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Autore: Anle    03/02/2011    3 recensioni
D’improvviso, si ritrova a rispecchiarsi nelle sue iridi azzurre, l’espressione di sorpresa di lui mista a confusione.
"Che ci fai qui?" riesce a sussurrare, quando mette a fuoco i contorni del suo viso.
Lei è presa dal panico, ma mantiene lo sguardo fermo nel suo ancora annebbiato dal sonno; tenta di sottrarsi dalla presa, i polpastrelli della mano ora bagnati del veleno.
"Mi davi già per morto, non è vero?" domanda Arthur, trattenendola al contrario in una morsa senza vie di fughe, nel frattanto che le torce il braccio e gli occhi individuano la boccetta stretta fra le dita ancora gocciolante. Il suo sguardo s’indurisce.
~[Arthur/Morgana][Spoiler!, terza stagione]
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Morgana, Principe Artù
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler! | Contesto: Terza stagione
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jk

La polvere si sparge ovunque ricoprendo ogni cosa: il terreno trema e i cavalieri seguitano a cadere uno dopo l’altro, il tintinnare delle spade si nasconde tra le grida delle due fazioni.

Dall’alta torre del castello, il cielo che si scorge attraverso il vetro è opaco; gli aloni sparsi qua e là sulla superficie si sostituiscono alle nuvole.  Quando l’indomani il regno si sveglierà, Camelot sarà ormai caduta.

 

 

 

 

 

 

Miles to go before we sleep

(Will you let me into your dream?)

 

 

 

 

 

And if he left off dreaming about you…

                                                                                  

 

 

                                                

 

 

La cavalcata dura ormai da un paio d’ore, e il dolore al fianco si è fatto più intenso: Morgana glielo legge nell’espressione che sta soffrendo. << Vuoi riposare? >> chiede, il vento che le sferza il viso, mentre si affianca con il cavallo.

<< Presto cominceranno a setacciare tutta la regione >> replica Morgause, una smorfia di dolore preannuncia un colpo di tosse. Morgana tende un braccio e afferra le briglie dell’altra, frenando la corsa d’entrambe. << Lascia che ti curi >> insiste, e intanto fa piede a terra. << Non ci raggiungeranno >> il tono rassicurante, mentre l’aiuta a scendere, nonostante la reticenza della sorella. Non sono riuscite a fuggire per mezzo della magia, visto che le guardie non sono tardate ad arrivare e Morgause è rimasta ferita.

Ma lo sa che nessuno verrà a cercarle: Merlin terrà le ronde lontane da loro finché potrà.

Morgana la fa distendere su un pagliericcio improvvisato, mentre recupera dalla bisaccia l’occorrente.

<< Camelot sarebbe stata nostra >> comincia Morgause, tenendo una mano premuta sul costato, << se non fosse stato per quello stregone ficcanaso >>. L’altra non risponde, limitandosi a disinfettare la ferita ed ad improvvisare una fasciatura. << Non ti sforzare di parlare, sei debole >>.

La sorella la scruta, un braccio che si posa sul suo che la sta medicando. << Sei riuscita a vedere qualcosa?>> chiede, lo sguardo nocciola intenso in quello zaffiro di lei.

Morgana blocca il movimento della mano, mordendosi l’interno delle guance per non tradirsi; capisce che Morgause non si stia limitando ad osservarla. Sta tentando di leggere oltre i suoi occhi.

<< Era un insieme caotico di pensieri >> risponde poi, << non si capiva granché sotto l’influenza dei sogni>>.

Ma l’espressione dell’altra non si rilassa. << I sogni non sono tali sotto quel veleno… l’edera e il giusquiamo uniti alla magia gli fanno assumere una sfumatura diversa >>.

<< Che vuoi dire? >>

<< Sono proiezioni delle proprie paure, desideri, ossessioni, ma talvolta fantasmi di un futuro imminente che s'insinuano nei pensieri di chi è vittima dell’ artificio >> spiega inspirando a fondo in più pause, e un colpo di tosse le acceca la vista. << Il tempo non si riduce al momento in cui viviamo, Morgana >> riprende poi, mentre lei le tiene la testa, << è un flusso continuo che si riversa sia indietro che avanti... cos’hai? >>.

Morgana sembra d’improvviso impallidire, le labbra livide che tenta di nascondere fra i denti. Fa per alzarsi senza rispondere, ma la stretta di Morgause la trattiene con le ginocchia sul terreno.

<< Hai visto qualcosa, non è vero? >>.

