Dedicato a M. e B.D., mie due e.mail
friends. La prima mi ha insegnato che per esprimere i
sentimenti non c’è bisogno di frasi articolate, preparate in anticipo o ad
effetto… E’ la semplicità e l’efficacia che scaturisce da essa
a scaldare il cuore. La seconda mi ha insegnato che, per quanto debole io sia
ai colpi delle persone, c’è sempre qualcuno a casa che mi aspetta. Mi sono
aggrappata a lei, e spero che lei lo faccia con me.
Magari non diventerò forte, ma leggere i suoi messaggi affievolisce il pregiudizio
che ho verso molte persone, ma soprattutto mi fa sentire bene. Grazie, grazie
davvero.
What if…: Silente,
alla fine del quinto anno ad Hogwars,
rivelò ad Harry la profezia della Cooman.
Nessuno però è a conoscenza di ciò che in ragazzo abbia fatto
o pensato dopo quel momento. Io l’ho immaginato. E se Harry Potter, alla fine
del quinto anno, avesse stretto un patto con se stesso, per motivi a
noi sconosciuti? Quali sarebbero state le conseguenze di ciò? Cosa sarebbe
cambiato nell’immediato e nel futuro?
Impara a perdere, Potter!
Quello che per Harry Potter sarebbe dovuto essere l’ ultimo anno ad Hogwarts, divenne per l’intero Mondo Magico l’anno di Harry Potter. Era stato l’eterno “bambino sopravvissuto” fino ai suoi diciassette anni ma quell’estate, finalmente, aveva detto addio all’odiosa etichetta che gli era stata affibbiata fin dalla nascita diventando per tutti coloro che praticavano la stregoneria il Salvatore del Mondo Magico.
Cosa aveva provocato tutto questo cambiamento?
Facile, ci sarete arrivati già tutti. Harry Potter aveva sconfitto Voldemort, e stavolta per sempre, eliminando dalla faccia della Terra colui che per tanti anni aveva seminato morte e distruzione in nome della razza purosangue. L’aveva fatto, lui, Harry Potter, solo lui e nessun altro. Non c’erano altre persone degne di prendersi parte di quel merito, era stato lui l’unico artefice dell’evento più atteso da tutti i maghi e le streghe, mezzosangue e non.
“Finalmente l’era più buia della Magia è finita ed è giunto
il momento di riformare la nostra comunità nel miglior modo possibile. Adesso
possiamo farlo… Non c’è più bisogno di sognare una vita migliore, perché potete
viverla nella realtà. Ci saranno dei cambiamenti, alcuni impercettibili, altri
radicali, ma creeremo una società perfetta, basata sull’uguaglianza e sulla
giustizia. Insieme possiamo farlo!”
Queste erano state le parole di Caramell,
qualche settimana prima delle nuove elezioni ministeriali.
Ed aveva perso, schiacciato da un nuovo candidato che aveva
fatto esattamente le stesse promesse ma che, a differenza dell’ex Ministro
della Magia, poteva contare sulla fiducia del popolo,non
avendolo deluso una volta dopo l’altra mettendone a rischio l’incolumità.
Il nuovo Capo Supremo del Ministero si era subito dato da fare
e i cambiamenti si iniziavano a notare, e tanto. Prima o poi quella tremenda
parentesi della Storia della Magia sarebbe stata dimenticata e le nuove stirpi
di Maghi non si sarebbero più differenziate in base alla purezza del sangue…
Coloro che avevano vissuto quegli anni sapevano che ne
avrebbero mantenuto per sempre le cicatrici e che il ricordo non sarebbe mai
sbiadito nella loro memoria; contavano però che la felicità data dall’aver
messo la parola fine ad un lungo periodo della loro vita riuscisse a
cicatrizzare i tagli, a cancellare i lividi e a riportare un sorriso sulle loro
labbra. Sapevano di potercela fare: una gioia così grande e così sentita
avrebbe guarito da
qualunque dolore e sofferenza.
Era ora di cambiare, per tutti, e in meglio.
Ma non sempre tutto va come si vorrebbe… Esistono
cambiamenti interni, determinati dalla complessità della psiche umana, che
nessuno può controllare. Però ci sono, e possono fare molto male se non ci si
rende conto in tempo della nuova strada che, senza volere, abbiamo iniziato a
percorrere.
