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Autore: CherryBomb_    06/02/2011    5 recensioni
Laura e Stefano, due ragazzi sconosciuti che non provano nessun interesse l’uno verso l’altro, ma non sanno che si cambieranno la vita. Inizialmente indifferenti, ma poi qualcosa in loro cambia.
Uniti da qualcosa che non capiscono, scopriranno di essere innamorati. Fanno i loro sbagli, ma il destino sembra avere già deciso per loro.
Questa OS è la storia di due ragazzi, la nascita del loro amore, le loro paure, i loro pensieri, le loro vite.
Come scopriranno di essere innamorati? Come se lo diranno? Possono due persone completamente diverse, due persone sconosciute appartenersi da tutta la vita?
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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my heart

 

 

 

 


 

My heart belongs to you

 

 

 

 

 

Erano anni che si conoscevano, erano anni che si consideravamo amici, da quel 11 settembre ormai lontano, sembrava quasi un ricordo da quanto tempo era passato.
Il primo giorno di scuola delle superiori, esattamente 4 anni prima, erano tutti sconosciuti, a parte qualche viso famigliare, qualche amico capitato casualmente nella stessa classe. Si guardavano tutti circospetti, titubanti, timidi, alcuni anche terrorizzati. Nuova scuola, nuovi compagni, passaggio dalla scuola del paese alla scuola di città.
Il cambiamento era enorme e loro erano ancora dei bambini, bambini che pensavano di essere grandi, adulti, di avere avuto tante esperienze alle spalle, ma in fondo sapevano anche loro che non lo erano davvero, che in realtà quello che loro pensavano non fosse la verità.
Ma quel giorno, in quell’aula nuova con tanti sconosciuti che non vedevano l’ora di conoscersi, c’era una persona che era davvero adulta, che nonostante i suoi 14 anni era molto più adulta e responsabile di tutte le 30 persone presenti in quell’aula.
Lei, Laura, ragazza di provincia che ne aveva passate davvero tante, storie che nessuno avrebbe mai saputo, nessuno di cui lei non si fidasse e lei faceva fatica a fidarsi delle persone.
Sembrava essere una persona così espansiva e estroversa, ma era solo l’apparenza, una maschera che utilizzava per conoscere gli altri, per osservarli, per capirli e per sapere se fossero le persone giuste con cui confidarsi, con cui parlare della propria vita, perché probabilmente qualcuno avrebbe potuto fraintendere tutto, non capire certe situazioni, non comprendere quanto lei ancora, con il passare degli anni, ci stesse soffrendo nonostante ne parli con il sorriso.
Laura era abituata a vivere con una maschera di apparenza, si era abituata a vivere con indosso quella maschera di felicità, d’amore, di spensieratezza, di fanciullezza, quando in realtà aveva già capito fin troppo dalla vita. Tutti credevano a questa maschera, tutti credevano che dietro le sue risate, i suoi sorrisi, le sue battute, ci fosse davvero tutto quello che mostrava, ma non sapevano niente, solo le persone che la conoscevano davvero, che avevano imparato a leggerla sapevano davvero come stava, se era realmente felice o se era solo quello che voleva far credere agli altri.
Lei, ragazza all’apparenza ancora bambina e ingenua, era capitata seduta vicino a lui, bambino ancora immaturo e incurante dei sentimenti degli altri.
Stefano era il classico ragazzo 14enne con ancora la faccia da bambino, i lineamenti paffuti e teneri, quell’espressione giocosa che caratterizza i bambini, la faccia ancora innocente.
Cresciuto in un piccolo quartiere della città a qualche chilometro dalla scuola, non percepiva il cambiamento che sentivano tutti. Per lui era un modo per fare nuovi amici, per conoscere nuove persone, ma non per cercare una ragazza, in quel momento non ci pensava. La sua mente ancora troppo bambina non sapeva neanche cosa fosse una ragazza. Forse era anche un po’ sfigato, quel classico ragazzo che viene preso in giro da tutti perché non ha ancora avuto nemmeno una fidanzatina, ma a lui sembrava non interessare.
A prima vista non si riusciva a capire a cosa fosse interessato quello strano ragazzo alto, dagli occhi neri e ancora spensierati. Era tutto un mistero.
Lui non sapeva minimamente cosa voleva dire indipendenza, soffrire, sbagliare, deludere qualcuno. Lui non lo sapeva, era vissuto per 14 anni nella sua bolla di sapone, cresciuto in un famiglia felice con fratelli che lo sostenevano, non poteva nemmeno immaginare quello che era successo a Laura.
Non era colpa sua se aveva avuto una vita facile, se aveva avuto un’infanzia che poteva definirsi tale, tra gioco, risate e scherzi con gli amici. Non era assolutamente colpa sua, di certo Laura non gliene avrebbe mai fatto una colpa se solo lei avesse saputo qualcosa del suo passato, ma non lo sapeva. Nessuno dei due sapeva niente dell’altro e in quel momento non avevano nemmeno intenzione di saperlo.
Erano vicini di banco, ma praticamente non si rivolgevano mai parola. Laura non riusciva a trovare un punto d’incontro con quel ragazzo e Stefano non riusciva a trovare niente di interessante in quella ragazza, in quella donna, perché si rendeva conto anche lui che lei non fosse una ragazza come tutte le altre.
Non gli piaceva ammetterlo, ma a volte rimaneva a fissare quella ragazza alta e riccia, con gli occhi azzurri, di un azzurro che lo stregava. Rimaneva ad osservarla, senza pensare a nulla. Non riusciva a capire come mai quella ragazza sembrasse così tanto matura rispetto alle altre, agli altri, ma aveva ancora la mente persa nei giochi per soffermarsi davvero su di lei, per capirla, per apprezzarla.
Laura dal canto suo, guardava tutti con estrema tenerezza, avrebbe tanto voluto essere come loro, ridere, scherzare, non pensare a litigi, non pensare assolutamente a niente. Avrebbe tanto voluto farlo. Alcune volte riusciva a non pensarci per ore, ma quando tornava a casa, la realtà le ripiombava addosso.
Quando non sapeva cosa fare, si trovava casualmente ad osservare quel suo vicino di banco assai bizzarro. Si ritrovava a pensare a se sarebbero mai riusciti a rivolgersi parola, se avrebbero mai potuto instaurare almeno una sorta d’amicizia, non voleva proprio un’amicizia vera e propria, ma qualcosa che ci assomigliasse. Si vergognava a dirlo, ma a volte le piaceva pensare a come sarebbe diventato, a cosa sarebbe cambiato in lui quando avrebbe finalmente cominciato a diventare un uomo.