<< Ti sbagli >> fa cenno di no con insistenza, mentre sente il naso pizzicare e le orecchie dolerle, la testa che ora pare sul punto di spaccarsi in due. << Dobbiamo proseguire >>.
<< C’eri tu, nel suo sogno, non è così? >> chiede di nuovo, ma non sembra una domanda, le dita che comunque sfuggono dalla veste di Morgana, e il tessuto si scosta un po’ dalla pelle dell’avambraccio.

<< Sei ferita >> constata, scorgendo il sangue rappreso che s’insinua fino al gomito e l’espressione si rabbuia. L’altra finge di sistemare le selle, lo sguardo che va alle cinghie e non alla sorella. << Non hai mai avuto il suo cuore >> commenta con una smorfia di disgusto, volta a ferirla.
Morgana si paralizza un secondo, poi un sorriso sbieco le colora la faccia, lo sguardo adombrato che ricambia il suo. << La purezza è la sua condanna più grande >>.

 

 

 

***

 

 

 

È lì, perché ne senti ancora il rumore dei passi silenziosi per il castello: hai imparato ad ascoltarla, a saperla ascoltare, anche se da lontano, e nessuno se n’è accorto. Neanche tu.

Non hai mai saputo che ti mancasse; non l’hai mai veramente desiderata; non l’hai aspettata; e inconsciamente la stai ancora cercando. È il troppo sidro, ti dici, mentre la mano calda di Merlin sulla spalla ti riporta alla realtà. Gli sorridi stancamente, ma è un gran giorno, questo. Alla destra del trono, Gwen cerca la mano del re e trova la tua, callosa e forte. È davvero radiosa, pensi guardandola, davvero radiosa.

Stai bene, perché hai ciò di cui un re avrebbe bisogno. Stai bene, veramente bene.

Intorno a te, tutto continua comunque a rimanere con i bordi sfocati, le parole stonano quasi sempre sull’ultima sillaba e le cose sembrano perdere la loro consistenza, alle volte.

Il bicchiere di vino che prima reggevi in mano, al brindisi, rotola maldestramente a terra. Nessuno fiata, si attende solo che ne prendi un altro. E Merlin te ne porge uno pulito, incoraggiante.

Ti comporti come tutti si aspetterebbero e pronunci il tuo discorso. Felicitazioni, Sarà un bel maschio, un bel maschio, senti dire per la maggiore. Gwen si limita a sorridere e tu fai lo stesso. Bevi il vino caldo e gli altri ti imitano: fai schioccare la lingua, il gusto dolce dell’uva che arriva a bruciarti la gola, e ti congratuli assieme agli invitati per il buon sapore. Il pranzo prosegue per un paio d’ore e tu senti la testa pesante; continui a strattonarti il colletto della maglia per una sorta di nervosismo latente. La dolce sposa ti guarda interrogativa ma tu storci un angolo della bocca, vago.  << Sarà un gran re >> ti sussurra, stringendo le sue dita attorno al tuo braccio. Ricambi lo sguardo, soffermando gli occhi sulla piega delle labbra di lei, senza rispondere. La sua sicurezza ti ferisce quasi le orecchie, e la tua espressione si rabbuia. Ti alzi dalla tavolata, scusandoti: sei stanco, ti giustifichi e ti congedi. Non ti volti, e eviti d’incrociare le facce di qualsiasi persona là presente. Stai fuggendo, e lo sai. Ma attribuisci la ritirata strategica ad un mal di testa inesistente, testardo.

Non sto scappando, continui a dirti, durante il percorso a ritroso fino alla tua camera. E il sospiro di sollievo appena ti chiudi la porta alle spalle ti fa passare una mano sul volto, mentre le parole Sono a casa non scacciano il vuoto opprimente nella testa.

 

 

 

*** 

 

 

 

 

 

Eludere le guardie non è stato così difficile.

Morgause  le ha dato delle erbe soporifere da far bruciare nell’aria, in modo che non possa essere vista né notata. Sembra tutto fin troppo facile, eppure qualche passo più avanti è nelle camere del principe ereditario; la pozione è nelle boccetta, alla cintola, nascosta dalla mantella rossa. La sfiora appena con le dita, prima di aprire la porta ed entrare all’interno. Avanza leggera, facendosi strada al buio, i muscoli tesi e la mano destra pronta sul pugnale.

Il letto di Arthur è poco più avanti e lui sembra riposare profondamente, il color grano dei capelli che anche nell’ombra spicca tenue sul cuscino. Lo scruta per qualche istante, mentre si avvicina al bordo del letto, lo sguardo freddo che fa fatica a reprimere. Sa di essere nervosa: lo percepisce da come la gola è diventata d’improvviso secca, e dall’impulso di schioccare la lingua in un gesto liberatorio.

