperti con della stoffa dello stesso colore, e tanti altri fiori riempiono anche la zona dell'altare.
Con un sorriso malinconico pensi che probabilmente tua madre avrebbe riempito la chiesa di rose blu. Amava quel colore, come te. L'unica cosa di quel colore che ti hanno permesso di portare oggi, però, è la cravatta che indossi: un blu chiaro, quasi azzurro. Dicono che si intoni ai tuoi occhi.
Ti siedi in fondo alla chiesa vuota, e osservi.
Osservi due donne che sistemano gli ultimi fiori, scegliendo la disposizione adatta affinché tutto risulti il più perfetto possibile.
Osservi le tue mani, le stringi forte a pugno e poi le riapri. I lievi segni rossi lasciati dalle tue unghie sui palmi sembrano piccole cicatrici destinate a sparire semplicemente, così come si sono manifestate. Forse dovresti trattare anche lei come una piccola e insignificante cicatrice.
Prima o poi il dolore sparirà senza lasciare alcun segno visibile.
Ti volti verso le grandi vetrate della chiesa, e osservi il cielo grigio. Fuori è tutto ricoperto da una leggera foschia, e la cosa non ti dispiace. Certo, forse non farà poi così tanto piacere agli sposi, ma almeno quel tempo si accorda con il tuo umore. Una giornata di sole sarebbe stata davvero intollerabile per te.
D'un tratto senti qualcuno sedersi accanto a te. Con la coda dell'occhio riconosci la sagoma di un uomo che non pensavi sarebbe davvero venuto oggi.
«Sai, non pensavo che tuo fratello si sarebbe mai sposato. Ho dei dubbi anche su di te, a dire il vero.»
Ascolti le sue parole, ma preferisci non rispondere. Non ne vale la pena; non ne è mai valsa la pena.
«Però sono felice. Sul serio, mi fa piacere che abbia trovato la donna giusta per lui, la compagna per tutta una vita.»
«A differenza tua» sputi fuori, senza riuscire a trattenerti.
Non ti volti nemmeno a guardarlo, ma sai che ora ti sta fissando. E se tu provassi a ricambiare quello sguardo sai già che ne rimarresti incatenato. E' sempre stato così con lui: i suoi occhi non lasciano scampo; nonostante siano così simili ai tuoi hanno qualcosa di... di magnetico.
«Mi dispiace.»
«Beh, avresti dovuto dirlo prima, non credi?»
«Non sai quante volte avrei voluto...»
«Avrebbe dovuto dispiacerti quando l'hai lasciata sola» lo interrompi, stanco di sentire il solito ritornello per l'ennesima volta. «Oppure quando io e mio fratello chiedevamo dov'eri, senza sapere che fine avessi fatto. Oppure ancora quando hai saputo che lei era morta e non ti sei fatto vedere nemmeno al suo funerale. Nemmeno un biglietto. Nemmeno un fottuto telegramma» sussurri stringendo i denti, pieno di rancore, e quasi ti infastidisce aver detto quella parolaccia in un luogo sacro, sebbene della sacralità non te ne fosse mai importato particolarmente molto. Forse è averla usata in un discorso su tua madre che ti disturba.
«Per favore...»
«Sta' tranquillo, non farò una sfuriata qui, e non ti prenderò a male parole. Ma solo perché è il suo matrimonio, e non si merita che tu gli rovini tutto. Loro non se lo meritano.»
«Ascoltami bene» dice, e senti una sua mano sull'avambraccio destro, come se cercasse quel contatto che aveva perso tanti anni fa. «Sono ancora tuo padre e, che ti piaccia o meno, continuerò ad esserlo.»
Ed è in quel momento che ti volti verso di lui. Nel momento in cui senti il suo tono così deciso e duro, come se stesse davvero rivendicando un suo diritto.
Finalmente incontri i suoi occhi celesti così simili ai tuoi e, come prevedevi, ne rimani incatenato. E' anche per questo che non vuoi parlare con lui, perché sai che poi, probabilmente, finiresti per perdonarlo, ed essere arrabbiato con lui ti serve. In questo momento, ne hai bisogno.
«Smettila» mormori, quasi tremando dalla rabbia, o dalla paura, o dall'incapacità di reagire.
«Ascoltami.»
Avevi quasi dimenticato come suonava la sua voce. E' autoritaria, ma allo stesso tempo sembra lasciarti possibilità di scelta.
«Io ho sbagliato, e questo non l'ho mai negato. Il mio errore più grande, però, è stato non ammetterlo fin dall'inizio, ma ti accorgerai anche tu che ammettere i propri sbagli e dire la verità non è sempre la cosa più facile da fare.»