Vi narrerò di una persona che si è vista troppo velocemente
sparire dalla schiena tutti i fardelli che aveva
trascinato con se fin dalla sua nascita, e di tutti gli effetti negativi che
ciò ha comportato.
Come è possibile? E’ questa la domanda che vi ponete?
Beh, questa
persona per anni aveva sognato di scrollarsi di dosso tutti
quei pesi, desiderando di poter finalmente essere libero ed attribuendo ogni
sconfitta ed ogni rammarico a ciò che portava sulle spalle.
Ma le nostre paure, le nostre incertezze, il dolore, la
rabbia e la tristezza fanno parte di noi e spesso quelle che ci sembrano
debolezze ci danno in realtà una grande forza.
E’ quello che si chiama istinto di sopravvivenza… Ciò che
rende forte un uomo non è l’azione in se stessa ma lo
sforzo che si fa per compierla con i fardelli che fanno perdere l’equilibrio e
cadere più e più volte. Se quando si va avanti non si incontrano ostacoli non
si cresce e, strano a dirlo ma è vero, non si vive.
Questa persona in un solo momento ha perso tutte le
incertezze e i dubbi e ha lasciato che i desideri espressi nei momenti di
rabbia verso le sue debolezze e costrizioni si facessero spazio nel suo nuovo
modo di vivere. Ed è stato felice, dannatamente felice, credendo di fare la cosa
giusta finché qualcuno, l’unico fra tanti che aveva capito il cambiamento, non
gli ha aperto gli occhi. Ma non vi dirò già adesso se ci sarà un lieto fine o
no… Non posso farlo. Ricordate solo una cosa: senza le nostre debolezze, che ci
appesantiscono e ci rallentano il passo, non andremo più veloci. Così dicono le
leggi sul movimento ma la realtà non è questa: se
perdiamo parte di noi siamo destinati solo a camminare all’indietro,
rimettendoci anche il vantaggio accumulato con anni di sforzi. Ma non ce ne
accorgiamo e ci sentiamo felici di non trovare più alcun ostacolo, ignari del
fatto che se ciò accade è solo perché stiamo ripercorrendo strade con
difficoltà già annullate. E se, per un caso fortuito, ci rendessimo conto di
tutto… Beh,
difficile dire se si tratta di fortuna o sfortuna. C’è chi ce la fa e si
rimette in piedi procedendo a passo di corsa per recuperare e chi, vedendosi
ripiombare addosso tutti i fardelli ulteriormente
appesantiti, si ritrova immobile, incapace di muoversi. Non potrà correre verso
il lontano traguardo, perché non ne avrà la forza e, anche se decidesse di
continuare a camminare all’indietro, non sarà mai più felice. Quest’ultimo
caso, colui che resta immobile, è sfortunatamente il più riscontrato.
Nient’altro da dire se non buona lettura.
Ops, devo rivelarvi il nome del
protagonista… Ma sicuramente anche qui avrete già fatto centro. Potete leggerlo
nelle prime righe se non vi ricordate come si chiama, anche se non credo che
qualcuno di voi non conosca a memoria vita, morte e miracoli
di Harry Potter, il Mago più amato da tutti.
Che la fanfic abbia inizio…
Fin dalla preistoria, a scopo difensivo e per procacciare il
cibo, l’uomo è vissuto in piccoli gruppi di suoi simili e sembra essersi
trovato abbastanza bene visto che, a distanza di millenni, l’organizzazione
sociale è maturata sempre in questa direzione. Tralasciando i vari passaggi
temporali è possibile affermare che oggi, neanche più tanto alle soglie del
terzo millennio, ogni individuo appena raggiunta l’età necessaria viene “inglobato” dal sistema ed inizia ad agire, e a
vivere, secondo le regole proprie della società che, nel tempo, è maturata e si
è sviluppata seguendo sempre nuovi criteri.
L’essere incastrato in un sistema, in un insieme di leggi comprendenti diritti, doveri e responsabilità, è una realtà immutabile, una verità da cui non è possibile scappare semplicemente perché non esiste un piano B: evadere può solo significare essere etichettato del sistema in maniera diversa, con tutte le difficoltà che ciò comporta. Non esiste la possibilità di creare un gruppo di persone che, a differenza delle altre, “restano fuori” dalla società, ma all’interno di quest’ultima è possibile, e anzi è dannatamente comune, fare una differenza tra i “giusti” e gli “sbagliati” e, chissà come mai, i primi sono sempre più numerosi dei secondi e i due gruppi, separati per ideologie e stereotipie più o meno false, non vanno mai d’accordo.
