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Autore: Mirokia    31/01/2011    6 recensioni
Poi il piccolo Hummel tornò ad urlargli contro, con più forza, con l’animo di qualcuno che non vedeva l’ora di essere lasciato in pace. O per lo meno di essere trattato come tutti gli altri. Karofsky gli alzò un pugno all’altezza del viso.
Non volevo colpirlo.
Volevo spaccargli la faccia.
Genere: Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri, Kurt Hummel
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Fino a morirne

 

 

 

-Si può sapere cosa vuoi da me?!-

Sentì rimbombare quelle parole alle sue spalle, tanto da essere costretto a voltarsi e a ribattere qualcosa di convincente.

-Ah, rispondi pure?-

 

Beh, molto originale come domanda, Dave. Non potevi trovare di meglio. Sei un incapace, forse? Come diavolo fai ad usare sempre toni e parole scortesi?

E cosa avrei dovuto dirgli? Fargli l’applauso perché finalmente era riuscito ad urlarmi qualcosa dietro? Cosa può fare una checca come lui? Urlare a vanvera, e basta.

 

 

Karofsky si stringe nel giubbotto nero, ma i brividi di freddo continuano a corrergli sulle braccia. Dentro di lui si sovrappongono per l’ennesima volta quelle due insistenti e isteriche voci che lo tormentano da ormai troppo tempo. Due voci che lottano fra loro. Una ha la forza della ragione, ha un lato umano e comprensivo, un lato che l’altra voce si affretta a mandare in pezzi con commenti ironici e pungenti, cattivi.

 

 

-Sto parlando con te!-

Kurt entrò correndo nello spogliatoio maschile. Da qualche parte in quel suo animo da First Lady aveva trovato il coraggio di rincorrere Karofsky.

-Lo spogliatoio delle femmine è di là.-

 

Che diamine, Dave. Tu Non sei tanto più uomo di lui.

Gli ho solo dato un consiglio, mica avrei voluto che i ragazzi, entrando, lo avessero visto. Si sarebbero spaventati.

O forse temevi soltanto di essere visto insieme ad Hummel?

 

-Qual è il tuo problema?- chiese ancora Kurt col viso rosso di rabbia.

 

Se avessi avuto il coraggio di dirti qual è il mio problema…

Sei tu il mio problema.

 

-Cos’è che ti fa tanta paura?- le labbra gli tremavano per lo sforzo.

-A parte te che arrivi qui per spiarmi l’uccello?- Forse stava davvero esagerando a parlargli in quel modo. Poi il piccolo Hummel tornò ad urlargli contro, con più forza, con l’animo di qualcuno che non vedeva l’ora di essere lasciato in pace. O per lo meno di essere trattato come tutti gli altri. Karofsky gli alzò un pugno all’altezza del viso.

 

Non volevo colpirlo.

Volevo spaccargli la faccia.

 

Quando Kurt iniziò a parlare a ruota, a difendere la sua natura, ad esaltarla con orgoglio, Karofsky non ci vide più dalla rabbia. O forse dalla vergogna. Si sentiva all’improvviso minacciato da tutto quel coraggio. Impaurito. Ma anche arrabbiato. Eppure non aveva intenzione di colpirlo. Ma si sarebbe sfogato diversamente, un modo lo doveva pur trovare. E pensò che baciarlo, forse, sarebbe stato il modo migliore per farlo smettere di blaterare e strillare. Pensò anche che era l’istinto che lo voleva spingerlo così oltre.

Guardare Kurt da lontano non bastava più. Picchiarlo non bastava più. Nemmeno riempirlo di insulti era più gratificante. Forse baciarlo. Sì, forse non sarebbe stata la peggiore delle idee.

E infatti lo fece, in un impeto di vergogna, angoscia, rabbia, follia o che altro, alla fine glielo diede un bacio. E provò a dargliene anche un secondo, ma lo sguardo di Kurt era spaventato e contrariato. Essere rifiutato fu per Karofsky un altro colpo basso. Se ne andò via quasi piangendo, ma lo stesso continuò a pensare che quel bacio non era stato vano.

Perché per un secondo si era sentito Dave. Non il Karofsky della squadra di football, non il bullo più temibile della scuola, non l’uomo di Neandertal che tanto amava spaventare Kurt. Semplicemente Dave.

Kurt lo faceva morire dentro, ogni giorno, eppure in quei pochi istanti, sentì che l’unico che poteva trarlo in salvo era sempre lui, Hummel. E odiava ammetterlo. Lo odiava, lo detestava.

 

 

Dave fissa con occhi vuoti il quarto bicchiere di Tequila di quella sera. Si mette una mano sugli occhi e si massaggia le tempie. Deve guidare per tornare a casa, non può permettersi di bere troppo.

 

Torna a casa e dormi un po’. Non dormi da tempo. E poi dovresti studiare…

Beviti quest’altro bicchiere e dimenticherai il dolore che ti porti dietro da anni.

 

-No.- ribatte Karofsky a quell’ultima frase che gli rimbombava in testa. –Tornerò a casa.-

 

Coraggio.

 

-Servirebbe anche a me una buona dose di coraggio.- Dice a se stesso, poi scuote la testa e ride fra sé al pensiero di Kurt che si agitava a quel modo solo per farsi valere, per fargli capire che anche i finocchi hanno il loro orgoglio, che anche i froci sanno difendersi come si deve.

E Dave sa fin troppo bene che non esistono armi più taglienti delle parole.

Il ragazzo tira fuori dal taschino interno del giubbotto una boccetta con delle piccole pillole bianche al suo interno, ma subito scuote la testa per la seconda volta e decide che, una volta fuori dal bar, le avrebbe buttate nell’immondizia.

Coraggio.

Se esistessero delle pillole con quel nome, di sicuro Dave ne avrebbe ingurgitate già una decina.

 

-Ti invidio, Kurt.- borbotta, alzandosi e avviandosi all’uscita.

 

Ti invidio,

fino a morirne.

 

 

§

 

E’ la prima volta che scrivo su Glee.

Ho sviluppato una passione viscerale per questa serie tv. ^^

Amo l’accoppiata Kurt/Karofsky, in particolare, come si sarà inteso, il personaggio di Dave.

Sono sicura che questa one-shot sia stata aperta dalle sole fans di questa coppia, che io ringrazio per aver letto questa mia piccola e insignificante opera ^^

Grazie per i commenti, se ce ne saranno. :D

 

Mirokia

   
 
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