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Autore: Sognatrice85    07/02/2011    4 recensioni
Tratto dalla one shot: "Da bambini ci insegnano ogni cosa: come si mangia, come si va in bagno, come si legge, si scrive, si sta seduti. Ma nessuno ci dice come dimenticare."
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Forget

“Forget”

 

 

Correva Eve.
Correva dimentica del traffico, dei clacson, degli spintoni, dei semafori rossi.
Correva e basta.
Alle sue spalle nessuna figura umana che la inseguisse.
E allora da chi fuggiva, Eve?

 

Da bambini ci insegnano ogni cosa: come si mangia, come si va in bagno, come si legge, si scrive, si sta seduti. Ma nessuno ci dice come dimenticare.

 

Eve correva, anzi scappava da se stessa.
Fuggiva sperando che il vento che le spaccava il viso, l’aiutasse a dimenticare.
Fuggiva dal tormento che aveva inficiato sull’equilibrio della sua vita e del suo futuro.
Un futuro imminente: un lavoro, una casa, un marito e dei figli.
Ciò che lei aveva sempre ardentemente desiderato e per cui aveva tanto e faticosamente lottato.
Fuggiva, ma non si rendeva conto che lo faceva invano. Perché quel tormento se lo portava con sé, dentro al cuore.
Quel tormento aveva un nome: Ian.
Al contrario di ciò che pensava, Eve ricordava bene il primo giorno che lo aveva visto.
Era al bar all’angolo di Oxford Strett, di fronte al Marble Arch.
Ogni mattina andava lì per fare colazione. Un’abitudine che aveva preso da quando lavorava nell’agenzia di viaggi lì accanto.
Il barista le aveva appena portato la sua tazza fumante di cappuccino, quando alzando lo sguardo, Eve vide qualcosa di insolito. Conosceva tutti in quel posto, ogni assiduo frequentatore, quindi quando vide quella figura alta, magra capì subito che doveva essere nuovo. Gli occhi erano fissi sul quotidiano del giorno, i capelli castani, medio – lunghi, coperti da un cappello nero di cotone.
Eve amava osservare i dettagli, così prese a fissare quel ragazzo: unghie corte, dita lunghe e affusolate, due anelli, uno sul pollice destro e uno sul medio sinistro, una giacca nera di pelle non abbottonata, l’orecchino all’orecchio sinistro.
Non sembrava di quelle parti, così senza volerlo, si chiese da dove provenisse. Quando il suo sguardo giunse agli occhi del ragazzo, sobbalzò perché scoprì che la stava osservando.
Eve arrossì per la vergogna; era stata colta in fragrante e ora chissà cosa pensava quel ragazzo di lei. Lui però, non fece una piega: dopo qualche secondo distolse lo sguardo e ricominciò a leggere il suo quotidiano ed Eve sospirò di sollievo.
Nei giorni avvenire, quel ragazzo si presentò puntuale alla stessa ora, nello stesso bar, accomodandosi allo stesso posto. Eve non riusciva a frenare la sua voglia di osservarlo. Era come una calamita, dalla quale si sentiva terribilmente attratta.
Una mattina però, lui non si presentò e per Eve fu quasi una delusione.
Quel giorno la ragazza decise che si sarebbe accomodata al bancone; voleva fare in fretta. Proprio mentre stava sorseggiando il suo cappuccino, si accostò a lei una figura maschile.
“Un caffè espresso, per favore?” ordinò con voce calda e profonda.
Eve non poté fare a meno di alzare lo sguardo. Sbalordita notò con sommo piacere che quella era la voce del ragazzo misterioso. Stranamente e inconsciamente si ritrovò a sorridere. Il suddetto ragazzo, si voltò a guardarla e le regalò a sua volta, uno splendido sorriso.
“Buon giorno” aggiunse serafico.
“Buo…Buon giorno” balbettò lei in risposta, assumendo ogni sfumatura di rosso.
“Ci ritroviamo ancora qui” notò lui.
“Io ci vengo ogni mattina da mesi” precisò Eve.
“Io mi sono trasferito da poco a Londra. Lavoro in un ristorante qui vicino” disse, poi le porse la mano con eleganza “Mi chiamo Ian” asserì sorridendo.
Eve giurò di non aver mai visto un sorriso così.
Josh, il suo ragazzo da oltre 8 anni, aveva il sorriso più malizioso che lei conoscesse, ma quello di Ian era qualcosa di assolutamente illegale.
“Eve…mi chiamo Eve” balbettò, stringendogli la mano.
Una mano calda, morbida, un piacere per il tatto.
Quell’incontro sancì definitivamente un cambiamento repentino nella vita di Ian ed Eve.
Ogni mattina si incontravano lì, facevano colazione insieme e trascorrevano mezz’ora del loro tempo a chiacchierare, a ridere, a conoscersi.
Da allora erano passati ben cinque mesi.
Eve era convinta di poter gestire tutto nella sua vita. Ciò che però non sapeva, era che il cuore non può essere manovrato a proprio piacimento.