Basta qualche goccia sulle sue labbra, le aveva spiegato la sorella, solo qualche goccia.

Morgana trattiene il respiro, arrivando a un passo di fronte al suo cuscino, mentre fa sfilare il veleno fuori dal passante di cuoio. Il tappo di sughero scivola via e lei tende piano il braccio sopra il volto di Arthur, la mano ferma, lo sguardo che indugia per qualche istante sui tratti del principe. Non c’è indecisione, sta solo saggiando il momento: ha il controllo di tutta una vita di battaglie e regno glorioso – con sole poche gocce che lo separano da un sonno eterno, per candida ironia della sorte.

Inclina la boccetta poco sopra la bocca, attenta che il copriveste non lo sfiori, il respiro del Pendragon che intanto le solletica le nocche. E il contenuto subito schizza al di fuori, appena la mano di Arthur si ritrova a stringere ferma il suo polso, il busto sollevato e il petto che s’alza e s’abbassa rapido.

 

 

La penombra getta lunghe macchie scure tutt’attorno, e Morgana si sente quasi accecata dalla luce flebile delle candele. Si avvicina di nuovo al letto del principe, i capelli sciolti che le ricadono avanti quando si china per la seconda volta verso il suo viso: Arthur sembra dormire profondamente, ma gli occhi si muovono febbrili sotto le palpebre. La stessa pelle è appena rosata, e di un vago color arancio per via delle fiammelle attorno; all’attaccatura, le ciocche bionde fanno fatica a staccarsi dalla fronte, il sudore che gli assale la carne da giorni.

Gli si siede accanto, rapida nel gesto di tirare fuori il pugnale dalla cintola e spaccare un polpastrello del principe con una lieve pressione. Raccoglie il sangue con la punta della lama, e con quella applica un taglio sul proprio braccio scoperto, profondo abbastanza perché sgorga sangue a sufficienza, intanto che prende a recitare nella lingua antica. Più va avanti con la formula, più sente le energie venir risucchiate dalla ferita aperta, il pugnale quasi che brucia ora fra le dita. Socchiude gli occhi e le labbra seguitano a muoversi rapide, mentre nella testa comincia a salire una nebbia fatta di ricordi intrecciati, e indistinguibili l’uno con l’altro: un aspirale che vortica e proietta immagini sempre in maniera sempre più insistente.
Le labbra seguitano a muoversi anche quando si ritrova distesa al fianco di Arthur, le palpebre serrate e le proiezioni che continuano a fluire ripetutamente nella sua testa.

 

 

D’improvviso, si trova a rispecchiarsi nelle sue iridi azzurre, l’espressione di sorpresa di lui mista a  confusione. << Morgana >> riesce a sussurrare, quando mette a fuoco i contorni del suo viso.

Lei è presa dal panico, ma mantiene lo sguardo fermo nel suo ancora annebbiato dal sonno; tenta di sottrarsi dalla presa, i polpastrelli della mano ora bagnati del veleno. << Che ci fai qui? >> domanda Arthur, trattenendola al contrario in una morsa senza vie di fughe, nel frattanto che le torce il braccio e gli occhi individuano la boccetta stretta fra le dita ancora gocciolante. Il suo sguardo s’indurisce.

<< Mi davi già per morto, non è vero? >>.

Lei non maschera una smorfia di disprezzo che arriva ad adombrarle gli occhi. << Verranno a prendermi, qualsiasi cosa tu decida di fare >>.

<< Cos’è quella? >> chiede, indicando con il mento la pozione, la mano ancora di ferro attorno alla sua pelle. Morgana non si accorge di star trattenendo il respiro, ma quando parla di nuovo la voce sembra quasi afona. << La tua vita in cambio di Camelot >>.

Stavolta lui le blocca entrambe le braccia, lo sguardo nonostante tutto limpido, tirandola a sé, il contenuto della boccetta che ora si disperde sulle lenzuola. << Vuoi questo? >>.

<< Voglio ciò che mi spetta >> replica, sporgendo le labbra.

<< Morgana >> il principe la spinge contro una delle colonne di legno che sorregge il letto, << vuoi questo?>>  ripete, un lampo di luce negli occhi chiari.

Lei sente il rimbombo delle sue parole nella testa, come amplificato, la presa che le intorpidisce i muscoli mentre le sporgenze di frassino premono contro la carne. << Chiama le guardie >>.

 

 

Morgana alzò un sopracciglio ed arricciò il naso osservando il bambino di fronte a sé: due occhioni azzurri e ciuffi ribelli scappati al controllo dei capelli biondi tenuti in ostinato ordine facevano solo da cornice alla figura del principe: l’espressione svogliata e il broncio a seguito ad indicare che questa cerimonia, per lui, era solo una gran seccatura l’avevano accompagnato per tutto il tragitto fino alla principessa – senza contare che la mantellina troppo lunga lo fece incespicare più volte.

