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Autore: Julia Weasley    08/02/2011    19 recensioni
Tutte le madri donano la vita. Alcune lo fanno due volte.
In questa fanfiction ho descritto le ultime ore della signora Crouch, quando decide di sostituire il figlio ad Azkaban e morire al posto suo.
Genere: Dark, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro personaggio, Bartemius Crouch junior, Bartemius Crouch senior
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
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Seconda classificata al Free Contest indetto da AliH sul forum di EFP e vincitrice dei Premi Miglior Stile e Miglior Introspezione

Parola/e scelta:  58. Morte;  7. Vita
Citazione scelta:  33. Respiro la bestia che è in te, e l’amo. (la citazione è proprietà di Alih)

Introduzione
:  tutte le madri donano la vita. Alcune lo fanno due volte.
NdA:  in questa fanfiction ho descritto le ultime ore della signora Crouch, quando decide di sostituire il figlio ad Azkaban e morire al posto suo. Il tema della morte in effetti è più sviluppato, ma quello della vita è collegato al primo, perché la signora Crouch decide di sacrificarsi proprio per permettere al figlio di continuare a vivere. E' molto drammatica, vi avverto!

 


La madre che amava troppo
 
 
Fa freddo.
L’aria ghiacciata attraversa i miei vestiti, penetra attraverso la pelle, giungendo fin dentro le ossa di un corpo che non è il mio. Le pareti della cella sembrano stringersi intorno a me, senza lasciarmi via di scampo.
Un brivido mi percorre la schiena mentre un’ombra silenziosa passa dietro la porta. Poi un respiro, quasi un rantolo, annuncia il sopraggiungere di una nuova ricaduta nella disperazione. Nella mia testa echeggiano urla, pianti, una supplica.
Scuoto il capo, decisa a non cedere. Non ho nulla di cui disperarmi: lui è salvo, non mi importa di nient’altro.
L’ombra passa, ma un altro tipo di tremore mi assale.
Infilo la mano sotto il mantello. Le dita stanno tornando ad essere esili e rigide come quelle di un cadavere: ho appena la forza di tenere la fiaschetta senza farla cadere. La porto alle labbra pallide e screpolate, bevendo una sola goccia della pozione.
Un secondo Dissennatore si sofferma fuori dalla mia cella, trascinando con sé un gelo che sa già di morte.
Sento le poche forze che mi restano venire meno e la mia mente si riempie di immagini e suoni.
 
« Sei sicura? »
Una domanda posta già un milione di volte, sempre con lo stesso tono incerto e la voce rauca.
« Sì ».
La risposta è secca e decisa. Sembra strano che a pronunciarla sia stata una donna pallida e in lacrime, una donna in procinto di congedarsi dal mondo.
Marito e moglie camminano fianco a fianco. Lui la sorregge perché lei non ha la forza di procedere sulle proprie gambe.
Passano davanti a decine e decine di celle. Ogni tanto, tra una sbarra e un’altra si affaccia un volto devastato. Alcuni prigionieri si lamentano, farfugliando parole incomprensibili.
L’uomo li fissa: il suo sguardo trasmette odio e disgusto. Ricorda ogni singola sentenza emessa contro di loro. I prigionieri ricambiano l’occhiata, biascicano insulti e promettono vendetta.
La moglie lo supplica con lo sguardo: devono affrettarsi o sarà troppo tardi.
Raggiungono l’ultima cella, dalla quale proviene un silenzio assordante.
 
Credo di avere la febbre.
Sono costantemente scossa dai brividi, mentre un sudore ghiacciato mi imperla la fronte, mischiandosi al bollore della pelle. Il pavimento umido sembra congelato al contatto con la mia guancia, che sta lentamente perdendo il suo calore, proprio come la mia vita che si sta affievolendo, soffocata dalle spire gelide della morte.
Sento il fragore del mare in tempesta che circonda la prigione di Azkaban; il freddo e l’umidità mi fanno soffrire ancora di più. Cerco conforto nel calore del mantello, ma non è abbastanza lungo da coprire sia la testa che i piedi.
A nessuno importa, comunque. Qui dentro siamo dannati, maledetti e dimenticati. Nessuno ci considera più esseri umani. Siamo soltanto bestie e come tali dobbiamo vivere, almeno per il poco tempo che ci resta.
Non avrei mai immaginato di trascorrere i miei ultimi giorni in una cella di Azkaban, né di essere considerata come una dei tanti prigionieri. Ma io sono diversa da loro. Sono l’unica innocente e l’unica ad essere entrata di mia spontanea volontà.
Ma non sono pazza. Sono soltanto una madre che ama troppo il proprio figlio.
 