Quando si accorse che Ian stava diventando troppo importante per lei, quasi indispensabile come l’aria, fu come essersi esposti al getto dell’acqua fredda. Si disse che non era niente, che avrebbe risolto tutto. Che sarebbe passato, così com’era arrivato.
Ma non fu così.
Stare lontana dalla piacevole routine mattutina era più difficile di quanto pensasse.
Provò a non andare al bar per una giornata, ma si sentì così male che per tutto il giorno ebbe la testa tra le nuvole, tanto che il suo capo, Star, la invitò ad andare a casa a riposare, perché secondo lei non aveva una buona cera. Ma il ritorno a casa, la costrinse a fare i conti con la realtà.
Il mattino seguente fu Ian a non presentarsi e per Eve fu come perdere il terreno sotto i piedi. Pensò che si fosse offeso per la sua mancanza del giorno precedente e si diede della stupida. Non voleva perderlo.
Per la prima volta nella sua vita, aveva incontrato una persona con la quale poteva confrontarsi, parlando di ogni cosa. La lusingavano i suoi complimenti.
“Sei una ragazza bella, hai cervello” diceva “Sei brillante, intelligente, mentalmente disposta al confronto. Mi piace parlare con te”, dopo lui le sorrideva e Eve non poteva fare altro che perdersi nell’estasi di quelle parole e dei sentimenti che provava per lui.
Si era innamorata.
Si, Eve, nonostante fosse fidanzata con un ragazzo eccezionale, si era innamorata di Ian.
Non una cotta qualsiasi.
Non un’infatuazione.
Amore. Amore proprio.
La scoperta non fu piacevole, perché Eve si sentì il mondo crollare addosso.
Ogni certezza, ogni progetto futuro sfumò sotto i suoi occhi.
Cosa avrebbe fatto?
Cosa avrebbe detto?
Non voleva pensarci. Aveva aspettato una vita intera di sentirsi così, ma non con Ian.
Lei doveva restare con Josh. Non poteva deludere lui e la sua famiglia. Non poteva spazzare via così, il loro futuro insieme.
Ci pensò a lungo Eve.
Ci pensò così tanto che un weekend finse di stare male e non volle vedere nessuno.
Chiusa nel suo appartamento alla periferia di Londra, Eve ebbe modo di riflettere.
E quando il lunedì mattina si svegliò, ebbe la consapevolezza che niente per lei sarebbe mai stato come prima. Lei stessa era cambiata.
Si alzò dal letto malvolentieri, si lavò, si vestì e si diresse al bar.
Prima di entrarvi, si ripassò mentalmente ciò che doveva dire e tentò nuovamente di convincere se stessa che quella era le decisione giusta per tutti.
Ma tutti chi?
Josh, la sua famiglia…
Ma lei? Per lei era giusto realmente?
Non si rispose.
Spinse la porta e entrò.
Con lo sguardo percorse il piccolo bar che aveva imparato a conoscere e ad amare in quegli anni e gli occhi le divennero lucidi.
Quando quegli stessi occhi, incrociarono quelli castani di Ian, fu come esser attraversati da una scossa elettrica. Eve avrebbe voluto corrergli incontro e baciarlo, ma non lo fece se non nella sua testa.
Percorse con lentezza i passi che la separavano dal tavolino, quando vi giunse, si accomodò e ordinò la sua solita colazione.
“Buon giorno Eve” salutò allegro Ian.
“Giorno a te” rispose lei, cercando di trattenere il tremolio della sua voce.
“Scusa per la settimana scorsa, ma ho avuto un impegno urgente e non sono potuto venire”
“Oh no, non importa. Anche io sono mancata una mattina, non ho sentito la sveglia e quando sono arrivata, tu eri già andato via” mentire, mentire, mentire.
Era quello che stava imparando a fare troppo bene, Eve.
Ian le sorrise con sincerità
“Come stai?” le chiese, girando lo zucchero nella tazzina di caffè.
“Bene”.
Ian la fissò per qualche istante, corrucciando la fronte.
“Sicura? Mi sembri più pallida del solito…” ma non terminò la frase che Eve gli mise una mano davanti alla bocca e lo guardò con sguardo supplicante.
“No, Ian. Non sto bene” affermò, separandosi da lui.
Inspirò chiudendo gli occhi.
“Non va affatto bene. Non posso continuare così” sussurrò.
“Che significa?” domandò Ian con voce ferma, se provava qualche strana emozione, fu bravo a non farla notare.
Eve lo fissò.
Se fosse stata in un’altra situazione, non le sarebbe importato niente e avrebbe seguito il cuore. Ma non poteva.
“Sono sempre stata una persona determinata” asserì Eve.
“Sicura di ciò che voleva. Mai e dico mai ho tentennato. Ho sudato sette camicie per studiare e trovare questo lavoro. L’ho fatto per me stessa e per il mio futuro”.
