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Autore: eagle_chan    03/01/2006    5 recensioni
Harry Potter ha stretto un patto con se stesso alla fine del quinto anno, quando venne a conoscenza della profezia, promettendo che, se avesse sconfitto Voldemort, sarebbe diventato ciò che voleva. Draco Malfoy, al settimo anno, ha l'unico scopo di completare la sua vendetta perchè non ha più la persona che ama. Non sembra, ma in realtà entrambi vogliono esattamente la stessa cosa. Molto romantica e un po' particolare.
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Draco Malfoy, Harry Potter | Coppie: Draco/Harry
Note: What if? (E se ...) | Avvertimenti: nessuno
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Impara a perdere Potter

Dedicato a M. e B.D., mie due e.mail friends. La prima mi ha insegnato che per esprimere i sentimenti non c’è bisogno di frasi articolate, preparate in anticipo o ad effetto… E’ la semplicità e l’efficacia che scaturisce da essa a scaldare il cuore. La seconda mi ha insegnato che, per quanto debole io sia ai colpi delle persone, c’è sempre qualcuno a casa che mi aspetta. Mi sono aggrappata a lei, e spero che lei lo faccia con me. Magari non diventerò forte, ma leggere i suoi messaggi affievolisce il pregiudizio che ho verso molte persone, ma soprattutto mi fa sentire bene. Grazie, grazie davvero.    

 

What if…: Silente, alla fine del quinto anno ad Hogwars, rivelò ad Harry la profezia della Cooman. Nessuno però è a conoscenza di ciò che in ragazzo abbia fatto o pensato dopo quel momento. Io l’ho immaginato. E se Harry Potter, alla fine del quinto anno, avesse stretto un patto con se stesso, per motivi a noi sconosciuti? Quali sarebbero state le conseguenze di ciò? Cosa sarebbe cambiato nell’immediato e nel futuro?

 

Impara a perdere, Potter!

 

Quello che per Harry Potter sarebbe dovuto essere l’ ultimo anno ad Hogwarts, divenne per l’intero Mondo Magico l’anno di Harry Potter.  Era stato l’eterno “bambino sopravvissuto” fino ai suoi diciassette anni ma quell’estate, finalmente, aveva detto addio all’odiosa etichetta che gli era stata affibbiata fin dalla nascita diventando per tutti coloro che praticavano la stregoneria il Salvatore del Mondo Magico.

Cosa aveva provocato tutto questo cambiamento?

Facile, ci sarete arrivati già tutti. Harry Potter aveva sconfitto Voldemort, e stavolta per sempre, eliminando dalla faccia della Terra colui che per tanti anni aveva seminato morte e distruzione in nome della razza purosangue. L’aveva fatto, lui, Harry Potter, solo lui e nessun altro. Non c’erano altre persone degne di prendersi parte di quel merito, era stato lui l’unico artefice dell’evento più atteso da tutti i maghi e le streghe, mezzosangue e non.

“Finalmente l’era più buia della Magia è finita ed è giunto il momento di riformare la nostra comunità nel miglior modo possibile. Adesso possiamo farlo… Non c’è più bisogno di sognare una vita migliore, perché potete viverla nella realtà. Ci saranno dei cambiamenti, alcuni impercettibili, altri radicali, ma creeremo una società perfetta, basata sull’uguaglianza e sulla giustizia. Insieme possiamo farlo!”

Queste erano state le parole di Caramell, qualche settimana prima delle nuove elezioni ministeriali.

Ed aveva perso, schiacciato da un nuovo candidato che aveva fatto esattamente le stesse promesse ma che, a differenza dell’ex Ministro della Magia, poteva contare sulla fiducia del popolo,non avendolo deluso una volta dopo l’altra mettendone a rischio l’incolumità.

Il nuovo Capo Supremo del Ministero si era subito dato da fare e i cambiamenti si iniziavano a notare, e tanto. Prima o poi quella tremenda parentesi della Storia della Magia sarebbe stata dimenticata e le nuove stirpi di Maghi non si sarebbero più differenziate in base alla purezza del sangue…

Coloro che avevano vissuto quegli anni sapevano che ne avrebbero mantenuto per sempre le cicatrici e che il ricordo non sarebbe mai sbiadito nella loro memoria; contavano però che la felicità data dall’aver messo la parola fine ad un lungo periodo della loro vita riuscisse a cicatrizzare i tagli, a cancellare i lividi e a riportare un sorriso sulle loro labbra. Sapevano di potercela fare: una gioia così grande e così sentita avrebbe guarito  da qualunque dolore e sofferenza.

Era ora di cambiare, per tutti, e in meglio.

Ma non sempre tutto va come si vorrebbe… Esistono cambiamenti interni, determinati dalla complessità della psiche umana, che nessuno può controllare. Però ci sono, e possono fare molto male se non ci si rende conto in tempo della nuova strada che, senza volere, abbiamo iniziato a percorrere.

Vi narrerò di una persona che si è vista troppo velocemente sparire dalla schiena tutti i fardelli che aveva trascinato con se fin dalla sua nascita, e di tutti gli effetti negativi che ciò ha comportato.

Come è possibile? E’ questa la domanda che vi ponete?

Beh, questa persona per anni aveva sognato di scrollarsi di dosso tutti quei pesi, desiderando di poter finalmente essere libero ed attribuendo ogni sconfitta ed ogni rammarico a ciò che portava sulle spalle.

Ma le nostre paure, le nostre incertezze, il dolore, la rabbia e la tristezza fanno parte di noi e spesso quelle che ci sembrano debolezze ci danno in realtà una grande forza.

E’ quello che si chiama istinto di sopravvivenza… Ciò che rende forte un uomo non è l’azione in se stessa ma lo sforzo che si fa per compierla con i fardelli che fanno perdere l’equilibrio e cadere più e più volte. Se quando si va avanti non si incontrano ostacoli non si cresce e, strano a dirlo ma è vero, non si vive.

Questa persona in un solo momento ha perso tutte le incertezze e i dubbi e ha lasciato che i desideri espressi nei momenti di rabbia verso le sue debolezze e costrizioni si facessero spazio nel suo nuovo modo di vivere. Ed è stato felice, dannatamente felice, credendo di fare la cosa giusta finché qualcuno, l’unico fra tanti che aveva capito il cambiamento, non gli ha aperto gli occhi. Ma non vi dirò già adesso se ci sarà un lieto fine o no… Non posso farlo. Ricordate solo una cosa: senza le nostre debolezze, che ci appesantiscono e ci rallentano il passo, non andremo più veloci. Così dicono le leggi sul movimento ma la realtà non è questa: se perdiamo parte di noi siamo destinati solo a camminare all’indietro, rimettendoci anche il vantaggio accumulato con anni di sforzi. Ma non ce ne accorgiamo e ci sentiamo felici di non trovare più alcun ostacolo, ignari del fatto che se ciò accade è solo perché stiamo ripercorrendo strade con difficoltà già annullate. E se, per un caso fortuito, ci rendessimo conto di tutto… Beh, difficile dire se si tratta di fortuna o sfortuna. C’è chi ce la fa e si rimette in piedi procedendo a passo di corsa per recuperare e chi, vedendosi ripiombare addosso tutti i fardelli ulteriormente appesantiti, si ritrova immobile, incapace di muoversi. Non potrà correre verso il lontano traguardo, perché non ne avrà la forza e, anche se decidesse di continuare a camminare all’indietro, non sarà mai più felice. Quest’ultimo caso, colui che resta immobile, è sfortunatamente il più riscontrato.

