My heart belongs to you
Erano anni che si
conoscevano, erano anni che si consideravamo amici, da quel 11 settembre ormai lontano, sembrava quasi un
ricordo da quanto tempo era passato.
Il primo giorno di scuola
delle superiori, esattamente 4 anni prima, erano tutti sconosciuti, a parte
qualche viso famigliare, qualche amico capitato casualmente nella stessa
classe. Si guardavano tutti circospetti, titubanti, timidi, alcuni anche
terrorizzati. Nuova scuola, nuovi compagni, passaggio dalla scuola del paese
alla scuola di città.
Il cambiamento era enorme e
loro erano ancora dei bambini, bambini che pensavano di essere grandi, adulti,
di avere avuto tante esperienze alle spalle, ma in fondo sapevano anche loro
che non lo erano davvero, che in realtà quello che loro pensavano non fosse la
verità.
Ma quel giorno, in quell’aula
nuova con tanti sconosciuti che non vedevano l’ora di conoscersi, c’era una
persona che era davvero adulta, che nonostante i suoi 14 anni era molto più
adulta e responsabile di tutte le 30 persone presenti in quell’aula.
Lei, Laura, ragazza di provincia
che ne aveva passate davvero tante, storie che nessuno avrebbe mai saputo,
nessuno di cui lei non si fidasse e lei faceva fatica a fidarsi delle persone.
Sembrava essere una persona
così espansiva e estroversa, ma era solo l’apparenza, una maschera che
utilizzava per conoscere gli altri, per osservarli, per capirli e per sapere se
fossero le persone giuste con cui confidarsi, con cui parlare della propria
vita, perché probabilmente qualcuno avrebbe potuto fraintendere tutto, non
capire certe situazioni, non comprendere quanto lei ancora, con il passare
degli anni, ci stesse soffrendo nonostante ne parli con il sorriso.
Laura era abituata a vivere
con una maschera di apparenza, si era abituata a vivere con indosso quella
maschera di felicità, d’amore, di spensieratezza, di fanciullezza, quando in
realtà aveva già capito fin troppo dalla vita. Tutti credevano a questa
maschera, tutti credevano che dietro le sue risate, i suoi sorrisi, le sue
battute, ci fosse davvero tutto quello che mostrava, ma non sapevano niente,
solo le persone che la conoscevano davvero, che avevano imparato a leggerla sapevano davvero come stava, se
era realmente felice o se era solo quello che voleva far credere agli altri.
Lei, ragazza all’apparenza
ancora bambina e ingenua, era capitata seduta vicino a lui, bambino ancora
immaturo e incurante dei sentimenti degli altri.
Stefano era il classico
ragazzo 14enne con ancora la faccia da bambino, i lineamenti paffuti e teneri,
quell’espressione giocosa che caratterizza i bambini, la faccia ancora
innocente.
Cresciuto in un piccolo
quartiere della città a qualche chilometro dalla scuola, non percepiva il cambiamento
che sentivano tutti. Per lui era un modo per fare nuovi amici, per conoscere
nuove persone, ma non per cercare una ragazza, in quel momento non ci pensava.
La sua mente ancora troppo bambina non sapeva neanche cosa fosse una ragazza.
Forse era anche un po’ sfigato, quel classico ragazzo che viene preso in giro
da tutti perché non ha ancora avuto nemmeno una fidanzatina, ma a lui sembrava
non interessare.
A prima vista non si riusciva
a capire a cosa fosse interessato quello strano ragazzo alto, dagli occhi neri
e ancora spensierati. Era tutto un mistero.
Lui non sapeva minimamente
cosa voleva dire indipendenza, soffrire, sbagliare, deludere qualcuno. Lui non
lo sapeva, era vissuto per 14 anni nella sua bolla di sapone, cresciuto in un
famiglia felice con fratelli che lo sostenevano, non poteva nemmeno immaginare
quello che era successo a Laura.
Non era colpa sua se aveva
avuto una vita facile, se aveva avuto un’infanzia che poteva definirsi tale,
tra gioco, risate e scherzi con gli amici. Non era assolutamente colpa sua, di
certo Laura non gliene avrebbe mai fatto una colpa se solo lei avesse saputo
qualcosa del suo passato, ma non lo sapeva. Nessuno dei due sapeva niente
dell’altro e in quel momento non avevano nemmeno intenzione di saperlo.
Erano vicini di banco, ma
praticamente non si rivolgevano mai parola. Laura non riusciva a trovare un
punto d’incontro con quel ragazzo e Stefano non riusciva a trovare niente di
interessante in quella ragazza, in quella donna, perché si rendeva conto anche
lui che lei non fosse una ragazza come tutte le altre.
Non gli piaceva ammetterlo,
ma a volte rimaneva a fissare quella ragazza alta e riccia, con gli occhi
azzurri, di un azzurro che lo stregava. Rimaneva ad osservarla, senza pensare a
nulla. Non riusciva a capire come mai quella ragazza sembrasse così tanto
matura rispetto alle altre, agli altri, ma aveva ancora la mente persa nei
giochi per soffermarsi davvero su di lei, per capirla, per apprezzarla.
Laura dal canto suo, guardava
tutti con estrema tenerezza, avrebbe tanto voluto essere come loro, ridere,
scherzare, non pensare a litigi, non pensare assolutamente a niente. Avrebbe
tanto voluto farlo. Alcune volte riusciva a non pensarci per ore, ma quando
tornava a casa, la realtà le ripiombava addosso.
Quando non sapeva cosa fare,
si trovava casualmente ad osservare quel suo vicino di banco assai bizzarro. Si
ritrovava a pensare a se sarebbero mai riusciti a rivolgersi parola, se avrebbero
mai potuto instaurare almeno una sorta d’amicizia, non voleva proprio
un’amicizia vera e propria, ma qualcosa che ci assomigliasse. Si vergognava a
dirlo, ma a volte le piaceva pensare a come sarebbe diventato, a cosa sarebbe
cambiato in lui quando avrebbe finalmente cominciato a diventare un uomo.
Il tempo passava e loro
riuscivano solo a salutarsi e a parlarsi il minimo indispensabile. Sembrava
quasi che fossero due mondi completamente opposti, che non ci fosse nessun modo
per farli incontrare, per farli almeno avvicinare, ma qualcuno lassù volle
dividerli maggiormente.
Vennero cambiati i posti e
loro si allontanarono. Uno all’opposto dell’altro come due calamite che si
respingono, che non riescono nemmeno ad avvicinarsi per sfiorarsi, per tentare
almeno di toccarsi.
Se prima il loro interesse
nei confronti dell’altro era minimo, con il passare dei mesi diventerò nullo.
Niente saluti, niente parole. Laura sapeva dell’esistenza di Stefano solo
perché lo sentiva rispondere “Presente” quando veniva fatto l’appello.