Essere diverso, quindi, è sinonimo di molte privazioni e, chi lo è, è spesso “fuori” da molte cose, ma mai da ciò che vuole, infatti resta sempre parte della società. Quindi la maggioranza decide di chiudere gli occhi e di abbassare la testa aderendo alle leggi della “Legge”; da quel momento la loro vita viene schematizzata, ridotta ad azioni che si ripetono giorno per giorno, sempre uguali, fino al punto in cui si inizia a fare le cose senza neanche più rendersene conto. La vita diventa quindi una routine sempre uguale, le giornate vengono scandite dallo svolgersi delle stesse azioni che diventano, dopo poco, punto di riferimento dello scorrere del tempo. Questa è la monotonia, l’unica sensazione al mondo che tutti gli uomini provano per la quasi totalità della loro vita e che, scherzo del destino, è tanto frequente da essere etichettata anch’essa come un pensiero abituale fino al punto che la gente smette di rifletterci e non vi fa più caso.
Discorso noioso, direte… Magari vero, ma altamente distante da ciò che vi aspettavate da una yaoi HarryxDraco, ma ci sto arrivando…
Perfino alla scuola di Magia e Stregoneria di Howgarts, che agli occhi dei Babbani è il luogo più insolito del Mondo, nel tran tran di lezioni, compiti a casa, gite in biblioteca e weekend prestabiliti, regna la monotonia.
Quando accade qualcosa di diverso, di speciale, ciò diventa linfa vitale per ognuno e così, all’inizio dell’anno, tutti avevano accolto Harry Potter, il Salvatore del Mondo Magico, con tutti gli onori.
Non c’era stata nessuna sorpresa nel trovarsi di fronte un ragazzo più sicuro di sé, più impavido, decisamente meno modesto e conscio del fatto che tutti pendevano dalle sue labbra: Harry Potter era diventato il Golden Boy e stava godendo di tutto ciò che la sua nuova fama poteva dargli. Mano a mano queste nuove “qualità” si erano radicate nel suo animo e il ricordo del vecchio “bambino sopravvissuto” aveva iniziato a dissolversi nella mente di coloro che lo avevano conosciuto. Adesso c’era un’altra persona, un nuovo Harry Potter, che in pochi mesi era diventato il “Re di Hogwarts”. Le cose sarebbero potute andare diversamente se la gente si fosse resa conto di queste trasformazioni, ma ciò non era avvenuto. Potter era cambiato gradualmente, facendosi largo nello spazio precedentemente occupato dalla sua vecchia versione poco a poco, centimetro dopo centimetro. La monotonia aveva poi fatto il resto, secondo lo stesso criterio per cui, in una famiglia, i genitori non si accorgono quasi mai della crescita dei figli (compleanni a parte), in quanto vivere a stretto contatto tutti i giorni rende impossibile la percezione dei cambiamenti a lungo termine. Bisognava anche aggiungere che, in fondo, tutti avrebbero fatto lo stesso. Il potere inebria e, insita in noi, c’è sempre una piccola parte pronta ad essere stregata dal suo fascino.
Per Harry, però, le cose non erano andate esattamente così…
Stavamo parlando di monotonia, quella a
cui Potter sembra costantemente voler sfuggire, costringendomi infatti a
rinnegare la frase standard “E un nuovo giorno attendeva i giovani studenti
della Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts, che ancora riposavano nei
dormitori delle loro Case” e a ripiegare su un “Alla Scuola di Magia e
Stregoneria di Hogwarts, la mattina del 7 maggio, tutti riposavano ancora,
ignari di ciò che avrebbe riservato loro quella giornata, ma qualcuno, già con
gli occhi aperti a fissare un punto indefinito del soffitto, aveva iniziato a
vivere e, in quel momento, era intento a decidere a tavolino con se stesso cosa
quel giorno gli avrebbe dato”. Wow, suona bene!!
Continuiamo…
Erano circa tre giorni che non vedeva “Lui”, per un motivo o
per un altro, e stava iniziando ad annoiarsi.