Il tempo passava e loro riuscivano solo a salutarsi e a parlarsi il minimo indispensabile. Sembrava quasi che fossero due mondi completamente opposti, che non ci fosse nessun modo per farli incontrare, per farli almeno avvicinare, ma qualcuno lassù volle dividerli maggiormente.
Vennero cambiati i posti e loro si allontanarono. Uno all’opposto dell’altro come due calamite che si respingono, che non riescono nemmeno ad avvicinarsi per sfiorarsi, per tentare almeno di toccarsi.
Se prima il loro interesse nei confronti dell’altro era minimo, con il passare dei mesi diventerò nullo. Niente saluti, niente parole. Laura sapeva dell’esistenza di Stefano solo perché lo sentiva rispondere “Presente” quando veniva fatto l’appello.
Stefano non si interessò più a quella ragazza, non si soffermò più ad osservarla, non pensava nemmeno di salutarla la mattina. Sapeva che ci fosse, che fosse ancora viva, solo perché ogni tanto sentiva quella sua risata inconfondibile, risata che gli dava inspiegabilmente fastidio.
Niente sembrava più legarli, sembravano Marte e Venere, i due opposti, ma c’era qualcosa che in qualche modo li teneva collegati: un filo invisibile, un filo di Arianna non rosso, ma stranamente bianco, trasparente. Sembrava come se lei gliel’avesse consegnato quel primo giorno di scuola, come se con la loro conoscenza lei gli avesse affidato quel gomitolo invisibile che li teneva collegati, che faceva sapere ad entrambi dove fosse l’altro. Quel gomitolo ogni tanto decideva di ritrarsi, di raggomitolarsi e di farli avvicinare, spaventandoli, facendoli guardare con stupore perché non si aspettavano di trovarsi davanti quella persona che da qualche mese avevano cominciato ad ignorare.
Quando si incontravano si guardavano in modo strano, in un modo che loro non riuscivano a capire, a comprendere, ma non vi davano tanto peso.
Non c’era nessun sentimento che potesse in qualche modo legarli, che potesse farli avviare quel processo spontaneo in cui cominci a pensare a tutti i motivi per cui quella persona avrebbe potuto guardarti male. Ci pensi per minuti, ore, giorni, senza mai arrivare ad una soluzione.
No, loro non erano ancora in quella fase, non passavano ore a pensare allo sguardo confuso e stupito dell’altro.
I mesi passavano e la loro situazione non cambiava. Vivevano le loro vite senza intralciare quella dell’altro, loro erano solo delle comparse della loro vita, non servivano a niente, non erano importanti, ma si sa che l’estate cambia ogni cosa.
In quei tre mesi, Stefano si era divertito, era maturato in un certo senso, aveva scoperto di star pensando incessantemente ad una sua compagnia, una compagnia di cui non gli era mai importato niente, ma non era Laura, non si ricordava nemmeno di quella ragazza che gli aveva lasciato quel filo invisibile di Arianna e che glielo aveva affidato.
La compagnia di classe era un’anonima ragazza, ancora ragazzina, piccolina sia di fisico che di atteggiamenti, niente a confronto di Laura, ma a lui piaceva.
In quei tre mesi era cambiato, si era fatto più uomo, i lineamenti paffuti, stavano diventando mascolini, la mascella cominciata a diventare leggermente squadrata. Si era stufato di pensare solo ai videogiochi e aveva capito che doveva crescere, che c’era altro a cui pensare: gli amici, le ragazze, soprattutto le ragazze e quando ci pensava gli veniva subito in mente quella sua compagnia così carina che aveva voglia di rivedere. Voleva vedere se fosse cresciuta, se fosse diventata più bella di quanto la ricordasse.
Era felice, stupidamente felice di tornare a scuola. Non aveva il coraggio di dirlo ad alta voce anche perché i suoi amici lo avrebbero presto per pazzo. Quale persona sana di mente vuole tornare a scuola? Solo una persona che ha un buon motivo per tornare, un ottimo motivo.
Ovviamente Stefano era ignaro di come stesse Laura, non sapeva che era appena stata delusa, che aveva sofferto e che le si era spezzato il cuore.
Lei aveva un altro buon motivo per tornare a scuola: voleva scappare dalla solitudine in cui si era improvvisamente trovata, in cui era stata catapultata dopo che il ragazzo di cui era innamorata l’aveva lasciata. Per stare con lui aveva lasciato gli amici, amici che non lo erano davvero.
L’aveva fatta soffrire, ma lo ringraziava perché grazie a lui, alla sua presenza, lei era riuscita a capire chi le volesse davvero bene. Quando si ritrovò da sola, lasciata da questo ragazzo che amava, non si stupì più di tanto di non vedere nessuno al suo fianco.
Era abituata ad essere sola, abituata a rimanere in disparte perché aveva sempre avuto opinioni diverse rispetto a quelle degli altri e non era mai scesa a compromessi. Non si era mai lasciata influenzare, non c’era niente che le avrebbe fatto cambiare idea, neanche stare da sola. La solitudine non le faceva paura, ma quella solitudine, la solitudine che provava in quel momento, la stava logorando. Era quel tipo di solitudine che si prova dopo che sei stato tanto tempo con una persona, dopo che sei abituato a sentirlo, a vederlo praticamente tutti i giorni.
Stare in casa era una sofferenza. Di uscire non se ne parlava, non sapeva con chi farlo. Gli amici che considerava tali avevano smesso di cercarla quando aveva deciso di non fargli sapere niente della sua vita sentimentale, sapeva quanto fossero interessati solo a fare pettegolezzo. Quando la cercavano non volevano sapere come stava, lo chiedevano, ma in realtà l’unica cosa che volevano sapere era come andava con il suo ragazzo, non si prendevano nemmeno la briga di nasconderlo, di cercare almeno di farle pensare che si interessassero in un qualche modo a lei. Amici così era meglio perderli che trovarli e lei lo sapeva bene.
Casa sua era un posto di sofferenza e quindi preferiva tornare a scuola, tornare a vivere sei ore intense in cui si sarebbe distaccata dal suo mondo, come aveva sempre fatto.
Laura non aveva mai pensato a Stefano, come lui non aveva mai pensato a lei, ma quando si incontrarono il primo giorno di scuola, ci fu qualcosa di diverso in loro, qualcosa che stupì entrambi.