Nient’altro da dire se non buona lettura.

Ops, devo rivelarvi il nome del protagonista… Ma sicuramente anche qui avrete già fatto centro. Potete leggerlo nelle prime righe se non vi ricordate come si chiama, anche se non credo che qualcuno di voi non conosca a memoria vita, morte e miracoli di Harry Potter, il Mago più amato da tutti.

Che la fanfic abbia inizio…

 

Fin dalla preistoria, a scopo difensivo e per procacciare il cibo, l’uomo è vissuto in piccoli gruppi di suoi simili e sembra essersi trovato abbastanza bene visto che, a distanza di millenni, l’organizzazione sociale è maturata sempre in questa direzione. Tralasciando i vari passaggi temporali è possibile affermare che oggi, neanche più tanto alle soglie del terzo millennio, ogni individuo appena raggiunta l’età necessaria viene “inglobato” dal sistema ed inizia ad agire, e a vivere, secondo le regole proprie della società che, nel tempo, è maturata e si è sviluppata seguendo sempre nuovi criteri.

L’essere incastrato in un sistema, in un insieme di leggi comprendenti diritti, doveri e responsabilità, è una realtà immutabile, una verità da cui non è possibile scappare semplicemente perché non esiste un piano B: evadere può solo significare essere etichettato del sistema in maniera diversa, con  tutte le difficoltà che ciò comporta. Non esiste la possibilità di creare un gruppo di persone che, a differenza delle altre, “restano fuori” dalla società, ma all’interno di quest’ultima è possibile, e anzi è dannatamente comune, fare una differenza tra i “giusti” e gli “sbagliati” e, chissà come mai, i primi sono sempre più numerosi dei secondi e i due gruppi, separati per ideologie e stereotipie più o meno false, non vanno mai d’accordo.

Essere diverso, quindi, è sinonimo di molte privazioni e, chi lo è, è spesso “fuori” da molte cose, ma mai da ciò che vuole, infatti resta sempre parte della società. Quindi la maggioranza decide di chiudere gli occhi e di abbassare la testa aderendo alle leggi della “Legge”; da quel momento la loro vita viene schematizzata, ridotta ad azioni che si ripetono giorno per giorno, sempre uguali, fino al punto in cui si inizia a fare le cose senza neanche più rendersene conto. La vita diventa quindi una routine sempre uguale, le giornate vengono scandite dallo svolgersi delle stesse azioni che diventano, dopo poco, punto di riferimento dello scorrere del tempo. Questa è la monotonia, l’unica sensazione al mondo che tutti gli uomini provano per la quasi totalità della loro vita e che, scherzo del destino, è tanto frequente da essere etichettata anch’essa come un pensiero abituale fino al punto che la gente smette di rifletterci e non vi fa più caso.

Discorso noioso, direte… Magari vero, ma altamente distante da ciò che vi aspettavate da una yaoi HarryxDraco, ma ci sto arrivando…

Perfino alla scuola di Magia e Stregoneria di Howgarts, che agli occhi dei Babbani è il luogo più insolito del Mondo, nel tran tran di lezioni, compiti a casa, gite in biblioteca e weekend prestabiliti, regna la monotonia.

Quando accade qualcosa di diverso, di speciale, ciò diventa linfa vitale per ognuno e così, all’inizio dell’anno, tutti avevano accolto Harry Potter, il Salvatore del Mondo Magico, con tutti gli onori.

Non c’era stata nessuna sorpresa nel trovarsi di fronte un ragazzo più sicuro di sé, più impavido, decisamente meno modesto e conscio del fatto che tutti pendevano dalle sue labbra: Harry Potter era diventato il Golden Boy e stava godendo di tutto ciò che la sua nuova fama poteva dargli. Mano a mano queste nuove “qualità” si erano radicate nel suo animo e il ricordo del vecchio “bambino sopravvissuto” aveva iniziato a dissolversi nella mente di coloro che lo avevano conosciuto. Adesso c’era un’altra persona, un nuovo Harry Potter, che in pochi mesi era diventato il “Re di Hogwarts”. Le cose sarebbero potute andare diversamente se la gente si fosse resa conto di queste trasformazioni, ma ciò non era avvenuto. Potter era cambiato gradualmente, facendosi largo nello spazio precedentemente occupato dalla sua vecchia versione  poco a poco, centimetro dopo centimetro. La monotonia aveva poi fatto il resto, secondo lo stesso criterio per cui, in una famiglia, i genitori non si accorgono quasi mai della crescita dei figli (compleanni a parte), in quanto vivere a stretto contatto tutti i giorni rende impossibile la percezione dei cambiamenti a lungo termine. Bisognava anche aggiungere che, in fondo, tutti avrebbero fatto lo stesso. Il potere inebria e, insita in noi, c’è sempre una piccola parte pronta ad essere stregata dal suo fascino.

Per Harry, però, le cose non erano andate esattamente così…

 

Stavamo parlando di monotonia, quella a cui Potter sembra costantemente voler sfuggire, costringendomi infatti a rinnegare la frase standard “E un nuovo giorno attendeva i giovani studenti della Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts, che ancora riposavano nei dormitori delle loro Case” e a ripiegare su un “Alla Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts, la mattina del 7 maggio, tutti riposavano ancora, ignari di ciò che avrebbe riservato loro quella giornata, ma qualcuno, già con gli occhi aperti a fissare un punto indefinito del soffitto, aveva iniziato a vivere e, in quel momento, era intento a decidere a tavolino con se stesso cosa quel giorno gli avrebbe dato”. Wow, suona bene!! Continuiamo…

Erano circa tre giorni che non vedeva “Lui”, per un motivo o per un altro, e stava iniziando ad annoiarsi.

Sorrise, per poi poco dopo iniziare a ridacchiare quasi istericamente al suono che quelle parole avevano nella sua mente. “Lui” ormai era diventato il suo passatempo preferito… Per anni il loro rapporto non era stato esattamente all’insegna della gioia e del colore: si erano picchiati, insultati, lanciati contro maledizioni sempre più elaborate, fronteggiati nelle partite di Quidditch e, ogni giorno, per lunghi anni, avevano passato almeno metà del loro tempo libero ad escogitare trucchi e trabocchetti ai danni dell’altro… Si erano odiati, insomma. Il loro era stato un bell’odio, se è possibile definirlo così…di quelli profondi, che scavano fino in fondo alla ricerca di rabbia con cui alimentarsi, arrivando a lasciare la cicatrice. Da lì, poi, la strada era stata breve: “Lui” era diventato l’ossessione di Harry, ed Harry quella di “Lui”. Non potevano sapere però, ragazzi così giovani alle prese con sentimenti tanto più grandi di loro, a cosa andassero incontro.

Harry Potter ci era cascato in pieno: non sapeva con esattezza quando, forse durante una rissa o in sella alle scope mentre cercavano di prendere il Boccino, ma Il Bambino Sopravvissuto, a stretta vicinanza con “Lui”, aveva scorto, decisamente solo per caso, il luogo in cui il suo nemico attingeva la rabbia da scagliargli poi contro: il cuore.