Sorrise, per poi poco dopo iniziare a ridacchiare quasi
istericamente al suono che quelle parole avevano nella sua mente. “Lui” ormai
era diventato il suo passatempo preferito… Per anni il loro rapporto non era
stato esattamente all’insegna della gioia e del colore: si erano picchiati,
insultati, lanciati contro maledizioni sempre più elaborate, fronteggiati nelle
partite di Quidditch e, ogni giorno, per lunghi anni, avevano passato almeno
metà del loro tempo libero ad escogitare trucchi e trabocchetti ai danni
dell’altro… Si erano odiati, insomma. Il loro era stato un bell’odio, se è
possibile definirlo così…di quelli profondi, che scavano fino in fondo alla
ricerca di rabbia con cui alimentarsi, arrivando a lasciare la cicatrice. Da
lì, poi, la strada era stata breve: “Lui” era diventato l’ossessione di Harry,
ed Harry quella di “Lui”. Non potevano sapere però, ragazzi così giovani alle
prese con sentimenti tanto più grandi di loro, a cosa
andassero incontro.
Harry Potter ci era cascato in pieno: non sapeva con
esattezza quando, forse durante una rissa o in sella alle scope mentre
cercavano di prendere il Boccino, ma Il Bambino Sopravvissuto, a stretta
vicinanza con “Lui”, aveva scorto, decisamente solo per caso, il luogo in cui
il suo nemico attingeva la rabbia da scagliargli poi contro: il cuore.
L’odio aveva scavato in profondità e, senza volere, aveva
rivelato un tesoro: il vero “Lui”, la persona che “Lui” era oltre l’acerrimo
rivale. Ci aveva messo poco Harry a rendersi conto che, senza difficoltà
alcuna, poteva guardare “dentro” la sua nemesi; l’ossessione che avevano l’uno
per l’altro, infantile ma radicata al suolo come il
Platano Picchiatore più antico, li aveva legati così profondamente da renderli
un libro aperto per il loro nemico, non più un mistero ma semplicemente un
testo, ignoto ad altri, che loro sapevano interpretare. O almeno ciò era
successo ad Harry.
Gli piaceva spiare il vero “Lui” attraverso il nemico,
poteva percepirne le sensazioni, gli stati d’animo, e riusciva a comprendere
il linguaggio del silenzio di quella strana presenza, quell’ombra di cui poteva
sentire perfino il battito del cuore e il rumore del respiro.
E così si era innamorato, senza volerlo e senza rendersene
conto, di “Lui”, che ormai era solo per una facciata l’acerrimo nemico, ma per
il resto una persona, con un nome che riusciva a pronunciare senza più
sensazioni di repulsione e dei sentimenti che percepiva come se fossero suoi.
Harry Potter amava Draco Malfoy e, sconfitto Voldemort e
all’ultimo anno ad Hogwarts, aveva intenzione di
conquistarlo.
L’intenzione però, come aveva scoperto a sue spese, non
sempre basta: Harry sapeva che mancava qualcosa, ma non sapeva esattamente
cosa. A distanza di mesi dal primo tentativo, conclusosi disastrosamente, e
seguito da molti altri tutti altrettanto fallimentari, si era affacciata nella
sua mente l’idea che forse ciò che mancava al raggiungimento del suo obiettivo
era un interesse, anche solo minimo, da parte dell’altro. Si
perché, quell’anno, Draco Malfoy aveva definitivamente smesso di essere
La situazione infatti non era
cambiata e, quella mattina del 7 maggio, Harry Potter decise che non poteva
andare più così. Avrebbe tentato un’ultima volta, messo tutte
le carte in tavola e poi stop. Draco non sarebbe scappato né lo avrebbe
liquidato con due parole dette a caso o con quel gelido sguardo, uso a
riservargli in ogni occasione, che sembrava voler dire “E tu chi diamine sei?”.
Gli avrebbe dato l’opportunità di scegliere e lui avrebbe accettato il verdetto
emesso dal biondo, qualunque esso fosse. Aveva battuto Voldemort e salvato
l’intero Mondo Magico, non poteva ridicolizzarsi per colpa di un ragazzo
qualunque, Draco Malfoy per giunta.
Sospirò, e la risata che seguì fu, diversamente dalle altre, amara. Se non fosse stato per quel ragazzo
qualunque, lui non avrebbe sconfitto Voldemort… E adesso non ci sarebbe stata
nessuna promessa da mantenere. Ma non c’era tempo per pensarci in quel momento,
la giornata stava per sbocciare
anche per gli altri, e il Mondo aveva bisogno di sapere che Harry Potter
esisteva.