Li lasciò spiazzati, ma come al solito non ci diedero troppo peso, troppo presi da altro, troppo presi da quello che passava loro per la testa. Probabilmente erano troppo stupidi per capire cosa fosse successo davvero ed erano ignari che quell’anno avrebbe cambiato le loro vite per sempre.
Stefano continuava a pensare a quella sua compagnia, ma si scoprì troppo timido per farsi avanti. Aveva paura di essere rifiutato, aveva paura di soffrire. Si sentiva leggermente sfigato a pensare di non aver avuto ancora una ragazza. Quale ragazzo di 15 anni non aveva ancora dato il suo primo bacio? Probabilmente solo lui e la faccenda cominciava a non andargli giù.
Ma c’era una cosa che lui non sapeva: anche la ragazza era attratta da lui, Laura lo sapeva, anche se non riusciva a comprenderne il motivo. Si chiedeva cosa ci fosse in quel ragazzo che attirasse l’attenzione della sua amica. Non ci vedeva niente di così bello e attraente in lui, la sua amica avrebbe potuto trovarsene mille migliori.
Entrambi erano presi dall’altro, ma nessuno aveva il coraggio di fare niente per paura di essere rifiutati. Ci volle una spinta da parte dei compagni di classe per farli uscire, per farli conoscere.
Stefano era felice, al settimo cielo, finalmente usciva con una ragazza che gli interessava e che era interessata a lui. L’aveva pensata per mesi e finalmente poteva conoscerla meglio.
Laura vivendo la situazione da fuori, non poteva fare altro che essere felice, anche se sperava con tutto il cuore che la sua amica non soffrisse, sperava che non dovesse mai provare quello che aveva provato lei: essere lasciati, abbandonati al proprio amore, trattati come una pezza da piedi, non lo augurava a nessuno, nemmeno al suo peggior nemico.
Laura vedeva la sua amica felice e non poteva che esserlo di rimando anche lei, come avrebbe potuto non esserlo? Credeva nell’amore e quando vedeva due persone prese l’uno dall’altro non poteva far altro che sorridere e trattenere le lacrime.
Un altro aspetto di lei, che dal canto suo odiava, era che fosse un’inguaribile romantica e fin troppo sensibile. Bastava un non nulla per farla piangere e lei si odiava quando succedeva, ma non piangeva mai in pubblico, non perché non volesse far vedere che fosse debole, ma perché non voleva far pena agli altri, non voleva che gli altri si interessassero a lei solo perché stesse versando un po’ di lacrime.
Ma si sa, il destino ogni tanto fa il suo corso e anche in quel caso, aveva un compito da svolgere.
Il filo d’Arianna aveva deciso di raggomitolarsi e di far avvicinare nuovamente quei due sconosciuti, era il momento giusto, o forse no.
Laura e Stefano si ritrovarono nuovamente compagni di banco, ma era tutto diverso, lui era diverso, era maturato almeno un po’ dall’anno prima e lei lo notò subito.
Passavano sei ore a contatto, parlando, scherzando, instaurando un’amicizia che via a via stava crescendo. Stefano non poteva essere più felice: aveva una ragazza fantastica, un’amica stupenda, cosa poteva volere di più?
Laura aveva cominciato a considerarlo un suo amico, parlavano di tutto, ma non avevano mai toccato argomenti del loro passato, non erano mai arrivati a confidarsi segreti, vicende traumatiche o fatti simili, non erano mai arrivati fino a quel livello d’amicizia.
Con il passare del tempo, qualcosa cambiò, in Laura, in Stefano, qualcosa che cominciò a sconvolgerli.
Laura sapeva benissimo cosa le stesse succedendo, lo sapeva, ma non voleva accettarlo. Come poteva prendere una cotta per il ragazzo della sua amica? Come poteva solo pensarlo? Erano amici, solo quello, lui stava con un’altra perché avrebbe dovuto voler lei?
Laura era confusa, non sapeva cosa fare. Voleva passare del tempo con lui, come amici, voleva continuare ad essere amici perché non voleva perderlo, non voleva assolutamente pensare all’idea di non poter passare più del tempo con lui, di non poter più guardare da vicino quegli occhi neri che aveva cominciato ad adorare. Cominciava ad amare quella voce così strana, quella voce non ancora mascolina, quel sorriso, quella labbra, quei capelli. Aveva cominciato ad amare tutto di lui, ogni cosa, ogni particolare, ma sapeva che non era giusto.
Lui era con lei, la sua amica, non era giusto quello che stava provando. Non era giusto sentire il proprio cuore battere all’impazzata quando lui le prendeva le mani per giocare. Non era giusto sentire le farfalle nello stomaco, sentirsi fluttuare in aria quando lui l’abbracciava lontano da occhi indiscreti, quando stava in silenzio e la guardava, le sorrideva. Non era giusto, non era giusto che per ogni suo più piccolo movimento lei sorridesse come una stupida.
Ogni tanto osservandolo si chiedeva come potesse interessarle: lui non era il classico ragazzo che avrebbe guardato, non l’avrebbe colpita, non le era mai importato niente di lui, perché proprio in quel momento, perché? Non avrebbe mai dovuto interessarsi a lui, lo sapeva, ma non riusciva a capire come smettere di pensarlo, come provare a toglierselo dalla testa. Ci rimuginava, ci ripensava giorno e notte, ma non trovava mai una soluzione.
Stefano, al contrario, non sapeva che cosa gli stesse succedendo. Aveva una ragazza, era felice, gli piaceva passare del tempo con lei, si divertiva, ma non rideva come quando era con Laura. Non riusciva a capire come mai preferisse passare del tempo con lei piuttosto che con la sua ragazza. Perché? Perché preferiva ridere con Laura? Perché si ritrovava a sorridere come uno scemo quando la guardava?
Era confuso, non riusciva a capire cosa gli passasse per la testa. Aveva cominciato ad evitare la sua ragazza, aveva cominciato a non salutarla più, a non parlarle più e se lei non lo cercava, lui non lo faceva. Sapeva che era un comportamento stupido, sapeva che non era giusto nei confronti dell’altra, ma in quel momento voleva stare solo con Laura, con quella ragazza che lo aveva sconvolto.
Un giorno la vide piangere, gli si strinse lo stomaco quando vide le lacrime solcarle le guance. Sapeva quanto a lei non piacesse essere compatita, ma a lui non faceva pena. Lui voleva proteggerla, avrebbe tanto voluto sapere che cosa la preoccupasse, che cosa avesse, che cosa aveva tolto quel suo stupendo sorriso da quelle labbra seducenti.
