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Autore: laFrantz    03/02/2011    1 recensioni
Questa è solo una piccola storia che inizia e si conclude in se stessa. Nessuna epicità, nessuna grande rivelazione, nessuna tensione drammatica.
Ha sì dei tratti comici, ma quel che mi interessava era raccontare di un siparietto della vita da professore di Severus Piton.
[Non temete: questa volta la storia sarà completata, dato che l'ho già finita di scrivere.]
Genere: Comico, Commedia, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Albus Silente, Pomona Sprite, Severus Piton, Tassorosso
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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 Avanzò a balzi per le scale, dritto al dormitorio del quinto anno Tassorosso: appariva simile a una furia nera, immerso nel rosso nemico delle decorazioni nemiche. Tale era la fulmineità che scontrò Kevin Whitby e lo fece cadere.
 «Mi scusi, signor Whitby.» sbottò Severus Piton, fermandosi di colpo per controllare la natura dello scontro, ma ancora distratto dal desiderio dir aggiungere la sua meta. Il ragazzo bofonchiò un niente e, da terra dov'era, sgusciò con una mossa fulminea nell'intento di dar le spalle al professore e allontanarsi da questo il più in fretta possibile: il gesto sembrò all'insegnate un po' innaturale e fece risuonare nella sua mente un campanello d'allarme.
 «Aspetti, signor Whitby.» tuonò.
 Il ragazzo si irrigidì di colpo: Piton era spaventoso, ma non al punto da creare timore in un ragazzo oramai avvezzo da anni al professore più odiato di Hogwarts.
 «Lei è uno studente del quinto anno, assieme ad Herbert Fleet, se non sbaglio. Ha sentito, per caso, il trambusto di stamattina creatosi attorno al suo compagno? Sa di cosa l'ho giust'appunto accusato? No? Furto.» scandì la parola furto affinché il suo disprezzo fosse comprensibile anche alle mura. D'altronde nell'etica di Severus Piton la colpa di cui ipotizzava si fosse macchiato il giovane tassorosso era ben grave, nonostante i particolari risultassero ad occhio altrui un po' buffi.
 Alcune testimonianze vaghe, legate a un calcolo delle coincidenze aveva ristretto il campo in cui cercare il ladro a due gruppi di studenti: il quinto anno Grifondoro e quello Tassorosso. Sebbene Piton fosse più propenso a affidare ai primi ogni sorta di colpa, era stato nei secondi che aveva avvistato segni di turbamento e circospezione grossolana. Immerso nell'ombra dell'indifferenza degli studenti, aveva osservato i suoi ragazzi e aveva tratto le sue conclusioni: un nome era poi risultato spiccare tra gli altri: Fleet: assente nei momenti sbagliati, presente altrove in momenti sbagliatissimi.
 Una litigata furente con la professoressa Sprite aveva aperto le danze, ma non aveva frenato lo svolgimento dei fatti. E in quell'ora e in quel corridoio i fatti si erano materializzati nella solidarietà tra compagni, o meglio in un compagno che tentava di coprirne un altro.
 «Signor Whitby, potrei gentilmente vedere cosa contengono le sue tasche?» sibilò Severus Piton con il tono sensuale di chi sta vivendo un attimo lussurioso: aveva colto nel segno: glielo diceva l'agitazione crescente di Kevin Whitby.
 «Non ho niente nelle tasche.»

 «Allora non avrà problemi a vuotarle.»
 «Non sono fatti suoi cos'ho in tasca.» rintuzzò aspro il giovane.
 Avrebbe potuto insistere con l'evocazione dei suoi diritti su cui neanche Piton poteva camminare, creando, sì, un'apparente ammissione di colpa, ma senza che questa potesse inficiare la sua libertà (quanto meno momentanea) di defilarsi con il suo fagotto, lo stesso fagotto che, però, aveva già estratto dal mantello e porto a Piton, bofonchiando un «E' tutta colpa di Herbert.».
 Il professore ebbe tempo di pensare solo «Cazzo, cazzo, cazzo: io ho sempre maledettamente ragione.», prima che il suo braccio cadesse automaticamente sul bavero del ragazzo per trascinare entrambi attraverso un altra furia nera nella sala d'ingresso della casata.

   
 
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