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Autore: Amalee    09/02/2011    2 recensioni
Da una parte c'è Atena, dall'altra c'è Elisa. Fanno entrambe parte della squadra delle Crisalide, la prima è caposquadra, la seconda nuova recluta. Atena sembra provare un profondo nervosismo in compagnia di Elisa, mentre invece infondo infondo le sta simpatica e la vede forte e perfetta.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Bagher.
«Assumete le posizioni dello schema AW. Senza perdere tempo!» Gridai girandomi verso le mie compagne sparse per il campo, con il volto rosso per la rabbia. Non possono rubarci la squadra. Non devono.
Elisa mi si avvicinò e mi poggiò una mano sulla spalla, lasciando dondolare delle ciocche dei suoi capelli corti legati nella coda alta. Mi voltai verso di lei e mi morsi appena le labbra, la rabbia stava attraversando ogni capillare, facendomi sentire il sangue pulsare sotto la pelle. «Atena, ti prego. Le ragazze sono stanche, è dalle quattro che lavorano.» Disse con un tono materno e mi accarezzò una ciocca biondo cenere, lentamente. Chiudi la bocca. Quella ragazza mi faceva arrossire e saltare i nervi contemporaneamente. La odiavo quanto mi piaceva.
Serrai le labbra e la osservai con attenzione: così bella e perfetta per la pallavolo. Era slanciata e aveva i capelli neri e lisci, gli occhi azzurri, i lineamenti dolci e non un filo di trucco, non ne aveva bisogno.
Completamente diversa da me.
Sono sempre stata poco alta,  dai capelli di un orribile biondo scuro, mossi, e gli occhi grigio nero. Ma soprattutto con il trucco nero sopra le palpebre, dal viso apparentemente violento e freddo. I miei genitori avevano proprio scelto un nome adatto per rappresentarmi.
Da quando è entrata nella mia squadra sono sempre stata ossessionata dalla paura che mi venisse strappato via il ruolo di capo. Era perfetta più di tutte noi messe insieme: Lena, Vanessa, Marina, Serena, Cristina e Atena. Poi Cristina scelse il tennis, lasciando la squadra più forte della regione senza un membro. Così arrivò e mi fece tremare dall'invidia sin dal primo momento. Elisa.
«Senti: non mi interessa. Li vedi, lì? Gli allenatori sono dalla parte opposta della rete pronti a farci esercitare per bene per domani. Quindi fai silenzio e mettiti in posizione di difensore.» Proprio qui, vicina a me. In questo giro sono alzatrice, ma anche nel prossimo mi starai accanto, maledizione.
Lei mi sorrise e annuì, poggiando le mani sulle ginocchia e sporgendosi in avanti, pronta vicino alla rete. Ti si vede il seno. Avrei tanto voluto dirglielo, per vedere un filo di rabbia sul suo volto, ma non lo feci. Non era vero e poteva pensare che lo stessi osservando con attenzione.
Marina indietreggiò per mettersi nella zona di battitura con la palla di cuoio tra le mani, infine batté su quest'ultima e la fece volare nel campo opposto al nostro, diviso dalla rete. L'allenatore riuscì a prendere la palla, facendola rimbalzare sulle proprie mani. La donna con la maglia rossa, attaccante, palleggiò in direzione dell'attaccante centrale, che velocemente la fece arrivare nel nostro campo. Serena si avvicinò a noi e gettandosi a terra riuscì a far ritornare la palla in aria, io la alzai e Elisa la prese velocemente, provvedendo a far punto. Strike?

* * * *

Eravamo sedute vicine, io e Elisa, e stavamo guardando gli allenatori che parlavano tra loro. Che sfizio. O forse non li stavamo guardando, bensì vedevamo la scena senza prestarle attenzione. Lei mi toccò la spalla per passarmi qualcosa, e quando mi girai aveva in mano una bottiglietta d'acqua fresca. Sì, acqua. Mi sorrise, e mi porse la bottiglia. Io scetticamente la presi in mano e senza rispondere al sorriso tolsi il tappo e portai questa alle labbra.
«Atena, quando giocheremo domani vinceremo sicuramente.» mi disse voltandosi nella mia direzione. La guardai solo con la coda dell'occhio, troppo occupata a sorseggiare.
«Loro sono solo un branco di cattive persone, non potranno vincere.»
«Ma potranno barare, quei bastardi. Pagare l'arbitro, fotterci la squadra. E le Nazionali le vivremo in sogno.»
Era tutto nato da una scommessa e da un paio di problemini di fondi. Cristina, l'intelligentona che preferì il tennis alla pallavolo, se ne andò portando con se il nuovo proprietario dell'intero club sportivo, suo padre, proprio quando le Crisalide, la nostra squadra, avevano vinto il primo premio delle Regionali. Così un ex del club a cui partecipava Cristina, Gerardo De Mechi, volle prendere il posto di testa, ma il padre non glielo lasciò fare senza problemi, infatti pretese che la squadra andasse distrutta, pur di non lasciarla nelle mani di Gerardo, con cui era in competizione. Ma lui era ben intenzionato, pronto per le Nazionali.
Decisero di scommettersi la squadra: se avesse vinto De Mechi, le ragazze di Crisalide sarebbero arrivate alle Nazionali, al contrario, se avesse vinto il padre di Cristina... Beh, le Crisalide sarebbero ritornate Bruchi, e non si sarebbero mutate in Farfalle. Tutto in una partita contro la squadra di pallavolo del nuovo club di Cristina.
«Non potranno farlo.»
«Ah, tu dici?» La guardai con noia. Certo che avrebbero barato!
«Già.» Abbassò lo sguardo verso il proprio iPod, scegliendo una canzone. La vidi smanettare sull'apparecchio, cercava qualcosa di particolare, dato che non si fermava un attimo con le sue dita. Riuscì a trovare quello che voleva e mi mise la cuffia nell'orecchio destro, mentre lei fece lo stesso.
Riconobbi la canzone in un attimo, dalle prime note. E canticchiai nella mia mente tutte le parole che ricordavo.