Le si sedette vicino lasciandola sfogare fino a quando lei non si strinse a lui e scoppiò a piangere. Sentire quei singhiozzi, sentire quel corpo tremare tra le sue braccia, l’aveva spiazzato.
Aveva sempre saputo che quella ragazza aveva qualcosa di diverso dalle altre, l’aveva sempre capito, anche se non ne era mai stato attratto, mai fino a quel momento. Avrebbe voluto sapere tutto di lei, ogni più piccola cosa, ogni minimo particolare della sua vita, ogni cosa che le interessasse. Voleva saperlo, ma non trovava il coraggio. Aveva paura, si sentiva così piccolo e immaturo rispetto a quella ragazza, sembrava quasi come se non fosse alla sua altezza.
Era uno stupido, avrebbe solo dovuto prendere il coraggio e chiederle tutto quello che voleva, quella ragazza gli avrebbe detto tutto, gli avrebbe dato anche il mondo se solo glielo avesse chiesto.
L’amicizia tra Laura e Stefano cresceva, il loro amore anche.
Cercando di non farsi scoprire dall’altro si osservavano, si studiavano, si esaminavano ogni centimetro di pelle, ogni movimento, ogni sospiro. Si erano studiati e esaminati così tante volte che sapevano descriversi a memoria.
Non avevano altro in testa a parte l’altro, ma sapevano entrambi che stavano sbagliando. Avevano anche un altro pensiero comune “Tanto non gli interesso, come potrebbe interessarsi a me?”
Entrambi lo pensavano ed entrambi si sbagliavano, ma loro non potevano saperlo, avrebbero voluto leggere nel pensiero dell’altro per capire che cosa pensasse, ma non potevano farlo.
C’era qualcuno che loro non avevano considerato, qualcuno che cominciava a stancarsi. Aveva notato che Stefano considerava più Laura di lei, ma sapeva benissimo che tra loro c’era solo un’amicizia.
Si sfogò con Laura cercando consiglio e lei glielo diede. Un consiglio sincero, assolutamente sincero, che le avrebbe dato chiunque: doveva chiudere, lui non le parlava più, non la salutava, cosa stavano insieme a fare? Niente, non facevano niente, erano come due estranei.
Laura si sentiva in colpa ogni volta che le diceva quelle cose perché pensava che stesse sbagliando, le sembrava quasi di dirle di lasciarlo perché così lei avrebbe potuto avere via libera, ma non era affatto così. Non aveva così tanta fiducia in sé stessa per pensare di interessargli, lei dava i consigli alla sua amica per il suo bene, per non vederla soffrire e la cosa migliore che poteva fare era lasciarlo, non c’era alternativa.
La sua amica seguì il suo consiglio e lo lasciò, capendo che fosse la cosa migliore da fare, e lo era.
Stefano si sentiva leggermente sollevato da questa situazione, sapeva che avrebbe dovuto farlo lui, ma non riusciva a trovare le parole giuste per dire basta a quella ragazza che comunque gli aveva dato molto, comunque, non quanto gli stesse dando la ragazza dagli occhi azzurro cielo.
Le cose tra Laura e Stefano non migliorarono, anzi, peggiorarono, come fu possibile non lo sapevano nemmeno loro.
Stefano cominciò ad avere paura: il fatto di sentirsi libero, di non avere più una ragazza, gli aveva fatto capire che avrebbe potuto fare qualsiasi cosa con Laura, avrebbe potuto passare del tempo con lei senza problemi, ma non ce la fece.
Si ritrasse come un riccio spaventato, entrò nel suo guscio come una tartaruga e cominciò a diventare scontroso nei confronti di Laura che cominciò a soffrirne per il comportamento del ragazzo.
Si dava della stupida, ci stava cascando ancora, si era interessata nuovamente ad un ragazzo che l’avrebbe fatta soffrire, che la stava facendo soffrire. Era una masochista, ecco cos’era, una stupida masochista che si ostinava ad interessarsi a quelli sbagliati. Era una stupida. Anche lei si ritrasse nel suo guscio sconsolata, evitando il ragazzo, smettendo di parlargli.
Il filo che li teneva uniti aveva deciso di fargli avvicinare, di fargli conoscere, di farli interessare l’uno all’altro e all’improvviso, nuovamente, aveva deciso di srotolarsi creando un abisso tra i due ragazzi.
Erano tornati come prima, ognuno al proprio posto, la differenza era che sentivano la mancanza dell’altro.
Avevano bisogno di parlare tra di loro, di sentire il corpo caldo dell’altro vicino al proprio, ma le circostanze, le paure e i loro atteggiamenti li facevano allontanare maggiormente.
Per qualche giorno furono nuovamente degli sconosciuti, sconosciuti che si osservavano di nascosto e pensavano perché non potessero interessare all’altro.
Con estrema lentezza, in un modo assolutamente impercettibile per gli umani, il filo si raggomitolò, lentamente, piano, facendoli avvicinare. Il movimento era talmente lento che i due non si accorsero nemmeno che si stessero avvicinando di nuovo l’uno all’altro, lo scoprirono solo quando si trovarono faccia a faccia, occhi negli occhi, chiaro e scuro, notte e giorno. Erano l’uno l’opposto dell’altra ed erano di nuovo davanti. Se avessero alzato il braccio avrebbero accarezzato la guancia dell’altro, avrebbero potuto appoggiare la mano sul petto e sentire quanto i loro cuori stessero battendo in quel momento, nel momento in cui i loro sguardi si incrociarono. Rimasero a guardarsi per minuti interminabili, il cervello scollegato, il cuore impazzito, i bozzoli nello stomaco che si schiusero e dettero vita a mille farfalle, il calore corporeo a mille. Rimasero così scambiandosi sguardi pieni di significato, pieni d’amore.
Le due calamite erano nuovamente di due poli opposti, si attrassero tra di loro come se non potessero farne a meno.
Ricominciarono a parlarsi, a ridere, a scherzare, quando succedeva nell’aria si sentiva come una canzoncina felice, una melodia che accompagnava perfettamente i loro discorsi, le loro risate, i loro sguardi e i loro sorrisi.
Tutto andava per il meglio, Laura si era convinta che le cose sarebbero finalmente andate bene per lei, ma come si sa, gli uomini tendono a lasciarsi sfuggire quello che hanno tra le mani, in un modo o nell’altro lo fanno, magari inconsapevolmente, magari facendolo pure apposta.
Stefano era un essere umano di genere maschile e decise di allontanarsi maggiormente da quello che aveva per le mani, errore suo? Qualcuno l’aveva convinto a fare qualcosa che non voleva fare? Laura non lo sapeva, ma non le interessava neanche saperlo, le bastava sapere che lui avesse fatto lo stronzo, le bastava sapere solo quello, il resto non contava.