Stefano non si interessò più
a quella ragazza, non si soffermò più ad osservarla, non pensava nemmeno di
salutarla la mattina. Sapeva che ci fosse, che fosse ancora viva, solo perché
ogni tanto sentiva quella sua risata inconfondibile, risata che gli dava
inspiegabilmente fastidio.
Niente sembrava più legarli,
sembravano Marte e Venere, i due opposti, ma c’era qualcosa che in qualche modo
li teneva collegati: un filo invisibile, un filo di Arianna non rosso, ma
stranamente bianco, trasparente. Sembrava come se lei gliel’avesse consegnato
quel primo giorno di scuola, come se con la loro conoscenza lei gli avesse
affidato quel gomitolo invisibile che li teneva collegati, che faceva sapere ad
entrambi dove fosse l’altro. Quel gomitolo ogni tanto decideva di ritrarsi, di raggomitolarsi
e di farli avvicinare, spaventandoli, facendoli guardare con stupore perché non
si aspettavano di trovarsi davanti quella persona che da qualche mese avevano cominciato
ad ignorare.
Quando si incontravano si
guardavano in modo strano, in un modo che loro non riuscivano a capire, a
comprendere, ma non vi davano tanto peso.
Non c’era nessun sentimento
che potesse in qualche modo legarli, che potesse farli avviare quel processo
spontaneo in cui cominci a pensare a tutti i motivi per cui quella persona
avrebbe potuto guardarti male. Ci pensi per minuti, ore, giorni, senza mai
arrivare ad una soluzione.
No, loro non erano ancora in
quella fase, non passavano ore a pensare allo sguardo confuso e stupito
dell’altro.
I mesi passavano e la loro
situazione non cambiava. Vivevano le loro vite senza intralciare quella
dell’altro, loro erano solo delle comparse della loro vita, non servivano a
niente, non erano importanti, ma si sa che l’estate cambia ogni cosa.
In quei tre mesi, Stefano si
era divertito, era maturato in un certo senso, aveva scoperto di star pensando
incessantemente ad una sua compagnia, una compagnia di cui non gli era mai
importato niente, ma non era Laura, non si ricordava nemmeno di quella ragazza
che gli aveva lasciato quel filo invisibile di Arianna e che glielo aveva
affidato.
La compagnia di classe era
un’anonima ragazza, ancora ragazzina, piccolina sia di fisico che di
atteggiamenti, niente a confronto di Laura, ma a lui piaceva.
In quei tre mesi era
cambiato, si era fatto più uomo, i lineamenti paffuti, stavano diventando
mascolini, la mascella cominciata a diventare leggermente squadrata. Si era
stufato di pensare solo ai videogiochi e aveva capito che doveva crescere, che
c’era altro a cui pensare: gli amici, le ragazze, soprattutto le ragazze e
quando ci pensava gli veniva subito in mente quella sua compagnia così carina
che aveva voglia di rivedere. Voleva vedere se fosse cresciuta, se fosse
diventata più bella di quanto la ricordasse.
Era felice, stupidamente
felice di tornare a scuola. Non aveva il coraggio di dirlo ad alta voce anche
perché i suoi amici lo avrebbero presto per pazzo. Quale persona sana di mente
vuole tornare a scuola? Solo una persona che ha un buon motivo per tornare, un
ottimo motivo.
Ovviamente Stefano era ignaro
di come stesse Laura, non sapeva che era appena stata delusa, che aveva
sofferto e che le si era spezzato il cuore.
Lei aveva un altro buon
motivo per tornare a scuola: voleva scappare dalla solitudine in cui si era
improvvisamente trovata, in cui era stata catapultata dopo che il ragazzo di
cui era innamorata l’aveva lasciata. Per stare con lui aveva lasciato gli
amici, amici che non lo erano davvero.
L’aveva fatta soffrire, ma lo
ringraziava perché grazie a lui, alla sua presenza, lei era riuscita a capire
chi le volesse davvero bene. Quando si ritrovò da sola, lasciata da questo
ragazzo che amava, non si stupì più di tanto di non vedere nessuno al suo
fianco.
Era abituata ad essere sola,
abituata a rimanere in disparte perché aveva sempre avuto opinioni diverse
rispetto a quelle degli altri e non era mai scesa a compromessi. Non si era mai
lasciata influenzare, non c’era niente che le avrebbe fatto cambiare idea,
neanche stare da sola. La solitudine non le faceva paura, ma quella solitudine,
la solitudine che provava in quel momento, la stava logorando. Era quel tipo di
solitudine che si prova dopo che sei stato tanto tempo con una persona, dopo
che sei abituato a sentirlo, a vederlo praticamente tutti i giorni.
Stare in casa era una
sofferenza. Di uscire non se ne parlava, non sapeva con chi farlo. Gli amici
che considerava tali avevano smesso di cercarla quando aveva deciso di non
fargli sapere niente della sua vita sentimentale, sapeva quanto fossero
interessati solo a fare pettegolezzo. Quando la cercavano non volevano sapere
come stava, lo chiedevano, ma in realtà l’unica cosa che volevano sapere era
come andava con il suo ragazzo, non si prendevano nemmeno la briga di
nasconderlo, di cercare almeno di farle pensare che si interessassero in un
qualche modo a lei. Amici così era meglio perderli che trovarli e lei lo sapeva
bene.
Casa sua era un posto di
sofferenza e quindi preferiva tornare a scuola, tornare a vivere sei ore
intense in cui si sarebbe distaccata dal suo mondo, come aveva sempre fatto.
Laura non aveva mai pensato a
Stefano, come lui non aveva mai pensato a lei, ma quando si incontrarono il
primo giorno di scuola, ci fu qualcosa di diverso in loro, qualcosa che stupì
entrambi.
Li lasciò spiazzati, ma come
al solito non ci diedero troppo peso, troppo presi da altro, troppo presi da
quello che passava loro per la testa. Probabilmente erano troppo stupidi per
capire cosa fosse successo davvero ed erano ignari che quell’anno avrebbe
cambiato le loro vite per sempre.
Stefano continuava a pensare
a quella sua compagnia, ma si scoprì troppo timido per farsi avanti. Aveva
paura di essere rifiutato, aveva paura di soffrire. Si sentiva leggermente
sfigato a pensare di non aver avuto ancora una ragazza. Quale ragazzo di 15
anni non aveva ancora dato il suo primo bacio? Probabilmente solo lui e la
faccenda cominciava a non andargli giù.
Ma c’era una cosa che lui non
sapeva: anche la ragazza era attratta da lui, Laura lo sapeva, anche se non
riusciva a comprenderne il motivo. Si chiedeva cosa ci fosse in quel ragazzo
che attirasse l’attenzione della sua amica. Non ci vedeva niente di così bello
e attraente in lui, la sua amica avrebbe potuto trovarsene mille migliori.