<< Sei basso, per essere un principe >> constatò con un certo disappunto la bambina, appena le fu davanti.

<< Ho solo sette anni >> fece notare lui, risentito.

<< Rimani sempre alto parecchio meno di me >>.

Lo sguardo di Arthur s’accigliò. << Non mi piaci >>.

<< Siamo in due >>.

<< Non ho intenzione di sposarti, toglitelo dalla testa >>.

<< Io non accetterei mai la tua mano >>.

<< Bene >>.

<< Bene >>.

Presero a scrutarsi per diversi istanti, lei con le braccia incrociate e lui digrignando ancora i denti in segno di sfida. Poi Morgana gli afferrò entrambe le mani, l’espressione decisa.

<< Giuralo >>.

 

 

<< Farti arrivare all’alba sarà l’unico privilegio che avrai >> sussurra lui in risposta, senza alcuna sfumatura nella voce a far intuire il moto di rabbia che gli si agita in petto, a parte le dita conficcate con forza nel tessuto della sua veste.

<< Non sarò certo io quella che implorerà di essere risparmiata >> ribatte, e un sorriso sinistro le fa sollevare gli angoli della bocca. Stavolta Morgana sente la testa cozzare contro il legno, assieme  all’espressione che si contrae in una smorfia, quando Arthur prende a parlare di nuovo.

<< Che ne è di mia sorella? >> chiede poi, inspirando a fondo - ormai per quanto le è vicino - la stessa aria che lei tenta di recuperare.

<< Hai perduto quella purezza molto tempo fa >> mormora, imprimendo una certa malizia nella voce, gli occhi ora socchiusi. Lui non tarda a capire; con il busto si fa indietro come scottato, la stessa presa che su di lei s’allenta. Morgana lo vede tentennare: osserva il guizzo di desiderio negli occhi del principe, come una nuvola leggera ma fastidiosa. Nonostante tenti di ricomporsi, quell’ombra non cede il posto all’azzurro limpido delle iridi. << Mi uccideresti per avidità, o per orgoglio? >>.

Lei solleva il mento, facendo leva contro la colonna. << Sarà un sonno profondo >> spiega, << al tuo risveglio, il regno avrà pagato per la tua vita >>.

<< Non accadrà >> replica Arthur con decisione, << non finché tu rimarrai qui >>.

Le pupille di Morgana si dilatano per la sorpresa, le labbra serrate prima di riuscire a parlare di nuovo.

<< Sciocco >> sibila, << Morgause verrà a prenderselo comunque… >>.

Lui inaspettatamente le distende il braccio con la boccetta ancora nel palmo della mano, stringendo le proprie dita chiuse a pugno sulle sue: il veleno rende i contorni dei polpastrelli sfocati e lucidi.

<< Hai giurato >> continua, e ora sembra quasi che ci sia un sorriso sul suo volto, però è buio e la vista di Morgana è annebbiata per via dello stordimento. Ma il tocco di Arthur è tiepido e confortevole, come non avrebbe dovuto essere.

<< Cosa? >>.

<< Che non avresti mai accettato la mia mano >> lo sguardo torna scuro, e la nuvola leggera di prima ha chiamato a raccolta le gemelle. Lei d’altro canto s’acciglia, la fronte corrugata adesso, e le vertebre prendono a dolerle ancora di più. << Questo che diavolo significa? >>.

Arthur non risponde, semplicemente poggia le labbra sulle sue dita, lo sguardo che nel frattempo non lascia quello di Morgana. Subito dopo, lei sente il peso del suo corpo premere contro il proprio, il braccio prima a mezz’aria ora disteso al fianco, i polpastrelli che bruciano più degli occhi.

 

 

Quando si sveglierà, troverà Arthur al suo fianco, Merlin in piedi vicino alla sponda del letto. Guarderà entrambi con fare apprensivo, l’urgenza nella voce quando le dice che Morgause sta arrivando.

Sarà debole, e non riuscirà ad alzarsi dal letto, mentre il principe è ancora privo di sensi. Sta bene, assicurerà il mago, e poi scenderà dal letto, malferma sulle gambe. Gli chiederà di avvicinarsi e gli poggerà una mano sulla spalla, dicendogli qualcosa.
Quando la sorella comparirà sulla soglia della porta, troverà Morgana a terra, con Merlin che la sovrasta minacciandola. Morgana dirà che il giovane mago è riuscito ad inserirsi nel sonno del Pendragon e lei ha cercato d’impedirlo, ma non c’è riuscita. Morgause scruterà entrambi, pallida per l’ira e la tirerà via per un braccio. Merlin rimarrà immobile; Arthur continuerà a dormire ancora per un giorno intero; e Morgana ingoierà pezzi di vetro rimasti sul fondo della gola.