Non saprei dire se quello che successe sia tutta colpa del destino che aveva già programmato tutto o fu tutto dettato dalla stupidità di Stefano. Davvero, non saprei dirlo, affermarlo con certezza.
Perché Stefano aveva fatto lo stronzo? Perché si era lasciato scappare quella ragazza che l’aveva stregato? Lui diceva di non saperlo, ma sapeva benissimo che la causa principale era pavoneggiarsi con i propri amici per farsi una risata, in poche parole si era comportato da stronzo.
Laura si allontanò completamente da lui, non riusciva più a vederlo, non riusciva nemmeno a rivolgergli la parola da quanto era arrabbiata con lui. L’aveva illusa e lei si era lasciata illudere, perché era stata così stupida? Perché aveva permesso che accadesse? Perché?
Si maledisse in tutte le lingue che conosceva e ne inventò di nuove solo per continuare a farlo.
Da quanto erano lontani il filo si stava per spezzare, quel filo stava cedendo e avrebbe rischiato di spezzarsi se non avrebbero fatto qualcosa, se Stefano non avrebbe cercato di rimediare a quello che aveva fatto, anche se un modo giusto per farlo non c’era.
Laura era arrabbiata, l’aveva completamente cancellato dalla sua vita, dai nomi dei conoscenti, dalla lista delle persone a cui voleva bene. Per lei lui era morto, sepolto, andato. Non esisteva.
Quando lui ricominciò a cercarla parlando di semplici argomenti di scuola, lei rispondeva a monosillabi. Lui non si offese, anzi, comprese il suo atteggiamento, sapeva che lo avrebbe fatto, era prevedibile.
Decise di non demordere, di non lasciarla andare, perché non voleva lasciarla andare. Cominciava a capire che aveva fatto una cazzata, che aveva fatto l’errore più grande della sua vita. Per pavoneggiarsi con gli amici aveva perso una persona a lui fin troppo importante. Non doveva permettere che le distanze tra di loro aumentassero. Gli mancava, gli mancava tutto di lei: la sua voce, la sua risata, i suoi occhi azzurri che lo guardavano in quel modo strano, in quel modo che semplicemente adorava.
Voleva rimediare, voleva farle capire che lui provasse davvero qualcosa per lei.
Laura dal canto suo, continuava ad ignorarlo, quel ragazzo che cercava di farla ridere e di strapparle un sorriso, era niente, era il nulla più assoluto e completo. L’aveva illusa, l’aveva fatta soffrire e per lei non esisteva più. Era stufa di soffrire, era stufa di farlo e sapeva benissimo che lui l’avrebbe fatta soffrire se solo l’avesse fatto tornare nella sua vita come una volta.
Con molta fatica, Stefano riuscì a riportare allo stato originale quel filo d’Arianna quasi ormai logoro, consumato, che stava per rompersi da quanto le distanze tra di loro si erano allungate, ma lui ce l’aveva fatta, l’aveva ripristinato, ma per arrivare al cuore della ragazza, per tornarci davvero, doveva fare ben’altro.
Laura non lo sapeva, non se ne accorgeva, ma più il ragazzo le parlava e più il suo cuore si avvicinava di nuovo a lui. Non si può comandare il cuore, il cuore va dove vuole andare e il suo voleva andare lì, vicino al cuore di lui che batteva per lei.
Stava aspettando con ansia la fine della scuola, era stufa di vederlo. Voleva passare tre mesi senza di lui, dimenticando la sua faccia, la sua voce, dimenticando ogni cosa di lui, doveva diventare un estraneo, uno sconosciuto per lei. Voleva mettere un punto, anziché un’altra virgola che li avrebbe nuovamente portati a viversi l’anno dopo come se niente fosse successo. No, non poteva permetterlo.
Con il passare dei mesi la convinzione di averlo dimenticato si faceva sempre più largo in lei, ma non si rendeva conto che quando era al computer controllava se lui fosse in linea o meno, non si rendeva conto che quando leggeva il suo nome tra i contatti, il suo cuore batteva all’impazzata e cominciava ad agitarsi.
Diceva di averlo dimenticato, di non provare più nulla per lui, ma allora perché non l’aveva cancellato dagli amici? Perché continuava in un qualche modo a tenerlo nella propria vita? Lei non se ne rendeva conto, ma non l’aveva dimenticato, non riusciva a farlo, anche se cercava di convincersi del contrario.
Stefano passò tutta l’estate a darsi mentalmente dello stupido. Cercò in tutti i modi di non pensare a lei, di liberare la sua mente dal pensiero di lei, ma non ce la faceva, qualsiasi cosa stesse facendo il viso di lei gli si parava davanti e da lì non se ne andava più.
Si sentiva un cretino, uno stupido a pensare ad una ragazza che probabilmente non avrebbe mai voluto avere niente a che fare con lui. Che stupido.
Quando la cercò, ci mise tre ore per decidersi a contattarla, non doveva chiederle di sposarlo, doveva solo chiederle quando avrebbe avuto l’esame di riparazione, non ci voleva poi così tanto, ma a lui sembrava un passo impossibile. Quando premette il tasto d’invio si ritrovò con il cuore in gola. Rimase a fissare lo schermo del computer aspettando in attesa una sua risposta che non tardò ad arrivare.
Laura, dall’altra parte dello schermo, a 50 km di distanza da lui stava per prendere un infarto quando vide il nome del ragazzo che la stava cercando. Il cuore cominciò a battere all’impazzata, le mani tremare e quel viso che era riuscita a dimenticare in tutti quei mesi aveva deciso di fare capolino di nuovo dai suoi ricordi.
Non poteva crederci, stavano parlando, di nuovo, come se nulla fosse successo. Sapere che lui l’avesse cercata, l’aveva sollevata, voleva sentirla, voleva parlarle, altrimenti per quale scopo cercarla? Forse… forse niente. Non doveva fare lo stesso errore dell’altra volta, non doveva pensare che tra di loro ci sarebbe potuto essere qualcosa, sarebbero solo stati semplici compagni di classe, semplici amici che parlano ogni tanto e che si scambiano qualche battuta, nulla di più, nulla di meno.
Si sarebbero visti di lì a pochi giorni, per il corso di riparazione. Si sarebbero rivisti e non sapevano dire se erano più elettrizzati o più spaventati di rivedere quella persona che tanto aveva sconvolto le loro vite.
