Fanfic su artisti musicali > My Chemical Romance
Ricorda la storia  |      
Autore: Miss V Blackmore    08/02/2011    3 recensioni
Niente come una parola detta con disprezzo può ferire lacerando un rapporto. Niente come l’amore tramutato in odio riesce a distruggere il buono delle cose.
Nessuno avrebbe potuto dire con assoluta certezza cosa successe a tutti loro, cosa accade ai My Chemical Romance per ridurli in miseri pezzi di un puzzle ormai andato in fiamme.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Frank Iero, Gerard Way | Coppie: Frank/Gerard
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Avviso:  è la mia prima storia che scrivo su questa band non ho la più pallida idea di come si siano svolte le cose alla fine del tour mondiale della Black Parade. Tutto quello che ho scritto è frutto di pensieri e deliri venuti fuori parlando con le amiche di sempre. Che non posseggo i protagonisti mi sembra palese, se li avessi tranquillamente in casa, di certo non perderei del tempo a scriverci su. XD

A Keiko, perché è anche grazie a lei se sono tornata a sognare.
Tanti auguri.

..Don’t let's the party started..

Niente come una parola detta con disprezzo può ferire lacerando un rapporto. Niente come l’amore tramutato in odio riesce a distruggere il buono delle cose.

Non era mai stato semplice riuscire a comporre musica mantenendo quel precario equilibrio tra quello che si provava o pensava e quello che realmente si voleva esprimere. Quando la vita comincia a girare tanto da farti venire la nausea niente sta più al tuo controllo. Le amicizie si rompono, i legami si spezzano e i sogni si infrangono.
Nessuno avrebbe potuto dire con assoluta certezza cosa successe a tutti loro, cosa accade ai My Chemical Romance per ridurli in miseri pezzi di un puzzle ormai andato in fiamme. Non lo sapeva Ray, non lo immaginava Bob, Mikey aveva la sua precisa opinione che gelosamente custodiva come un ricordo scomodo da svelare… Mentre Gerard e Frank negavano e rinnegavano quello che erano stati e quello che sarebbero diventati; nessuno dei due avrebbe mai pensato che un giorno la loro amicizia, quel legame da molti frainteso e giudicato impunemente potesse tramutarsi in cordiale freddezza. Certo, il fatto che entrambi erano passati nelle cinque fasi del lutto e della depressione pareva non contare.

Negazione della realtà e isolamento.
Rabbia.
Auto recriminazioni.
Depressione
Accettazione.

Dopo due anni passati in giro per il mondo, tutto quello di cui  avevano bisogno era scaricare stress e frustrazioni stando lontani qualche tempo. Che la Black Parade fosse morta non c’erano dubbi, o periva lei o sarebbero periti i membri della band. Un successo mondiale che li aveva travolti e schiacciati come formiche; lasciando si dei  bei ricordi, ma anche altrettanti orribili da cancellare.