La donna entra nella cella, il cuore che le batte all’impazzata.
È uno spazio piccolo e angusto, con le pareti sudice e incrostate di salsedine. Non ci sono brandine, solo il freddo pavimento di pietra.
Accanto ad un vassoio di cibo ancora intatto, è seduto un ragazzo con le gambe flesse e la testa reclinata sulle ginocchia.
Quando sente il rumore della porta che si apre, alza il volto cereo e lucido di pianto.
« Barty » sussurra la madre, inginocchiandosi accanto al figlio che, per lo stupore, non ha ancora mosso un muscolo.
Lei lo stringe in un abbraccio soffocante, l’ultima scintilla di vitalità in mezzo a tutto quel gelo colmo di angoscia.
Superato il primo attimo di smarrimento, Barty ricambia l’abbraccio e si aggrappa disperatamente alla madre, la quale trema quanto lui.
In quel momento alla signora Crouch non interessa più nulla; non vuole sapere se lui è colpevole o innocente. Preferisce negare la realtà, perché le sembra impossibile che quel ragazzo che ora appare così debole e spaventato possa essere un Mangiamorte crudele e senza pietà. Non suo figlio…
Barty si irrigidisce all’improvviso: ha appena visto suo padre, che è rimasto per tutto il tempo sulla soglia.
La signora Crouch coglie un’espressione di profondo odio negli occhi del figlio e cerca di recuperare la sua attenzione.
Gli spiega il motivo della loro visita mentre lui ascolta in silenzio, il viso contratto in un miscuglio di emozioni, dall’incredulità alla speranza e al terrore.
 
Forse sono davvero pazza. Inizio a vedere una realtà distorta, senza capire se la colpa sia dei Dissennatori o di allucinazioni create dalla febbre.
Nella mia cella è apparso all’improvviso un ragazzo. È talmente giovane e sano che stento a riconoscerlo. Mi guarda e sorride.
Io cerco di avvicinare la mano al suo viso disseminato di lentiggini e ai suoi capelli color paglia, ma sono troppo debole per raggiungerlo.
La sua presenza, anche se fittizia, mi conforta. Ogni tanto gli rivolgo qualche sussurro che solo lui può sentire. Mi basta guardare la vita che scorre nei suoi occhi per sentirmi meglio.
Barty.
Sei tu l’unico ricordo che i Dissennatori non riescono a portarmi via. Si sono accorti che sto per morire. Sono eccitati come non mai.
Sono creature orribili e non posso pensare che tu abbia dovuto sopportarli per tanto tempo.
Mi è stato raccontato che nei tuoi primi giorni di prigionia mi chiamavi di continuo. Il fatto che io non abbia potuto risponderti in quel preciso momento in cui invocavi il mio nome non mi dà pace. Ma adesso sono venuta a salvarti e tu non devi preoccuparti ancora, perché non vedrai più queste creature senza anima.
E io, nonostante questa lunga agonia che mi sta consumando, sono felice perché tu sei vivo. Sei tornato a casa, lontano da qui, dove i Dissennatori non potranno più farti del male.
Non volevi lasciarmi morire qui, esattamente come non lo voleva tuo padre, ma è così che deve andare. Con te ad Azkaban sarei morta lo stesso.
Io ormai sono vissuta a sufficienza; tu invece hai ancora un’intera esistenza davanti.
Adesso sei finalmente libero di ricominciare. Spero solo che tuo padre te lo permetta… gliel’ho fatto promettere.
 
Le pozioni sono pronte, è ora di scambiarsi i ruoli.
Madre e figlio si stringono in un ultimo abbraccio, più intenso del precedente. Lei gli accarezza il viso, intenzionata a tenere stretto quel ricordo fino all’ultimo respiro.
« Promettimi che ti comporterai bene, Barty » lo supplica, in un momentaneo sprazzo di lucidità, perché non può sempre mentire a se stessa: nemmeno lei è sicura che suo figlio sia del tutto innocente, anche se non vuole ammetterlo.
« Lo prometto, madre » risponde lui, ma senza guardarla negli occhi. La promessa di un ingrato è la parola di un bugiardo.
Per quel solo istante la donna coglie qualcosa di strano in lui. Il sospetto la ossessiona. Suo figlio potrebbe essere  in grado di torturare e di uccidere?
“No” pensa, rifiutandosi di vedere quello che l’istinto le sta suggerendo. Si rende volontariamente cieca e sorda ai segnali che suo figlio, eccezionale mentitore, è sempre riuscito a nascondere a tutti, esclusa lei.
Ma l’amore materno le offusca la mente, impedendole di vedere la realtà dei fatti. Avverte la crudeltà nei suoi occhi, ma non la riconosce come tale.
Respira la bestia che è in lui, e l’ama.
Poi la donna si rivolge all’uomo che fino a quel momento è rimasto in completo silenzio. Ha il volto livido e contratto in una smorfia di dolore, e la guarda come non ha mai guardato nessuno. L’unica parte del suo cuore che non è ancora morta sta per essere lasciata per sempre in quella cella, accanto a sua moglie.
« Vi prego » dice lei, senza aggiungere altro, perché entrambi hanno già capito la sua richiesta silenziosa: ciascuno deve concedere una seconda possibilità all’altro.
Padre e figlio annuiscono, ma senza guardarsi tra loro. Si detestano. La donna si chiede come faranno a vivere di nuovo sotto lo stesso tetto, dopo tutto quello che è successo, e spera che Winky si prenda cura di entrambi.
Dopo aver bevuto la Pozione Polisucco e prima di uscire insieme dalla cella, i due Barty si voltano a guardarla.
« Non preoccupatevi per me » li rassicura lei.
Bartemius Crouch senior non riesce a nascondere l’espressione di dolore e rabbia dipinta sul suo volto. Ritiene che stiano commettendo un enorme sbaglio.
Nemmeno lei è convinta del tutto che quella sia la cosa giusta da fare ma, osservando l’espressione spaesata di loro figlio, sa che non lo avrebbe mai potuto abbandonare lì ad Azkaban.
 