Quando si rividero, un sorriso spontaneo sorse sulle loro labbra, un sorriso che esprimeva gioia, amore, ma erano gli occhi che stavano parlando. Gli occhi in quel momento emanavano tutto l’amore possibile. Gli occhi di entrambi luccicavano e non era il sole che li stava facendo brillare, c’era nuvolo quel giorno. Un giorno d’inizio  settembre il sole era coperto da leggere nuvole, ma nei cuori di quei ragazzi c’erano 40 gradi all’ombra.
Il filo d’Arianna era nuovamente corto, li stava tenendo attaccati, voleva che si amassero, che capissero di amarsi, voleva che lo facessero.
Ma anche quell’anno non cambiò molto: sguardi, battute, risate, frasi lasciate a metà, domande pensate, ma mai dette, regali comprati, ma mai consegnati. Tutto era come prima, o meglio, non tutto.
Laura aveva cercato di fare di tutto per non interessarsi più a quel ragazzo, a quell’uomo, pensava che in quei tre mesi la sua cotta per lui fosse passata, ma la realtà era che non era solo completamente cotta di lui, ne era anche innamorata. Con il passare del tempo si era accorta che sapeva a memoria ogni suo gesto, sapeva a memoria il suo viso, i suoi atteggiamenti. Sapeva a memoria ogni sua più piccola reazione.
Anche Stefano si rese conto che non aveva più via di scampo da quella ragazza, da quella donna che gli aveva cambiato la vita qualche anno prima.
Si rese conto che la sua presenza era indispensabile: se lei non c’era lui si sentiva perso, si sentiva rigido, era lei che lo tranquillizzava, il suo sguardo, la sua voce, la sua sola presenza.
Si sentiva uno stupido quando si perdeva a guardarla e lei si girava scoprendolo sul fatto. Non si sopportava quando si comportava il quel modo, ma era più forte di lui. Lei lo chiamava, il suo viso lo supplicava di essere guardato, di essere ammirato. La sua risata lo pregava di essere ascoltata e lui non aveva nessuna intenzione di deluderla. Tutta la sua persona gli chiedeva di proteggerla, di amarla e lui non poté rifiutare di fare nemmeno quello. Gli sembrava strano pensarlo, figuriamoci dirlo, ma era innamorato di lei, era innamorato di quella donna che aveva imparato a conoscere, che ormai conosceva a memoria. Era innamorato e si sentiva il ragazzo più felice sulla terra, ma anche il più codardo.
Avrebbe dovuto dirle quello che provava, avrebbe dovuto confessarle i suoi sentimenti, ma ogni volta che cercava di parlarle si mise di mezzo l’orgoglio, quello stupido orgoglio che impedisce alle persone di confessare il proprio amore a qualcuno che si ama, che impedisce di fare anche il minimo gesto d’affetto senza poi pentirsene e sentirsi un cretino. Lui era orgoglioso e lei odiava quella parte di lui, la odiava con tutta se stessa, non ci avrebbe mai fatto l’abitudine a quel lato di lui.
Il filo cresceva in spessore, cresceva a mano a mano che il loro amore aumentava, a mano a mano che uno dei due comprendeva altri aspetti dell’altro. Aumentava in base alla loro conoscenza e in quel momento niente sarebbe mai riuscito a spezzarlo, assolutamente niente.
Quei due ragazzi erano uniti da uno stesso destino, destino che voleva a tutti i costi che i due avessero una storia d’amore, che i due riuscissero a capire maggiormente che l’uno senza l’altro era niente.
Il destino decise di dare la stessa sorte ad entrambi, decise di fargli ripetere l’anno, di metterli nuovamente in classe insieme.
Laura pensò che fosse una congiura contro di lei. Era stufa di logorarsi il fegato per quel ragazzo, di continuare a pensare a lui e la consapevolezza di esserne innamorata, la faceva stare ancora peggio. Era innamorata di lui e lui la considerava solo un’amica, come poteva considerarla qualcosa di più? Come poteva solo pensarlo? Lei non era la classica ragazza che lui avrebbe voluto, lei era complicata, aveva un passato difficile, era… non era giusta per lui. Lui meritava di meglio, anche se il solo pensiero di vederlo con un’altra le faceva ribollire il sangue.
Stefano era sollevato dal saperla nuovamente in classe con lui, era sollevato perché poteva passare del tempo con lei senza dare sospetti, poteva ridere e scherzare come negli anni precedenti, poteva fare quello che voleva quando voleva.
Poteva anche cercare di migliorare le cose tra di loro e così fu: le cose migliorarono davvero, ogni volta sembrava quasi che senza volerlo si trovassero vicini, nuovamente vicini, posizionati in modo da guardare l’altro. La cosa strana era che non lo facevano apposta, si trovavano così, uno vicino all’altro, a parlare con le altre persone, ma con il corpo rivolto verso di loro.
Un attento uditore avrebbe potuto sentire che in mezzo a quei ti voglio bene sussurrati, c’erano dei ti amo che cercavano di farsi sentire, di essere sentiti dalla persona giusta, dalla persona amata. Ti amo che erano stati troppo repressi e che non vedevano l’ora di essere dichiarati.
Quando erano vicini, non così vicini da toccarsi, ma così vicini da sentire il calore del corpo dell’altro, erano percorsi dai formicolii al corpo, si sentivano invadere da questa sensazione fastidiosa. Era una cosa strana, anzi, stranissima. Laura aveva constatato che appena toccasse Stefano il formicolio smettesse e lui si rese conto che lo stesso faceva il suo corpo. Anche quando non si vedevano, sapevano della presenza dell’altro, sapevano che ci fosse perché cominciavano a provare una strana sensazione, una sensazione che non si può descrivere a parole, una sensazione che provavano solo quando c’era l’altro nei paraggi.
Quando cercavano di stare lontani si ritrovavano vicini, pensavano che si pedinassero. Stefano pensava che lei lo pedinasse e Laura pensava il contrario, come dargli torto?
Era normale pensarci, ma non era colpa loro se si trovavano dovunque fossero, era il destino, era quel filo di Arianna che cercava di dargli un segno, cercava di fargli capire che fossero destinati a stare insieme, da anni e che loro stavano complicando le cose quando in realtà erano semplicissime.
Infatti, complicavano.
Oggi, in un giorno di fine Gennaio, uno dei due ha deciso di parlare all’altro, di dichiarare finalmente i propri sentimenti.
Stefano è appoggiato al calorifero vicino a Laura, stanno parlando del più e del meno come al solito, ridono, scherzano, si perdono a guardare l’altro cercando di non farsi scoprire, ma non sanno che l’altro sente lo sguardo bruciargli sulla pelle.
