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Autore: Kurtofsky    07/02/2011    5 recensioni
Sembrava passata un'eternità dal giorno in cui aveva lasciato il McKinley da quanto erano state lunghe le giornate passate alla Dalton, e Kurt Hummel poteva dire di tutto di quella scuola ma... ma gli mancava.
Gli mancavano prima di tutto i suoi compagni del Glee Club, gli mancavo le lezioni e il caos che regnava nell'andito ad ogni cambio dell'ora e gli mancavano le chiacchierate con Mercedes in mensa; ma, per ragioni superiori ai suoi poteri - miseri a dirla tutta -, era stato costretto a scappare dall'istituto in tutta fretta senza neanche svuotare il suo armadietto.
Genere: Erotico, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Dave Karofsky, Kurt Hummel
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Titolo: This is the way I say "I need you"
Titolo del Capitolo: In the end only the confusion
Fandom: Glee
Personaggi: Dave Karofsky, Kurt Hummel
Genere: Introspettivo
Rating: Giallo
Avvertimenti: What if? (E se…), Slash
Conteggio Parole: 1372 (FiumiDiParole)
Note: 1. Per Francis<3 Perché mi ha chiesto questa fic e io non potevo rifiutare: amo le Kurtofsky**
2. In questo capitolo vedrete come ho interpretato Dave Karofsky. Ci tengo a precisare che parte del suo carattere appartiene alle interviste che Max Adler ha fatto a riguardo del suo personaggio e che mi hanno aiutato a stendere la fic<3 Infondo è lui a dire che Dave è timido e imbranato ù_ù
3. Ambientata dopo le regionali<3
4. È la mia prima fic su Glee nonostante lo segua da un anno e i personaggi non sono tanto IC per la sottoscritta, ma ovviamente lascio il giudizio ai lettori.
5. Non è ancora stata betata XD