L’odio aveva scavato in profondità e, senza volere, aveva rivelato un tesoro: il vero “Lui”, la persona che “Lui” era oltre l’acerrimo rivale. Ci aveva messo poco Harry a rendersi conto che, senza difficoltà alcuna, poteva guardare “dentro” la sua nemesi; l’ossessione che avevano l’uno per l’altro, infantile ma radicata al suolo come il Platano Picchiatore più antico, li aveva legati così profondamente da renderli un libro aperto per il loro nemico, non più un mistero ma semplicemente un testo, ignoto ad altri, che loro sapevano interpretare. O almeno ciò era successo ad Harry.

Gli piaceva spiare il vero “Lui” attraverso il nemico, poteva percepirne le sensazioni, gli stati d’animo, e riusciva a comprendere il linguaggio del silenzio di quella strana presenza, quell’ombra di cui poteva sentire perfino il battito del cuore e il rumore del respiro.

E così si era innamorato, senza volerlo e senza rendersene conto, di “Lui”, che ormai era solo per una facciata l’acerrimo nemico, ma per il resto una persona, con un nome che riusciva a pronunciare senza più sensazioni di repulsione e dei sentimenti che percepiva come se fossero suoi.

Harry Potter amava Draco Malfoy e, sconfitto Voldemort e all’ultimo anno ad Hogwarts, aveva intenzione di conquistarlo.

L’intenzione però, come aveva scoperto a sue spese, non sempre basta: Harry sapeva che mancava qualcosa, ma non sapeva esattamente cosa. A distanza di mesi dal primo tentativo, conclusosi disastrosamente, e seguito da molti altri tutti altrettanto fallimentari, si era affacciata nella sua mente l’idea che forse ciò che mancava al raggiungimento del suo obiettivo era un interesse, anche solo minimo, da parte dell’altro. Si perché, quell’anno, Draco Malfoy aveva definitivamente smesso di essere la Nemesi di Harry,ma con questa anche una qualsiasi altra presenza. Lo evitava, cambiava strada quando lo incontrava, non rispondeva agli insulti se non con un’occhiata raggelante che lo trapassava da parte a parte. In definitiva sembrava che lo avesse cancellato dalla sua vita, o almeno che volesse farlo a tutti i costi. Dentro di lui Harry però sapeva che ciò non era possibile, anche Draco doveva essere caduto nel trabocchetto del destino o si sarebbero persi molto prima quindi, nonostante le avversità, non aveva neanche un secondo pensato ad abbandonare il suo piano e, come ai bei vecchi tempi, non aveva perso tempo ad iniziare ad elaborare piani sempre più elaborati contro l’altro. Ciò almeno fino ad ora…

La situazione infatti non era cambiata e, quella mattina del 7 maggio, Harry Potter decise che non poteva andare più così. Avrebbe tentato un’ultima volta, messo tutte le carte in tavola e poi stop. Draco non sarebbe scappato né lo avrebbe liquidato con due parole dette a caso o con quel gelido sguardo, uso a riservargli in ogni occasione, che sembrava voler dire “E tu chi diamine sei?”. Gli avrebbe dato l’opportunità di scegliere e lui avrebbe accettato il verdetto emesso dal biondo, qualunque esso fosse. Aveva battuto Voldemort e salvato l’intero Mondo Magico, non poteva ridicolizzarsi per colpa di un ragazzo qualunque, Draco Malfoy per giunta.

Sospirò, e la risata che seguì fu, diversamente dalle altre, amara. Se non fosse stato per quel ragazzo qualunque, lui non avrebbe sconfitto Voldemort… E adesso non ci sarebbe stata nessuna promessa da mantenere. Ma non c’era tempo per pensarci in quel momento, la giornata stava per  sbocciare anche per gli altri, e il Mondo aveva bisogno di sapere che Harry Potter esisteva.

 

Sarebbe stato dannatamente tutto più facile se si fosse dato più tempo, ma aveva comunicato a se stesso che entro quel giorno sarebbe successo qualcosa e non aveva la benché minima intenzione di dover rendere conto alla sua persona di un mancato eseguimento di un ordine. Lui si fidava di se stesso, sicuramente era la persona più autorevole che avesse mai incontrato.

Correre con le scarpe slacciate non era propriamente il massimo, contando che era praticamente costretto a strusciare un piede a terra per evitare di perdere una delle sneakers. Non avendo né il tempo né la voglia di allacciare i lacci sporchi di fango e chissà cos’altro si rassegnò a camminare come uno zoppo che tenta di fuggire, mentre malediceva lo scorrere troppo veloce del tempo e si chiedeva se aveva fatto tardi.

Trovò la Sala d’Ingresso quasi vuota, ad eccezione di qualche Corvonero che, in vista della partita di Quiddich del weekend, probabilmente aveva pensato di allenarsi un po’ prima delle lezioni. La sala Grande era ancora chiusa, segno inequivocabile che era arrivato in orario e che avrebbe potuto risparmiarsi quella corsa infernale per le scalinate della Scuola. Buttò un occhio all’orologio e decise di aspettare nell’angolo opposto alla porta, quello dietro alla scalinata “incriminata”. Avrebbe sorpreso il nemico alle spalle…

La sua mente gli ripropose un’immagine del quarto anno, quando il caro Malocchio Moody aveva trasformato in furetto Malfoy e lo aveva fatto rimbalzare fin sul soffitto del corridoio. “Non mi piace chi attacca quando l’avversario gli volta le spalle. E’ una cosa sporca, vile e infima…Non farlo mai più!”

Chissà se Alastor avrebbe disprezzato anche lui in quel momento… In cosa lo avrebbe trasformato? In un rospo? Si, e magari Neville l’avrebbe scambiato per il suo amato Oscar e l’avrebbe portato con sé nel Dormitorio. Bene, avrebbe mangiato insetti per il resto della sua vita!

A distrarlo da questi “macabri” pensieri fu un rumore di passi; Harry decise di tenersi pronto. L’intera Casa di Serpeverde stava salendo su per la scalinata che non aveva perso di vista neanche un istante, e adesso si stava riversando in massa nella Sala d’Ingresso.

Non fu particolarmente difficile scorgere Draco Malfoy tra la folla, sia perché era abbastanza separato dagli altri, sia perché solo pochi esponenti di tutta la Scuola si potevano vantare di una capigliatura di un biondo così chiaro.

Il suo obiettivo era lì, tra gli ultimi, affiancato da Blaise Zabini, con cui si stava intrattenendo in una discussione abbastanza fitta: era il momento di agire.

 

-Malfoy… Ti devo parlare. Potresti dedicarmi due minuti?

 

Ancora quello sguardo raggelante ma vuoto, Harry sentì l’irrefrenabile impulso di scuoterlo nel tentativo di farlo risvegliare da quello stato catatonico. Zabini lo informò che lo avrebbe aspettato al Tavolo dei Serpeverde, ma il biondo rispose solo con un cenno del capo.

Harry Potter sentì la voce della persona che amava dopo tre lunghi giorni solo quando l’intera Sala d’Ingresso fu vuota.

 

-Non ho molto tempo Potter…Ho lezione di Cura delle Creature Magiche e vorrei arrivare in tempo anche senza dover saltare la colazione…

 

-Ok, volevo solo avvisarti che ti aspetterò fuori allo Stadio di Quidditch alla fine degli allenamenti della tua squadra, questo pomeriggio. Ho bisogno di scambiare due parole con te riguardo ad una questione ormai chiara ad entrambi spero…

 

-Non mi pare di avere qualcosa da dirti Potter… Puoi evitare di perdere tempo. Il mondo ti aspetta, o sbaglio?