Sono vicini, i loro corpi a contatto, hanno imparato a toccarsi sempre con almeno una parte del corpo in modo da non sentire fastidio, da non sentire nessun tipo di formicolio.
Sono da soli, stranamente da soli, e si stanno godendo la compagnia dell’altro.
Laura sente che intorno a loro c’è una strana atmosfera, si sente come in un bolla completamente chiusa al mondo esterno, in un bolla in cui esistono solo lei e lui, ma c’è qualcos’altro. Nell’aria sente come una strana melodia, una melodia che non sa da dove proviene. Nella scuola non ci sono aule di musica, non ci sono stereo.
<< La senti anche tu? >> gli chiede interrompendo una sua frase.
La guarda, si perde in quei suoi occhi azzurri.
Musica? La sente anche lei? Pensa lui stupito.
<< La senti anche tu? >> il cuore batte all’impazzata, ha quasi paura che lei possa sentirlo da quanto sta battendo forte.
Cerca di darsi un contegno, cerca di rilassarsi, ma non ce la fa. Sa che quello è il momento giusto, sa che è arrivato il momento di dirle quello che prova davvero per lei.
<< Sì, la sento, ma da dove viene? >> lei si gira, guardando a destra e a sinistra cercando di sforzare l’udito e di capire da dove venga quella melodia.
<< Viene da qui >> dice Stefano appoggiando la mano sul petto della ragazza.
Non sa nemmeno lui dove ha trovato il coraggio di compiere quel gesto, com’è riuscito a mettere da parte l’orgoglio.
Lei sgrana gli occhi e lo guarda stupita.
Non ci può credere, non aveva mai osato così tanto. Punta il suo sguardo in quello di lui e si perde in quell’abisso nero, si perde in quel liquido caldo che sembra ardere, bruciare.
Trema, ma non per il freddo, non perché ha paura, trema perché finalmente capisce cosa vuole dire quello sguardo, perché finalmente riesce a collegare tutti i tasselli dalla comparsa di lui fino ad oggi. Tutto si collega, tutto sta cominciando a prendere forma fino a formare un grande puzzle, un puzzle che dovrebbe raffigurare loro due.
Continuando a tenere la mano sul petto di lei, Stefano comincia a parlare << Sai, mi sento uno stupido in questo momento. Sto qui, davanti a te, e sto tremando, come se non fossi mai stato vicino a te, come se non ti avessi mai toccato, ma sai una cosa? Non l’ho mai fatto come avrei voluto. Mi costa… una certa fatica dirtelo, ma ho sempre desiderato abbracciarti, stringerti, accarezzarti, baciarti, ho sempre desiderato farlo, ma non ho mai trovato il coraggio. Pensavo che mi avresti rifiutato, pensavo che mi avresti mandato a quel paese come tuo solito, sinceramente non so nemmeno adesso quale sarà la tua reazione, ma… non mi importa. Io ti amo e probabilmente ti amo da quel primo giorno di scuola delle superiori. Non me ne sono mai accorto, ma sai, sono sempre stato abbastanza stupido, codardo e orgoglioso per dirlo. Sai che… >>
<< Concordo >> dice la ragazza sorridendo felice.
Lui è agitato, fa fatica a dire tutto quello che sta dicendo e lei si mette a prenderlo in giro? É da lei, solo lei può fare una cosa simile nonostante gli occhi lucidi fanno capire quale sia davvero la sua reazione.
Laura non ce la fa, non può reggere, non può sopportare tutto quello che lui le sta dicendo. Ha aspettato anni per sentirselo dire, si è illusa per anni pensando che lui non la ricambiasse, invece ecco lì, davanti a lei, con la mano sul suo petto, che le sta dichiarando il suo amore, che sta mettendo da parte l’orgoglio per lei.
Ha sempre pensato che l’orgoglio rovina tutto, rovina rapporti, amicizie, si mette da tutte le parte e ti impedisce di fare qualsiasi cosa. Ovviamente sa che tutti sono un po’ orgogliosi perché è normale, ma lei non sopportava proprio le persone che lo erano troppo. Cosa ci vuole a dire ti voglio bene ad una persona? Quanto ci vuole a dirle ti amo? A lei non sembrava difficile. Molte volte scherzando gliel’aveva detto, anche se in quei ti voglio bene, in quei ti amo detti per gioco. c’era tutto l’amore che provava per lui.
<< Laura… >> la richiama lui con la voce rotta.
<< Scusa, va bene, vai avanti >> gli sorride.
Lui scuote la testa. Ormai la conosce, ormai sa che in qualsiasi occasione cercherà sempre di sdrammatizzare, di togliersi dall’imbarazzo, ma non può nemmeno immaginare quanto sia bella con le guancie leggermente rosse e gli occhi lucidi, non lo può sapere perché non si vede con gli occhi di Stefano.
Se si vedesse con gli occhi di lui, capirebbe ogni cosa, capirebbe i suoi sentimenti, capirebbe quanto lui la reputi bella nonostante tutto, nonostante i piccoli difetti che ha, nonostante lei pensi che abbia i fianchi grossi e le cosce enormi, lui non le vede, o meglio, le vede, ma non gli importa. Sono suoi quei fianchi, sono sue quelle cosce, che poi non sono affatto enormi, anzi, sono proporzionate per la sua altezza. Lui adora quei piccoli difetti perché sono suoi, perché fanno parte di lei, probabilmente se fosse magra e longilinea non gli piacerebbe, ma questo lei non potrebbe mai capirlo, come lui non potrebbe mai capire come lei lo vede.
Lei lo vede perfetto, in realtà non è proprio così, lei sa che non lo è, lei sa che è troppo magro, lei sa che ha il labbro superiore troppo fine, lei sa che è orgoglioso, lei sa molte cose, ma non le importa perché è lui. Lei lo vede semplicemente bello, lo vede bello sempre.
Lui abbassa lo sguardo imbarazzato. Non ha la più pallida idea di come continuare, di come andare avanti, ma deve farlo, lei aspetta e non sa per quale motivo, ma sa già la risposta e non può stare lì con le mani in mano. Alza lo sguardo e la guarda, perdendosi in quei pozzi d’acqua.
<< Avevo paura, di te. Già dal primo giorno sapevo che tu non fossi una ragazza come tutte le altre, sapevo che fossi una donna e questo mi ha spaventato. È come se non mi sentissi alla tua altezza, come se tu fossi un gradino più in alto di me e io non possa fare niente per raggiungerti. Mi sembri troppo, probabilmente potresti avere qualcuno meglio di me >> abbassa lo sguardo imbarazzato.
Sta ammettendo troppe cose in una sola volta. Troppe, troppe cose.
Toglie la mano dal suo petto, ma immediatamente lei la riprende e gliela rimette a posto.
Lui la guarda, stupito, non capendo quel suo gesto.