{ This is the way I say "I need you" ~
- 2. In the end only the confusion -



Studiare.
Era stata quella la prima idea sensata che gli era balenata per la mente al suo ritorno a casa ma in quel momento, solo nella sua stanza, gli sembrava anche l'ultima cosa che sarebbe stato in grado di fare. Tant'è che il libro di storia giaceva abbandonato con lui sul letto e, anche quella sera, non sarebbe stato aperto.
Era semplicemente confuso, ma lo era a livelli così alti che gli sembrava addirittura di sentire ancora il corpo di Hummel premuto sul suo petto ed il suo profumo – pareva essere bastato quell’improvviso abbraccio a lasciarglielo impresso addosso.
Per Dave era stato piacevole quel contatto, diverso da tutti gli altri più violenti che aveva sempre usato per toccare l'altro... ma, a conti fatti, aveva fatto una gran cazzata - sfortunatamente non era neanche la prima da quando aveva messo gli occhi su Hummel.
Nel ripercorrere la sua giornata, Karofsky ricordava solo di aver dimenticato la sua sacca negli spogliatoi e, dopo aver fatto inversione dalla strada di casa, era tornato su quella dell'istituto.
Se si tralasciavano alcuni club del dopo scuola il McKinley era ormai deserto a quell’ora ed era stato semplice intravedere nel parcheggio una macchina familiare che non vedeva ormai da tempo.
L’aveva osservata incredulo e, forse anche un po' speranzoso, era entrato dentro l'istituto alla ricerca del possessore della vettura. Sarebbe stato molto semplice ignorarlo – infondo Hummel era scappato dalla scuola per non stare con lui –, e gli sembrava d’obbligo andare avanti e dimenticare… ma non ci riusciva.
Era troppo chiedergli di non pensare più a quella femminuccia che, anche in quel momento, era ferma davanti agli armadietti come nella maggior parte dei loro incontri - forse era meglio definirli scontri.
Senza neanche pensarci però, nell'affiancarlo, Dave si era lasciato andare come ai vecchi tempi. Come se il più piccolo fosse ancora uno studente della scuola - la sua vittima preferita - e non se ne fosse mai andato - a causa sua oltretutto -, salvo poi bloccarsi nel rendersi conto delle sue azioni avventate che avevano fatto finire per l’ennesima volta il ragazzo sugli armadietti.
Non poteva essere stato così stupido – anche se di cose da emerito idiota ne aveva fatte parecchie in quell’ultimo periodo – e si ritrovò a pensare che la sua era stata solo una visione nata dalla necessità di vedere ancora Hummel e, sperando fermamente che quello fosse per davvero un sogno, aveva abbracciato il più piccolo.
Doveva essere un’illusione della sua mente che non riusciva ad allontanare l’immagine di Kurt vicino a quegli armadietti. In quei giorni gli era mancato – ammetterlo a se stesso alla fine era stato semplice – ed ogni mattina, in quei corridoi, lanciava un’occhiata a quel luogo che, in un malato romanticismo, era diventato il loro unico punti d’incontro.
Forse per quel motivo nel vederlo aveva voluto provare un qualcosa che non aveva mai avuto il coraggio di fare. Aveva messo da parte l’istinto animalesco che l’aveva sempre animato nei confronti del ragazzo facendo cadere la sua maschera di bullo solo per poterlo stringere a sé anche se solo per qualche istante nella sua mente… come a voler dimostrare all’altro che anche lui era capace di compiere delle piccole gentilezze.
Ma sarebbe stato troppo bello però poter vivere un sogno così vivido e si rese presto conto che era vero. Non stava sognando e sentiva per davvero la consistenza del corpo esile di Kurt contro il suo più robusto, sentiva il suo cuore battere furiosamente come a voler scoppiare e, infine, avvertiva anche il suo profumo: non ne conosceva il nome - e mai si sarebbe interessato a quello -, ma l'avrebbe riconosciuto tra mille.
Quell’abbraccio era quindi reale ed era stato il primo gesto non violento - il famoso bacio che tutte le notti lo perseguitava non era stato tanto gentile - da quando si conoscevano ma, dall'immobilità di Hummel e dall'espressione terrorizzata che aveva assunto, Dave aveva compreso da solo che tutto quello non era stato gradito dall'altro.
Come dargli torto d’altronde?
Non si aspettava mica che il più piccolo gli saltasse al collo - l'avrebbe riempito di botte se solo avesse osato farlo – e, a ben pensarci, neanche Dave stesso sapeva quali fossero i suoi desideri: era solo confuso - tantissimo poteva aggiungere.
C'era una parte di lui che lo spingeva verso Hummel ed un'altra che era completamente contraria a quell’attrazione che reputava contro natura, e tra vari conflitti interni tutto finiva per sfociare in quell’atteggiamento violento, rendendo il più piccolo la vittima perfetta per le sue angherie.
Aveva provato ad ignorarlo ma il più giovane, anche se non faceva assolutamente niente, attirava sempre lo sguardo di Dave su sé. Proprio per questo Karofsky si era ritrovato a dover accettare che era impossibile non guardare Hummel – ed anche stargli lontano – e quando quella parte di lui che desiderava la presenza di Kurt prendeva il totale sopravvento – solitamente lo spingeva a cercare il contatto fisico solo con delle semplici spinte – si ritrovava a compiere gesti totalmente senza senso.
Giorni prima l’aveva baciato e poi, quel pomeriggio, l’aveva anche abbracciato e visti e considerati i suoi precedenti atteggiamenti violenti, quegli ultimi due risultavano sicuramente privi di ogni logica.
In ovvia conseguenza si ritrovava ormai a dover fare i conti con le numerose domande che sorgevano spontanee ad ogni loro incontro. Non solo sue, ma anche da parte del più piccolo che, in quel momento, strepitava per ottenere delle risposte che neanche Dave però possedeva – sfortunatamente.
Perché lui non era gay. Non era come Hummel né sarebbe mai stato come quel nano che il ragazzino si era portato dietro per spingerlo a fare outing.
Lui era un uomo e gli piacevano le donne - gli erano sempre piaciute! – ma esisteva un’eccezione e Kurt Hummel, suo malgrado, lo era. Non aveva né un seno prosperoso - e non l'avrebbe mai avuto - né avrebbe mai posseduto tutto quello che ci si poteva aspettare da una femmina… ma c'erano quegli occhi color dell'acqua, il profumo, la voce, il corpo, la sua presenza... e tutta una serie di cose infinite che lo rendevano meglio di una ragazza agli occhi di Dave.
Gli era costato tanto ammetterlo, anche se solo a se stesso, e ancora faticava a conviverci. Ogni tanto, guardandosi allo specchio, si diceva che magari nell’ammettere ad alta voce che non gli piacevano i maschi ma che era attratto solo ed esclusivamente da Hummel, sarebbe stato più semplice per tutti, ma non ci riusciva mai perché alla fin fine tutto quello non aveva senso.
Kurt non era più al McKinley con lui – era alla scuola per damerini con quel tappo che sembrava piacergli così tanto – e lo odiava. Anche nell’accettare completamente tutti i suoi sentimenti non sarebbe mai cambiato niente ed era solo colpa sua.
Per questo alla fine si chiedeva: che cosa aveva ottenuto con tutto quel suo atteggiamento?
Rispondersi in quel campo era semplice, al contrario di tutte le altre domande che si era posto.
Dave non aveva attenuto niente, oltre ovviamente gli sposi che gli aveva preso e che teneva nascosti con cura in camera - che, ormai, non sanavano neanche più la necessità che aveva di possedere qualcosa di Hummel – e l’aver fatto scappare il ragazzo in un altro istituto – insieme a quel orribile nano che parlava troppo: quell’idea non l’avrebbe mai abbandonato!
A ben pensarci di cazzate ne aveva fatte davvero tante e solo quando era troppo tardi si era reso conto che le possibilità di fare qualsiasi cosa - non sapeva esattamente cosa però - si erano annullate quasi del tutto. Poteva solo conviverci e provare a dimenticarlo ma tutto al McKinley gli ricordava Kurt. C'era l'armadietto sul quale l'aveva spinto tante di quelle volte, c'erano gli spogliatoi in cui l'aveva baciato – e nei quali il ragazzo gli aveva anche fatto capire che lui non sarebbe mai stato il suo tipo –. c'era il Glee Club nel quale aveva cantato tante volte davanti alla scuola e c'era anche Puckerman che gli ricordava che era a causa sua se il più piccolo se ne era andato.
Poteva provare ad immergersi nello studio, magari recuperare la buona media che un tempo possedeva, ma non era possibile con quella confusione che gli si agitava dentro, e dopo quanto era accaduto quel pomeriggio dubitava di riuscire a fare qualsiasi cosa.
   
 
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