 

 

 

***

 

 

 

Fa freddo. La cotta di maglia è inzaccherata di fango e sangue, la spada smussata nella mano destra. Ne stringi l’impugnatura, guardandoti attorno, spaesato. Senti il vociare della lotta alle spalle, ma ti circondano solo buio e alberi. Respiri con forza, l’aria che si condensa vicino alle tue labbra, mentre il sudore sulla fronte contrasta con il gelo del luogo. Non sai quand’è arrivata, ma d’improvviso s’alza la nebbia e la stanchezza prende ad intorpidirti i muscoli. << Chi va là? >> chiedi d’istinto, quando ti sembra di intravedere un’ombra nella coltre bianca. Stordito, strizzi gli occhi, e non succede nulla. Fai qualche passo avanti, ma in realtà non ti stai praticamente muovendo: cammini alla cieca, e la ferita alla spalla pizzica e brucia facendoti sbandare. << Chi va là, ho detto! >> urli poco dopo, l’ombra di prima che ora prende forma ed è vicina a te. Hai paura: ti paralizzi sul posto, mentre col busto ruoti a destra e a sinistra. << Fatti vedere >> le intimi, e quando il volto di Morgana è a pochi passi da te impallidisci, la mano che trema nel tentare di reggere ancora l’elsa. << Arthur >> ti chiama, la voce più nitida e stentorea di quanto possa essere possibile. << Sei qui per uccidermi >> non è una domanda, sai che lo farà.

La sua espressione non cambia, alza solo di un poco il mento per guardarti. << Questo trucco è opera tua, vero? >> chiedi, e fendi l’aria densa attorno. << Cos’è, non puoi sconfiggermi combattendo lealmente? >>  la provochi.

<< Parli proprio tu, di lealtà? Hai mandato un plotone di soldati a cercarmi >> ribatte, il tono che non lascia trasparire emozioni, ma lo sguardo s’indurisce mentre anche lei si ritrova a stringere l’arma in mano.

<< Perché? >> chiedi poi, la spada che ora ricade lungo il fianco, come se avesse davvero un senso.

<< Fai davvero così fatica ad immaginarlo? >>.

<< Tu sei mia sorella >>.

<< Uther non mi avrebbe mai riconosciuta come parte della famiglia e tu meno che mai >>.

Taci ora, il respiro che comunque non si regolarizza.

<< Ti ripugna, vero >> continua al posto tuo, << l’avermi desiderata? >>.

Scuoti la testa. << È successo prima che… ora è diverso >>.

<< Il tuo cuore puro rimarrà la tua condanna >> e ride, l’espressione crudele sul viso.

<< Mi stai maledicendo? >> ora c’è rabbia nella tua voce.

<< Guardati, Arthur: non si può infliggere ulteriore pena ad un miserabile >>.

<< Chi diavolo sei tu, Morgana? >>.

<< Smettila con le domande stupide >> replica, << combatti >>.

<< Non lo farò >>.

<< Ti ucciderò, lo sai>>

<< Allora non sarò l’unico ad avere rimpianti… >>.

<< Basta così >>.

<< Rispondimi >> urli stavolta, e lei sembra quasi farsi indietro con il busto. Poi smette d’esitare e tenta un affondo verso di te, tu barcolli schivandolo. Morgana è sempre stata brava con la spada, e il fatto che ti stia mettendo in difficoltà non è solo per la ferita alla spalla. Quando pari a stento un suo ennesimo tentativo, le afferri un polso con la mano e lei geme, lottando per non lasciar andar via l’elsa. La spingi indietro ma lei ti trascina con sé  e rovinate entrambi a terra. La sua spada scivola via dalla stretta e la tua è ora contro il collo di lei. Nonostante la vittoria in pugno, sai già che userà qualche diavoleria magica per capovolgere la situazione e farti fuori. Eppure per un attimo fingi di averne il controllo.

<< Vattene >> l’espressione decisa che viene in parte tradita da una smorfia di dolore.

Morgana ti guarda senza capire, il mento sempre sporto in avanti a mo’ di sfida.

<< Non varcare mai più i confini di Camelot e io smetterò di darti la caccia >>.

Il sorriso di disprezzo si sostituisce ad una risata provocatoria. << Sei patetico >>.