Sarebbe stato dannatamente tutto più facile se si fosse dato
più tempo, ma aveva comunicato a se stesso che entro quel giorno sarebbe
successo qualcosa e non aveva la benché minima intenzione di dover rendere
conto alla sua persona di un mancato eseguimento di un ordine. Lui si fidava di
se stesso, sicuramente era la persona più autorevole che avesse
mai incontrato.
Correre con le scarpe slacciate non era propriamente il
massimo, contando che era praticamente costretto a strusciare un piede a terra
per evitare di perdere una delle sneakers. Non avendo
né il tempo né la voglia di allacciare i lacci sporchi di fango e chissà
cos’altro si rassegnò a camminare come uno zoppo che tenta
di fuggire, mentre malediceva lo scorrere troppo veloce del tempo e si chiedeva
se aveva fatto tardi.
Trovò
La sua mente gli ripropose un’immagine del quarto anno,
quando il caro Malocchio Moody aveva trasformato in furetto Malfoy e lo aveva
fatto rimbalzare fin sul soffitto del corridoio. “Non mi piace chi attacca quando l’avversario gli volta le spalle. E’ una cosa
sporca, vile e infima…Non farlo mai più!”
Chissà se Alastor avrebbe disprezzato anche lui in quel
momento… In cosa lo avrebbe trasformato? In un rospo? Si, e magari Neville
l’avrebbe scambiato per il suo amato Oscar e l’avrebbe portato con sé nel
Dormitorio. Bene, avrebbe mangiato insetti per il resto della sua vita!
A distrarlo da questi “macabri” pensieri fu un rumore di
passi; Harry decise di tenersi pronto. L’intera Casa di Serpeverde stava
salendo su per la scalinata che non aveva perso di vista neanche un istante, e
adesso si stava riversando in massa nella Sala d’Ingresso.
Non fu particolarmente difficile scorgere Draco Malfoy tra
la folla, sia perché era abbastanza separato dagli altri, sia perché solo pochi
esponenti di tutta
Il suo obiettivo era lì, tra gli ultimi, affiancato da
Blaise Zabini, con cui si stava intrattenendo in una discussione abbastanza
fitta: era il momento di agire.
-Malfoy… Ti devo parlare. Potresti dedicarmi due minuti?
Ancora quello sguardo raggelante ma vuoto, Harry sentì
l’irrefrenabile impulso di scuoterlo nel tentativo di farlo risvegliare da
quello stato catatonico. Zabini lo informò che lo avrebbe aspettato al Tavolo
dei Serpeverde, ma il biondo rispose solo con un cenno del capo.
Harry Potter sentì la voce della persona che amava dopo tre
lunghi giorni solo quando l’intera Sala d’Ingresso fu
vuota.
-Non ho molto tempo Potter…Ho lezione di Cura delle Creature
Magiche e vorrei arrivare in tempo anche senza dover
saltare la colazione…
-Ok, volevo solo avvisarti che ti aspetterò
fuori allo Stadio di Quidditch alla fine degli allenamenti della tua squadra,
questo pomeriggio. Ho bisogno di scambiare due parole con te riguardo ad una
questione ormai chiara ad entrambi spero…
-Non mi pare di avere qualcosa da dirti Potter… Puoi evitare
di perdere tempo. Il mondo ti aspetta, o sbaglio?
-Possibile…Ma oggi me la sono presa di ferie…
-Ciò non cambia il fatto che io non abbia niente di urgente
da comunicarti… Se tu puoi perdere il tuo di tempo, non è detto che io sia
disposto a fare lo stesso!
-Toglierai qualche minuto alla manicure e allo shampoo e non
avrai problemi… Ne sono cert…
-Non farlo!- lo bloccò Malfoy prima che potesse
finire la frase. I suoi occhi erano si erano improvvisamente spalancati e gli
aveva mostrato il palmo come a volerlo bloccare.
-Cosa?
-Bene, ti ho fermato in tempo.
-Non capisco…
-Non importa Potter, non importa .- disse assestandogli due
pacche sulla spalla destra- Ce ne faremo una ragione…
Harry realizzò solo qualche istante dopo, quando il biondo
era già scomparso nella Sala Grande, che era stato appena trattato da idiota.