Quando dice quelle parole senti un brivido attraversarti la schiena.
Colpito e affondato.
«Voglio bene a te e a tuo fratello. Ho amato tua madre, e non la dimenticherò mai, ma non tutti hanno lo stesso modo di manifestare i propri sentimenti. Io ero giovane, avevo paura di quello che provavo e delle responsabilità» dalla sua espressione capisci che anche per lui è difficile dirti quello che ti sta confidando. «Avevo appena sposato tua madre, e credevo che quello sarebbe stato l'impegno più grande che mi sarei preso per un bel po' di tempo. A ventitré anni ti fai trasportare dall'amore e dall'incoscienza, non certo dalla voglia di diventare padre...» dice, sospirando e guardandoti intensamente. «Ho avuto paura, ma ho cercato di resistere. Quando ho conosciuto quella ragazza... beh, lei mi ha ricordato com'era vivere davvero. Senza responsabilità, senza figli, senza pesi sulle spalle. E io non ho saputo resisterle; come un completo idiota l'ho seguita, abbandonando voi e vostra madre.»
Vedi dal suo volto che per lui è difficile dire ciò che sta dicendo, ma la compassione è l'ultima cosa che provi, in quel momento.
«Io non ti incolpo per esserti reso conto di essere stato avventato. Posso capire che quando siamo nati tu eri giovane» gli dici, e quando ti sente parlare i suoi occhi si illuminano di una speranza che forse credeva di aver perduto. «E posso anche capire che ti sei reso conto di non provare più per mamma quello che sentivi una volta, ma non capisco, non capisco» ripeti, marcando quelle due parole «come tu possa essertene andato senza una parola. Io sono quello che sono, non sono perfetto e non lo sarò mai. Probabilmente sarò anche sempre un bastardo con le ragazze, ma mai, mai mi salterebbe per la teste di abbandonare i miei figli. Potevi tornare ogni tanto, potevi venire a trovarci. Se proprio non sopportavi l'idea di vedere nostra madre potevi incontrarci da soli, ma non l'hai fatto. E per questo non ci sono scuse.»
Eccola, la verità.
Era stato il senso di abbandono a farti infuriare e soffrire. E a quello, tuo padre, non poteva rimediare ora.
«Non sto cercando scuse. Te l'ho detto, ho sbagliato e lo so. Non pretendo che tu mi perdoni ora, ma ti sto chiedendo di provarci, come ha fatto tuo fratello.»
Giusto, tuo fratello dev'essere stato un santo in una vita precedente, visto come tratta vostro padre. Non che l'abbia perdonato di punto in bianco, questo no, ma di certo non gli ha sbattuto la porta in faccia. L'ha ascoltato, gli ha dato una seconda possibilità, e l'ha anche invitato al suo matrimonio.
Ora toccherebbe a te fare il grande passo: un abbraccio, una stretta di mano, un sorriso e si ricomincia da capo.
No.
Non si cancella quello ti ha fatto, e non si perdona.
Però anche tu hai sbagliato, e ignorare completamente tuo padre sarebbe davvero da ipocriti.
La chiesa si sta lentamente riempiendo. Qualche invitato inizia a prendere posto, più che altro signore anziane che occupano subito i banchi davanti, dove c'è una visuale migliore.
«Non ho nessuna intenzione di perdonarti» gli dici, avvicinandoti un poco a lui, ma continuando a fissare la gente che entra. «E nemmeno di capirti» chiarisci subito, in modo da non dargli false speranze. «Ma anch'io ho sbagliato, ho fatto l'errore più grande che potessi commettere, e se un giorno dovessi dirlo a voce alta, vorrei avere qualcuno al mio fianco. Vorrei avere una seconda possibilità.»
Stavolta lo guardi, ma vedi tutto come ricoperto dalla stessa leggera foschia che c'è fuori. Colpa delle lacrime che non ammetterai mai di voler versare.
Tuo padre annuisce appena con la testa. Per quel poco che lo conosci, sai che l'hai reso felice; non chiedeva altro che una seconda possibilità, e ora l'ha ottenuta. Quasi.
Ad un tratto ti volti, come se qualcuno ti avesse chiamato, come se qualcuno avesse pronunciato il tuo nome, ma l'unica cosa che vedi è lei.
Come un'ossessione, come una morta che torna dall'aldilà per ricordarti che lei c'è stata, e non la potrai dimenticare tanto facilmente.
La fissi per un istante, e quando anche lei ti fissa ti alzi.
Lasci lì tuo padre, uno zio che era venuto a salutarti e la futura sposa.
Semplicemente ti alzi ed esci.