« La convivenza uccide ogni buon proposito »
E non solo quelli, disgregava i rapporti storpiandoli e tirandoli fino all’inverosimile sino a spezzarli per poi lasciarli in pace a macerare nell’apatia più totale. Quando lotti per qualcosa in cui credi, riversi nella causa ogni tua singola energia ti ritrovi a vivere e respirare per quello che pensi e vuoi. Ritrovandoti cosi con un pugno di mosche in mano se qualcosa dovesse andare storto.
E di cose in quel tour ne erano andate storte.
Gerard Way non aveva mai badato cosa pensassero gli altri di lui. Non gli era mai nteressato se veniva considerato folle, ingenuo, stupido o non adatto ad esibirsi dal vivo: i fan, la critica, il mondo dello star sistem… Tutti potevano tranquillamente pensare quello che volevano di lui, l’importante era che avesse il supporto dei suoi amici di sempre e della famiglia. Se fosse venuto a mancare quello: Gerard Way avrebbe tentennato. E lo fece.
Non avrebbe mai creduto di poter legarsi a qualcuno in maniera cosi profonda tanto da permettergli di fare disfare la propria vita come meglio credeva. Bastava una semplice parola per cambiargli l’andamento della giornata.
“Allora, sei pronto? Guarda che ti ci trascino anche in pigiama” la voce di Mikey risultò più dura del previsto, ma non sortì alcun effetto nel fratello che si alzò con la stessa vivacità di un condannato a morte e aprì l’armadio prendendo le prime cose che gli capitarono a tiro.
“Non capisco perché dobbiamo proprio andarci, Skype l’hanno inventato apposta sai?” celiò lui in risposta mentre si toglieva la felpa logora e la gettava a terra. Indossava sempre la stessa cosa quando era a casa: da solo.
“Sai, dobbiamo decidere cosa fare dei My Chemical Romance” statuì serio l’altro.
“La Black Parade è morta” rispose laconico – forse per meglio dire: apatico – il fratello. Scrollò la chioma rosso acceso e sospirò, cominciava a sentire lo stomaco stringersi e la circolazione del sangue defluire verso la testa.
“Si e le capre sotto la panca pure, Gee” puntualizzò Mikey “Ma qui dobbiamo decidere se fare un nuovo album oppure andare ognuno per la propria strada” concluse tirandogli il giacchetto jeans.
“Non è quello che abbiamo già fatto?” domandò in risposta stiracchiandosi poi i le braccia, portandole dietro la schiena, e producendo un suono sordo che fece rabbrividire l’altro ragazzo. “Insomma, non siamo più quelli di un tempo, stiamo mettendo radici, e stiamo anche cercando di sopravvivere a quello che eravamo” sospirò.
“Perché con te bisogna sempre avere a che fare con tragedie greche e melodrammi alla Macbeth?” celiò il minore dei fratelli sedendosi sulla poltrona, sfinito da quella discussione: l’ennesima nell’arco di qualche giorno. “Non sai vivere al di fuori di un palcoscenico? Senza drammi, torture e ferite inguaribili?”
“Non è giusto quello che stai dicendo” puntualizzò fissandolo in maniera torva, ma nonostante il fatto che quello sguardo sarebbe dovuto essere un avvisaglia di battaglia, non riusciva a nascondere un tratto malinconico quasi drammatico.
“Non potevi fare come Frank? Che tutta la sua fottuta rabbia l’ha sputata attraverso un microfono? Attraverso interviste, da ubriaco presumo?” scoccò l’ennesima freccia che colpi l’enorme bersaglio che Gerard si era tranquillamente disegnato nel tempo addosso. Mikey aveva quasi l’impressione che il fratello avesse bisogno di soffrire per stare bene.
“Io nei testi ci racconto sempre la mia vita”
“Non dire cazzate, tre quarti delle tue sofferenze te le crei da solo, mica sei normale”
C’era un tempo in cui Mikey avrebbe attraversato mari e monti, avrebbe sconfitto i draghi e gli oscuri cavalieri pur di non ferire il fratello. Ma, la fabula e l’intreccio non si erano snodati come in una classica fiaba, il lieto fine non sarebbe mai giunto per chi avrebbe sofferto sempre per qualcosa che neanche era reale.
“Sei venuto qui per convincermi a venire o farti mandare al diavolo?” rispose sorpreso inarcando un sopracciglio.
“Non sarei neanche dovuto venire, avresti tu dovuto essere li ancora prima dell’apertura della sede” puntualizzò serio.
“Ma tu non riesci a non dimostrare che sei migliore no?” sbottò Gerard con quel suo fare passivo-aggressivo: il corpo perfettamente immobile, come se stesse tranquillamente parlando del niente, mentre l’inflessione del tono mal celava una furia che lo bruciava da dentro, rendendolo una sorta di bomba ad orologeria con il timer rotto, ma ancora innescata. “Ti sposi la tua bella principessa, compri la tua magnifica casa con lo steccato bianco, e cerchi di porre rimedio a questa situazione” continuò a dire per poi schioccare la lingua scuotendo la testa. “Mikey Way il salvatore”.
“Sai cosa vedo? Le tue labbra muoversi. Sai cosa sento? Nulla” rise il ragazzo in maniera nervosa; non sapeva se fossero le parole del fratello o il suo atteggiamento a innervosirlo, ma voleva solo alzarsi e dargli in testa qualsiasi cosa: magari si sarebbe aggiustato.
“Andiamo, non voglio arrivare dopo Frank, la menerebbe tutto il tempo e non parleremmo delle cose realmente importanti” statuì alzandosi il ragazzo, per poi dirigersi verso la porta con passo spedito, senza nemmeno aspettare Mikey. “Muovi il culo, ci aspetta un pomeriggio lungo” lo rimbeccò alzando la voce scendendo le scale. Monito che non sarebbe servito, lui già sapeva cosa li aspettava, e forse Alicia aveva ragione: al suo rientro a casa lo avrebbe aspettato la confezione maxi di aspirine e un bagno caldo.

