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Autore: Luli87    10/02/2011    13 recensioni
Dopo "Un'operazione sotto copertura", ecco un nuovo caso per Beckett e Castle. Spero di non deludere nessun lettore/lettrice, anche questa volta mi baserò molto sullo stile del telefilm: poco miele, il giusto. Un assassino, omicidi e suspance. Buona lettura!
Genere: Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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1. UN NUOVO CASO

La bambina lo vede. È alto, dall’aspetto simpatico, e le sta offrendo  la sua mano. La sta invitando ad uscire dal negozio.  Senza pensarci, eccola che si allontana dalla mamma, intenta a pagare il conto della spesa, ed esce dal negozio. La bimba guarda quegli occhi così grandi e simpatici: non può fare a meno di sorridegli.
 La mano grande è lì davanti a lei, così, attratta da una forza irresistibile, ecco che gli porge la sua.
 
Kate Beckett era sdraiata sul divano a casa del padre. Rilassata, serena.
 Le feste natalizie erano passate e nessun caso le era stato affidato.
Il capitano Montgomery era stato di parola: dopo la pericolosa esperienza con quei bastardi russi, finita fortunatamente bene, con l’arresto di Golovanov e l’uccisione di Sergei,  il capitano le aveva ordinato di prendersi due settimane di ferie.
E così era stato.
Beckett era una ragazza forte, lo è sempre stata, ma quella brutta operazione sotto copertura le aveva fatto venir voglia di staccare la spina da tutto e da tutti. Aveva salutato Lanie, i suoi colleghi e Castle, per trasferirsi a casa del padre per tutta la durata delle vacanze.
Kate era talmente immersa nella lettura che non si accorse dell’ingresso del padre in soggiorno, sveglio da pochi minuti.
“Papà! Scusami, questo libro mi ha completamente catturata, non ti ho sentito entrare.”
“E di che cosa, mi fa piacere averti qui con me, vederti al sicuro e così rilassata per me è solo una gioia” le rispose, sedendosi sul divano accanto a lei. “Ti va una bella tazza di the?” aggiunse.
“Certo, lo preparo io!” disse Kate, alzandosi. Ma non fece in tempo a raggiungere la cucina che squillò il cellulare. Jim guardò l’orologio: “Kate, questo scrittore sei sicura sia solo un collega? Ti chiama ogni giorno alla stessa ora!”
Era proprio così. Per tutta la durata delle vacanze, Castle chiamava sempre la sua musa, ogni giorno, alle 9.00 del mattino. Dormire? Non se ne parlava proprio. Kate lanciò un sorriso felice al padre e corse a rispondere a quel dolce suono.
“Beckett!” rispose, senza nemmeno guardare il display, giocando con una ciocca di capelli, sorridendo tra sé.
“Beckett, Montgomery. Spero tu abbia passato delle vacanze tranquille. Qui abbiamo bisogno di te. Te la senti di riprendere servizio oggi stesso?”
“Signore… Sì, certo, arrivo subito, dove?”
“Tra la 106th e la 108th, alla pista di pattinaggio Lasker Rink and Pool, la conosci?”
“Signore, a Central Park?”
“Sì Beckett.”
“Cos’abbiamo, Signore?”
“Raggiungimi il prima possibile Kate, ho bisogno della mia migliore detective.”
Il capitano chiuse così la conversazione. Non era un buon segno: non aveva risposto alla domanda.
Chi era la vittima?
“Katie, qualche problema?” chiese Jim, preoccupato nel vedere lo sguardo serio della figlia.
“Papà, non era Castle. Il capitano richiede la mia presenza. C’è stato un omicidio.”
“Nel tuo lavoro ce ne sono sempre.”
Jim prese una tazza da the dalla mensola e la appoggiò sul tavolo. Kate gli si avvicinò, posò una mano sulla sua e lo guardò negli occhi. “Papà, non preoccuparti, andrà tutto bene, come sempre.”
“Katie, lo sai che mi preoccupo. Poi visto com’è andata la tua ultima impresa… Non so se ti ricordi come eri conciata quando sei venuta a stare qui a Natale.” E le sfiorò il viso, fermando le dita sulla guancia, proprio lì dove era stata ferita. E il dolore, la rabbia verso quegli uomini, quei bastardi, la invase nuovamente. Ma mantenne il controllo, tirò un profondo respiro e sorrise davanti a quell’uomo, quel padre, così protettivo nei confronti della sua unica figlia.
“Per fortuna si è risolto tutto  per il meglio. Papà, devo andare a catturare un assassino. Prometto che ti chiamo, come sempre ok? Grazie per questi giorni, è sempre un piacere tornare a casa e stare un po’ con te.” E dopo un affettuoso abbraccio padre-figlia, si preparò per tornare al lavoro.
 