 

-Possibile…Ma oggi me la sono presa di ferie…

 

-Ciò non cambia il fatto che io non abbia niente di urgente da comunicarti… Se tu puoi perdere il tuo di tempo, non è detto che io sia disposto a fare lo stesso!

 

-Toglierai qualche minuto alla manicure e allo shampoo e non avrai problemi… Ne sono cert

 

-Non farlo!- lo bloccò Malfoy prima che potesse finire la frase. I suoi occhi erano si erano improvvisamente spalancati e gli aveva mostrato il palmo come a volerlo bloccare.

 

-Cosa?

 

-Bene, ti ho fermato in tempo.

 

-Non capisco…

 

-Non importa Potter, non importa .- disse assestandogli due pacche sulla spalla destra- Ce ne faremo una ragione…

 

Harry realizzò solo qualche istante dopo, quando il biondo era già scomparso nella Sala Grande, che era stato appena trattato da idiota. Sospirò, grattandosi il mento. Sarebbe stata dura ma ce l’avrebbe fatta. Aveva una promessa da mantenere e se stesso a cui rendere conto! Che brutta cosa quando l’orgoglio si mette in mezzo negli affari di cuore…

 

Nel frattempo Draco Malfoy stava attraversando la Sala per raggiungere il tavolo della sua Casa. Aveva bloccato Potter proprio nel momento giusto, fortunatamente. Non gli avrebbe permesso di finire la frase, fargli l’occhiolino ed andarsene trionfo lasciandolo lì, mentre lo salutava con la mano prima di sparire tra la folla. Non a lui, non a quel Potter che tanto odiava. Se solo avesse potuto gli avrebbe scagliato contro una Maledizione Senza Perdono lì nell’atrio, su due piedi, ma era riuscito a trattenersi. Come per tutto l’anno d’altronde. Si chiese, mentre si sedeva al suo posto, per quanto tempo ancora sarebbe riuscito a continuare in quel modo, ma in realtà era inutile pensarci. Iniziò ad imburrarsi una fetta di pane, ordinando alla sua mente di smettere di rimuginare su tutti i possibili modi per occultare un cadavere, nonostante sapesse che la possibilità che quel pomeriggio alla sua bacchetta scappasse un colpo era molto alta. No, non doveva pensare quelle cose: infondo Harry era pur sempre Harry, anche se di Harry non restava più niente.

 

Le ore successive sembrarono protrarsi all’infinito per uno e scorrere troppo velocemente per l’altro ma entrambi alle sei di quel pomeriggio erano allo Stadio di Quidditch. Beh, non proprio…

Harry Potter era appoggiato al muro dell’’entrata da circa un’ora e mezza in quanto, se era certo che Draco non avrebbe saltato gli allenamenti per nessun motivo, non era altrettanto sicuro che non avrebbe proposto, con una qualsiasi scusa, di anticiparli. Stringeva in mano la Gazzetta del Profeta di quel giorno, che aveva portato per ingannare il tempo, ma i suoi occhi per tutto il pomeriggio avevano letto e riletto solo i due righi iniziali dell’articolo in prima pagina che, tra parentesi, era di Rita Skeeter. Continuando così comunque non se ne sarebbe mai accorto…

Draco Malfoy, contrariamente alle nostre aspettative, non stava pregando Dei Babbani di salvarlo dal suo destino, promettendo che avrebbe gestito un allevamento industriale di Vermicoli se il capitano della squadra avesse improvvisamente deciso che quel giorno per motivi ignoti non ci si poteva allenare, ma con molta noncuranza si era incamminato verso lo stadio con il resto dei giocatori.

A mente fredda aveva infatti riflettuto e concordato con se stesso che chiarire la situazione con Potter era la cosa giusta da fare, aveva protratto le cose troppo per le lunghe. Non sapeva spiegarsi il perché ma, nonostante l’avesse respinto per un anno intero, non gli aveva mai detto schiettamente di sparire dalla sua vita. Non ci era riuscito. Quell’occasione però era troppo buona per non essere sfruttata, lo avrebbe cacciato in modo crudele, tanto crudele da potersi finalmente sentire appagato e poter dire, dopo un intero anno di attesa, che la sua vendetta era completata. Sembrava che Potter fosse innamorato di lui, e Draco era deciso a strappargli il cuore con le sue stesse mani. Harry Potter non sarebbe stato più in grado di essere felice dopo quello che gli avrebbe fatto, come lui non riusciva più a sentirsi vivo dopo che il Salvatore del Mondo Magico lo aveva privato di ciò che di più caro aveva.

Quando il biondo attraversò con la squadra l’entrata dello Stadio di Quidditch, fu l’unico a non dire a Potter di sparire. Si limitò a far incontrare il suo sguardo con quello dell’altro, deciso a mostrargli quanto odio covasse dentro di lui. Harry sentì un brivido salirgli su per la schiena a quella vista, e le certezze precedenti sembrarono sparire. Durante tutto l’allenamento rimase lì a chiedersi cosa fosse successo per arrivare a quel punto. La sua Nemesi, con la quale per anni aveva giocato a “Vediamo chi è più cattivo?”, aveva preso ad odiarlo davvero. La persona che amava aveva preso ad odiarlo davvero. E lui non sapeva né perché, né era a conoscenza del modo per ribaltare la situazione.

Non avrebbe mai voluto dirlo, ma probabilmente aveva fatto un errore. Lui, Harry Potter, il Re di Hogwarts, aveva sbagliato. Ormai non era più lì per riuscire a conquistare Draco Malfoy, ma solo per chiedergli di non odiarlo. Solo quello. Sorrise, sapendo di venir meno a parte della sua promessa, e ammonì se stesso dicendo che solo per quella volta avrebbe lasciato correre. Solo per quella volta. Il sorriso di trasformò in una sottile smorfia quando si rese conto di essere sceso a patti con se stesso: anche quello non sarebbe dovuto succedere. In un solo giorno, o meglio, in una sola ora, aveva infranto due volte i suoi comandamenti per colpa di Draco Malfoy. Forse avrebbe dovuto lasciarlo perdere, ma non poteva, sia perché non ce l’avrebbe fatta sia perché anche quello andava contro il regolamento.

Non avrebbe mai lavorato al Ministero, mai. Con le grandi capacità che aveva nell’emanare leggi avrebbe creato discordanza anche su una Costituzione formata da un solo articolo…

Per ammazzare non tanto la noia ma i suoi pensieri decise di concentrarsi sull’allenamento…

 

Draco Malfoy era un bravo Cercatore ma, conoscendo il suo carattere, Harry spesso si era chiesto come facesse a resistere. Nel corso dei sette anni aveva avuto ampi margini di miglioramento e, nelle partite contro Corvonero e Tassorosso, tutta la squadra ormai contava su una vittoria certa attribuendo, già dall’inizio della partita, 150 punti sicuri a quelli che sarebbero stati fatti in seguito. Quando però l’incontro era con i Grifondoro le cose cambiavano: tutti sapevano che Malfoy contro Harry non ce l’avrebbe mai fatta e, da due anni a quella parte, il biondo cercava costantemente di far vincere la sua squadra solo ostacolando Potter nella presa del Boccino. Non perdeva neanche più tempo a cercarlo lui stesso, tentando di sottrarglielo in uno scontro sulle scope. Nell’ultima partita la strategia di Draco stava quasi per funzionare, solo per 10 punti i Serpeverde non avevano vinto a discapito della conquista del Boccino da parte della squadra avversaria. Decisamente però iniziare la Stagione di Quidditch con l’obiettivo di arrivare secondi non era esattamente l’incentivo migliore…