Entrambi erano presi
dall’altro, ma nessuno aveva il coraggio di fare niente per paura di essere
rifiutati. Ci volle una spinta da parte dei compagni di classe per farli
uscire, per farli conoscere.
Stefano era felice, al
settimo cielo, finalmente usciva con una ragazza che gli interessava e che era
interessata a lui. L’aveva pensata per mesi e finalmente poteva conoscerla
meglio.
Laura vivendo la situazione
da fuori, non poteva fare altro che essere felice, anche se sperava con tutto
il cuore che la sua amica non soffrisse, sperava che non dovesse mai provare
quello che aveva provato lei: essere lasciati, abbandonati al proprio amore,
trattati come una pezza da piedi, non lo augurava a nessuno, nemmeno al suo
peggior nemico.
Laura vedeva la sua amica
felice e non poteva che esserlo di rimando anche lei, come avrebbe potuto non
esserlo? Credeva nell’amore e quando vedeva due persone prese l’uno dall’altro
non poteva far altro che sorridere e trattenere le lacrime.
Un altro aspetto di lei, che
dal canto suo odiava, era che fosse un’inguaribile romantica e fin troppo
sensibile. Bastava un non nulla per farla piangere e lei si odiava quando
succedeva, ma non piangeva mai in pubblico, non perché non volesse far vedere
che fosse debole, ma perché non voleva far pena agli altri, non voleva che gli
altri si interessassero a lei solo perché stesse versando un po’ di lacrime.
Ma si sa, il destino ogni
tanto fa il suo corso e anche in quel caso, aveva un compito da svolgere.
Il filo d’Arianna aveva
deciso di raggomitolarsi e di far avvicinare nuovamente quei due sconosciuti,
era il momento giusto, o forse no.
Laura e Stefano si
ritrovarono nuovamente compagni di banco, ma era tutto diverso, lui era
diverso, era maturato almeno un po’ dall’anno prima e lei lo notò subito.
Passavano sei ore a contatto,
parlando, scherzando, instaurando un’amicizia che via a via stava crescendo.
Stefano non poteva essere più felice: aveva una ragazza fantastica, un’amica
stupenda, cosa poteva volere di più?
Laura aveva cominciato a
considerarlo un suo amico, parlavano di tutto, ma non avevano mai toccato
argomenti del loro passato, non erano mai arrivati a confidarsi segreti,
vicende traumatiche o fatti simili, non erano mai arrivati fino a quel livello
d’amicizia.
Con il passare del tempo,
qualcosa cambiò, in Laura, in Stefano, qualcosa che cominciò a sconvolgerli.
Laura sapeva benissimo cosa
le stesse succedendo, lo sapeva, ma non voleva accettarlo. Come poteva prendere
una cotta per il ragazzo della sua amica? Come poteva solo pensarlo? Erano
amici, solo quello, lui stava con un’altra perché avrebbe dovuto voler lei?
Laura era confusa, non sapeva
cosa fare. Voleva passare del tempo con lui, come amici, voleva continuare ad
essere amici perché non voleva perderlo, non voleva assolutamente pensare
all’idea di non poter passare più del tempo con lui, di non poter più guardare
da vicino quegli occhi neri che aveva cominciato ad adorare. Cominciava ad
amare quella voce così strana, quella voce non ancora mascolina, quel sorriso,
quella labbra, quei capelli. Aveva cominciato ad amare tutto di lui, ogni cosa,
ogni particolare, ma sapeva che non era giusto.
Lui era con lei, la sua
amica, non era giusto quello che stava provando. Non era giusto sentire il
proprio cuore battere all’impazzata quando lui le prendeva le mani per giocare.
Non era giusto sentire le farfalle nello stomaco, sentirsi fluttuare in aria
quando lui l’abbracciava lontano da occhi indiscreti, quando stava in silenzio
e la guardava, le sorrideva. Non era giusto, non era giusto che per ogni suo
più piccolo movimento lei sorridesse come una stupida.
Ogni tanto osservandolo si
chiedeva come potesse interessarle: lui non era il classico ragazzo che avrebbe
guardato, non l’avrebbe colpita, non le era mai importato niente di lui, perché
proprio in quel momento, perché? Non avrebbe mai dovuto interessarsi a lui, lo
sapeva, ma non riusciva a capire come smettere di pensarlo, come provare a
toglierselo dalla testa. Ci rimuginava, ci ripensava giorno e notte, ma non
trovava mai una soluzione.
Stefano, al contrario, non
sapeva che cosa gli stesse succedendo. Aveva una ragazza, era felice, gli
piaceva passare del tempo con lei, si divertiva, ma non rideva come quando era
con Laura. Non riusciva a capire come mai preferisse passare del tempo con lei
piuttosto che con la sua ragazza. Perché? Perché preferiva ridere con Laura?
Perché si ritrovava a sorridere come uno scemo quando la guardava?
Era confuso, non riusciva a
capire cosa gli passasse per la testa. Aveva cominciato ad evitare la sua
ragazza, aveva cominciato a non salutarla più, a non parlarle più e se lei non
lo cercava, lui non lo faceva. Sapeva che era un comportamento stupido, sapeva
che non era giusto nei confronti dell’altra, ma in quel momento voleva stare
solo con Laura, con quella ragazza che lo aveva sconvolto.
Un giorno la vide piangere,
gli si strinse lo stomaco quando vide le lacrime solcarle le guance. Sapeva
quanto a lei non piacesse essere compatita, ma a lui non faceva pena. Lui
voleva proteggerla, avrebbe tanto voluto sapere che cosa la preoccupasse, che
cosa avesse, che cosa aveva tolto quel suo stupendo sorriso da quelle labbra
seducenti.
Le si sedette vicino
lasciandola sfogare fino a quando lei non si strinse a lui e scoppiò a
piangere. Sentire quei singhiozzi, sentire quel corpo tremare tra le sue
braccia, l’aveva spiazzato.
Aveva sempre saputo che
quella ragazza aveva qualcosa di diverso dalle altre, l’aveva sempre capito,
anche se non ne era mai stato attratto, mai fino a quel momento. Avrebbe voluto
sapere tutto di lei, ogni più piccola cosa, ogni minimo particolare della sua
vita, ogni cosa che le interessasse. Voleva saperlo, ma non trovava il
coraggio. Aveva paura, si sentiva così piccolo e immaturo rispetto a quella
ragazza, sembrava quasi come se non fosse alla sua altezza.
Era uno stupido, avrebbe solo
dovuto prendere il coraggio e chiederle tutto quello che voleva, quella ragazza
gli avrebbe detto tutto, gli avrebbe dato anche il mondo se solo glielo avesse
chiesto.