Fuori non si vede bene, la foschia è ovunque, ma dopotutto pensi che ci sia qualcosa di miracoloso in quella nebbia.
Allunghi una mano davanti a te e fendi quel fumo chiaro. E' l'unico modo che hanno gli esseri umani per toccare le nuvole. Te lo diceva sempre tua madre che la nebbia aveva in sé qualcosa di magico, di inspiegabile.
Le uniche cose che riesci a distinguere chiaramente sono le foglie secche sotto e vicino ai tuoi piedi. Fai qualche passo e le senti accartocciarsi ogni volta che le calpesti. Ogni passo in avanti è lasciarsi alle spalle il passato. Tutti danno per scontato un'azione quotidiana come il camminare, eppure ti viene da pensare che è una delle cose più difficili da fare. Quando cammini, sollevi una gamba e sposti il baricentro in avanti, fuori dalla base d'appoggio. Fai tutto quello che serve per cadere e cadresti, se non fosse che all'improvviso ti puntelli, appoggi il piede e subito ti sbilanci di nuovo. E' l'unico modo di spostarsi adottato dall'uomo che si basi su una perdita d'equilibrio: spingere il centro di gravità oltre il limite di sicurezza.
Dovresti farlo anche tu, spingerti oltre il tuo limite di sicurezza. E, di nuovo, la tua sicurezza è lei. Lo è anche tuo fratello, ma visto che ora sono una cosa sola, devi importi di prendere un minimo di distanza da marito e moglie.
“Tra marito e moglie non mettere il dito”. Più che un proverbio in questo momento ti sembra una presa in giro.
Il tuo cellulare suona. Infili una mano in tasca e lo estrai, osservando il display lampeggiante. A caratteri minuscoli campeggia un nome di ragazza, un nome che sinceramente non riconosci. Continui a fissare lo schermo, sforzandoti di ricordare, di collegare quelle lettere ad un volto, ma non ci riesci.
Poi hai un flash: la notizia del matrimonio, lei che ti fissa dispiaciuta, tu che sorridi, ti congratuli e poi te ne vai. Ecco, probabilmente, quel nome si inserisce nella serata successiva, di cui ricordi nitidamente solo la presenza di parecchio alcool.
Lasci che il telefono squilli mentre lo rimetti nella tasca dei pantaloni, e anche mentre ti accendi una sigaretta.
Inspiri.
Espiri.
Fumare è facile.
Amare è facile.
Dimenticare è difficile.







Sera




In loving memory of...






Altro lato piuttosto scomodo dell'essere il testimone dello sposo è dover fare il discorso.
Non ti è mai piaciuto essere al centro dell'attenzione, specie in occasioni formali o importanti come questa.
Controvoglia ti alzi, prendi in mano il tuo calice e ti schiarisci la voce, mentre tutti ti fissano.
Ti guardi attorno per qualche secondo, cercando di trovare una faccia, un particolare su cui concentrarti. Sapevi di doverti scrivere il discorso sulle mani, ma ti sembrava troppo da stupidi. La figura dello stupido però rischi di farla ora, visto che non ti ricordi assolutamente una parola di quello che avresti dovuto dire.
Non ti volti, ma sai che tuo fratello sta iniziando a spazientirsi.
Respiri a fondo, ti schiarisci di nuovo la voce e poi ti butti.
«Come sa bene mio fratello, qui» inizi, posando una mano su una spalla del ragazzo seduto accanto a te «io non sono certo la persona più adatta a fare discorsi, specie se strappalacrime...» aggiungi, provocando un risolino di sottofondo tra gli invitati.
Inizio penoso.
«Non sono bravo con le parole, e a volte nemmeno con i fatti...» dici, sforzandoti di mantenere un'aria tranquilla e superficiale, adatta al momento, adatta alla tua facciata. «... ma visto che oggi è un giorno così importante, cercherò di mettere su un discorso degno di questo nome!»
Un sorriso falso.
Altre risa dagli invitati.
Dopotutto, è piuttosto facile ingannare la gente. La parte difficile è ingannare se stessi.
Abbassi gli occhi, fissando il calice mezzo vuoto che tieni tra le dita; fai ondeggiare un po' lo spumante che c'è dentro, perdendoti ad osservare quelle centinaia di bollicine che si formano. Poi fai un respiro appena più profondo degli altri, e la tua voce esce.
Che lo spettacolo abbia inizio.
