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Autore: ladyghostmilky    02/02/2011    2 recensioni
-La metterò al sicuro. Te lo prometto.-
Delicatamente Piton, prese la bambina dalle braccia di Alessa.
Alessa sospirò, prese una specie di diario, e lo diede a
Piton.
-Fai in modo che lo riceva...ti prego.- sorrise a Piton, mentre
prendeva il libriccino
e lo metteva in tasca.-Piccola mia.So che non capisci quello che ti sto
dicendo
ma ti voglio tanto bene...- sospirò sorridendo alla bambina
che batteva le manine divertita, capendo chissà che.
Sorrise alla madre, e poi a Piton ,quando la strinse sotto il suo nero
mantello.
-Severus vai. Te ne prego, adesso. Non voltarti, prima che io...io mi
penta...- si portò
una mano alla bocca dando le spalle all'uomo.
-Capisco il tuo dolore. Sarà al sicuro, e a undici anni,
frequenterà Hogwarts come previsto. Sarà proprio
come te, nei Grifondoro.-
Genere: Commedia, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Il trio protagonista, Nuovo personaggio, Severus Piton, Voldemort
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Da VI libro alternativo
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1:Una ragazzina particolare

Un focolare acceso che scoppiettava, e una donna molto giovane
era indaffarata a preparare la cena, canticchiando a labbra strette
una qualche melodia.
Si sentì un pianto di neonato, che ruppe subito quel momento di felicità.
La donna, corse subito di sopra, prese in braccio la bambina, e assieme a lei,
scese le scale in pietra.
Qualcuno bussò alla porta.
La donna con la bambina in braccio sorrise.
-Deve essere Lui, piccola mia!- aprì la porta violentemente con un'aria raggiante, ma
si spense presto dal suo volto, quando invece del suo amato, apparve un uomo, dai capelli neri e
unticci, con un naso adunco, occhi neri come il carbone, e uno sguardo gelido, ma spaventato.
Ansante tremava davanti alla porta e la donna sorpresa e attonita lo guardò scuotendo il capo,
con la bocca semi aperta aspettava di sentir parlare l'uomo.
Lo conosceva molto bene, ma nonostante non lo vedesse da parecchio,
era sorpresa che lui l'avesse trovata, e in quel momento, era lì,davanti alla porta affannato.
-C...cosa ci fai qui tu!?- iniziò a preoccuparsi la donna.
Deglutì e aspettò una risposta dall'uomo, la quale non tardò ad arrivare.
L'uomo alzò il capo e la guardò un po' tremante, sospirò e si prese di coraggio.
-Vuole la tua morte. E vuole la bambina. Dovete mettervi al sicuro.-
pronunziò freddamente leccandosi le labbra di un color olivastro.
La donna indietreggiò alle parole del suo interlocutore e
scuotendo il capo, e mostrando un'espressione accigliata ribattè.
-Chi vuole la mia morte?!Non pensare di incantarmi....NESSUNO, vuole la mia morte.-
lo guardò un po' malignamente stando sulla difensiva, non si fidava affatto di lui.
Mentre stringeva la bambina ancora in braccio, alzò la mano destra e con il dito indice indicò l'uomo.
-Mio marito mi proteggerà. Lui è un mago forte, audace, il più...-
mosse il dito verso di lui come per metterlo in guardia, ma lui la bloccò e non la fece finire di parlare.
-E' proprio lui che vuole la tua morte, Alessa. Se non vuoi credermi, sei libera di non farlo,
ma metti in salvo tua figlia, se ci tieni a lei.-
La donna guardò negli occhi l'uomo. Non poteva credere, era incerta che il suo amato,
volesse uccidere lei, e sua figlia. Scosse il capo e stava per chiudere la porta.
L'uomo frappose il piede tra l'apertura della porta affinché
quest'ultima non venisse richiusa da Alessa.
L'uomo sospirò forte e aspettava una decisione della donna.
-Severus, stai dicendo la verità?Lui...lui ci vuole morte?- tentennava la giovane donna dai
capelli mossi e castani fino ai fianchi, in quel suo vestito blu scuro, che le stava abbastanza stretto.
Piton non si oppose più, Alessa potè percepirlo dalla pressione
che non stava esercitando più da dietro la porta. -Lasciami entrare, ti spiegherò.
Se vorrai sentire, se vorrai capire,
ciò che fa LUI, in queste sue lunghe assenze da te,
allora credo che potremmo anche parlarne dentro...- Alessa aprì titubantemente la porta,
la bambina sorrideva nelle braccia della madre,
e sul suo viso si colorò un'espressione di curiosità non appena Piton,
incrociò gli occhi castani della piccola.