L’amicizia tra Laura e
Stefano cresceva, il loro amore anche.
Cercando di non farsi
scoprire dall’altro si osservavano, si studiavano, si esaminavano ogni
centimetro di pelle, ogni movimento, ogni sospiro. Si erano studiati e
esaminati così tante volte che sapevano descriversi a memoria.
Non avevano altro in testa a
parte l’altro, ma sapevano entrambi che stavano sbagliando. Avevano anche un
altro pensiero comune “Tanto non gli
interesso, come potrebbe interessarsi a me?”
Entrambi lo pensavano ed
entrambi si sbagliavano, ma loro non potevano saperlo, avrebbero voluto leggere
nel pensiero dell’altro per capire che cosa pensasse, ma non potevano farlo.
C’era qualcuno che loro non
avevano considerato, qualcuno che cominciava a stancarsi. Aveva notato che
Stefano considerava più Laura di lei, ma sapeva benissimo che tra loro c’era
solo un’amicizia.
Si sfogò con Laura cercando
consiglio e lei glielo diede. Un consiglio sincero, assolutamente sincero, che
le avrebbe dato chiunque: doveva chiudere, lui non le parlava più, non la salutava,
cosa stavano insieme a fare? Niente, non facevano niente, erano come due
estranei.
Laura si sentiva in colpa
ogni volta che le diceva quelle cose perché pensava che stesse sbagliando, le
sembrava quasi di dirle di lasciarlo perché così lei avrebbe potuto avere via
libera, ma non era affatto così. Non aveva così tanta fiducia in sé stessa per
pensare di interessargli, lei dava i consigli alla sua amica per il suo bene,
per non vederla soffrire e la cosa migliore che poteva fare era lasciarlo, non
c’era alternativa.
La sua amica seguì il suo consiglio
e lo lasciò, capendo che fosse la cosa migliore da fare, e lo era.
Stefano si sentiva
leggermente sollevato da questa situazione, sapeva che avrebbe dovuto farlo
lui, ma non riusciva a trovare le parole giuste per dire basta a quella ragazza
che comunque gli aveva dato molto, comunque, non quanto gli stesse dando la
ragazza dagli occhi azzurro cielo.
Le cose tra Laura e Stefano
non migliorarono, anzi, peggiorarono, come fu possibile non lo sapevano nemmeno
loro.
Stefano cominciò ad avere
paura: il fatto di sentirsi libero, di non avere più una ragazza, gli aveva
fatto capire che avrebbe potuto fare qualsiasi cosa con Laura, avrebbe potuto
passare del tempo con lei senza problemi, ma non ce la fece.
Si ritrasse come un riccio
spaventato, entrò nel suo guscio come una tartaruga e cominciò a diventare
scontroso nei confronti di Laura che cominciò a soffrirne per il comportamento
del ragazzo.
Si dava della stupida, ci
stava cascando ancora, si era interessata nuovamente ad un ragazzo che
l’avrebbe fatta soffrire, che la stava facendo soffrire. Era una masochista,
ecco cos’era, una stupida masochista che si ostinava ad interessarsi a quelli
sbagliati. Era una stupida. Anche lei si ritrasse nel suo guscio sconsolata,
evitando il ragazzo, smettendo di parlargli.
Il filo che li teneva uniti
aveva deciso di fargli avvicinare, di fargli conoscere, di farli interessare
l’uno all’altro e all’improvviso, nuovamente, aveva deciso di srotolarsi
creando un abisso tra i due ragazzi.
Erano tornati come prima,
ognuno al proprio posto, la differenza era che sentivano la mancanza
dell’altro.
Avevano bisogno di parlare
tra di loro, di sentire il corpo caldo dell’altro vicino al proprio, ma le
circostanze, le paure e i loro atteggiamenti li facevano allontanare
maggiormente.
Per qualche giorno furono
nuovamente degli sconosciuti, sconosciuti che si osservavano di nascosto e
pensavano perché non potessero interessare all’altro.
Con estrema lentezza, in un
modo assolutamente impercettibile per gli umani, il filo si raggomitolò,
lentamente, piano, facendoli avvicinare. Il movimento era talmente lento che i
due non si accorsero nemmeno che si stessero avvicinando di nuovo l’uno
all’altro, lo scoprirono solo quando si trovarono faccia a faccia, occhi negli
occhi, chiaro e scuro, notte e giorno. Erano l’uno l’opposto dell’altra ed
erano di nuovo davanti. Se avessero alzato il braccio avrebbero accarezzato la
guancia dell’altro, avrebbero potuto appoggiare la mano sul petto e sentire
quanto i loro cuori stessero battendo in quel momento, nel momento in cui i
loro sguardi si incrociarono. Rimasero a guardarsi per minuti interminabili, il
cervello scollegato, il cuore impazzito, i bozzoli nello stomaco che si
schiusero e dettero vita a mille farfalle, il calore corporeo a mille. Rimasero
così scambiandosi sguardi pieni di significato, pieni d’amore.
Le due calamite erano
nuovamente di due poli opposti, si attrassero tra di loro come se non potessero
farne a meno.
Ricominciarono a parlarsi, a
ridere, a scherzare, quando succedeva nell’aria si sentiva come una canzoncina
felice, una melodia che accompagnava perfettamente i loro discorsi, le loro
risate, i loro sguardi e i loro sorrisi.
Tutto andava per il meglio,
Laura si era convinta che le cose sarebbero finalmente andate bene per lei, ma
come si sa, gli uomini tendono a lasciarsi sfuggire quello che hanno tra le
mani, in un modo o nell’altro lo fanno, magari inconsapevolmente, magari
facendolo pure apposta.
Stefano era un essere umano di genere maschile e decise di allontanarsi maggiormente da quello che aveva per le mani, errore suo? Qualcuno l’aveva convinto a fare qualcosa che non voleva fare? Laura non lo sapeva, ma non le interessava neanche saperlo, le bastava sapere che lui avesse fatto lo stronzo, le bastava sapere solo quello, il resto non contava.
Stefano era un essere umano di genere maschile e decise di allontanarsi maggiormente da quello che aveva per le mani, errore suo? Qualcuno l’aveva convinto a fare qualcosa che non voleva fare? Laura non lo sapeva, ma non le interessava neanche saperlo, le bastava sapere che lui avesse fatto lo stronzo, le bastava sapere solo quello, il resto non contava.
Non saprei dire se quello che
successe sia tutta colpa del destino che aveva già programmato tutto o fu tutto
dettato dalla stupidità di Stefano. Davvero, non saprei dirlo, affermarlo con
certezza.
Perché Stefano aveva fatto lo
stronzo? Perché si era lasciato scappare quella ragazza che l’aveva stregato?