«Sapete, non penso che sia facile trovare il vero amore, l'anima gemella, la persona che ci completa, o come la volete chiamare. E' una sfida, una partita che a volte vinciamo... e a volte perdiamo» e non ce la fai a non lanciare un'occhiata in direzione di lei, della tua partita persa «... ma è una partita che vale la pena di essere giocata. Certo, probabilmente cadremo e ci faremo male, ma sapremo di non essere soli» cosa che invece tu ora sei. Sei solo, lei è morta. Lei è come una vecchia canzone che continui a cantare sempre, di giorno, di notte, per non sentirti solo, ma quelle note sono l'unica cosa che ti rimane di quello che è stato e che non doveva essere.
«Ho sempre visto mio fratello come un riferimento» dici, cambiando leggermente il centro del tuo discorso. «Una persona che per me c'è sempre stata, anche quando non lo meritavo, e che mi ha sempre fatto sentire parte di una famiglia» ed è vero, dannazione, è tutto vero. Moriresti per lui, eppure sei comunque riuscito a tradire la sua fiducia. Deglutisci senza farti notare, senza far vedere che in realtà stai sudando freddo. Accenni un sorriso piegando appena gli angoli delle labbra secche e cerchi di riprendere a parlare. «Quando mi ha detto che si sarebbe sposato, devo ammettere di essere stato un po' geloso. Ora non ho più io la precedenza in famiglia...» dici, e ti sorprendi di riuscire ancora a fare delle battute. Penose, certo, ma per lo meno mantengono l'apparenza.
Gli invitati ridono e continuano a puntare i loro occhi curiosi su di te. Si aspettano che tu te ne esca con qualche frase ad effetto, o forse semplicemente con un discorso degno di essere ascoltato e ricordato. Non sanno che in realtà la tua mente è vuota, la tua bocca è vuota, tu sei vuoto.
«... Poi però ho capito che questa è la sua partita, una partita che ora sta vincendo, e l'unica cosa che posso fare è brindare a questa fantastica coppia!»
Concludi e alzi il calice verso gli sposi, dando fondo a tutta la tua resistenza.
Ancora cinque minuti ed esploderai.
Lasci tutti alle loro chiacchiere, e con uno sguardo dispiaciuto ti congedi anche da tuo fratello.
Quando esci fuori dei timidi raggi di sole fanno capolino tra le fitte nubi, e la foschia si sta lentamente diradando. Troppo tardi, ormai quella poca luce sta già tramontando, se ne sta andando senza lasciare traccia, come se non fosse mai esistita.
Terza sigaretta.
E pensare che volevi smettere.
Fanculo.

Non tieni conto del tempo che passi fuori dal tendone del ricevimento.
Ogni tanto scambi qualche parola con altri invitati che escono a prendere una boccata d'aria, ogni tanto senti della musica e un vociare allegro e spensierato.
Poi decidi di sederti su una muretta lì vicino, poggi gli avambracci sulle ginocchia e ti concentri sul tuo respiro che si condensa a causa dell'aria fredda.
Forse dovresti rientrare, o almeno metterti un cappotto, ma non hai voglia di rientrare in quel circo, non ancora.
«Non fa un po' troppo freddo qui fuori?»
Alzi lo sguardo, e c'è di nuovo lei. Ancora avvolta nel suo vestito bianco, con una mantellina dello stesso colore ad avvolgerle le spalle esili.
Riabbassi lo sguardo e scrolli le spalle. «Non così tanto.»
«Non vuoi... non vuoi rientrare?» ti chiede, sfregandosi le spalle per scaldarsi.
«Avevo bisogno di schiarirmi le idee. L'aria fresca fa bene, ma tu puoi rientrare. Non vorrei che la sposa si ammali il giorno del suo matrimonio.»
Le sorridi appena, e lei ti ricambia.
E' felice, lo capisci dai suoi occhi. E' finito tutto per il meglio.
“Baciami.”
Questa richiesta è irrazionalità pura, è follia, e ti penti di averla fatta nell'istante stesso in cui senti la tua voce pronunciare quell'unica preghiera.
Non sai nemmeno come diavolo ti è venuta in mente una cosa simile.
Eppure lei lo fa. Si abbassa verso di te, fino a che i vostri nasi si sfiorarono. Esita per un istante, sentendo il tuo respiro, poi lentamente sfiora le tue labbra con le proprie e le unisce in quel bacio che sa d'addio.
Istintivamente tu le posi le mani ai lati del volto, stringendolo, quasi aggrappandoti a lei come se fosse aria, ossigeno.
Quello è il senso.
Quel bacio è il motivo.
Per quei baci avresti potuto fare qualsiasi cosa e, assaporando quelle labbra morbide e perfette ti rendi conto che quella sensazione ti era mancata in quei mesi come mai avresti immaginato.
Lei è un angelo.
E quando si allontana da te, rimettendosi dritta e guardandoti dall'alto in basso, è come se si fosse trasformata.
