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Autore: _Helene_    04/02/2011    1 recensioni
- Ti amo. –
- Come? –
- Ho detto che ti amo. –
- Non ho ben capito. –
- Ti amo Jay. Ti-amo! Cosa c’è da capire? –
**
Sento le lacrime fluire sul mio viso, mentre l’auto si imbatte in una corsa folle.
Scorso in lontananza una luce. Forse dei fari.
Inspiro. Butto fuori l’aria.
Con un coraggio immane afferro le pasticche e ne ficco una in bocca.
Voglio andarmene dolcemente, quasi fossi nel paese delle meraviglie, o in un qualunque posto dove non possa percepire alcun dolore.
**
"...'mia figlia non ha mai fatto uso di droghe, ne d’alcool. Le piaceva divertirsi in modi più giusti. Era leale nei confronti della vita stessa, e non barava solo per provare attimi d’euforia’…”
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Buonasera a tutti :D Questa è la mia prima one-shot. Non ho idea di cosa mi abbia ispirato, probabilmente è l'insieme di tutto ciò che, purtroppo, si sente in tv, o forse l'avvicinarsi di San Valentino xD
Beh, buona lettura a tutti, fatemi sapere cosa ne pensate! :* 






                      уσυ ιє, αи∂ ι вєιєνє.

 
 
 
The last new ( edizione 15 febbraio )
 
“Incidente stradale uccide due ragazzi, James Hill ed Elizabeth Collins, rispettivamente di diciannove e diciassette anni. Indentificati alle ore 11 del corrente giorno dalla squadra mobile della polizia di Point Pleasant.”
 
 
The news paper ( edizione 16 febbraio )
 
“Poca luce rischiara i loro volti sfigurati, i genitori delle vittime bramano verità.”
 
 
Go with the news ( 17 febbraio )
 
“L'autopsia dei corpi dei due ragazzi, flagellati da quello che si ritiene un accidentale sbando d'auto, ha avuto il suo resoconto stamane alle undici: riscontrate tracce di eroina nei loro tessuti.”
 
 

**
 
 
14 febbraio, ore 00:00
 
Tre. Due. Uno. L'attesa è finalmente terminata.
- Dovremmo darci gli auguri, sai? - esclamo con una punta d'ironia sulla lingua. Jay mi squadra dal basso verso l'alto finchè i suoi occhi azzurro cielo non si posano sui miei, togliendomi ancora una volta il respiro. Conosco James da tutta una vita, da piccoli ci facevamo i dispetti, ci odiavamo e ogni volta che lo scorgevo, anche solo in lontananza, mi allontanavo indispettita seguita dal mio corteo di amichette giulive. Da cosa nasce cosa, e ci ritrovammo a far parte l'uno della vita dell'altra, quasi per una sorta di scherzo del destino.
- E se non volessi darteli? Odio San Valentino, lo sai bene. La trovo una festa così stupida... Se ami una persona dovresti dimostrarlo tutti i giorni, ma quest’era non sa più cosa inventarsi e cerca di far soldi in cioccolatini a forma di cuore e biglietti romantici. -
Storco il labbro inferiore a mo' di accusa, poi cinguetto - e allora quel pacchetto lì? C'entra qualcosa con il fatto che credi sia una stupida festa? -
Jay si gira, allunga una mano verso il sedile posteriore della sua auto vecchio stile: l'unica che suo padre gli lascia guidare in santa pace.
- Questo? Sei così sicura che sia per te? Sai, ultimamente mi capita di essere molto egocentrico… -
- Oh, ma taci! Dà qua! - gli strappo la piccola scatola non più grande di un pugno della sua mano, dopodichè inizio a scartarla, emozionata come una bambina il giorno del suo dodicesimo compleanno dinanzi un enorme pacco regalo.
D'un tratto mi blocca afferrandomi un polso.
- Ah, prima il tuo! -
Sbuffo. - Sei noioso! - lo riprovero scherzosamente, poi decido di accontentarlo porgendogli uno strano pacchetto dalla carta arcobaleno, a cui è annesso un biglietto rosso scarlatto.
Lo apre ed estrae il foglio all’interno, - leggo ad alta voce? -
Ci penso su, poi acconsento con un ampio sorriso a trentadue denti.
Dopotutto non ho motivo di vergognarmi.
Jay si schiarisce la voce che affiora, calda e melodiosa come un soffio, dalle sue labbra carnose e leggermente screpolate dal freddo pungente di febbraio.
- A te, che sei la mia dolce dose di cui non posso più far a meno... - rimane qualche secondo a fissare la mia calligrafia, poi alza il capo - tutto qua? Sei incredibile, devi rinfacciarmi tutto persino il giorno di San Valentino... -
Gli sorrido apertamente, non è assolutamente per canzonarlo, semplicemente voglio che ogni giorno non dimentichi la sua brutta esperienza durata due lunghi e maledetti anni.
- Lizzie, il periodo è passato. Non devi preoccuparti così per me, mi fai sentire in colpa... La mia dolce dose, beh ragazza, hai fantasia da vendere, o meglio... Da spacciare. -
Scoppia a ridere sonoramente e gli mollo un gancio destro ad una spalla dura come l'acciaio. James è un ex giocatore di basket, perciò la sua massa muscolare è ben salda. Devo ritenermi fortunata che il ragazzo non abbia opposto resistenza.
- Ora apro il regalo. -
D'accordo, è un oggetto scontato. Per un secondo me ne vergogno e sento fluire del sangue bollente nelle mie guance imbrattate da un velo di fondotinta.
- Carino! - esclama rigirandosi tra le mani l'articolo di bigiotteria.
- Devo dire che siamo in vena di ironia, dico bene? - nonostante tutto, mi stampa un sonoro bacio sulle labbra. Un orologio non è dei migliori regali, specie per il giorno tanto speciale di San Valentino, ma è per accentuare i suoi madornali ritardi in cui, ultimamente, è solito imbattersi. Si sistema la piccola cinghia nera e regola le lancette chiedendomi l’ora, dopodichè lascia lentamente scivolare il piede sull'acceleratore e l'auto parte, mentre sul parabrezza iniziano ad infrangersi numerosi fiocchi di neve candida come una rosa.
 