Lui, probabilmente, avrebbe lasciato la squadra in quella situazione. Eppure la sua Nemesi era rimasta e in quel momento, entusiasmato per una presa abbastanza difficile appena compiuta, esultava come se il “fattore Potter” non esistesse. Harry rimproverò se stesso di esagerare quando la sua mente venne attraversata dal pensiero che per Draco, come in un incontro di Quidditch, la sua mancanza avrebbe costituito solo un motivo in più per essere felici. Bene, adesso ci si metteva anche la tristezza… Altra infrazione. Era arrivato a quota tre e l’allenamento dei Serpeverde non era ancora terminato. Maledì Draco Malfoy e giurò che, se avesse commesso altri errori nei prossimi trentotto minuti, avrebbe posto fine alla sua vita lanciandosi dagli spalti. Tornò a guardare il campo e scosse la testa, affrettandosi a scendere le scale e a sistemarsi davanti all’uscita, ovvero allo stesso piano del campo. Qualcosa gli diceva che sfidare così la sorte era da stupidi…

 

Quarantacinque minuti dopo, con un ritardo di sette minuti e qualche secondo, i Serpeverde, con profondo piacere di Harry, decisero che per quel giorno poteva bastare e si diressero in massa negli spogliatoi. Solo una figura saettante continuò a volare, anche quando gli altri sei compagni lo salutarono, diretti al Castello dove probabilmente arano attesi dai libri: gli esami si avvicinavano…

Draco Malfoy, prima scendere di quota e toccare terra con i piedi,  si concesse altri cinque minuti in volo sulla scopa per riordinarsi le idee e non, come probabilmente avevate pensato, cercando di stabilire se fosse il caso di scappare il più lontano possibile da Potter. Aveva una vendetta da portare a termine, lui…

Quando però furono l’uno di fronte all’altro e poté guardarlo negli occhi, Draco sentì le sue certezze allontanarsi. Harry era lì, davanti a lui, e lo fissava con lo stesso sguardo che lui stesso gli aveva riservato per l’intero anno. Dimenticò improvvisamente tutto il discorso che aveva preparato in precedenza, conscio del fatto che una parte di lui, in qualche modo più forte della sua rabbia, voleva sapere cosa Potter aveva da dirgli e voleva ascoltare per intero quella dichiarazione d’amore, immaginando che a fargliela fosse proprio la persona che amava.

Scena romantica, direte? No… Decisamente no.

A Draco non piacquero le parole che risuonarono in quei pochi minuti all’interno dello Stadio, perché sapeva che la persona che amava si sarebbe rivolta a lui in altro modo, e avrebbe detto altre cose. Davanti a lui nella realtà c’era Potter, il ragazzo a cui avrebbe dovuto strappare il cuore con le mani, e a cui invece aveva permesso di fargli nuovamente del male. Odiò se stesso per essersi ridotto così. Fu la classica goccia che fa traboccare il vaso: non si rese neanche conto, il calmo e riflessivo Serpeverde, di ciò che successe dopo. Una parte di lui che aveva represso da sempre, il sentimento che inizialmente non sapeva di poter provare, ma che poi aveva condizionato indirettamente il suo ultimo anno di vita, sembrò prendere comando della sua persona. Il dolore che provava, misto alla rabbia che nutriva verso se stesso in quel momento, si riversò contro Potter e dalle sue labbra uscì la verità, quella realtà che Draco Malfoy aveva giurato di tenere per se stesso. Harry se ne accorse troppo tardi, quando il discorso aveva sfortunatamente per lui, già preso la piega decisiva.

 

-Potter, credevo di avertelo fatto capire ma a quanto pare devo sbattere la verità davanti a quegli occhioni verdi per portarti alla comprensione… L’unico interesse che provo per te è legato al desiderio di renderti la vita impossibile… In questo sciocco mondo che tu hai ricreato –hai sentito bene, non salvato ma ricreato– il mio compito risulta essere difficile, quasi impossibile. Credimi, mi sto impegnando molto, non sono uno che lavora meno del dovuto, veramente ci sto provando… Ma ho capito che, almeno per il momento, mi tocca aspettare. Mi chiedi il perché del mio comportamento? E’ facile… Oltre il compito che mi sono dato, sugli altri fronti per me non esisti.

 

-Non è stato sempre così…- Harry sentì il bisogno di spostare lo sguardo verso terra nel pronunciare quella frase. Ciò gli impedì di notare sia lo sbandamento dell’altro sia la sua velocissima ripresa.

 

-Potter, tu non hai pronunciato questa frase…

 

-Cosa?- Il tono di Harry non riuscì a mascherare la sorpresa.

 

-Credo tu sia la persona che meno possa parlare da questo punto di vista Potter… Visto che io non ti conosco…

 

-Non esisto… Non mi conosci… Belle parole Malfoy, complimenti. Forse in un bel libro farebbero la loro scena ma qui io sto parlando con te. Tutto ciò che hai detto è irrimediabilmente falso. Per quanto tu possa desiderare il contrario, io esisto…soprattutto per te. Vuoi scappare? Fallo, se credi, ma sarebbe inutile. Anche nel più remoto angolo della Terra, finché ci sarà un mago, sentirai pronunciare il mio nome. Potrai fuggire di gente in gente, fino a trovare un antro deserto in cui passare il resto dei tuoi giorni in solitudine se il solo pensiero di sentire una voce pronunciare il mio nome ti fa tanto schifo, ma non cambierà comunque niente. Per sei anni sono stato la tua ossessione Malfoy, ammettilo. Hai provato quello che ho provato io… Tu mi conosci meglio di chiunque altro, e ciò perché tu hai voluto sapere tutto di me… Non resisteresti neanche un giorno non pensandomi. Tu vivi di me… Come io vivo di te, naturalmente.

 

-Tu non capisci Potter, non hai la minima idea di ciò che stai dicendo… Quanto vorrei che fosse vero però.

 

-Cosa?

 

-…- Non rispose, conscio del fatto che si stava tradendo ma che in realtà non voleva smettere ancora di parlare.

 

-Che cosa vorresti che fosse vero?

 

-Niente Potter, niente che ormai abbia più importanza… Sappi solo che di me, e anche di te, non hai compreso nulla…

 

-Sono stanco Draco, davvero stanco, soprattutto dei tuoi stupidi giochi di parole. Forse è vero quello che si dice in giro: mentre il resto del mondo mi ringrazia per aver ucciso Voldemort, tu non esulti perché stavi con loro…con i Mangiamorte.

Ho sempre pensato che non fosse possibile, sentivo che non ti saresti unito alla schiera del Signore Oscuro.

Magari è così però… Almeno si spiegherebbe il perché quest’anno sembri odiarmi così profondamente.

Dì, Malfoy…sulla tua candida pelle troverò il Marchio Nero? Come ti sta? Fa contrasto con la carnagione chiara o deturpa il tuo splendore…? Fammi vedere…

 

-Non mi toccare Potter, non lo fare…- Draco si ritrasse immediatamente da quel ragazzo che, per i suoi gusti, si era avvicinato troppo. Ciò non bastò ad impedire ad Harry di serrargli in una morsa il braccio incriminato.

Gli sembrava di averlo di pugno, di avere in pugno il biondo; fece incontrare i loro sguardi e gli sussurrò nell’orecchio ciò che pensava in quel momento.