<< Non te lo chiederò un’altra volta >> l’avverti, la lama fredda che preme sulla sua pelle.

È furiosa, e lo senti da come freme. Solo poi acconsente e tu lo intuisci dallo sguardo; la lasci libera, e ti rialzi. Ma sai di non aver comunque vinto. << Sciogli l’incantesimo e non farti più vedere >>.

L’espressione di lei in parte s’indurisce. << Continuerai a perderti >> ribatte, il tono stanco ora, prima di sparire rapidamente così com’è arrivata. << Aspetta! >> le gridi dietro, spaesato e in preda al panico, la nebbia che non accenna a diradarsi. Ti guardi attorno, sconfitto.

 << Lady Morgana è morta >> urli all’improvviso con quanto fiato hai in corpo, << è morta! >>. E poi il terreno molle è l’ultima cosa che il tuo corpo percepisce come reale.

 

 

 

 *** 

 

 

 

È da quasi una settimana che il principe ereditario non accenna a svegliarsi.

Morguase, nel frattempo, ha invaso il castello con i propri soldati: Uther è arrivato a cedere una contrattazione, in cambio della restituzione del figlio. Entrambi sanno ovviamente che lei prenderà il controllo assoluto, senza lasciare diritto di replica.

Ogni tanto si vede Morgana sedere pigramente sul trono, con la maggior parte dei sudditi a farle rimostranze, e una ragguardevole nelle prigioni, a far compagnia ai topi.

La Pendragon ora sente gli spifferi di vento penetrarle nelle ossa mentre percorre i gradini che portano ai sotterranei, la torcia in una mano. Al passare di una guardia delle loro, mostra il volto scostandosi il cappuccio dalla testa, la fiamma che tremola e riluce sulla spada dell’uomo di fronte. Lui la lascia passare senza chiedere nulla, abbassando l’elsa.

L’odore di aria stantia e muffa le colpisce il naso appena prende ad incamminarsi tra le due serie di celle, il passo celere e lo sguardo che guizza da una parte all’altra del corridoio senza soffermarsi su nessuno. Le file delle carceri ingrossate hanno reso la popolazione nervosa e la conseguenza delle rappresaglie non ha fatto che scatenare rivolte.  Si ritrova a stringersi nelle spalle, lo sguardo comunque fermo.

<< Merlin >> chiama poi, quando si ferma, la luce della torcia accostata vicino alla grata che illumina la figura del ragazzo in piedi poco più in là. << Finirai col scavare la pietra di questo passo >> commenta ironica senza sorridere, scrutando il giovane continuare a camminare avanti e indietro per lo spazio ristretto come un disperato. Lui non si volta a guardarla, ma calcia con stizza la paglia attorno.

<< Qualsiasi cosa pur di uscire di qui >> replica mesto, e stavolta l’espressione di disprezzo cerca la sua.

<< Cosa vuoi? >> chiede, il bracciale al suo polso che scintilla quando alza un braccio a menar l’aria.

<< Avvicinati >> ribatte lei, e nel suo tono c’è una sfumatura di richiesta più che d’imposizione. Lo guarda fare qualche passo avanti,  il suo volto ora sotto la luce della fiamma, emaciato e stanco.

<< Ti sta togliendo le energie >> Morgana indica con il mento il gingillo che gli stringe l’osso, la voce ora poco più di un sussurro, << lo senti, vero? >>. Merlin fa per replicare, ma lei gli afferra rapida il braccio attraverso le sbarre. << Sei un ingrato e morirai >> grida adesso, il suono che rimbomba sulle pareti portando l’eco fino alle guardie. Lui la guarda senza capire, mentre con una smorfia tenta di sfuggire dalla sua presa, ma un riverbero di luce fra le sue dita lo paralizza. << Arthur sta morendo >> continua d’improvviso in un fil di voce, << Morgause non manterrà fede ai patti >>. Una piccola chiave sguscia dalle pieghe del soprabito di lei, lasciando che scivoli nella mano del mago. Lui tenta ancora di aprire bocca, confuso, senza che Morgana gliene lasci modo. << Ascoltami >> continua a tenergli il braccio, mentre una sfumatura d’urgenza le adombra gli occhi. << L’artificio che lo tiene legato al sonno  appartiene alla magia dei druidi. L’unico modo per liberarlo è entrare a mia volta nel suo stesso stato e collegare le nostre menti attraverso il sangue d’ognuno, facendolo svegliare al’interno dei suoi sogni. Tu userai la chiave per liberarti e ottenere di nuovo i tuoi poteri, ma solo quando la luna sarà alta >> spiega rapida, le labbra che si muovono quasi impercettibilmente, e a Merlin sembra come se le parole giungessero nella sua testa senza l’ausilio delle orecchie. << Ti farai notare in modo che Morgause arrivi a te e alle stanze del principe: allora sia io che Arthur ci saremo ridestati. Lei capirà che sei stato tu a sventare il piano, e le guardie ci saranno alle calcagna. Camelot ritornerà libera. Ti prego solo di trattenerle fino all’alba del giorno dopo >> conclude, inspirando a fondo, quasi avesse dimenticato di prendere fiato fino a quel momento.