Now dance, fucker, dance
Man, he never had a chance
And no one even knew
It was really only you

With a thousand lies
And a good disguise
Hit ‘em right between the eyes
When you walk away
Nothing more to say
See the lightning in your eyes
See ‘em running for their lives

Sorrisi e lei notò l'espressione che avevo appena assunto. Abbozzò un sorriso anche lei e mi guardò negli occhi.
«La conosci?»
«Sì, è fantastica.» La osservai con la coda dell'occhio, ritirando le labbra in un'espressione seria.
Elisa. Ho sempre sentito questo nome come quello di una persona debole, e non mi è mai piaciuto. Ma tu non sei debole, e se solo non avessi queste catene d'orgoglio ti rivelerei che mi piaci. Sei una buona persona.
Sei forte.

* * * *

Meno due minuti allo scontro. I nostri allenatori avevano già preparato la rete, e ora ci stavano dettando alcuni consigli.
Le Crisalide scesero in campo guidate da me, mi stavano dietro e camminavano facendo attenzione alle persone nel pubblico. Forse erano più interessate a far bella figura che a vincere. Lena notò il suo ragazzo, e lo salutò con una mano. La fulminai con lo sguardo.
«Siamo pronte?» Gridai verso di loro, come in un urlo di guerra.
«Sì!» Risposero all'unisono.
Bene.
Qualcuno mi diede un bacio sulla guancia, e io mi girai verso quest'ultimo. «Vai in posizione, Elisa!» Le dissi sgranando gli occhi.
«Che gran modo per augurarmi buona fortuna, cara.» Rise dolcemente e io arrossii in una maniera più che vistosa. Che bella ragazza.
«Ti sbatto fuori se non ti metti in posizione.» Mi sorrise e annuì. Che gran bella ragazza.
Le Cincillà arrivarono in campo, tutte minute e senza muscoli. Che possibilità hanno di vincere? Tante, con l'arbitro che bara.
Dando il meglio di noi stesse le sfidammo, iniziammo a giocare avendo il campo e loro la palla.
Ci guardavano tutte con un sorriso malizioso, tanto che erano sicure di vincere con le sole proprie forze. Ma noi ci eravamo allenate in un mese, eravamo pronte, forti. "Atena, quando giocheremo domani vinceremo sicuramente". Le sorrisi ma non mi vide.