Lui diceva di non saperlo, ma sapeva benissimo che la causa principale era
pavoneggiarsi con i propri amici per farsi una risata, in poche parole si era
comportato da stronzo.
Laura si allontanò
completamente da lui, non riusciva più a vederlo, non riusciva nemmeno a
rivolgergli la parola da quanto era arrabbiata con lui. L’aveva illusa e lei si
era lasciata illudere, perché era stata così stupida? Perché aveva permesso che
accadesse? Perché?
Si maledisse in tutte le
lingue che conosceva e ne inventò di nuove solo per continuare a farlo.
Da quanto erano lontani il
filo si stava per spezzare, quel filo stava cedendo e avrebbe rischiato di
spezzarsi se non avrebbero fatto qualcosa, se Stefano non avrebbe cercato di
rimediare a quello che aveva fatto, anche se un modo giusto per farlo non
c’era.
Laura era arrabbiata, l’aveva
completamente cancellato dalla sua vita, dai nomi dei conoscenti, dalla lista
delle persone a cui voleva bene. Per lei lui era morto, sepolto, andato. Non
esisteva.
Quando lui ricominciò a
cercarla parlando di semplici argomenti di scuola, lei rispondeva a
monosillabi. Lui non si offese, anzi, comprese il suo atteggiamento, sapeva che
lo avrebbe fatto, era prevedibile.
Decise di non demordere, di
non lasciarla andare, perché non voleva lasciarla andare. Cominciava a capire
che aveva fatto una cazzata, che aveva fatto l’errore più grande della sua
vita. Per pavoneggiarsi con gli amici aveva perso una persona a lui fin troppo
importante. Non doveva permettere che le distanze tra di loro aumentassero. Gli
mancava, gli mancava tutto di lei: la sua voce, la sua risata, i suoi occhi azzurri
che lo guardavano in quel modo strano, in quel modo che semplicemente adorava.
Voleva rimediare, voleva
farle capire che lui provasse davvero qualcosa per lei.
Laura dal canto suo,
continuava ad ignorarlo, quel ragazzo che cercava di farla ridere e di
strapparle un sorriso, era niente, era il nulla più assoluto e completo.
L’aveva illusa, l’aveva fatta soffrire e per lei non esisteva più. Era stufa di
soffrire, era stufa di farlo e sapeva benissimo che lui l’avrebbe fatta
soffrire se solo l’avesse fatto tornare nella sua vita come una volta.
Con molta fatica, Stefano
riuscì a riportare allo stato originale quel filo d’Arianna quasi ormai logoro,
consumato, che stava per rompersi da quanto le distanze tra di loro si erano
allungate, ma lui ce l’aveva fatta, l’aveva ripristinato, ma per arrivare al
cuore della ragazza, per tornarci davvero, doveva fare ben’altro.
Laura non lo sapeva, non se
ne accorgeva, ma più il ragazzo le parlava e più il suo cuore si avvicinava di
nuovo a lui. Non si può comandare il cuore, il cuore va dove vuole andare e il
suo voleva andare lì, vicino al cuore di lui che batteva per lei.
Stava aspettando con ansia la
fine della scuola, era stufa di vederlo. Voleva passare tre mesi senza di lui,
dimenticando la sua faccia, la sua voce, dimenticando ogni cosa di lui, doveva
diventare un estraneo, uno sconosciuto per lei. Voleva mettere un punto,
anziché un’altra virgola che li avrebbe nuovamente portati a viversi l’anno
dopo come se niente fosse successo. No, non poteva permetterlo.
Con il passare dei mesi la
convinzione di averlo dimenticato si faceva sempre più largo in lei, ma non si
rendeva conto che quando era al computer controllava se lui fosse in linea o
meno, non si rendeva conto che quando leggeva il suo nome tra i contatti, il
suo cuore batteva all’impazzata e cominciava ad agitarsi.
Diceva di averlo dimenticato,
di non provare più nulla per lui, ma allora perché non l’aveva cancellato dagli
amici? Perché continuava in un qualche modo a tenerlo nella propria vita? Lei
non se ne rendeva conto, ma non l’aveva dimenticato, non riusciva a farlo,
anche se cercava di convincersi del contrario.
Stefano passò tutta l’estate
a darsi mentalmente dello stupido. Cercò in tutti i modi di non pensare a lei,
di liberare la sua mente dal pensiero di lei, ma non ce la faceva, qualsiasi
cosa stesse facendo il viso di lei gli si parava davanti e da lì non se ne
andava più.
Si sentiva un cretino, uno
stupido a pensare ad una ragazza che probabilmente non avrebbe mai voluto avere
niente a che fare con lui. Che stupido.
Quando la cercò, ci mise tre
ore per decidersi a contattarla, non doveva chiederle di sposarlo, doveva solo
chiederle quando avrebbe avuto l’esame di riparazione, non ci voleva poi così
tanto, ma a lui sembrava un passo impossibile. Quando premette il tasto d’invio
si ritrovò con il cuore in gola. Rimase a fissare lo schermo del computer
aspettando in attesa una sua risposta che non tardò ad arrivare.
Laura, dall’altra parte dello
schermo, a 50 km di distanza da lui stava per prendere un infarto quando vide
il nome del ragazzo che la stava cercando. Il cuore cominciò a battere
all’impazzata, le mani tremare e quel viso che era riuscita a dimenticare in
tutti quei mesi aveva deciso di fare capolino di nuovo dai suoi ricordi.
Non poteva crederci, stavano
parlando, di nuovo, come se nulla fosse successo. Sapere che lui l’avesse
cercata, l’aveva sollevata, voleva sentirla, voleva parlarle, altrimenti per
quale scopo cercarla? Forse… forse niente. Non doveva fare lo stesso errore dell’altra
volta, non doveva pensare che tra di loro ci sarebbe potuto essere qualcosa,
sarebbero solo stati semplici compagni di classe, semplici amici che parlano
ogni tanto e che si scambiano qualche battuta, nulla di più, nulla di meno.
Si sarebbero visti di lì a
pochi giorni, per il corso di riparazione. Si sarebbero rivisti e non sapevano
dire se erano più elettrizzati o più spaventati di rivedere quella persona che
tanto aveva sconvolto le loro vite.
Quando si rividero, un
sorriso spontaneo sorse sulle loro labbra, un sorriso che esprimeva gioia,
amore, ma erano gli occhi che stavano parlando. Gli occhi in quel momento
emanavano tutto l’amore possibile. Gli occhi di entrambi luccicavano e non era
il sole che li stava facendo brillare, c’era nuvolo quel giorno. Un giorno d’inizio settembre il sole era coperto da leggere
nuvole, ma nei cuori di quei ragazzi c’erano 40 gradi all’ombra.