Stesso giorno, ore 01:25
 
Siamo accampati da un'abbondante mezz'ora in uno stravagante pub in cui decine e decine di coppiette sono intente a scambiarsi regali e a sbaciucchiarsi. James nemmeno ci prova: odio dare spettacolo davanti ad un pubblico.
- Vuoi qualcosa da bere? Qualcosa di caldo? - chiede, tossendo.
- Io te l'avevo detto di portare una sciarpa, se ti becchi qualcosa allontanati da me. - 
- Uffa! Ma come siamo acide stasera... Una cioccolata? Giusto per addolcire un po' il tuo animo gelido... -
- Non mi hai lasciato aprire il regalo. Non te la perdono facilmente. -
Jay sospira rassegnato. - È Il pezzo forte della serata, che ti costa aspettare un altro po’? - sorride, e non posso far altro che perdonarlo, come al solito.
Si allontana dal nostro tavolo e si dirige verso il bancone del bar, ordinando da un barista malconcio e pelato.
Per un attimo un ricordo affiora nella mente: non posso tenerlo d’occhio ventiquattr’ore su ventiquattro, ma dopo aver rischiato una morte da overdose non posso far a meno di preoccuparmi costantemente di lui. Non riesco ad immaginare di vederlo nuovamente in quello stato, per di più nell’ultimo periodo ha ricominciato a frequentare strana gente, tipo ragazzoni alti e tatuati, fumatori di spinelli e droghe, come ci tiene a precisare Jay, leggere.
Nessun tipo di quella roba è leggera. Èroba e basta. È una condanna, è una maledizione potente che a poco a poco logora e infine distrugge.
Sono stata meschina a scrivergli quel biglietto, ma non posso far altro che rinfacciargli il tutto, di tanto in tanto. È come una terapia d’urto. Ti senti in colpa, non lo fai più.
Lo vedo avvicinarsi con due tazze di un blu cobalto e lo accolgo con un sorriso stampato in faccia: il brutto ricordo per il momento svanisce.
- Ho preso della camomilla… -
- Spiritoso, davvero spiritoso. – lo bacio su una guancia, poi siede accanto a me.
Mi piace vederlo mentre si sistema all’insù quei capelli color del grano maturo, mi piace vederlo assolto nei suoi pensieri, nel suo impenetrabile velo di mistero.
- Tu non hai preso nulla da bere? -
- No, non ne ho voglia. Inizio a sentir caldo qui dentro. –
- Allora cos’aspettiamo ad uscire? –
Detto fatto, acchiappo il giubbotto e la sciarpa alle mie spalle e usciamo di filata.
Un vento gelido mi invade il volto, raggelandolo. Jay si avvicina e mi stringe a se. Sento il suo petto caldo a contatto con il mio viso, ed un’aura di tepore mi invade. Lo stringo di più e sento il cuore battere, battere di nuovo, ancora e ancora.
Sono sicura di provare molto per lui, e per un attimo penso a come sia bello averlo accanto a me.
- Cos’hai? – chiede, notando il mio fare pensieroso.
D’un tratto il cuore mi suggerisce un qualcosa, ma non sono sicura di aver capito bene.
- Ti amo. –
- Come? –
- Ho detto che ti amo –
- Non ho ben capito –
- Ti amo Jay. Ti-amo! Cosa c’è da capire? –
- È la prima volta in quasi un anno, che mi confessi una cosa del genere… La camomilla ha funzionato. – sorride. Adoro il suo sorriso innocente ed il suo fare che mi rende sicura e pronta a tutto.
Mi prende le mani, sento il mio corpo fremere dall’impulso di baciarlo.
- Lizzie, ti amo anch’io. – è serio, ne sono certa.
Ci abbandoniamo ad un lungo abbraccio, seguito da un interminabile bacio che comporta al mio cuore un battito irregolare e martellante. Sento di poter volare. Sento di poter continuare in eterno.
 