Durante il tragitto in auto verso Central Park, suonò il cellulare.
“Beckett!”
“Ehi, sono Castle! Come stai oggi? Hai letto l’ultimo libro che ti ho consigliato?”
“Castle, sono in auto diretta a Central Park, che dici, vuoi tornare a seguirmi nei miei casi o hai altri impegni?”
“Central Park? Arrivo! Dove esattamente? Sai, non so se hai presente ma quel pezzo di terra è più grande del tuo appartamento.”
“Alla pista di pattinaggio Lasker Rink and Pool, hai presente?”
“Sì, Alexis adora quella pista, quando era bambina ci andavamo sempre. Ci vediamo lì?”
“Sicuro! A dopo!”
 
Nonostante il traffico caratteristico di New York, la detective raggiunse Central Park in poco tempo.
Mentre camminava a passo sostenuto verso la pista di pattinaggio, Kate cercò di liberare la mente da ogni pensiero. Era il suo primo caso dopo quella brutta esperienza. Ricordava ancora la cattiveria di Sergei, sentiva ancora un formicolio nello stomaco per lo schifo a cui aveva dovuto assistere. 
Dopo pochi minuti, eccola, la pista di pattinaggio Lasker Rink and Pool.
Il capitano la vide e le andò incontro.
 Kate intravide Lanie china a terra, intenta ad osservare un corpo, il corpo.
Un attimo, ma quel corpo è di…
“Una bambina? Signore?”
“Beckett, è un brutto spettacolo. La vittima non ha nemmeno 5 anni.”
Kate deglutì. Aveva visto tanti cadaveri, aveva partecipato a tante operazioni, ma raramente le capitava di avere a che fare con omicidi di bambini. Erano i più difficili, non da risolvere, perché il movente di un omicidio spesso si ripeteva: soldi, gelosia, rapina, vendetta. Erano i più difficili, ma da sopportare. Vedere un corpicino senza vita così indifeso, così piccolo, così innocente, era… dannatamente difficile da sostenere, inaccettabile. Kate chiuse gli occhi per pochi istanti, scosse la testa. Le servirono alcuni momenti per prepararsi psicologicamente.
Il capitano le posò una mano sulla spalla: “Ho bisogno di te per questo caso.”
“Sì capitano. Andiamo.”

La bambina giaceva proprio al centro della pista, appoggiata sul ghiaccio. Aveva ancora i vestiti addosso, mancavano soltanto le scarpe. Sembrava dormisse. Gli occhi chiusi, il volto sereno, le mani appoggiate al ventre. Kate indossò i guanti. Si avvicinò alla piccola, dove Lanie stava già studiando la situazione.
L’amica la salutò: “Brutto caso per riprendere a lavorare, eh Kate?”
“Puoi dirlo forte. Cos’è successo a questo piccolo angelo?”
“Strangolamento.” L’anatomopatologa spostò il collo del maglione della bambina per mostrare alla detective i segni sulla pelle. “Sembra che l’arma del delitto sia una corda, anche abbastanza spessa. Dopo le analisi avrai tutti i dettagli. Mi servono almeno due ore di tempo.”
Il capitano spiegò che il cadavere era stato trovato due ore prima, da un operaio. La pista era momentaneamente chiusa al pubblico per ristrutturazione. I lavori in corso limitavano gli accessi alla pista e purtroppo, proprio a causa dei lavori, le videocamere di sorveglianza dell’edificio non funzionavano. Perciò non avevano indizi. Nessuno aveva visto niente di sospetto, non c’erano testimoni. C’era solo un cadavere. Inoltre, il ghiaccio della pista non aveva rivelato impronte di nessun tipo.
  
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