Villa Conchiglia nella stagione estiva sembrava rinascere, tra le sue mura riecheggiavano le urla e le risate di tutti i piccoli Weasley. Correvano verso la spiaggia come se si trovassero nel paese dei balocchi e lì trascorrevano gran parte della loro giornata.
Bill Weasley riposò la Gazzetta del Profeta sul tavolo della cucina dopo aver letto senza entusiasmo alcuni snervanti articoli di una Rita Skeeter che non si decideva ad abbandonare la sua mordace penna e ritirarsi. Baciò Fleur, impegnata a pasticciare ai fornelli e camminò lentamente fino al salotto.
Un ammasso di capelli blu catturò subito la sua attenzione, sorrise e si avvicinò al ragazzo seduto sul divano, dinanzi al quale vi era un tavolino basso con decine di foto e un vecchio album aperto. Portò una mano tra i capelli di Teddy, più indomabili del solito.
“Come mai non sei con Victoire e gli altri in spiaggia?”
“Ci stavo andando poi ho visto queste e allora… non volevo ficcanasare!”
Si affrettò subito a precisare, alzando le mani e scuotendo velocemente il capo. Bill rise,trovando una posizione più comoda e afferrando l’album che aveva catturato l’attenzione del diciassettenne. Sfogliandolo capì immediatamente a cosa era dovuta la curiosità del ragazzo, erano foto dei suoi anni ad Hogwarts e in tante di esse vi era sua madre.
Le lacrime attraversarono i suoi occhi, ma fu bene attento a non mostrare il suo incupimento. Si costrinse a sorridere e guardare Teddy con tranquillità.
“Possiamo sfogliarlo insieme…”
Gli occhi del ragazzo sembravano brillare tanta fu la gioia che lo pervase, annuì con vigore lasciando che diverse ciocche dei suoi capelli, ora verdi, ricadessero come frangia sulla sua fronte. Si avvicinò a Bill, puntando lo sguardo sulle foto.
“Sig. Weasley mi parli di lei…”
Bill osservò il ragazzo che ancora aveva gli occhi bassi sull’album, sentì una strana morsa stringergli lo stomaco. Non aveva mai parlato di Tonks dopo la sua morte, a nessuno. E ora sentiva che doveva farlo, condividere i suoi ricordi con lui, con suo figlio.
Non pensava che sarebbe stato così semplice in effetti, ma non appena chiuse gli occhi le immagini di loro due, l’uno al fianco dell’altro comparvero. Così diversi, ma così affini. Rammentò e sorrise al primo ricordo che gli passò per la mente.
“Ninfad...”
“Tonks!”
“Tonks…
dovresti ritornare
nel tuo vagone, non finirò mai questo giro con te che
inciampi anche
nell’aria!”
“Ehi!
Rassegnati
Weasley, oggi sarò la tua ombra!”
Il giovane
Bill,
indossata la sua divisa in cui spiccava la spilla da Prefetto di
Grifondoro, agitò
il capo sorridendo. Non si sarebbe liberato della ragazzina, ne era
certo.
Entrambi arrestarono il passo quando due bambinetti si piantarono
davanti a
loro, osservandoli estasiati e indicando con le manine i capelli di
Ninfadora.
“Come
ci riesci?”
Tonks
gonfiò il petto,
posando le mani sui fianchi e storcendo il viso in un sorriso
decisamente
inquietante. Smorfia che Bill conosceva bene e che avrebbe di certo
annunciato
rogne.
“Vorreste
farlo anche
voi?”
I due
annuirono
sgranando gli occhietti e avvicinandosi, incoraggiati dalle parole
della
ragazza ‘strana’.
“Una
volta ad Hogwarts,
avrete come professore di Pozioni quel buon uomo di
Piton….”
Lanciò
un’occhiata a
Bill che la guardava implorante, certo che quello che stava per dire
non gli
sarebbe piaciuto per niente.