Il filo d’Arianna era
nuovamente corto, li stava tenendo attaccati, voleva che si amassero, che capissero
di amarsi, voleva che lo facessero.
Ma anche quell’anno non
cambiò molto: sguardi, battute, risate, frasi lasciate a metà, domande pensate,
ma mai dette, regali comprati, ma mai consegnati. Tutto era come prima, o
meglio, non tutto.
Laura aveva cercato di fare
di tutto per non interessarsi più a quel ragazzo, a quell’uomo, pensava che in
quei tre mesi la sua cotta per lui fosse passata, ma la realtà era che non era
solo completamente cotta di lui, ne era anche innamorata. Con il passare del
tempo si era accorta che sapeva a memoria ogni suo gesto, sapeva a memoria il
suo viso, i suoi atteggiamenti. Sapeva a memoria ogni sua più piccola reazione.
Anche Stefano si rese conto
che non aveva più via di scampo da quella ragazza, da quella donna che gli aveva
cambiato la vita qualche anno prima.
Si rese conto che la sua
presenza era indispensabile: se lei non c’era lui si sentiva perso, si sentiva
rigido, era lei che lo tranquillizzava, il suo sguardo, la sua voce, la sua
sola presenza.
Si sentiva uno stupido quando
si perdeva a guardarla e lei si girava scoprendolo sul fatto. Non si sopportava
quando si comportava il quel modo, ma era più forte di lui. Lei lo chiamava, il
suo viso lo supplicava di essere guardato, di essere ammirato. La sua risata lo
pregava di essere ascoltata e lui non aveva nessuna intenzione di deluderla.
Tutta la sua persona gli chiedeva di proteggerla, di amarla e lui non poté
rifiutare di fare nemmeno quello. Gli sembrava strano pensarlo, figuriamoci
dirlo, ma era innamorato di lei, era innamorato di quella donna che aveva
imparato a conoscere, che ormai conosceva a memoria. Era innamorato e si
sentiva il ragazzo più felice sulla terra, ma anche il più codardo.
Avrebbe dovuto dirle quello
che provava, avrebbe dovuto confessarle i suoi sentimenti, ma ogni volta che
cercava di parlarle si mise di mezzo l’orgoglio, quello stupido orgoglio che
impedisce alle persone di confessare il proprio amore a qualcuno che si ama,
che impedisce di fare anche il minimo gesto d’affetto senza poi pentirsene e
sentirsi un cretino. Lui era orgoglioso e lei odiava quella parte di lui, la
odiava con tutta se stessa, non ci avrebbe mai fatto l’abitudine a quel lato di
lui.
Il filo cresceva in spessore,
cresceva a mano a mano che il loro amore aumentava, a mano a mano che uno dei
due comprendeva altri aspetti dell’altro. Aumentava in base alla loro
conoscenza e in quel momento niente sarebbe mai riuscito a spezzarlo,
assolutamente niente.
Quei due ragazzi erano uniti
da uno stesso destino, destino che voleva a tutti i costi che i due avessero
una storia d’amore, che i due riuscissero a capire maggiormente che l’uno senza
l’altro era niente.
Il destino decise di dare la
stessa sorte ad entrambi, decise di fargli ripetere l’anno, di metterli
nuovamente in classe insieme.
Laura pensò che fosse una
congiura contro di lei. Era stufa di logorarsi il fegato per quel ragazzo, di
continuare a pensare a lui e la consapevolezza di esserne innamorata, la faceva
stare ancora peggio. Era innamorata di lui e lui la considerava solo un’amica,
come poteva considerarla qualcosa di più? Come poteva solo pensarlo? Lei non
era la classica ragazza che lui avrebbe voluto, lei era complicata, aveva un
passato difficile, era… non era giusta per lui. Lui meritava di meglio, anche
se il solo pensiero di vederlo con un’altra le faceva ribollire il sangue.
Stefano era sollevato dal
saperla nuovamente in classe con lui, era sollevato perché poteva passare del
tempo con lei senza dare sospetti, poteva ridere e scherzare come negli anni
precedenti, poteva fare quello che voleva quando voleva.
Poteva anche cercare di
migliorare le cose tra di loro e così fu: le cose migliorarono davvero, ogni
volta sembrava quasi che senza volerlo si trovassero vicini, nuovamente vicini,
posizionati in modo da guardare l’altro. La cosa strana era che non lo facevano
apposta, si trovavano così, uno vicino all’altro, a parlare con le altre
persone, ma con il corpo rivolto verso di loro.
Un attento uditore avrebbe potuto
sentire che in mezzo a quei ti voglio bene sussurrati, c’erano dei ti amo che cercavano di farsi sentire,
di essere sentiti dalla persona giusta, dalla persona amata. Ti amo che erano stati troppo repressi e
che non vedevano l’ora di essere dichiarati.
Quando erano vicini, non così
vicini da toccarsi, ma così vicini da sentire il calore del corpo dell’altro,
erano percorsi dai formicolii al corpo, si sentivano invadere da questa
sensazione fastidiosa. Era una cosa strana, anzi, stranissima. Laura aveva
constatato che appena toccasse Stefano il formicolio smettesse e lui si rese
conto che lo stesso faceva il suo corpo. Anche quando non si vedevano, sapevano
della presenza dell’altro, sapevano che ci fosse perché cominciavano a provare una
strana sensazione, una sensazione che non si può descrivere a parole, una
sensazione che provavano solo quando c’era l’altro nei paraggi.
Quando cercavano di stare
lontani si ritrovavano vicini, pensavano che si pedinassero. Stefano pensava
che lei lo pedinasse e Laura pensava il contrario, come dargli torto?
Era normale pensarci, ma non
era colpa loro se si trovavano dovunque fossero, era il destino, era quel filo
di Arianna che cercava di dargli un segno, cercava di fargli capire che fossero
destinati a stare insieme, da anni e che loro stavano complicando le cose
quando in realtà erano semplicissime.
Infatti, complicavano.
Oggi, in un giorno di fine
Gennaio, uno dei due ha deciso di parlare all’altro, di dichiarare finalmente i
propri sentimenti.
Stefano è appoggiato al
calorifero vicino a Laura, stanno parlando del più e del meno come al solito,
ridono, scherzano, si perdono a guardare l’altro cercando di non farsi
scoprire, ma non sanno che l’altro sente lo sguardo bruciargli sulla pelle.
Sono vicini, i loro corpi a
contatto, hanno imparato a toccarsi sempre con almeno una parte del corpo in
modo da non sentire fastidio, da non sentire nessun tipo di formicolio.
Sono da soli, stranamente da
soli, e si stanno godendo la compagnia dell’altro.