 << Perché? >> riesce a chiedere, l’incredulità negli occhi che lotta con il dubbio sulla veridicità delle sue parole. << Dammi l’altro braccio >> richiede lei invece, dopo aver recuperato furtiva qualcosa dalla cintola, ma non aspetta che glielo porga. Il pugnale riluce fulmineo sul palmo di lui aperto, e un secondo dopo un taglio attraversa la carne. Lui geme, sentendo i tendini delle dita contrarsi dolorosamente. << Basterà a far credere a Morgause che sei nella stanza del principe da un po’ >>  spiega, e ripone l’arma velocemente.

<< Non hai altra scelta che fidarti di me >> gli ricorda, scrutando l’espressione malfidente dell’altro, la bocca impastata di mille domande e incertezze.

 << Arthur lo sa? >> chiede solo, e osserva gli occhi di Morgana farsi più  tersi. << Non osare toccarmi >> grida di nuovo senza preavviso, lo sguardo truce in volto mutato così velocemente, mentre fa per allontanarsi. Merlin al contrario riprende la sua camminata avanti e indietro, le braccia incrociate e il dolore alla mano che non allontana la folla di pensieri che s’accalca e getta luci ed ombre sui suoi occhi.

 

                                                                                                                                                                                              

 

 ***

 

 

 

Da lassù il cielo è terso, le grida si spengono contro il vento che infuria nello scontro ai piedi del castello e le spade tintinnano mute, il sangue che al contrario prende a macchiare tutt’attorno senza tregua. La foga della battaglia si disperde, mentre un tremore diffuso comincia a scuotere il paesaggio. Lei osserva la scena dalla finestra, le mani congiunte in grembo.

<< È questo il tuo peggior incubo? Non potrebbe essere diversamente, d’altronde… >>

<< Sei qui per svegliarmi? >>

<< Ti aiuterò >>

<< Non voglio >> replichi, e tendi una mano verso di lei << rimani con me >>. Intanto il terreno trema e le fondamenta cedono, la pietra che si sbriciola  e piove sulle loro teste.

Morgana non l’afferra.

<< Che senso ha morire entrambi? >> s’acciglia, il disprezzo ora nella sua voce. << Ti stai arrendendo >>.

<< Immagina per un momento che  Camelot non sia mai esistita >> replichi come se non la stessi davvero ad ascoltare. << Tu >> lo sguardo si rabbuia, << non avresti dovuto lasciarla >>.

<< Non hai fatto nulla per trattenermi e io non te l’ho mai chiesto >> ribatte, e l’espressione s’indurisce.

<< Te lo chiedo io ora >> prendi la sua mano nella tua, << per favore >>.

<< Lasciami >> urla, scansandosi bruscamente da te, e un boato terribile segue subito dopo: il torrione principale del castello è crollato. << Fa’ che vada in rovina >> sussurra poi, e riesci appena a percepirla mentre la guardi quasi fosse sul punto di scomparire da un momento all’altro, << ma non per me >>.

<< E per chi altri? >> ora sei tu a gridare, ma non te ne rendi conto, il suono dei macigni che cozzano contro il terreno ferisce le orecchie. << Costruiamola insieme, di nuovo >>.

<< Non ho intenzione di andare in macerie assieme ad essa >>.

Stavolta le afferri entrambe le mani nelle tue. << Fidati di me una buona volta >>.

<< Ci ho provato e guarda dove siamo ora >> lei tenta di svicolare dalla stretta, scura in volto.

<< No, non l’hai fatto >>.

<< Questo è il tuo sogno, dannazione! >> ti spinge via, ma tu non muovi un passo indietro.

<< Non andartene anche tu >> hai l’espressione disperata e stringi con forza la presa sulle braccia tanto da farle male. Lei strepita. << Stupido, non usciremo mai vivi da qui >> e ti guarda rabbiosa, la fronte che si corruga quando si accorge che i tuoi occhi sono rivolti avanti, lontano dalla figura di lei. << Arthur >> ti chiama. << Non lasciarmelo fare >> sussurri, le dita che continuano a premere sulla sua carne quasi a volerla strappare - Qualunque cosa, purché rimanga, rifletti.