“Alla
vostra prima
lezione dovrete andare da lui con una boccetta di shampoo…
si lui le adora! E
in cambio vi donerà alcuni intrugli che vi permetteranno di
cambiare colore ai
capelli…”
“Tonks…”
Con un gesto
della
mano, la ragazza interruppe sul nascere il rimprovero
dell’amico, ammiccando ai
due bambini che sembravano aver scoperto in quell’istante il
segreto dell’elisir
di lunga vita. La guardavano ammirati e annuendo si allontanarono
correndo
lungo lo stretto corridoio dell’ Hogwarts Express.
“Ti
rendi conto che
hai appena condannato quei due innocenti a sette anni di persecuzioni
da parte
di Piton?”
Tonks
agitò la mano
come se avesse voluto scacciare un insetto e replicò con
leggerezza.
“Non
credo saranno
smistati a Serpeverde, quindi
erano
comunque marchiati… intanto mi sono divertita!”
“Ha
la sua logica…”
“Certo
che ce l’ha!”
Prese sotto
braccio il
ragazzo, camminando spedita verso gli altri vagoni.
“Ehi
Bill…”
“No
Tonks, non puoi
indossare la mia spilla!”
Il sorriso di Teddy era paragonabile solo a quelli enormi di Hagrid, la gioia nell’aver ascoltato un semplice aneddoto traspariva in ogni sua espressione. Di storie riguardanti i suoi genitori gliene avevano raccontate, ma nessuna riguardante i loro anni ad Hogwarts ed era felice di scoprire una Tonks in quelle vesti.
I pallidi
raggi del
sole illuminavano il parco di Hogwarts in quel freddo pomeriggio di
gennaio.
Bill Weasley scese i gradini di pietra, fermandosi di colpo nel notare
una
figura distesa tra la neve. Aveva tutti e quattro gli arti stesi, a
formare una
strana opera di un artista babbano di cui aveva sentito vagamente
parlare. Si
avvicinò alla ragazza, guardandola dall’alto e le
sue labbra assunsero una
leggera curva divertita.
“Tonks
che diavolo
stai facendo?”
“Oh,
sai… osservo il
cielo e intanto mi si gelano le chiappe!”
Scoccò
un’occhiata
truce al ragazzo, il cui viso aveva assunto una strana smorfia. Di
certo stava
costringendosi a non riderle in faccia.
“Ghiaccio
e gradini
sono una pessima combinazione per il mio poco equilibrio!”
“Poco
equilibrio?
Parlerei piuttosto di una totale assenza di…”
“OH,
SANTA TOSCA! Mi aiuti
o no?”
Bill
annuì porgendogli
una mano nel tentativo di farla rialzare, ma una volta puntati i piedi
sulla
neve semi sciolta, Tonks scivolò nuovamente, questa volta
portando qualcuno
nella sua rovinosa caduta.
“Merlino
Ninfadora!”
“TONKS!”
I passi leggeri di Fleur distrassero suo marito dai ricordi che aveva a malincuore rilegato negli angoli più remoti della sua mente, e del suo cuore.
“Un po’ di the Teddì? E tu William?”
“Si ti ringrazio…”
Anche il giovane annuì, tuttavia impaziente di ascoltare altro e altro ancora. Ogni parola di Bill gli arrivava diritta al cuore, gli sembrava di vederla sua madre. La immaginava mentre si faceva beffe dei poveri primini, mentre rideva dopo aver preso a lanciare palle di neve al povero Grifondoro.
Quando
aprì la porta dell’infermeria,
lanciò prima un’occhiata allo studio di Madame
Chips, sperando di non
trovarsela tra i piedi. Diede un rapido sguardo ai letti vuoi, sperando
di
scorgere quell’incosciente.
“E
perché quel Weasley
non è qui a disperarsi al mio capezzale?”
Sorrise,
scuotendo il
capo e riprendendo a camminare verso il suo letto, nascosto da un
paravento. La
vide imbronciata, braccia incrociate e capelli di un poco rassicurante
blu
tempesta. Accanto a lei c’era quella che doveva essere la sua
compagna di
stanza, ma con cui Bill non aveva mai scambiato più di due
parole.