Laura sente che intorno a
loro c’è una strana atmosfera, si sente come in un bolla completamente chiusa
al mondo esterno, in un bolla in cui esistono solo lei e lui, ma c’è
qualcos’altro. Nell’aria sente come una strana melodia, una melodia che non sa
da dove proviene. Nella scuola non ci sono aule di musica, non ci sono stereo.
<< La senti anche tu?
>> gli chiede interrompendo una sua frase.
La guarda, si perde in quei
suoi occhi azzurri.
Musica? La sente anche lei? Pensa lui stupito.
<< La senti anche tu?
>> il cuore batte all’impazzata, ha quasi paura che lei possa sentirlo da
quanto sta battendo forte.
Cerca di darsi un contegno,
cerca di rilassarsi, ma non ce la fa. Sa che quello è il momento giusto, sa che
è arrivato il momento di dirle quello che prova davvero per lei.
<< Sì, la sento, ma da
dove viene? >> lei si gira, guardando a destra e a sinistra cercando di
sforzare l’udito e di capire da dove venga quella melodia.
<< Viene da qui
>> dice Stefano appoggiando la mano sul petto della ragazza.
Non sa nemmeno lui dove ha
trovato il coraggio di compiere quel gesto, com’è riuscito a mettere da parte
l’orgoglio.
Lei sgrana gli occhi e lo
guarda stupita.
Non ci può credere, non aveva
mai osato così tanto. Punta il suo sguardo in quello di lui e si perde in
quell’abisso nero, si perde in quel liquido caldo che sembra ardere, bruciare.
Trema, ma non per il freddo,
non perché ha paura, trema perché finalmente capisce cosa vuole dire quello
sguardo, perché finalmente riesce a collegare tutti i tasselli dalla comparsa
di lui fino ad oggi. Tutto si collega, tutto sta cominciando a prendere forma
fino a formare un grande puzzle, un puzzle che dovrebbe raffigurare loro due.
Continuando a tenere la mano
sul petto di lei, Stefano comincia a parlare << Sai, mi sento uno stupido
in questo momento. Sto qui, davanti a te, e sto tremando, come se non fossi mai
stato vicino a te, come se non ti avessi mai toccato, ma sai una cosa? Non l’ho
mai fatto come avrei voluto. Mi costa… una certa fatica dirtelo, ma ho sempre
desiderato abbracciarti, stringerti, accarezzarti, baciarti, ho sempre
desiderato farlo, ma non ho mai trovato il coraggio. Pensavo che mi avresti
rifiutato, pensavo che mi avresti mandato a quel paese come tuo solito,
sinceramente non so nemmeno adesso quale sarà la tua reazione, ma… non mi
importa. Io ti amo e probabilmente ti amo da quel primo giorno di scuola delle
superiori. Non me ne sono mai accorto, ma sai, sono sempre stato abbastanza
stupido, codardo e orgoglioso per dirlo. Sai che… >>
<< Concordo >>
dice la ragazza sorridendo felice.
Lui è agitato, fa fatica a
dire tutto quello che sta dicendo e lei si mette a prenderlo in giro? É da lei,
solo lei può fare una cosa simile nonostante gli occhi lucidi fanno capire
quale sia davvero la sua reazione.
Laura non ce la fa, non può
reggere, non può sopportare tutto quello che lui le sta dicendo. Ha aspettato
anni per sentirselo dire, si è illusa per anni pensando che lui non la
ricambiasse, invece ecco lì, davanti a lei, con la mano sul suo petto, che le
sta dichiarando il suo amore, che sta mettendo da parte l’orgoglio per lei.
Ha sempre pensato che
l’orgoglio rovina tutto, rovina rapporti, amicizie, si mette da tutte le parte
e ti impedisce di fare qualsiasi cosa. Ovviamente sa che tutti sono un po’
orgogliosi perché è normale, ma lei non sopportava proprio le persone che lo
erano troppo. Cosa ci vuole a dire ti
voglio bene ad una persona? Quanto ci vuole a dirle ti amo? A lei non
sembrava difficile. Molte volte scherzando gliel’aveva detto, anche se in quei
ti voglio bene, in quei ti amo detti per gioco. c’era tutto l’amore che provava
per lui.
<< Laura… >> la
richiama lui con la voce rotta.
<< Scusa, va bene, vai
avanti >> gli sorride.
Lui scuote la testa. Ormai la
conosce, ormai sa che in qualsiasi occasione cercherà sempre di sdrammatizzare,
di togliersi dall’imbarazzo, ma non può nemmeno immaginare quanto sia bella con
le guancie leggermente rosse e gli occhi lucidi, non lo può sapere perché non
si vede con gli occhi di Stefano.
Se si vedesse con gli occhi
di lui, capirebbe ogni cosa, capirebbe i suoi sentimenti, capirebbe quanto lui
la reputi bella nonostante tutto, nonostante i piccoli difetti che ha,
nonostante lei pensi che abbia i fianchi grossi e le cosce enormi, lui non le
vede, o meglio, le vede, ma non gli importa. Sono suoi quei fianchi, sono sue
quelle cosce, che poi non sono affatto enormi, anzi, sono proporzionate per la
sua altezza. Lui adora quei piccoli difetti
perché sono suoi, perché fanno parte di lei, probabilmente se fosse magra e
longilinea non gli piacerebbe, ma questo lei non potrebbe mai capirlo, come lui
non potrebbe mai capire come lei lo vede.
Lei lo vede perfetto, in
realtà non è proprio così, lei sa che non lo è, lei sa che è troppo magro, lei
sa che ha il labbro superiore troppo fine, lei sa che è orgoglioso, lei sa
molte cose, ma non le importa perché è lui. Lei lo vede semplicemente bello, lo
vede bello sempre.
Lui abbassa lo sguardo
imbarazzato. Non ha la più pallida idea di come continuare, di come andare
avanti, ma deve farlo, lei aspetta e non sa per quale motivo, ma sa già la
risposta e non può stare lì con le mani in mano. Alza lo sguardo e la guarda,
perdendosi in quei pozzi d’acqua.
<< Avevo paura, di te.
Già dal primo giorno sapevo che tu non fossi una ragazza come tutte le altre,
sapevo che fossi una donna e questo mi ha spaventato. È come se non mi sentissi
alla tua altezza, come se tu fossi un gradino più in alto di me e io non possa
fare niente per raggiungerti. Mi sembri troppo, probabilmente potresti avere
qualcuno meglio di me >> abbassa lo sguardo imbarazzato.
Sta ammettendo troppe cose in
una sola volta. Troppe, troppe cose.
Toglie la mano dal suo petto,
ma immediatamente lei la riprende e gliela rimette a posto.
Lui la guarda, stupito, non
capendo quel suo gesto.