 
…Stesso giorno, solo un po’ più tardi.
 
 
Siamo nella sua macchina, ho ricevuto una chiamata da parte di mia madre raccomandandomi di non far troppo tardi. Dice che mi aspetta sveglia.
Ad un tratto Jay ferma l’auto, accostando in una piccola zona contornata da fitti alberi. La neve continua a cadere, e in terra una leggera coltre bianca già copre gran parte delle piante e dell’asfalto. Non ci sono case nelle vicinanze, ed un piccolo brivido mi trapassa lo stomaco. Mi slaccia la cintura di sicurezza e mi carezza lievemente una coscia.
Gli prendo la mano e la sposto altrove.
- Lizzie, si può sapere cos’hai? È San Valentino, un minimo di romanticismo! Non farmelo odiare più di quanto già non lo odi… -
- Non lo so, io… -
Riprende imperterrito a sfiorarmi la gamba, sento le sue dita veloci sul collo e il brivido di poco prima riprende la sua scalata su per la mia spina dorsale. Lo lascio fare, dopotutto mi ha appena detto che miama
Socchiudo gli occhi e in un batter di ciglio stampa le sua labbra sulle mie, in un miscuglio di carne e anima.
 
 
 …Ore 03:45.
 

Siamo andati avanti per molto tempo, e una leggera stanchezza mi invade.
Scorgo Jay guidare verso casa, mentre poggiata al freddo sportello socchiudo gli occhi, lasciando la mente libera di vagare qua e là.
Lo amo. Sì, lo amo. Mi ama. Sì, ne sono certa. Non c’è da sentirsi in colpa per nulla.
È stato romantico. Ed è ancora San Valentino.
L’ho reso felice, appagato…dopotutto il mio regalo per lui ha fatto davvero schifo.
Osservo ancora una volta la neve scendere inesorabile e lenta sul parabrezza della sua auto, i tergicristalli ne spalano una buona quantità facendola riversare in terra.
Jay aumentò la velocità.
- Non correre… -
- Stà tranquilla. – sorride.
 
 
…Ore 03:55.
 

