Matthew non fumava ma aveva ormai da anni l’abitudine di portare sempre un accendino con sé.
Non si sa mai, si diceva, soprattutto da quel pomeriggio non bene identificato della sua adolescenza durante il quale era rimasto chiuso nella sua cantina al buio e al freddo – restando ad urlare, prendere a calci la porta difettosa e tremare per la claustrofobia per più di un’ora e mezzo prima di ricordarsi del pacchetto di sigarette e dell’accendino che Dom gli aveva dato in custodia per sfuggire ai serrati controlli materni. La fiamma di quel piccolo aggeggio aveva saputo sciogliere la paura come burro e far luce sulla serratura all’interno della quale la chiave si era spezzata, dandogli modo di compiere quella grezza ma efficace operazione di scasso che l’aveva restituito alla libertà.
Matthew era rimasto attaccato a quel salvifico oggetto come ad un talismano di cui avesse sperimentato in prima persona i poteri magici: non l’aveva mai restituito a Dom e quando si era scaricato ne aveva subito comprato un altro che prendesse il suo posto, convinto che un giorno ne avrebbe avuto lo stesso urgente bisogno.
E infatti, quella sera, Brian Molko era uscito dalla porta d’emergenza del locale per una fumata in solitaria – e aveva frugato, frugato e frugato nelle proprie tasche senza trovare niente che potesse accendergli quell’ipnotizzante sigaretta che gli pendeva fra le labbra lucide e morbide. Matt aveva esitato, azzardato un passo, poi un altro, infine aveva fatto schioccare la scintilla e gliel’aveva porta dicendo vuoi?, e Brian si era immobilizzato, sorpreso, ma per poco, perché subito si era riscosso e gli si era avvicinato sorridendo lentamente, sussurrando sì che voglio.








Note dell’autrice: nata nei cinque minuti successivi allo studio matto e disperatissimo di Leopardi, minuti durante i quali mi sono fumata la mia più che meritata sigaretta. Disimpegno è_è, perchessì.
Prendetela per quello che è - minuscola, fine a sé stessa, gioiosamente inutile – e perdonatemi XD