“Quando
mi hanno detto
che qualcuno aveva intenzione di appendere per le mutande un Serpeverde
alla
Torre di Astronomia e
che poi era inciampata
nei suoi stessi piedi nel vano tentativo, ho subito pensato che non
potevi
essere che tu!”
Il viso
della ragazza
s’illuminò velocemente nel vederlo e i suoi
capelli virarono al rosa cicca, ma
con altrettanta rapidità si rabbuiò alle
sue parole. Storse la bocca, arricciando il nasino e voltando
prontamente il
capo dall’altro lato. Bill rise, sedendosi sul letto mentre
l’altra Tassorosso
si allontanò senza proferire parola.
“Sei
un.. un..”
“Tonks…”
“Mh…”
“Ti
ho portato delle cioccorane…”
“Santo!”
Lui stesso non credeva di rammentare ogni piccolo dettaglio dei loro anni insieme. Si riscoprì a ricordare persino la tonalità dei suoi capelli in ogni situazione, le sue espressioni e soprattutto le sue imprecazioni. Quella ragazzina era entrata a far parte della sua vita con la stessa potenza di un tornado, ma la vera forza della natura era lei.
Tre anni di differenza, appartenenti a due case diverse, mai uniti da una stramba affinità. Il destino si era decisamente divertito a giocare con loro e solo ora, perso in quei ricordi, gliene fu davvero grato. Sforzandosi di ricacciare le lacrime costrinse la sua attenzione a posarsi sull’ultima foto.
Aveva i capelli lunghi lui e uno strano orecchino a forma di zanna che avrebbe mandato su tutte le furie la povera Molly. Lei era aggrappata al suo braccio, nel tentativo di restare in piedi almeno nei pochi secondi necessari per guardare verso l’obbiettivo. Cosa che non avvenne, l’attimo dopo era gambe all’aria e rideva, rideva come aveva sempre fatto.
Bill ebbe come la sensazione di udire ancora il suono della sua cristallina risata, di leggere ancora le sue buffe espressioni e di sogghignare alla vista dei suoi strambi capelli. Non si era accorto che il giovane Teddy lo aveva lasciato solo, probabilmente quando aveva intravisto una singola lacrima attraversare le lentiggini del suo viso.
Sospirò l’uomo, poggiando la testa allo schienale e socchiudendo gli occhi. Un ultimo ricordo aleggiò nella sua mente, un ricordo che non avrebbe mai condiviso con nessuno.
Le dita
scivolarono
nei suoi capelli, indugiando sul volto lievemente arrossato, sfiorarono
le
rosse labbra e lasciarono il posto alla bocca di Bill.
Giocavano l’una con l’altra,
assaporandosi e
imprimendo ogni piega. Un
secondo dopo
si erano allontanati, si guardavano e le espressioni tradivano il loro stato
d’animo. Fu un attimo e
scoppiarono a ridere, come due bambini.
“Porco
Salasar è stato
come baciare mio fratello!”
Lei rideva
ancora,
dimenandosi e tenendosi la pancia con le mani. Si asciugò le
lacrime agli angoli
degli occhi con una manica della divisa e lo abbracciò con
slancio. Naturalmente
entrambi caddero sul verde prato del parco.
“Mi
mancherai Bill…
Hogwarts non sarà la stessa senza di te!”
Mi manchi Ninfadora.
Sorrise Bill Weasley, immaginando la sua vocetta urlargli per l’ennesima volta di chiamarla Tonks, solo Tonks.
E’ una storiella venuta fuori dal mio
enorme amore per Tonks. Naturalmente
nella mia immaginazione quel bacio non ha significato nulla, un
semplice gesto
affettuoso tra due amici. Perché è
così che ho voluto pensare a Bill e
Ninfadora, due ragazzi uniti da un meraviglioso sentimento che va ben
oltre l’amore.
E ripeto per l’ennesima volta che la mia
Tonks non doveva morire,
accidenti a Zia Row e alle sue smanie di morte
è.é