La reazione fu alquanto brusca e totalmente inaspettata: mentre Potter era a terra, impegnato a massaggiarsi il collo su cui il Malfoy aveva fatto presa per allontanarlo, vide il mantello della divisa da Quidditch dell’altro cadere a terra. Quando finalmente si rialzò le estremità delle maniche della camicia erano già state sollevate quasi fino alla spalla. In quegli occhi grigi poi, non solo Harry ma chiunque, avrebbe potuto leggere rabbia.

 

-Contento Potter, non c’è niente, niente! Ti odio soltanto perché mi hai tolto l’unico motivo che mi abbia mai fatto desiderare la fine della guerra.

 

-Cosa?

 

-Non cosa, chi! Agli altri hai donato la gioia, la speranza di una nuova vita ma a me hai sottratto tutto. Non me lo meritavo, ma tu forse hai creduto il contrario… Io so solo che non è giusto! Tu lotti contro le ingiustizie, è il motto del “Potteresimo”, o come diavolo hai deciso di chiamare la tua dottrina, quindi credo che tu mi possa capire. Ti odio Potter, mentre amavo chi hai ucciso… Mi dispiace, ma questa è la verità, e ciò che faccio è il minimo per rendere onore alla sua memoria… Basta Potter, io me ne vado. Impara a perdere, e mettiti l’anima in pace…

 

-…- Non sapeva cosa dire, le parole di Draco si accavallavano le une sull’altre ad ogni colpo ricevuto dal suo orgoglio.

 

-Non hai capito, vero?

 

-…- No, non aveva capito.

 

-Impara a perdere…il mio scopo, da oggi in poi, sarà quello di renderti più facile l’apprendimento.

 

-Grazie dell’avvertimento allora… Terrò le spalle coperte.

 

Sperò di vedere le labbra dell’altro incresparsi in un sorriso ma non fu possibile… il biondo dopo aver pronunciato le ultime parole era già sparito al di là dello Stadio.

 

 

“Ecco giungere il solo col potere di sconfiggere l’Oscuro Signore, nato sull’estinguersi del settimo mese… L’Oscuro Signore lo designerà come suo eguale, ma egli avrà un potere a lui sconosciuto…

E l’uno dovrà morire per mano dell’altro, perché nessuno dei due può vivere se l’altro sopravvive…

Il solo col potere di sconfiggere l’Oscuro Signore nascerà all’estinguersi del settimo mese…”

 

Harry Potter aveva ascoltato per la prima e ultima volta quella profezia circa due anni prima, eppure la ricordava ancora perfettamente. Spesso si era chiesto perché questa sua abilità non si era estesa anche alla Storia della Magia, ma successivamente aveva compreso che la Rivolta dei Goblin non gli avrebbe mai cambiato la vita… Forse sarebbe stata causa di un voto poco più alto di Troll ma la vita proprio no, non gliel’avrebbe cambiata.

A meno che in un prossimo futuro non avesse deciso di tentare la fortuna partecipando ad un quiz radiofonico e il nome dei sette goblin che morirono per il bene comune non fosse il domandone finale, naturalmente…

Eppure, tornando in argomento, la sera in cui ascoltò la profezia fu quella che, in seguito, gli fece comprendere finalmente tutto.

Dal suo approdo nello sconosciuto fino a qualche momento prima Mondo della Magia era stato costantemente invischiato in situazioni che non gli erano proprie, vedi scontri con esseri spaventosi quali Voldemort, Dissennatori, Piton… No, forse il professore di Pozioni non faceva testo…

Più di tutto però a condizionare la sua vita era stata la consapevolezza che l’intero mondo pensasse che lui era la persona giusta per quelle situazioni. Il bambino sopravvissuto. Nient’altro. Nulla contava il fatto che per undici anni non avesse saputo di essere una tale “figura di spicco”, che al suo arrivo ad Hogwarts non conoscesse un’acca di Magia e che, rispetto a molti suoi coetanei, era meno forte, agile, e intelligente.

Erano dettagli, lui era il bambino sopravvissuto. E stop.

Questa costante, il sentirsi qualcuno diverso da ciò che pensava la gente, lo aveva decisamente condizionato per tutta la sua vita: a nulla erano servite le vittorie successive, in quanto la fortuna gli era stata molto amica e l’aiuto provvidenziale di altri lo aveva salvato in parecchie situazioni.

Era cresciuto insicuro, timido, umile… Dannatamente debole, avrebbe detto l’Harry di oggi.

Quello di cui nessuno era mai stato a conoscenza è che, la stessa sera dopo l’avventura della Sezione Misteri, aveva deciso di farla finita. Si sarebbe ucciso, sicchè nessuno l’ avrebbe più caricato di fardelli così pesanti da portare.

Harry, disteso sul suo letto dopo il discorso con Draco, ringraziò mentalmente il caso che gli evitò, due anni prima, di porre fine alla sua vita. La fatalità, in quella specifica situazione, prende il più comune e consono nome di “rissa contro i Serpeverde”. Trascendendo il fatto che ne aveva prese così tante da non avere neanche più la forza di farsi del male, quella era stata la sua salvezza.

Dolorante, quella sera, Harry Potter aveva preso la sua decisione. Il destino aveva predetto uno scontro contro Voldemort e lui al momento fatale ci sarebbe stato. Da lì, se fosse morto –e pregava di ricevere solo un Avada Kedavra che, a quanto sapeva, era istantaneo e quindi non gli avrebbe provocato alcun dolore– sarebbe stato ricordato come un martire, e forse finalmente la stupida popolazione dei Maghi avrebbe compreso che se era un adolescente forse era anche perché aveva le abilità di un adolescente. Magari qualcuno di sarebbe passato una mano sulla coscienza dicendo “Come abbiamo fatto a condurre a morte certa un ragazzino?”. Proprio quello che voleva.

Se invece avesse ucciso Voldemort –magari il Signore Oscuro per un fortuito caso avrebbe avuto in dotazione una bacchetta in precarie condizioni e così avrebbe fatto cilecca scagliandosi addosso un incantesimo destinato a lui– sarebbe tornato ad Hogwarts, e nel Mondo, godendosi tutti gli onori e, finalmente, avrebbe detto addio a tutto ciò che era stato fino ad allora.

Abbandonare i dubbi, le incertezze, le paure e tutte le debolezze che aveva sarebbe stato al primo posto tra le priorità del Salvatore del Mondo Magico.

Sarebbe diventato ricchissimo, avrebbe fatto l’Auror sterminando gli ultimi rimasugli della feccia della Magia e avrebbe vissuto felice e contento per tutta la vita.

Ah, avrebbe anche conquistato il cuore di Draco Malfoy naturalmente, il ragazzo che per tutto il quinto anno gli aveva occupato i pensieri e a cui, fino al momento decisivo della lotta contro Voldemort, non avrebbe mai potuto rivolgersi nei termini che voleva.

Sapeva già cosa gli avrebbe detto al momento della dichiarazione e il biondo l’avrebbe visto con occhi diversi: non sarebbero più esistiti tutti quegli elementi alla base degli insulti che gli rivolgeva ma sarebbe caduto ai suoi piedi. Anche Draco Malfoy, in quel modo, sarebbe vissuto felice e contento con lui.

Solennemente giurò che avrebbe raggiunto tutti questi obiettivi se fosse sopravvissuto, la sua anima sarebbe stata macchiata solo da due omicidi: Voldemort e Harry Potter.