Alessa fece accomodare Piton, assieme
al quale conversò delle innumerevoli cose di cui si occupava il marito della giovane,
quando era lontano da lei.
Alessa quando capì,sospirò,guardò negli occhi di Piton e sorrise amaramente.
-Io l'accetto per com'è. Non posso smettere di amarlo. Non posso.-
Piton capì anche lui, e stava per alzarsi.
Alessa scoppiò a piangere, lo supplicò strattonandolo dalla veste nera che indossava.
-Ti prego. Portala via!Portala al sicuro. So che non sono stata una buona madre,
 ma voglio salvarla. So, che sono stata una sconsiderata a sposarlo,
 ma....io...non...non posso lasciarlo e...- Piton sospirò forte e l'ammonì.
-Dovresti pensare a tua figlia invece che a lui....non a tutti e due, solo a lei...-
Alessa stava piangendo disperatamente, e Piton la stava ancora guardando.
-Severus....ti prego....ti...- lo supplicava scuotendo il capo e guardando
in quegli occhi neri freddi, pieni di rimprovero verso di lei.
Piton volse lo sguardo sulla bambina.
 Era fragile e così innocente che non stava capendo niente
di tutto quello che stava succedendo, sorrideva.
-La metterò al sicuro. Te lo prometto.-
Delicatamente Piton, prese la bambina dalle braccia di Alessa.
Alessa sospirò, prese una specie di diario, e lo diede a Piton.
-Fai in modo che lo riceva...ti prego.- sorrise a Piton, mentre prendeva il libriccino
e lo metteva in tasca.-Piccola mia.So che non capisci quello che ti sto dicendo
ma ti voglio tanto bene...- sospirò sorridendo alla bambina
che batteva le manine divertita, capendo chissà che.
Sorrise alla madre, e poi a Piton ,quando la strinse sotto il suo nero mantello.
-Severus vai. Te ne prego, adesso. Non voltarti, prima che io...io mi penta...- si portò
una mano alla bocca dando le spalle all'uomo.
-Capisco il tuo dolore. Sarà al sicuro, e a undici anni,
frequenterà Hogwarts come previsto. Sarà proprio come te, nei Grifondoro.-
apostrofò freddamente guardando di tanto in tanto
 la piccola ridere sotto il mantello nero che lui indossava.
-Lo spero. Lo...lo spero.- finì li di parlare, e fece cenno a Piton di andare,
perché aveva troppo dolore in quel momento.
Così Piton, camminò verso la porta, e sparì, richiudendosela dolcemente alle spalle.

Il sole che inondava dalla finestra sporca, la fece svegliare subito, assieme alle urla della giovane che aveva potere su di lei, e che da ben quattro anni, la stava opprimendo.
Era stata messa in una soffitta, e anche se quella non era decisamente una reggia, lei stava bene, era stata abituata a cavarsela con poco. -Svegliati!-
gridò una ragazza sulla ventina d'anni, capelli rossi arruffati, e una cuffietta da cameriera in testa.
Il vestito, era quello di una colf, segno che doveva pulire.
-Cosa c'è?- chiese la bambina dai capelli mossi castani e lunghi, e dagli occhiali dalla montatura in plastica di color bianco. Le eran stati fatti così, affinché non si rompessero.
Era sdraiata sul letto, quando quella donna aveva sbattuto
la porta e l'aveva fatta sobbalzare, e in quel momento, era seduta sul letto, pronta a scattare.
-Oggi ti devon venire a prelevare!Ti hanno scelta...tzè...-sbuffò la rossa  storcendo il naso,e guardandola male.
La bambina sospirò, si stropicciò gli occhietti da sotto gli occhiali.
Era forse in qualche modo contenta, contenta che finalmente anche lei avrebbe avuto una mamma e un papà.
Senza neanche salutare, scese di sotto chiudendo la porta con velocità, mentre la donna bifinchiava delle cose apparentemente senza senso.
Non appena si pulì e si vestì con i suoi abiti migliori,-una gonnellina grigia scolorita e ricucita,
e un maglione in lana color peperone, ormai stretto e logoro- si presentò nel salone, dove tutti stavano aspettando.
Una bambina dai capelli ricci e rossi, colse la sua attenzione non appena varcò la grande soglia del salotto piena di quadri, un caminetto e delle costose quanto vecchie poltrone rivestite in velluto marrone.
Un lampadario di cristallo era lì, ed era anche lui molto vecchio, segno che l'orfanotrofio c'era ormai da molti anni. La bambina era piuttosto tesa, ma curiosa di conoscere quelle persone, che avrebbe chiamato mamma e papà.