Il suo cuore nella cassa toracica si muove velocemente, pompa sangue, ma il fatto che lo lascia alquanto sbalordito è il fatto che sotto la sua mano, sotto quella pelle morbida e bianca, sta battendo il cuore di Laura alla stessa velocità del suo. Vanno in sincrono come se appartenessero ad una stessa persona, come se si fossero allenati per ore, come se si appartenessero, infatti è così.
Sono sempre esistiti, sono cresciuti con lo scopo di trovarsi, scoprirsi, appartenersi, anche se appartenevano l’uno all’altro già da tempo.
<< Lo senti? Batte così a causa tua. Come potresti essere inferiore rispetto a me? Come hai solo potuto pensarlo? Tu fai battere questo, fai battere il mio cuore più di quanto abbia mai fatto, solo una persona importante può farlo, solo una persona sul mio stesso livello può farlo. Tu non sei inferiore a me, tu sei uguale a me, siamo tutti uguali, quello che ci differenzia è solo come facciamo ad amare gli altri e come facciamo battere il cuore altrui. Tu fai battere il mio cuore in modo strano, in modo non naturale ed è anche per questo che ti amo. Tu sarai stato un codardo, ma anch’io lo sono stata, ma… avevo paura. Avevo paura che se mi fossi dichiarata, fatta avanti, tu avresti potuto ferirmi di nuovo come hai fatto due anni fa. >>
<< Sono stato uno stupido. La paura fa fare cose che nemmeno vorresti fare >> le prende la mano e la porta sul suo petto.
Lo guarda stranita scoprendo di non notare differenze tra il suo battito e quello di lui, ma capisce benissimo che siano due battiti differenti.
<< Adesso hai paura? >> gli chiede con il cuore in gola.
<< Sì, ne ho parecchia, ma non mi importa. Adesso ho te, potrebbe succedere qualsiasi cosa, ma finché tu sarai al mio fianco, andrà tutto alla grande. >>
Sono le parole più belle che lei abbia mai sentito uscire dalla bocca di lui. Non gli ha mai sentito pronunciare parole come quelle.
Si commuove, le viene da piangere, ma si trattiene, non deve farlo, non in questo momento.
Lui sposta la mano dal petto di lei, sulla sua guancia, l’accarezza, ne tasta la consistenza sentendo quanto sia morbida e liscia. Ha sempre sognato di farlo e in quel momento sogna ancora di più di baciarla.
La vede umettarsi le labbra e lui fa lo stesso, non riescono a capire che in questo modo si stanno solo facendo del mano. Anche Laura ha una tremenda voglia di baciarlo, di saggiare quelle labbra che ha sempre sognato, che ha osservato muoversi per anni.
Quei lenti movimenti che la loro lingua fa sulle loro labbra, è solo un modo per provocarsi, per farsi del male, per autodistruggersi.
Stefano con cautela la avvicina al suo viso, ha ancora paura che lei se ne possa andare, che lo possa lasciare come uno stupido in questo momento.
Lei lo guarda, con quella sua faccia preoccupata. Lo guarda e capisce che lui ha paura che se ne vada, che per una strana assurdità lei lo abbandoni lì, ma è una stupido se lo pensa sul serio, lei non lo farebbe mai.
Gli sorride, si avvicina maggiormente di sua spontanea volontà facendo sorgere sul viso di lui un sorriso felice. Da qui allo sfiorarsi delle loro labbra non manca poi molto. Si toccano, si accarezzano, si sfiorano lentamente senza mai approfondire il bacio. Si beano della consistenza delle labbra dell’altro, del loro calore, della loro morbidezza, ma vogliono di più, bramano di più.
Stefano dischiude la bocca. Laura sente il respiro di lui sulle sue labbra che la fa rabbrividire nonostante sia caldo. Lui la guarda negli occhi, nuovamente, per assicurarsi che lei non se ne vada.
Lei dischiude le labbra e sia avvicina alle sue, lambendole, bagnandole con la sua lingua. Sentendola così invitante Stefano non ci mette tanto ad accarezzarla con la propria. Si esplorano la bocca, si accarezzano la lingua in un gioco lento, dolce, pieno d’amore.
Rimangono per interi minuti a baciarsi lentamente, scoprendosi maggiormente.
Questo è solo l’inizio.
Laura ha voglia di conoscerlo meglio, ha voglia di sapere cosa gli piace, cosa gli interessa, cosa odia, vuole scoprire tutto di lui, ma vuole anche raccontargli qualsiasi cosa lui voglia sapere. Vuole anche raccontargli della sua passione per la scrittura, di quanto si diverti a scrivere, a mettere su carta le proprie emozioni e quelle due suoi personaggi.
Sono sicura che Laura stia scrivendo anche in questo momento. Me la immagino davanti al computer che pigia sui tasti e cerca di esprimere qualcosa delle emozioni umane attraverso le parole. Probabilmente sta scrivendo di Stefano, e la cosa non mi stupirebbe.
Stefano, anche lui, vuole conoscerla e farsi conoscere, vuole raccontarle tutto quello che vuole, vuole raccontarle di quanto senta la mancanza del fratello maggiore a volte, vuole raccontarle i suoi sogni, le sue speranze. Vuole raccontarle di quanto gli piaccia giocare ad un gioco sui ninja, di quanto si senta ancora un bambino, ma vuole raccontarle anche questo lato di lui.
Stefano, ignaro del fatto che Laura stia scrivendo di lui, che stia fantasticando o ripercorrendo la loro storia insieme, gioca a quello stupido giochino sui ninja. Gliel’ha detto a Laura e lei l’ha accettato, ma cosa avrebbe potuto fare? Lo ama.
Questo è un buon inizio, un inizio promettente per una giovane coppia che vuole intraprendere una storia.
Oggi, il filo invisibile d’Arianna è più forte che mai. Se si osserva bene si può vedere l’ombra di questo filo, si può scorgerne lo spessore, la lunghezza. Sembra una coda gigantesca che unisce l’uno all’altro. Una coda che li ha sempre uniti e che probabilmente li unirà per sempre.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ciao a tutti! Se siete arrivati fino a qua a leggere le note, vi ringrazio. Spero vi sia piaciuta. =)
È la prima volta che scrivo in terza persona, non mi ha mai affascinato questo modo di scrivere, ma devo dire che è davvero molto interessante.
Mi piacerebbe davvero sapere un vostro parere, se vi è piaciuta o meno.
L’idea per questa OS è nata un giorno per caso e presa dall’ispirazione mi sono messa a scrivere. Spero di non aver scritto cazzate. xD
Ringrazio nuovamente le persone che leggeranno e quelle che recensiranno.
Grazie a tutti!
Un bacione, CherryBomb_

 

 

   
 
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