Lei è il diavolo.
Poco importa che indossi un vestito bianco: è solo apparenza.
E la paura che ora qualcuno possa vedervi è l'ultima cosa che ti preoccupa. Ora capisci che avrai bisogno di molto più che un po' di buona volontà per lasciarti tutto alle spalle.
Come puoi fare?
Come puoi dimenticarla?
«Scusa.»
Non hai nemmeno la forza di risponderle.
Accetti le sue scuse, ma non sei neanche davvero sicuro di voler sentire delle scuse. Sul serio ti è dispiaciuto sentire ancora il sapore delle sue labbra sulle tue?
Sì.
No.
«Scusa tu» le dici, abbassando gli occhi.
E' sempre così con lei, non riesci a sostenere il suo sguardo.
«Possiamo considerarlo un bacio d'addio...» mormora, lanciando uno sguardo al tendone alle sue spalle.
«Dobbiamo considerarlo un bacio d'addio» ripeti, con tono sicuro.
«Allora io... credo che ora rientrerò. Sai, se sto troppo fuori inizieranno a preoccuparsi.»
«Hai ragione. Vai.»
Si incammina, poi, d'un tratto, si ferma. Non si volta, gira solo un po' il capo, guardandoti lievemente da sopra una spalla.
«Spero che le cose vadano meglio. Spero che questo peso possa alleggerirsi prima o poi. Spero che potremo perdonarci, un giorno.»
«Lo spero anch'io» mormori, ma non sai se ti ha davvero sentito.
Quando lei scompare alzi la testa e osservi le nuvole che si muovono lente nel cielo nero.
Il giorno che ti ha cambiato la vita sta per giungere al termine, e poi entrerà a far parte dei ricordi. Stanotte, però, avrai bisogno di ben più di un paio di pecorelle per prendere sonno.
Sorridi, non sai nemmeno tu se per disperazione o per compassione verso te stesso.
Resti da solo ancora per qualche minuto, poi qualcun altro esce dal tendone.
E' tuo fratello.
E' una morsa al cuore e una lacrima che non sai se riuscirai mai a far scendere.
Ti sorride raggiante e tu lo ricambi, solo un po' meno raggiante.
«Mia moglie mi ha detto che eri qui» dice, e senti il suo orgoglio quando parla di lei.
«Sì, avevo bisogno di un po' d'aria» ripeti, e stavolta sai di essere sincero, almeno in parte.
Dopo qualche istante prolungato di silenzio ti volti verso tuo fratello e lo vedi ancora lì in piedi, accanto a te, le mani infilate nelle tasche dei pantaloni e la testa piegata leggermente all'indietro. Sta fissando il cielo buio. A intervalli regolari l'aria che esce dal suo naso si condensa in un leggero fumo e ti sembra quasi che lui sia ancora il tuo angelo custode.
Dopotutto, pensi, lui non ha mai smesso di esserlo, sei solo tu che hai smesso di meritartelo.
«Senti, io...»
«Ascolta» ti blocca lui, finalmente guardandoti negli occhi. «So che tra il matrimonio e il trasloco in questi ultimi tempi non ti ho badato molto, e mi spiace. Non sono stato un buon fratello» dice, e dai suoi occhi puoi capire quanto sia realmente dispiaciuto. Poi sorride appena, e la richiesta che esce dalla sua bocca ti mozza il fiato.
«Puoi perdonarmi?»





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Hola gente!:)
Oddio, sono secoli che non pubblico più nulla su EFP!^^
Dunque, questa storia è stata scritta per un contest indetto sul forum di EFP, e la traccia principale è rappresentata dalla canzone "In loving memory" degli Alter Bridge, da cui ho preso i versetti all'inizio di ogni parte della storia.
Un'altra precisazione: “Quando cammini (…) il limite di sicurezza” è una frase che vorrei aver partorito io, ma - ahimè^^ - ho trovato su internet, e non sono riuscita a scoprire a chi appartenesse. Resta comunque il fatto che non è farina del mio sacco!
Ultima cosa, ho avuto qualche problemino con l'html, ma ora la storia dovrebbe essere leggibile decentemente.
Come sempre, mi farebbe piacere sapere cosa ne pensate, e in caso di consigli del tipo 'datti all'ippica' chiederei un po' di tatto!XD
Per il resto, spero che leggendo questa mia sottospecie di storia abbiate passato qualche minuto senza pensare a tutto quello che vi aspetta domani a scuola, all'università, al lavoro e bla bla bla.
Buona serata a tuuuutti voi!;p






Besos,
Vale




  
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