*

Il Karma è un fottuto stronzo.
Il Vita è una grandissima puttana.
Non poteva credere di star facendo quello che stava – realmente – facendo. Appena si mise seduto sul prato gli venne un senso di nausea che quasi non lo face stramazzare a terra. E pensare che semplicemente qualche anno prima, avrebbe baciato uno a uno di quegli steli di erba solo se Gerard lo avrebbe chiesto.
Non si era presentato alla riunione, e a nessuno importava il fatto che sua moglie fosse incinta di due gemelle e che aveva avuto delle complicazioni, tutti avevano condannato la sua assenza a prescindere; ma si ritrovava a pensare che alla fine: era semplicemente la tempesta che stava raccogliendo del vento che aveva seminato nei mesi di pausa.
“Non credi di essere cresciuto per questo Frank?” domandò Gerard, che aveva notato una sagoma sedersi sul prato davanti a casa sua, e non sembrava avere la minima intensione di andarsene.
“Non pensi che io non abbia altra scelta?” rispose il ragazzo alzando il volto fissandolo dritto negli occhi.
“Esiste il telefono, Internet, potresti anche strisciare sul portico di casa mia e suonare il campanello” celiò in risposta il ragazzo, forte di una sicurezza che neanche gli apparteneva.
“Se dovessi elemosinare perdono lo avrei fatto” annui lui senza battere ciglio “Ma dovevo ricevere udienza da sua maestà Way, e conoscono solo le basi della drammaturgia”
“A quanto pare il veleno non ti manca” rise l’altro scuotendo la testa, ma la sua espressione era simile a una smorfia di inquietudine, che vagamente ricordava il quando di Munch. In cuor suo Gerard era rimasto profondamente colpito da quel gesto, ma l’ondata di calore e di ricordi che lo aveva travolto lo tramortirono come la peggiore delle offese. Il passato non avrebbe cambiato le carte in tavola del presente, e il futuro era troppo nero per permettere alle risate e alle battute di avere la meglio sul dolore che aveva provato e stava provando.
“Scusa, forza dell’abitudine, non mi ricordo quando hai perso il tuo senso dell’umorismo Gee” sospirò tornando a guardare il manto verde.
“Forse quando ho sentito uno dei tuoi concerti?” pronunciò l’ultima parola enfatizzandola con un gesto delle mani che stava a indicare le virgolette.
“Almeno io non le ho mandate a dire le cose” puntualizzò Frank alzandosi con meno agilità di quanto  credeva di avere. “Ho provato a parlarti, ho provato ogni cosa, ma avere a che fare con te è più complicato di quanto una persona possa umanamente sopportare” continuò lui sincero, lasciando il sarcasmo e l’ironia lontani da quella confessione.
“Non provare a dare tutte le colpe a me” statuì lui.
“Ti do solo quelle che ti appartengono, più che chiederti scusa per quello che ho detto negli ultimi tempi, e dirti che sono pentito non so che altro fare” rispose Frank passandosi una mano tra i capelli. “Ma voglio realmente porre rimedio a tutto questo; non possiamo lasciare che tutto vada a rotoli, parliamo anche del tuo fottuto sogno Gerard”.
“Potevi non fuggire con la scusa della pausa dopo due anni di tour, potevi parlare a me della tua avversione nei confronti di Lynz, potevi fare tante cose, ma ti sei nascosto dietro a un matrimonio, a una famiglia e allo stress”.
L’assenza di Frank l’aveva quasi rincuorato alla riunione che si era tenuta qualche giorno prima, era stato come se fosse tornato a respirare, non sapeva bene come avrebbe reagito a ritrovarsi davanti il chitarrista, il suo migliore amico: la sua anima gemella. Le cose tra loro si erano come incrinate per poi rompersi in miliardi di frammenti diversi: cuore, anima e veleno. Aveva immaginato ogni sorta possibile di scenario: quello apocalittico con fuoco e fiamme, quello straziante di lacrime e confortanti abbracci, o quello che lo terrorizzava di più. L’indifferenza. Lo scoprire che di quello che erano stati non c’era più traccia.
“Vogliamo giocare al gioco delle colpe, o possiamo parlare come due adulti senza recriminare ogni singola cosa del passato?” sospirò lui stanco.
“Non sto recriminando, voglio solo capire cosa è successo, riuscire a comprendere il tuo odio nei miei confronti e di quello che facevamo” rispose Gerard con l’intenzione di non lasciare correre l’ennesima volta tutta quella matassa di dubbi e incertezze che teneva chiusa dentro di se da mesi.
“Non ti odio Gerard!” sbottò Frank spalancando le braccia esterrefatto. “Posso provare una miriade di sentimenti nei tuoi confronti ma di certo l’odio non rientra tra questi!” concluse esasperato.