Stranamente quella notte di due anni prima il Bambino Sopravvissuto si era addormentato fremendo di aspettativa all’incontro con il suo peggior nemico.

 

 Harry sorrise, tornando alla realtà da quel flash-back serale, rigirandosi sotto il sottile lenzuolo di cotone e sapendo finalmente a chi si riferiva Draco Malfoy. Che fare adesso? Rinunciare a se stesso per Draco, o rinunciare a Draco per se stesso?

La scelta era dannatamente difficile…

Forse però avrebbe potuto avere entrambi, l’importante era far credere il contrario al biondo… Ce la poteva fare. Chiuse gli occhi imponendosi di dormire, si era dato un altro giorno per riportare la situazione nelle sue mani. Trema, Draco Malfoy, trema…

 

L’8 maggio era una data attesa da tutti gli studenti ad Hogwarts in quanto segnava la fine delle lezioni, quindi Harry, deciso a conquistare Draco Malfoy, diede il buongiorno al sole mattutino con più entusiasmo del solito. Non avendo nessun impegno si prefissò come obiettivo immediato trovare la sua ex-nemesi e vedere come si comportava, così per sondare un po’ il territorio. Nella Sala Grande non riuscì però ad individuarlo tra le file verdi-argento così, dopo aver trangugiato di fretta tutto ciò che era commestibile nel suo piatto –le verdure non rientravano nella categoria-, decise di provare a cercarlo nei giardini della Scuola dove molto studenti, con l’arrivo degli esami, si riunivano per ripetere insieme gli ultimi argomenti sotto l’ombra degli alberi, scampando così al caldo torrido. L’ispezione non ebbe buon esito neanche lì e l’improvvisato investigatore, dopo aver ispezionato anche la Biblioteca, la Stanza delle Necessità e tutto ciò che gli veniva in mente, dovette ammettere di aver fallito. A pranzo si presentò con una faccia scura che fece molto preoccupare Ron ed Hermione, ma nessuno dei due riuscì a strappargli qualche parola riguardo all’accaduto, soprattutto quando Harry si rese conto che Draco non era neanche al tavolo dei Serpeverde. Rassicurò se stesso pensando che il biondo, in vista degli esami, probabilmente era rimasto un po’ indietro e quindi in quel momento quasi certamente stava studiando nel suo Dormitorio, ma nonostante ciò fissò per tutto il tempo la porta d’Ingresso sperando si vederlo comparire e ispezionare, come a suo solito, la stanza con il suo sguardo altezzoso.

Non accadde, la porta si aprì solo per permettere l’uscita ai più veloci di forchetta o, a seconda dei casi, ai più scapestrati che, fino ad allora, non avevano ripetuto niente…

Nel pomeriggio, sfortunatamente, dovette interrompere le ricerche per occuparsi dell’allestimento della Sala Grande dove, quella sera, si sarebbe tenuta una festa per i quasi neo-Maghi professionisti. L’idea era stata di Dean Thomas che, durante una crisi di nervi, dopo aver gettato nel lago tutti i suoi libri –con profondo rammarico della Piovra Gigante che sperava in qualche panino al formaggio- aveva asserito che prima della conclusione degli Esami almeno il trenta per cento degli studenti dell’ultimo anno si sarebbero suicidati nel loro Dormitorio impiccandosi con i lacci delle scarpe. Quindi, motivato dai buoni sentimenti e conscio del fatto che, almeno a suo parere, la vita di buona parte dei suoi compagni dipendeva da lui, Thomas aveva fatto intercedere Harry con Silente e così i due Grifondoro si erano assunti la responsabilità di organizzare una festa, off-limits per coloro non del settimo anno, per far divertite tutti quei poveri studenti stressati dai dallo studio. Ci mise circa mezz’ora Potter a dissuadere l’amico dal preparare la base per un falò con i libri di testo in quanto, per quanto fosse un’idea affascinante, non rientrava nei canoni delle attrazioni consentite dalla Scuola, ma verso le sette di quel pomeriggio, grazie all’aiuto di volontari e della Magia, tutto era pronto.

Più o meno a quell’ora Draco Malfoy usciva dall’infermeria dove Madama Chips l’aveva costretto a rimanere fino ad allora e per tutta la notte precedente. “Stress causato dal troppo studio” aveva dichiarato la donna costringendolo a prendere una pozione calmante e a dormire un po’ quando, dopo l’incontro con Potter, si era sentito leggermente mancare nel corridoio.  Solo dopo averlo tenuto in osservazione per un numero di ore che non aveva neanche voglia di contare e aver chiesto a testimoni se il suo colorito pallido fosse naturale o dovuto ad anemia, si era decisa a lasciarlo andare, consigliandogli però chiaramente di partecipare alla festa per l’Ultimo Anno in Sala Grande, anche se per poco.

L’idea di andarci sinceramente non lo entusiasmava molto, ma forse aveva realmente bisogno di rilassarsi, anche se a causa dello stress c’era qualcuno in particolare più che lo studio. Con il pensiero che rimanere in Dormitorio da solo non fosse sano per la sua salute mentale si avviò in camera a studiare un po’ e, insieme a Pansy Parkinson e a Blaise Zabini, alle dieci di quella sera, si avviò per prendere parte al grande evento.

Chissà, magari avrebbe visto Potter e avrebbe potuto sondare gli effetti della sua vendetta…

O solo chissà, magari avrebbe visto Potter… Ma non lo avrebbe ammesso mai.

 

Come volevasi dimostrare, avrebbe fatto meglio a restare in Dormitorio: le feste non facevano per lui, specialmente quando il suo umore non era dei migliori. Iniziò a sentirsi un po’ meglio solo quando i suoi due amici, dopo essersi dimenati sulla pista da ballo fino alla completa immobilità dei piedi, lo raggiunsero sul divano vicino al fuoco –le fiamme, in vista dell’estate, emanavano un vago sentore di menta e magicamente diffondevano aria fresca- , portandogli un bel boccale di Burrobirra. L’argomento verté immediatamente sul loro piccolo grande progetto per l’estate: Pansy Parkinson, Draco Malfoy e Blaise Zabini avevano pagato pochi giorni prima la loro quota per il concerto delle Sorelle Stravagarie che si sarebbe tenuto a Dublino. Sarebbero partiti circa una settimana in anticipo per la città con in tasca solo la bacchetta e quanti più soldi fossero riusciti a portare con loro: niente prenotazione Hotel, niente valige, né simili, sarebbe stata una vacanza all’insegna dell’avventura. Tutti e tre, mentre ridacchiavano al pensiero del programma stabilito, pensavano tra loro che sicuramente avrebbero avuto molte difficoltà e che, probabilmente, per la maggior parte del tempo avrebbero rimpianto di non avere niente di organizzato, ma nessuno parlò aspettando che fosse l’altro a farlo. Speranza vana… Continuarono a girarci attorno con aria di sfida lasciando cadere piccole allusioni che però nessuno raccolse.

Harry Potter, che aveva appena finito di piazzare una Linea dell’Età davanti all’ingresso, dopo aver cacciato dalla stanza circa una quarantina di ragazzi tra quarto, quinto e sesto anno, era più o meno dello stesso avviso di Draco: non si sarebbe divertito quella sera, tra il suo lavoro di buttafuori e la stizza di non esser riuscito a vedere il biondo quel giorno.