Sospirò, grattandosi il mento. Sarebbe stata dura ma
ce l’avrebbe fatta. Aveva una promessa da mantenere e se stesso a cui rendere
conto! Che brutta cosa quando l’orgoglio si mette in mezzo negli affari di
cuore…
Nel frattempo Draco Malfoy stava attraversando
Le ore successive sembrarono protrarsi all’infinito per uno
e scorrere troppo velocemente per l’altro ma entrambi alle sei di quel
pomeriggio erano allo Stadio di Quidditch. Beh, non proprio…
Harry Potter era appoggiato al muro dell’’entrata da circa
un’ora e mezza in quanto, se era certo che Draco non avrebbe saltato gli
allenamenti per nessun motivo, non era altrettanto sicuro che non avrebbe
proposto, con una qualsiasi scusa, di anticiparli. Stringeva in mano
Draco Malfoy, contrariamente alle nostre aspettative, non
stava pregando Dei Babbani di
salvarlo dal suo destino, promettendo che avrebbe gestito un allevamento
industriale di Vermicoli se il capitano della squadra
avesse improvvisamente deciso che quel giorno per motivi ignoti non ci si poteva
allenare, ma con molta noncuranza si era incamminato verso lo stadio con il
resto dei giocatori.
A mente fredda aveva infatti
riflettuto e concordato con se stesso che chiarire la situazione con Potter era
la cosa giusta da fare, aveva protratto le cose troppo per le lunghe. Non
sapeva spiegarsi il perché ma, nonostante l’avesse respinto per un anno intero,
non gli aveva mai detto schiettamente di sparire dalla sua vita. Non ci era
riuscito. Quell’occasione però era troppo buona per non essere sfruttata, lo
avrebbe cacciato in modo crudele, tanto crudele da potersi finalmente sentire
appagato e poter dire, dopo un intero anno di attesa, che la sua vendetta era
completata. Sembrava che Potter fosse innamorato di lui, e Draco era deciso a
strappargli il cuore con le sue stesse mani. Harry Potter non sarebbe stato più
in grado di essere felice dopo quello che gli avrebbe
fatto, come lui non riusciva più a sentirsi vivo dopo che il Salvatore del
Mondo Magico lo aveva privato di ciò che di più caro aveva.
Quando il biondo attraversò con la squadra l’entrata dello
Stadio di Quidditch, fu l’unico a non dire a Potter di sparire. Si limitò a far
incontrare il suo sguardo con quello dell’altro, deciso a mostrargli quanto odio covasse dentro di lui. Harry sentì un brivido salirgli
su per la schiena a quella vista, e le certezze precedenti sembrarono sparire.
Durante tutto l’allenamento rimase lì a chiedersi cosa fosse successo per
arrivare a quel punto. La sua Nemesi, con la quale per anni aveva giocato a
“Vediamo chi è più cattivo?”, aveva preso ad odiarlo davvero. La persona che
amava aveva preso ad odiarlo davvero. E lui non sapeva né perché, né era a
conoscenza del modo per ribaltare la situazione.
Non avrebbe mai voluto dirlo, ma probabilmente aveva fatto un errore. Lui, Harry Potter, il Re di Hogwarts, aveva sbagliato. Ormai non era più lì per riuscire a conquistare Draco Malfoy, ma solo per chiedergli di non odiarlo. Solo quello. Sorrise, sapendo di venir meno a parte della sua promessa, e ammonì se stesso dicendo che solo per quella volta avrebbe lasciato correre. Solo per quella volta. Il sorriso di trasformò in una sottile smorfia quando si rese conto di essere sceso a patti con se stesso: anche quello non sarebbe dovuto succedere. In un solo giorno, o meglio, in una sola ora, aveva infranto due volte i suoi comandamenti per colpa di Draco Malfoy. Forse avrebbe dovuto lasciarlo perdere, ma non poteva, sia perché non ce l’avrebbe fatta sia perché anche quello andava contro il regolamento.
Non avrebbe mai lavorato al Ministero, mai. Con le grandi
capacità che aveva nell’emanare leggi avrebbe creato discordanza anche su una
Costituzione formata da un solo articolo…
Per ammazzare non tanto la noia ma i suoi
pensieri decise di concentrarsi sull’allenamento…
Draco Malfoy era un bravo Cercatore ma,
conoscendo il suo carattere, Harry spesso si era chiesto come facesse a
resistere. Nel corso dei sette anni aveva avuto ampi margini di miglioramento
e, nelle partite contro Corvonero e Tassorosso, tutta
la squadra ormai contava su una vittoria certa attribuendo, già dall’inizio
della partita, 150 punti sicuri a quelli che sarebbero stati fatti in seguito.