“Allora attribuiamo un nominativo diverso alle emozioni”
“Non ci provare con me” lo interruppe subito “Non ci provare a farneticare le tue introspezioni psicologiche e le tue menate mentali” gli puntò il dito contro per poi scuoterlo con veemenza. “Io non sono uno di quelli che puoi imbambolare con lo sguardo malinconico e frasi strazianti, non mi prendere per il culo Gerard, sei tanto vittima quanto carnefice”
Ecco cosa si otteneva a combattere contro la propria immagine riflessa: la disgrazia di non poter sfruttare le tue armi migliori.
“Sono qui per guardarti negli occhi e chiederti scusa per il male che posso averti fatto”
“Credi che delle semplici scuse possano bastare?” domandò Gerard cercando di ricomporsi.
“Credi che delle semplici scuse possa tu fartele bastare? Perché quelle avrai”
“Cosa accadrà se dovessimo tornare insieme?” non seppe dire se il suo subconscio formulò quella frase o se semplicemente stava abbassando ogni schermaglia difensiva, permettendo finalmente di esprimersi liberamente.
“Che dovremmo realmente trovare una strada nuova” disse lui ignorando tranquillamente il possibile secondo fine di quella frase. “La Black Parade ci ha ingollato vivi e ci ha risputati a pezzi, io non voglio stare male per fare quello che amo” sospirò lui. “Suonare” aggiunse poi come per puntualizzare e definire una situazione ben precisa.
“Abbiamo perso la voglia di farlo solo perché ci andava” sospirò il rosso tratti stato.
“Non abbiamo mai visto le cose per come stavano: siamo una band, abbiamo dei contratti con obblighi e doveri, dovremmo iniziare a vederlo come un lavoro, la gente paga per vederci esibire e non per i drammi”
“La gente paga per lo spettacolo” lo redarguì lui.
“Dio santo, tu avresti fatto una bellissima coppia con Freddy Mercury sai?” sospirò esausto Frank. “Una band formata da voi due sarebbe stata il sogno di ogni fan”
“Faculo”
“No, fanculo a te Gerard, quando fai cosi mi verrebbe voglia di scuoterti fino a farti sputare sangue e vedere se sei ancora recuperabile o ti sei fottuto il cervello una volta per tutte” sospirò. “Sei la classica persona che pretende di avere tutto il regno ai suoi piedi! Quante cazzate hai fatto tu nella tua vita? A partire dalla merda che ti sei sparato e bevuto per anni, e al tuo matrimonio con quella là…” sospira. “Abbiamo sempre cercato di non farti mancare il nostro appoggio, ma Dio!!! È ora che prendi a camminare con le tue gambe e ad assumerti la responsabilità di quello che fai”.
“Sarà sempre cosi d’ora in poi?” domandò basito.
“In che senso?” sospirò stancamente Frank.
“Che ogni volta che dovremmo discutere di qualcosa inizieremo a saltarci alla gola?”
“No, quello dipende da te, se lascerai andare il passato lo farò anche io. Inizieremo da zero, entrambi” statuì addolcendo il tono il chitarrista.
“Allora ci proverò” scosse la testa poco convinto.
“Dobbiamo riuscirci se vogliamo tornare a esibirci su un palco insieme, credo che l’unica terapia che ci serva sia la musica, concentriamoci su quella” annui il ragazzo dando una pacca sulla spalla a Gerard, congedandosi poi con un ‘ci vediamo in studio’.
Way rimase a fissare la sagoma di Frank finché non sparì alla fine del vialetto, quando girò dietro l’angolo, e come era successo qualche anno prima, si ritrovò a provare la strana sensazione di essere stato manipolato con cura sopraffine dal ragazzo. E a differenza del loro primo incontro dove un sorriso beffardo, una parlantina sbarazzina lo avevano incantato; quella volta a lasciarlo basito era un Frank senza grilli per la testa, un Frank cresciuto che era giunto fin li in veste quasi ufficiale, parlando di lavoro e responsabilità. Non c’erano più sogni di tour rinchiusi in un bus scassato, o palcoscenici da domare, nelle sue parole non c’era più quell’ingenua follia che lo aveva fatto accampare davanti casa sua.
Lo stratagemma era stato lo stesso, ma semplicemente quella volta era servito solo a distrarlo e a illuderlo che qualcosa potesse tornare ad essere come prima.
Il tempo delle mele infondo era finito da un pezzo, non gli rimaneva che crescere.

*

Se vi state chiedendo il senso di questa cosa: non fatelo. Non c’è. Non so nemmeno io perché scritto questo flash, questo particolare attimo estratto da una visione nella mia testolina bacata.
Ringrazio Erisachan per la consulenza tempestiva e la chiacchierata di oggi che mi ha schiarito le idee *O*

   
 
Leggi le 3 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > My Chemical Romance / Vai alla pagina dell'autore: Miss V Blackmore