Il mio tempo qui è giunto alla sua conclusione. Gli ultimi stralci di vita stanno per abbandonarmi.
Avvicinati, Barty, tienimi la mano.
Non ho paura di morire; per te morirei altre cento volte. Ho solo il rimpianto di non poterti più vedere.
O forse, chissà, avrò la possibilità di restarti sempre accanto, anche se tu non potrai vedermi. Sarò un’ombra che ti seguirà, qualunque cosa tu faccia. Non ti lascerò solo.
Ti ho donato la vita quando sei nato; adesso sto morendo per offrirti una seconda occasione; muoio affinché tu viva. Non rendere vano questo mio sacrificio.
Ecco.
Un velo nero sta calando davanti ai miei occhi. Dove sei finito? Non riesco più a scorgere il tuo viso.
Un’ultima, estrema domanda sorge spontanea dai recessi della mia mente prima che io possa impedirlo: ho fatto la cosa giusta?
Ma ormai non importa più. Sono tua madre e ti ho salvato, donandoti la vita per la seconda volta. Sta a te fare in modo che non sia stato uno sbaglio.

 
 
*Angolo autrice*
Sono davvero felicissima di aver pubblicato questa storia, che ho scritto niente meno che ad agosto. Erano secoli che volevo scrivere una storia sui Crouch, nello specifico su quella poveretta che andrebbe fatta santa solo per aver sopportato un marito del genere e un figlio ingrato.
Alla fine la sua scelta di salvare il figlioletto si è rivelata un grosso errore, ma lei non poteva sapere di contribuire al ritorno di Voldemort, insomma.
Stranamente vado molto fiera di questa fic. La Rowling ha insistito molto sul rapporto madre-figlio, sia tra Lily e Harry sia tra Narcissa e Draco, per non parlare di Molly, e anche questa povera donna meritava un po' di spazio. Per come la vedo io, voleva troppo bene a Barty per ammettere quello che era diventato, e Barty era troppo ossessionato dall'odio per suo padre da non rendersi conto che qualcuno che gli voleva bene c'era eccome.
Vi lascio ai giudizi e ringrazio Alih per aver indetto questo splendido contest!


Seconda classificata - La madre che amava troppo - JuliaWeasley

Grammatica: 10/10
Stile e lessico: 10/10
Attinenza al tema: 10/10
IC e Caratterizzazione del Personaggio: 10/10
Originalità: 18/20
Giudizio personale: 5/5
Punti bonus: 3.5/3.5

Totale: 66,5


Il viaggio che io ho compiuto inabissandomi all'interno della tua Fan Fiction, che oserei definire con il termine 'claustrofobica', è stato allucinante all'inverosimile. È stato come immergersi in una storia che gronda allo stesso tempo sia amore che morte; una storia in cui una madre prende il posto di suo figlio per salvargli la pelle, per dargli una nuova occasione per riscattarsi.
Costretta – giustamente – a vivere come un animale in gabbia, come una qualsiasi prigioniera. D'altronde è stata proprio lei a scegliere il suo destino, a decidere di salvare il suo adorato figlio. Quello che forse avrebbero fatto altre madri, così come ha fatto lei.
Prendiamo Cissy, ad esempio. Non è lei che mente e che complotta per salvare il suo amato Draco? Sì, è lei. È lei che stringe con un patto sgreto con Severus Piton, perché suo figlio abbia salva la vita. Aveva bisogno di certezze. Della certezza che suo figlio Draco fosse rimasto in vita e che avrebbe superato l'esame a cui Lord Voldemort voleva sottoporlo.
Ho ritrovato questo stesso amore disperato per un figlio nella tua storia, che però si basa sul rapporto tra Barty Crouch, il Mangiamorte, e sua madre.
Bellissima storia, tinta di un velo dark che incanta il lettore, e molto ma molto introspettiva.
Grazie per aver partecipato a questo Contest!

Miglior Stile: JuliaWeasley
Perché il tuo stile è descrittivo ma mai superfluo e, soprattutto, riesce a catturare perfettamente l'attenzione del lettore, incatenando alla lettura della storia – bellissima storia – che ha di fronte.

Miglior Introspezione: Julia Weasley
Perché hai scavato nell'anima quasi completamente distrutta di una madre, e lo hai fatto con una meticolosità e una forza impressionante, ma senza scadere nelle banalità.
C'è dramma nella tua storia: un dramma tangibile che avrei potuto toccare con le dita.

  
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