Il suo cuore nella cassa
toracica si muove velocemente, pompa sangue, ma il fatto che lo lascia alquanto
sbalordito è il fatto che sotto la sua mano, sotto quella pelle morbida e
bianca, sta battendo il cuore di Laura alla stessa velocità del suo. Vanno in sincrono
come se appartenessero ad una stessa persona, come se si fossero allenati per
ore, come se si appartenessero, infatti è così.
Sono sempre esistiti, sono
cresciuti con lo scopo di trovarsi, scoprirsi, appartenersi, anche se
appartenevano l’uno all’altro già da tempo.
<< Lo senti? Batte così
a causa tua. Come potresti essere inferiore rispetto a me? Come hai solo potuto
pensarlo? Tu fai battere questo, fai battere il mio cuore più di quanto abbia
mai fatto, solo una persona importante può farlo, solo una persona sul mio
stesso livello può farlo. Tu non sei inferiore a me, tu sei uguale a me, siamo
tutti uguali, quello che ci differenzia è solo come facciamo ad amare gli altri
e come facciamo battere il cuore altrui. Tu fai battere il mio cuore in modo
strano, in modo non naturale ed è anche per questo che ti amo. Tu sarai stato
un codardo, ma anch’io lo sono stata, ma… avevo paura. Avevo paura che se mi
fossi dichiarata, fatta avanti, tu avresti potuto ferirmi di nuovo come hai
fatto due anni fa. >>
<< Sono stato uno
stupido. La paura fa fare cose che nemmeno vorresti fare >> le prende la
mano e la porta sul suo petto.
Lo guarda stranita scoprendo
di non notare differenze tra il suo battito e quello di lui, ma capisce
benissimo che siano due battiti differenti.
<< Adesso hai paura?
>> gli chiede con il cuore in gola.
<< Sì, ne ho parecchia,
ma non mi importa. Adesso ho te, potrebbe succedere qualsiasi cosa, ma finché
tu sarai al mio fianco, andrà tutto alla grande. >>
Sono le parole più belle che lei
abbia mai sentito uscire dalla bocca di lui. Non gli ha mai sentito pronunciare
parole come quelle.
Si commuove, le viene da
piangere, ma si trattiene, non deve farlo, non in questo momento.
Lui sposta la mano dal petto
di lei, sulla sua guancia, l’accarezza, ne tasta la consistenza sentendo quanto
sia morbida e liscia. Ha sempre sognato di farlo e in quel momento sogna ancora
di più di baciarla.
La vede umettarsi le labbra e
lui fa lo stesso, non riescono a capire che in questo modo si stanno solo facendo
del mano. Anche Laura ha una tremenda voglia di baciarlo, di saggiare quelle
labbra che ha sempre sognato, che ha osservato muoversi per anni.
Quei lenti movimenti che la loro
lingua fa sulle loro labbra, è solo un modo per provocarsi, per farsi del male,
per autodistruggersi.
Stefano con cautela la
avvicina al suo viso, ha ancora paura che lei se ne possa andare, che lo possa
lasciare come uno stupido in questo momento.
Lei lo guarda, con quella sua
faccia preoccupata. Lo guarda e capisce che lui ha paura che se ne vada, che
per una strana assurdità lei lo abbandoni lì, ma è una stupido se lo pensa sul
serio, lei non lo farebbe mai.
Gli sorride, si avvicina
maggiormente di sua spontanea volontà facendo sorgere sul viso di lui un
sorriso felice. Da qui allo sfiorarsi delle loro labbra non manca poi molto. Si
toccano, si accarezzano, si sfiorano lentamente senza mai approfondire il
bacio. Si beano della consistenza delle labbra dell’altro, del loro calore,
della loro morbidezza, ma vogliono di più, bramano di più.
Stefano dischiude la bocca.
Laura sente il respiro di lui sulle sue labbra che la fa rabbrividire
nonostante sia caldo. Lui la guarda negli occhi, nuovamente, per assicurarsi
che lei non se ne vada.
Lei dischiude le labbra e sia
avvicina alle sue, lambendole, bagnandole con la sua lingua. Sentendola così
invitante Stefano non ci mette tanto ad accarezzarla con la propria. Si
esplorano la bocca, si accarezzano la lingua in un gioco lento, dolce, pieno
d’amore.
Rimangono per interi minuti a
baciarsi lentamente, scoprendosi maggiormente.
Questo è solo l’inizio.
Laura ha voglia di conoscerlo
meglio, ha voglia di sapere cosa gli piace, cosa gli interessa, cosa odia,
vuole scoprire tutto di lui, ma vuole anche raccontargli qualsiasi cosa lui
voglia sapere. Vuole anche raccontargli della sua passione per la scrittura, di
quanto si diverti a scrivere, a mettere su carta le proprie emozioni e quelle
due suoi personaggi.
Sono sicura che Laura stia
scrivendo anche in questo momento. Me la immagino davanti al computer che pigia
sui tasti e cerca di esprimere qualcosa delle emozioni umane attraverso le
parole. Probabilmente sta scrivendo di Stefano, e la cosa non mi stupirebbe.
Stefano, anche lui, vuole
conoscerla e farsi conoscere, vuole raccontarle tutto quello che vuole, vuole
raccontarle di quanto senta la mancanza del fratello maggiore a volte, vuole
raccontarle i suoi sogni, le sue speranze. Vuole raccontarle di quanto gli
piaccia giocare ad un gioco sui ninja, di quanto si senta ancora un bambino, ma
vuole raccontarle anche questo lato di lui.
Stefano, ignaro del fatto che
Laura stia scrivendo di lui, che stia fantasticando o ripercorrendo la loro
storia insieme, gioca a quello stupido giochino sui ninja. Gliel’ha detto a
Laura e lei l’ha accettato, ma cosa avrebbe potuto fare? Lo ama.
Questo è un buon inizio, un
inizio promettente per una giovane coppia che vuole intraprendere una storia.
Oggi, il filo invisibile
d’Arianna è più forte che mai. Se si osserva bene si può vedere l’ombra di
questo filo, si può scorgerne lo spessore, la lunghezza. Sembra una coda
gigantesca che unisce l’uno all’altro. Una coda che li ha sempre uniti e che
probabilmente li unirà per sempre.
Ciao a tutti! Se siete arrivati fino a qua a leggere
le note, vi ringrazio. Spero vi sia piaciuta. =)
È la prima volta che scrivo in terza persona, non mi
ha mai affascinato questo modo di scrivere, ma devo dire che è davvero molto
interessante.
Mi piacerebbe davvero sapere un vostro parere, se vi è
piaciuta o meno.
L’idea per questa OS è nata un giorno per caso e presa
dall’ispirazione mi sono messa a scrivere. Spero di non aver scritto cazzate.
xD
Ringrazio nuovamente le persone che leggeranno e
quelle che recensiranno.
Grazie a tutti!
Un bacione, CherryBomb_