<< Non lo permettere >> ripeti a mo’ di litania e ora ti ritrovi a baciare l’incavo del suo collo, le labbra che si schiudono in suppliche martellanti << no no NO! >>. Lei impallidisce e geme per il dolore, mentre continui a stringerla a te.

<< Che diavolo significa? >> le sue labbra invece fanno fatica a muoversi; tenta di voltarsi verso dove poco fa era il tuo sguardo e inorridisce: il corpo di Morgana è riverso a pochi passi da voi, la ferita in petto che sanguina, fresca. La spada che l’ha uccisa è al suo fianco. È la tua.

Incominci a piangere, e tremi, tutt’attorno che seguita a crollare ma il pavimento è ancora miracolosamente in piedi, i massi che non riescono a colpirvi. Solo quando tenta di toccarti il viso, si rende conto che le sue mani sono sporche di sangue ed è paralizzata dal terrore. << Sono… sono io il tuo peggior incubo >> riesce poi a dire, il viso contratto in una smorfia di sofferenza. Tu hai di nuovo sette anni e prendi a singhiozzare aggrappandoti alla sua veste come se fosse la tua anima perduta: non hai quasi più nulla della dignità e del decoro di un principe.

<< A-andiamo via >> ti accarezza comunque una guancia mentre entrambi vi accasciate a terra per una scossa più forte delle altre, tu che arrivi a baciarle le labbra. << Promettilo >> continui poi, << non lasciarmelo fare >>.

 << Farò in modo che non accada >> replica lei, il tono rassicurante e la voce calda, nonostante sia livida in volto, le ciglia ora imperlate. E stringendolo a sé, Morgana prende a sussurrare qualcosa, le dita strette attorno alla tua nuca, e alla veste sulla tua schiena.

Tutto attorno prende ad accartocciarsi su se stesso, dissolvendosi pian piano, e nella tua testa ritorna di nuovo buio. In lontananza, il rumore di cristalli in frantumi riempie le orecchie e il petto di entrambi.

 

 

 

 

 

Fine.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

N/A:

 

 

Il tutto va dedicato a Lady Antares Degona Lienan, ergo la Sis, che si è sorbita ‘sto robo di volta in volta nella stesura; l’ha scardinata assieme a me pezzo per mezzo, e mi ha aiutato a montarla in maniera decente. E perché c’è sempre ogni fottuta volta per qualsiasi cosa. *-*

A  te, tesoro, che l’hai apprezzata così com’è senza pretese. <3

 

Diciamo che avevo in mente questa storia da diverso tempo. O meglio avevo intenzione di scrivere su di loro già dall’anno scorso, con il cambio di plot improvviso dalla prima alla seconda stagione. Eh, quei gran bricconi degli sceneggiatori…
Comunque! Qualche piccola nota per spiegare un secondo.

Volevo che il sogno, o più precisamente, i sogni vissuti da Arthur fossero lo scheletro portante della storia; ed infatti la parte onirica rientra a sinistra della paginazione, mentre la narrazione del reale, per così dire, di ciò che accade ed è accaduto prima del suo essere avvelenato rientrano a destra. Mentre le parte centrate e in corsivo rappresentano rispettivamente in ordine di apparizione un momento del presente, un ricordo, e ciò che accadrà al risveglio di Arthur e Morgana. Ho usato questo tipo di visualizzazione per aiutare a distinguere, sebbene credo non sia facile nemmeno così.

La fanfic scorre poco, in effetti, è farraginosa in più punti e – ahimè – temo che con la caratterizzazione non ci siamo molto. Diciamo che Arthur che si getta nelle fiamme così,  forse non è particolarmente credibile. Però la sfumatura che volevo dare era da centrare sul rapporto tra lui e Morgana: ovvero, lui lascia che l’altra le dia la pozione per farle capire che ha fiducia in lei, e perché Morgana non tradirebbe la sua fino in fondo. Non so, a me sembra che in un tentativo disperato di riavere ciò che ha perso, e hanno perso, Arthur sarebbe disposto. A voi poi se seguirmi, o buttare il tutto alle ortiche, eh! xD

 

 

La storia ha partecipato al concorso indetto da Talpina Pensierosa, OST Contest [Multifandom & Originali], il cui contest dettava di prendere ispirazione da una fino a un massimo di tre canzoni ad estrazione nello scrivere la storia. Io ho scelto Preparation di Kajura Yuki, che vi consiglio nella lettura.

La frase ad inizio fanfic invece è presa dal romanzo Alice nel Paese delle Meraviglie di Lewis Carroll.

 

 

 

 

  
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