Quinto set, la resa dei conti.
Quasi alla fine della partita, tutte sudate noi Crisalide eravamo in netta maggioranza, ma potevano sempre recuperare. Noi eravamo a 20, loro a 12. Avevamo vinto due set a testa, e ora ci toccava la finale.
Marina si diede una spinta sulle gambe per saltare in aria e dirigere la palla nel campo avversario con una schiacciata.
21 per noi.
L'attaccante centrale della squadra avversaria mi si avvicinò appena, senza sfiorare la rete e mi guardò in cagnesco. Voleva forse ammazzarmi con quello sguardo? Non ci sarebbe mai riuscita, ero troppo concentrata a guardare la palla in cuoio per interessarmi della sua espressione, finchè proprio tra le sue mani apparve la palla, la guardai in faccia e la notai. La partita continuava e mi sorrise con tutti i denti, inarcando le sopracciglia. Sembrava quasi matta.
La palla mi sfiorò la spalla.
13 per le Cincillà.
Rimasi ferma lasciando che la palla mi arrivasse quasi in faccia, quella tipa mi aveva fregata. E continuarono a fregarmi, dato che recuperarono nel giro di una decina di minuti.
15... 18... 20 ... 22 a 21 per le Cincillà.
L'allenatore chiese la pausa e mi si avvicinò «Qual è il problema, Atena? Cos'hai?»
«Scusate, mi sono sentita spaesata. Prometto di concentrarmi di più.» Risposi con un filo di voce.
«Il mio bacio ti ha stordita.» Disse Elisa, ridendo e portando la mano alle labbra, aggraziata.
«Andate in campo e lottate!» L'allenatore ci spinse per la schiena e ci fece ritornare in campo. Eravamo pronte, ma forse io meno delle altre.
23 a 23. Pareggio.
Grazie a Vanessa e Serena prendemmo un altro punto, ottimo lavoro di squadra. Io imparai a non curarmi delle espressioni malefiche-psicopatiche delle avversarie e mi concentrai sul mio corpo, sulla mia squadra, sulla situazione in cui ci trovavamo. Girammo nel campo per raggiungere ognuna delle nuove postazioni. Io attaccante, e anche battitore, Serena attaccante e Elisa attaccante centrale, come difensori Vanessa e Lena, infine Marina in posizione di alzatrice.
Battei la mano sul fondo della palla e volò nell'altro campo, ma dopo poco la rimandarono nel nostro. Arrivò nel punto più impensabile, proprio dove nessuno era pronto a prenderla. Elisa avanzò per più di tre metri e si lanciò verso la palla, prendendola con un bagher. Marina alzò la palla e Lena la buttò nell'altro campo, nel quale nessuno riuscì a riceverla.
Punto per le Crisalide. Abbiamo vinto!
Non riuscii neanche a pensarlo che già qualcosa iniziò ad andare storto.
«Stop! Invasione da parte delle Crisalide!» Gridò l'arbitro.
No! Non è vero! Non si è neanche avvicinata alla rete nel raggio di un metro, Elisa! Ecco, vuole toglierci il momento di gloria.
Il pubblico rimase basito, le persone si guardavano tra loro, erano pronte ad applaudire. Eppure la spiacente notizia paralizzò loro gli arti, e un mormorio sempre più forte invase il campo. Notai il fidanzato di Lena spalancare gli occhi, non riusciva a spiccicare neanche una parola. Ma, come un angelo custode sceso dal cielo, un uomo si alzò. Alzai il volto per guardarlo bene. In smoking, alto e dai capelli brizzolati.
Io l'ho già visto.
Era Marcello Revetti, il vero proprietario del nostro club. Il padre di Cristina lo comprò, ma lui era il fondatore della nostra squadra, del nostro intero gruppo.
«Mi dispiace annunciarle, arbitro, che non c'è stato nessun tipo di invasione.»
L'arbitro si girò verso di questi e iniziò a borbottare qualcosa di indecifrabile. Revetti lo prese per il braccio e lo portò davanti ad un televisore: aveva registrato tutta la partita. Passarono diversi minuti, nei quali tutti fecero silenzio, non si sentì una parola.
L'arbitro ritornò sul campo e il fondatore ci sorrise, risalendo sugli spalti.
«La vittoria è delle Crisalide!» annunciò l'arbitro, con voce annoiata.
La nostra squadra iniziò ad urlare per la felicità, ci abbracciammo tutte, sorridendo. La gioia ci attraversò il cuore, che ci batteva forte, eravamo sincronizzate in quei battiti sempre più veloci.
Elisa mi abbracciò da dietro e gridò «Lunga vita alle Crisalide! Voleremo verso le Nazionali!»
Io mi girai e le sorrisi, questa volta mi notò. Era letteralmente scioccata per la mia espressione beata, la prima volta che me la vedeva stampata sul volto.
«Grazie, Elisa, ci hai salvate.»
«Grazie a te, Atena.» Disse e mi accarezzò la lunga coda di capelli, alzati sul capo. Arrossii.
La odio. La adoro.




NdA: In questa storia ci ho messo il mio affetto, quindi se vi ha fatto schifo... Beh, vergogna, mi avete ferita! No scherzo X°
Ad ogni modo questa oneshot la dedico a Nacchan perché le voglio bene. (Buon compleanno prossimo!)
Mi ricorda molto Elisa. E Atena, indovina indovina, mi ricorda me.
Anche se breve questa storia creda possa far intendere quanto orgoglio ha Atena dentro, tanto da non riuscire a dire ad Elisa che le sta molto simpatica. Ed Elisa non se ne fa un problema, perché ha già capito che tra le due non può esserci che una buona amicizia... (<-- o almeno io volevo far intendere questo o_o poi forse avete voi visto Atena come una stupida asociale e senza sentimenti e basta, o boh, avete immaginato Elisa come la fata turchina oppure una missionaria mandata dal cielo senza le ali, non posso saperlo, ma io la vedo così.) A pensarci mi viene da sorridere!
Spero comunque sia piaciuta.Voglio recensioni, voglio sapere che ne pensate (:
PS: E' la mia prima fanfiction originale e anche prima oneshot... Devo imparare molto e non me ne vergogno ^^ La canzone è "You gonna go far, kid" di "The Offspring"
  
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