Ian l’ascoltava in silenzio, fissandola attentamente coi suoi occhi sinceri.
“Era in programma da mesi che io e Josh…formassimo una famiglia” Eve trattenne il fiato e non guardò Ian negli occhi.
Voleva gridare.
Voleva piangere.
Sbattere i piedi a terra, ma continuò.
“Tra meno di un anno ci sposeremo. Mi ha proposto di seguirlo in Irlanda. Il suo lavoro di rappresentanza lo conduce in giro per il mondo, ma a quanto pare gli hanno offerto di stabilirsi lì. L’agenzia di viaggi per la quale lavoro ha una filiale proprio a Dublino e quindi non avrei problemi. Sai quanto amo Londra, te ne ho parlato talmente tanto in questi mesi che penso tu sia stanco di sentirmelo dire. Però non posso lasciare Josh da solo, quindi tra tre settimane mi trasferirò con lui a Dublino” solo in quell’istante Eve ebbe la forza di alzare la testa e fissare Ian.
Una maschera di cruda indifferenza si ergeva sul suo volto.
“E’ quello che vuoi davvero?” domandò lui a bruciapelo.
Eve avrebbe dovuto dire di no, non era quello che voleva, perché sarebbe voluta restare lì con lui. Per sempre.
Ma mentì, ancora una volta.
“Si, è quello che voglio” asserì.
“Bene. Allora buona fortuna…Eve” Ian le porse la mano, titubante la ragazza ricambiò quel gesto.
“Penso sia meglio che io vada” continuò Ian con freddezza, alzandosi dalla sedia.
“E’ stato un piacere fare la tua conoscenza” aggiunse, prima di fare un cenno di saluto col capo e andare via.
Eve, la quale era rimasta per un attimo interdetta, fece tutto con esasperante lentezza.
Non voleva abbandonare quel luogo, ma dovendolo fare cercava di racchiudere nei suoi occhi ogni minimo particolare, in modo da custodirlo nel proprio cuore per tutta la vita.
Quando una lacrima solitaria le rigò il volto, capì che era giunto il momento di andare via.
Uscita dal bar, si sentì tirare per un braccio e senza accorgersene si ritrovò racchiusa in un abbraccio che sapeva di familiarità.
E pianse.
Pianse così forte che tutti si voltarono a guardarla.
“Non volevo andarmene in quel modo, scusami. Sono stato uno sciocco. È che mi sono talmente abituato a te, sono assuefatto dalla tua presenza che non posso pensare di…perderti in questo modo. Scusami. Scusami ti prego” mormorò Ian, stringendo spasmodicamente a sé, il corpo della ragazza.
Il cuore di Eve scoppiò di gioia, ma allo stesso tempo prese a sanguinare, perché quelle parole non lenivano il suo dolore e non cambiavano ciò che aveva ormai deciso.
Lui l’allontanò da sé di poco, in modo da guardarla negli occhi.
“Sei così…bella e intelligente” le sussurrò dolce, accarezzandole il viso con le dita.
“Ian…Ian” soffiò lei in preda al delirio.
“Shh…stai tranquilla, piccola.”
Le loro labbra si sfiorarono appena, prima di perdersi in un gioco antico quanto il mondo.
Quello era un bacio d’addio, perché Ian era consapevole che Eve non sarebbe tornata sui suoi passi, però voleva farle sapere che cos’era diventata per lui.
Separarsi fu doloroso, ma necessario.
“Ti rivedrò ancora un giorno?” domandò lui, perdendosi con la mano tra i capelli crespi della ragazza che avrebbe amato per sempre.
“Non lo so” mormorò lei con sincerità, non riuscendo a fermare le lacrime.
Ian annuì e guardandola un’ultima volta le disse:
“Non ti dimenticherò mai. Sii felice, Eve”.
Eve annuì e quando lui si fu allontanato, fissò il punto esatto dov’era scomparso, sussurrando a bassissima voce, qualcosa che sarebbe rimasto immutato nel tempo.
“Ti amo…” poi corse via…

 

Correva Eve.
Correva.
Correva per fuggire a quella confessione, a quel bacio, a quell’addio così doloroso.
Senza volerlo si ritrovò dall’altra parte della città. Prese ad osservare il Tamigi che scorreva sotto di lei.
Pianse un’ultima dannata volta, poi capì che doveva tornare indietro e che la sua vita sarebbe stata come programmata: un lavoro, una casa, un marito e dei figli.
Il tempo l’avrebbe aiutata a dimenticare.

 

Ci insegnano tutto nella vita. Tranne a dimenticare.
Perché nessuno sa realmente come si fa.
Perché nessuno mai dimentica sul serio.

 

*****

Molti non condivideranno la scelta di Eve.
Io stessa fatico a farlo, però la capisco.
Ian non ha nulla a che vedere col "Diario del vampiro", non seguo questa serie tv.
"Forget" è una one shot tormentata, probabilmente risente del mio periodo. Chissà.
Ve la lascio. Spero di ritornare ad essere Sognatrce 85 quanto prima, per ora mi ritiro.
A presto, spero.
Con affetto.


Marghe
   
 
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