Credo di essermi appisolata negli ultimi dieci minuti.
Scorgo James barcollare leggermente davanti il volante.
- Sei stanco? Posso guidare io… -
Ride animatamente, e il suo volto è invasato da una strana allegria. Cos’è successo negli ultimi dieci minuti?
- Jay? Jay, fermati. – gli ordino, in preda al panico.
- Non stavi dormendo? –
- Già, ma ora è meglio se ti fermi. –
Preme ancor di più sull’acceleratore.
- Sei pazzo, James! Fammi scendere, cazzo! –
- Piccola… sei al sicuro con me. –
Mi giro di scatto e riallaccio la cintura di sicurezza. Per la prima volta nella mia vita prego Dio di farmi arrivare sana e salva a casa, dopotutto non potevo deludere mia madre: mi stava aspettando sveglia da più di tre ore.
Non appena Jay supera un camion ad alta velocità, urlo e abbasso lo sguardo. Sotto il cruscotto c’è una strana bustina…la curiosità fa in modo che l’afferri e ne fissi il contenuto per alcuni secondi, impietrita come una statua di bronzo.
- Jay! – urlo.
- Jay, hai preso delle pasticche! Fermati subito! –
- Piccola, ti ho detto che sei al sicuro, chiudi quella cazzo di bocca! –
Lascia il volante. L’auto sbanda. Cerca di fiondarsi sulla sottoscritta e lo respingo a gran voce, tentando di riassestare le ruote dell’auto. Schivo un lampione, un altro ancora.
Jay incombe su di me e sento un dolore lancinante alla gamba sinistra. Riesco a rimetterlo seduto e a sgattaiolare al posto di guida, ristabilizzando la macchina.
James, dal mio sedile, sorride animatamente lanciandomi strani sguardi ammalianti.
Ho paura. Ho una paura folle. In tutta la mia vita ho guidato, sì e no, quattro o cinque volte al massimo. Il ragazzo tenta di farmi andare fuori strada.
- Dai, non ti è piaciuto poco fa? –
In preda al panico afferro il cellulare. Compongo il numero di mia madre.
Uno squillo.
Due squilli.
Tre squilli.
Chiudo la chiamata e mi rassegno all’idea di dovermela cavare da sola.
Respingo un’ulteriore avance di Jay, e nel frattempo tremo come una foglia.
Sento il sangue gelarsi all’interno delle vene, percepisco lo stomaco ribollire di una strana sostanza tossica che sta per eruttare come un vulcano attivo.
Per poco un’auto non ci viene addosso. Non riesco a guidare lucidamente.
Con uno slancio fatale, James rompe il cambio con una ginocchiata. Freno, e la forza ci spinge in avanti facendomi sbattere contro il volante. Le cinture di sicurezza fanno pietà.
Un rivolo di sangue si riversa sui miei jeans, e James mi contringe a ritornare al mio posto, con un sorriso barcollante che non aveva ne capo ne coda.
Decido di aprire lo sportello e iniziare a scappare a squarciagola, ma non macino nemmeno venti metri che James, prontamente, mi raccoglie come un gatto sul ciglio di una strada, minacciandomi con un coltello da taschino che non ho proprio la più pallida idea di dove abbia preso.
Sento le lacrime fluire sul mio viso, mentre l’auto si imbatte in una folle corsa notturna.
Scorgo in lontananza una luce. Forse dei fari.
Inspiro. Butto fuori l’aria.
Con un coraggio immane afferro le pasticche e ne ficco una in bocca.
Voglio andarmene dolcemente, quasi fossi nel paese delle meraviglie, o in un qualunque altro posto dove non possa percepire alcun dolore.
L’ingoio, e improvvisamente vengo sedata da una strana sensazione di vuoto.
Morfina. Fa lo stesso effetto di un’abbondante dose di morfina. Non sento nulla.
Ogni suono appare ovattato, e il mio cervello non risponde ai segnali d’allarme. Mi sento estranea, estranea al mio stesso corpo. Sudo freddo, nonostante mi sento pervadere da innaturali vampate di calore. È sosprendente quanto questa roba faccia effetto in fretta.
La luce giallastra è imminente, ed illumina una lacrima che si congela sul mio volto.
 
La notte degli innamorati, dicono.
La notte di chi consuma e dà amore, la notte di chi non vede l'ora di scoprire cosa cela quella piccola scatola con tanto di fiocco, la notte per alcuni...l'ultima.
James mi ha mentito, mi ha mentito ed io gli ho creduto.
Per colpa sua, la mia vita è andata, andata via per sempre come un petalo di rosa in una tormenta di neve.
 

 **


The news paper ( edizione 18 febbraio )
 
“ La madre della ragazza Elizabeth Collins ( foto dell’incidente in basso a destra ), scomparsa il 14 febbraio del corrente anno, in una intervista con la stampa afferma: ‘mia figlia non ha mai fatto uso di droghe, ne d’alcool. Le piaceva divertirsi in modi più giusti. Era leale nei confronti della vita stessa, e non barava solo per provare attimi d’euforia’…”
Insomma, tutta la famiglia Collins è sconcertata dall’evento che ha letteralmente sconvolto i due coniugi. Il padre della vittima, George Collins, in lacrime dichiara un’ulteriore autopsia della sua bambina. I funerali si svolgeranno a data da definirsi, mentre quelli del ragazzo, a bordo con lei in auto, si terranno stamane alle ore 10:00 nell’abbazia di St.Paul. ”

 
 

 
   
 
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