Appena vide un ragazzo tentare di entrare ed esser sbalzato da una forza invisibile direttamente fuori dalla Scuola, si sentì meglio e decise di concedersi un po’ di riposo. I posti migliori, quelli vicino al fuoco da lui modificato in versione estiva, erano già occupati, ma il suo malcontento svanì nel nulla quando si rese conto di chi si fosse seduto lì. Malfoy, che sarebbe stato il prossimo protagonista di “Chi l’ha visto?” se Harry non lo avesse scovato neanche il giorno dopo, era attorniato dai suoi due amici e discuteva animatamente con loro riguardo ad una vacanza. Si sistemò all’angolo del camino, seminascosto dal buio ma in un punto in cui il biondo avesse potuto scorgerlo e gli fece cenno di saluto con la mano.

L’altro lo vide, ma non rispose. Harry, per nulla preoccupato, gli fece cenno con i capo di andare fuori, ma l’altro scosse la testa indicandogli con lo sguardo i suoi amici. Harry ripeté il cenno con il capo, congiungendo le mani in segno di preghiera. Il biondo sbuffò, disse qualcosa a Blaise e Pansy e si diresse verso di lui. Insieme, pochi minuti dopo, erano in una delle aule della scuola.

 

-Bella la festa, eh?- Harry cercava un qualsiasi argomento per fare conversazione.

 

-Dimmi quello che mi devi dire e facciamola finita Potter- fu la risposta di Draco, per niente interessato a stabilire il grado di divertimento che potesse avere una festa per Maghi professionisti non ancora professionisti.

 

-Eri innamorato di me?- Se Draco voleva passare ai fatti, lui sarebbe passato ai fatti.

 

-Si.- Nessun tentennamento da parte di Draco alla recente scoperta. Harry stava quasi per offendersi, ma si rese conto che il tono del suo nemico era identico a quello da lui usato il pomeriggio scorso mentre si stava dichiarando.

 

-E adesso?

 

-Adesso ti odio… Di ciò che mi piaceva di te non è rimasto più niente.

 

-Harry ha deciso da solo cosa eliminare di se stesso…

 

-…

 

Forse aveva sbagliato a dirlo. Anzi, sicuramente aveva sbagliato a dirlo, ma non sapeva decisamente come comportarsi. Draco voleva qualcosa che non poteva dargli.

 

-E di ciò che è restato? Non ti piace niente?

 

-No. Niente.

 

Ecco, glielo aveva confermato anche lui, del vecchio Harry era rimasto poco più che il fisico. Draco si voltò, indeciso tra il tornare nella Sala Grande o in Dormitorio, ma sicuro di volersi allontanare da Potter. Quest’ultimo lo guardò muovere i primi passi verso il corridoio, sentendosi immediatamente infelice e impotente. Maledettamente debole.

Maledettamente debole?

Prima del sesto anno era maledettamente debole… Cosa stava accadendo?

Improvvisamente capì, conscio del fatto che il suo piano stava per andare in fumo e che, tra Draco e se stesso, aveva scelto Draco.

 

-Fermati, stai facendo un errore…

 

-Cosa?- Draco tornò sui suoi passi con lentezza smisurata.

 

-Qualcosa del vecchio Harry è rimasta…

 

-Il peggio probabilmente…

 

-Devo presupporre che il fatto che io sia praticamente innamorato di te da due anni non conti nulla?

 

-Bugiardo…

 

Fece per andarsene, stavolta sul serio, stanco di sentire le menzogne del ragazzo.

 

-SEI TU IL BUGIARDO, MALFOY!- fu l’urlo che riecheggiò per i corridoi.

 

-Abbassa la voce…e sparisci.- Lo sguardo gelido non attese a mostrarsi.

 

-Se fossi davvero innamorato di me come dici non te ne andresti Draco… Se fossi davvero innamorato continueresti a lottare per riavere il ragazzo che ami.

 

-Lui è morto…

 

-E’ qui invece… è la parte di me, quella debole, che continua ad esistere. Io sono qui, Draco. Insegnami a perdere.

 

Pochi secondi dopo due labbra sfiorarono le sue. Harry, entrambi i due Harry, pregarono che quel contatto non finisse mai… Era ora di imparare a perdere e, se quelli erano gli incentivi, avrebbe appreso molto volentieri.

 

Vorrei dire che da quel momento vissero felici e contenti, ma non fu così. Litigarono spesso arrivando anche alle mani, si presero lunghi periodi di pausa e continuarono ad offendersi pesantemente l’un l’altro. Posso dire, però che restarono per sempre insieme e la loro vita, nonostante tutto, prese una piega piuttosto piacevole.

 

 

5 anni dopo: riunione ex alunni Hogwarts. Qualcuno aveva avuto la brillante idea di ricostruire le Squadre di Quidditch di Grifondoro e Serpeverde per un incontro amichevole. Risultato? 210 a 120.

 

-Potter, è finita!

 

-Cosa?- Harry, sotto la doccia degli Spogliatoi, era troppo occupato a maledirsi per aver rovesciato il poco shampoo rimasto sul pavimento per starlo a sentire.

 

-Mi hai sentito, ho detto che è finita! Ti mollo! Addio!

 

-E perché, di grazia?

 

-Hai preso il Boccino!- Draco sembrava esasperato e di certo era incazzato.

 

-E allora?

 

-Come allora? Hai vinto, porca miseria!- Draco era molto incazzato.

 

-Draco…sono impegnato al momento.- I capelli di qualcun altro avevano infatti intasato lo scorrimento dell’acqua. - Spiegati meglio, sono certo che ce la puoi fare!

 

- H-A-I V-I-N-T-O! Che altro devo dire? Come hai potuto?

 

-Prendendo il boccino probabilmente, dopo quello splendido giro della morte…

 

-Non intendevo come nel senso di come…il punto è che hai vinto, Potter.

 

-E?

 

-E! Mi avevi promesso che avresti imparato a perdere!

 

-Aaaah…quello! Ma che c’entra scusa? Non mi pare di aver raggiunto un accordo con te riguardo a questa partita… Comunque se farti avere quei 150 punti in più avesse significato renderti più capace in cucina avrei perso senza alcuna esitazione…

 

-Primo punto: Abbassa la voce, qualcuno potrebbe sentirti. Secondo punto, anzi primo: Hai infranto i patti, e lo sapevi. Sei un bastardo.

 

-Draco, io ho sempre vinto contro di te…fin dal primo anno!

 

-Non c’entra niente!!!

 

-E poi, da quanto in qua, imparare a perdere comprende anche regalare 150 punti alla Squadra di Serpeverde in una partita amichevole?

 

-Lo comprende, punto e basta!

 

-Mi sorge il dubbio che tu abbia inventato tutto quel casino dell’importanza del perdere solo per aggiudicarti la ragione in situazioni come questa…

 

-Bè, anche…

 

-COSA????- Harry uscì di corsa fuori dalle docce con un asciugamano addosso. Non riuscì mai a prendere Draco perché scivolò sullo shampoo che precedentemente aveva fatto cadere.

 

-Ehm…Harry? Ti sei fatto male?

 

-Noooo Draco…sto imparando a perdere.

 

-Ok allora…io vado a pranzo. Bye bye.- lo salutò con la mano lasciandolo a terra, mezzo svestito.

 

Il suo provvidenziale allontanamento permise a Draco di evitare l’ascolto di insulti da più di sedici lettere rivolti a lui…

 

FINE

  
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