Un signore molto magro con dei brizzolati e neri baffi,una ispida barba, e due occhi piccoli castani, era davanti a lei, e la stava osservando, come se  avesse qualcosa di diverso.
Accanto a lui, una signora corpulenta, con i capelli corti,
ondulati e castani. Portava degli occhiali
molto grandi per il suo viso, e la ragazza,
non potè non notare il suo vivace vestito verde pistacchio,
 che stonava tanto con quella sua carnagione così chiara.
 La bambina dai capelli castano rossi iniziò a parlare.
-Mamma, ho fame. Perfavore, prendiamola e andiamo via,
non voglio restare qui, mi annoio!- brontolò seccata
guardando accigliata la bimba che aveva davanti e che subito abbassò
 la testa, per paura di essere sgridata.
La bimba, corpulenta come la madre,era davvero viziata, e i suoi occhi castano chiaro,
 la stavano trafiggendo, la stavano, criticando, la bimba se ne accorse ma non disse nulla.
-Tesoro, suvvia. Dobbiamo fare conoscenza di questa signorina, o no?-
chiese sorridente e la bambina la guardò un po' felice,
quando la signora sorrise e le si abbassò per alzare il suo
visino e restò un po' male, quando   fece un'esclamazione di stupore.
-Oddio tesoro!Ma guarda che occhiali...assolutamente orribili....- sospirò
la  signora sconcertata mentre scuoteva il capo.
La bambina si sentì come sempre, era scesa da quel gradino di piccola felicità
 su cui era salita poco prima.
Abbassò la testa e stava quasi per piangere,
non sapeva perché ma iniziò a tremare.
La bimba dai capelli rossicci, restò un po'
perplessa da quella situazione, ma poi subito sbuffò.
-Mamma, perfavore!-concluse e sbattè mani e
piedi paffute contro piedi e bracci della poltrona logora e marrone. 
-D'accordo, d'accordo Mary, scegliamo lei. Non metterti a strillare però...- sospirò il padre che non ne poteva più.
Così quella bimba così timida, dopo aver salutato i suoi amici
nell'orfanotrofio e, aver passato il cortiletto
e il sentiericcio che dava in strada salì in quella macchina vecchia, una familiare di color miele.
-Come ti chiami?- chiese freddamente la donna alla bambina, dopo che ebbe chiuso lo sportello.
-Cacca...- rispose prima la bambina dai capelli rossi-castano, ridendo poi da sola ironicamente.
La madre si voltò, notò l'espressione sorpresa della bimba
 timidissima ,e da sotto quegli occhialoni da vista, disse alla figlia.
-Tesoro non sta bene. Non la prendere in giro....-sospirò la madre ma
la bimba stava esagerando.
-Ti chiami Cacca!Cacca!Ti chiami Cacca!- saltellò sul sedile dell'auto prendendola in giro.
La bimba, non sapeva cosa fare, era stata sempre presa in giro
per quegli occhiali che non le piacevano, per il suo aspetto sciatto,
ma non voleva che lo facessero ancora, era troppo agitata
in quel momento. Per ben quattro lunghi anni, aveva sopportato.
 La sua testa, stava esplodendo di tutte le cattiverie che aveva subito, quando successe.
-BASTA!- ebbe il coraggio di gridare, e mentre iniziò a piangere, un tuono squarciò l'aria
e iniziarono a piovere dal cielo delle rane, e misteriosamente  c'erano anche in macchina.
La bimba che poco prima stava  saltellando infantilmente sul sedile,
era adesso in preda al panico, vedendo quelle rane sui sedili di dietro
sul parabrezza della macchina e la signora si inorridì vedendole anche
sul suo vestito. La bimbetta timidissima invece, aveva subito sgranato
gli occhi e spalancato la bocca, si era ritrovata una ranocchia sulla testa, e altre le erano vicine, sorrise.
-Io mi chiamo Hadel, non mi chiamo Cacca.- sorrise alla signora,
che invece come il padre, stava impazzendo, e si era messa ad urlare, così come la bambina dai capelli rossi.
Dopo quello che aveva involontariamente fatto,
i signori Jones, così si chiamava quella famiglia, cercarono di restituire il "pacco guasto" al mittente,
ma niente da fare, l'orfanotrofio, sbattè loro le porte.
-Non ci resta che tenercela!- sbottò il padre. -Io volevo una bambina normale!
Non una piccola ragazza guasta e disturbata!- sospirò come se una calamità lo avesse colpito.
La bimba non capiva. Non sapeva come mai lei fosse capace
di fare cose che altri non facevano, non lo sapeva proprio
  
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