Quando però l’incontro era con i Grifondoro le cose
cambiavano: tutti sapevano che Malfoy contro Harry non ce l’avrebbe
mai fatta e, da due anni a quella parte, il biondo cercava costantemente di far
vincere la sua squadra solo ostacolando Potter nella presa del Boccino. Non
perdeva neanche più tempo a cercarlo lui stesso, tentando di sottrarglielo in
uno scontro sulle scope. Nell’ultima partita la strategia di Draco stava quasi
per funzionare, solo per 10 punti i Serpeverde non avevano vinto a discapito
della conquista del Boccino da parte della squadra avversaria. Decisamente però
iniziare
Lui, probabilmente, avrebbe lasciato la squadra in quella
situazione. Eppure la sua Nemesi era rimasta e in quel momento, entusiasmato
per una presa abbastanza difficile appena compiuta, esultava come se il
“fattore Potter” non esistesse. Harry rimproverò se stesso di esagerare quando la sua mente venne attraversata dal
pensiero che per Draco, come in un incontro di Quidditch, la sua mancanza
avrebbe costituito solo un motivo in più per essere felici. Bene, adesso ci si
metteva anche la tristezza… Altra infrazione. Era arrivato a
quota tre e l’allenamento dei Serpeverde non era ancora terminato.
Maledì Draco Malfoy e giurò che, se avesse commesso altri errori nei prossimi
trentotto minuti, avrebbe posto fine alla sua vita lanciandosi dagli spalti.
Tornò a guardare il campo e scosse la testa, affrettandosi a scendere le scale
e a sistemarsi davanti all’uscita, ovvero allo stesso piano del campo. Qualcosa
gli diceva che sfidare così la sorte era da stupidi…
Quarantacinque minuti dopo, con un ritardo di sette minuti e
qualche secondo, i Serpeverde, con profondo piacere di Harry, decisero che per
quel giorno poteva bastare e si diressero in massa negli spogliatoi. Solo una
figura saettante continuò a volare, anche quando gli altri sei compagni lo
salutarono, diretti al Castello dove probabilmente arano
attesi dai libri: gli esami si avvicinavano…
Draco Malfoy, prima scendere di quota e toccare terra con i
piedi, si
concesse altri cinque minuti in volo sulla scopa per riordinarsi le idee e non,
come probabilmente avevate pensato, cercando di stabilire se fosse il caso di
scappare il più lontano possibile da Potter. Aveva una vendetta da portare a
termine, lui…
Quando però furono l’uno di fronte all’altro e poté
guardarlo negli occhi, Draco sentì le sue certezze allontanarsi. Harry era lì,
davanti a lui, e lo fissava con lo stesso sguardo che lui stesso gli aveva
riservato per l’intero anno. Dimenticò improvvisamente tutto il discorso che
aveva preparato in precedenza, conscio del fatto che
una parte di lui, in qualche modo più forte della sua rabbia, voleva sapere
cosa Potter aveva da dirgli e voleva ascoltare per intero quella dichiarazione
d’amore, immaginando che a fargliela fosse proprio la persona che amava.
Scena romantica, direte? No… Decisamente no.
A Draco non piacquero le parole che risuonarono in quei
pochi minuti all’interno dello Stadio, perché sapeva che la persona che amava
si sarebbe rivolta a lui in altro modo, e avrebbe detto altre cose. Davanti a
lui nella realtà c’era Potter, il ragazzo a cui avrebbe dovuto strappare il
cuore con le mani, e a cui invece aveva permesso di fargli nuovamente del male.
Odiò se stesso per essersi ridotto così. Fu la classica goccia che fa traboccare il vaso: non si rese neanche conto, il calmo e
riflessivo Serpeverde, di ciò che successe dopo. Una parte di lui che aveva represso da sempre, il sentimento che inizialmente non
sapeva di poter provare, ma che poi aveva condizionato indirettamente il suo
ultimo anno di vita, sembrò prendere comando della sua persona. Il dolore che
provava, misto alla rabbia che nutriva verso se stesso in quel momento, si
riversò contro Potter e dalle sue labbra uscì la verità, quella realtà che
Draco Malfoy aveva giurato di tenere per se stesso. Harry se ne accorse troppo
tardi, quando il discorso aveva sfortunatamente per lui, già preso la piega
decisiva.
-Potter, credevo di avertelo fatto capire
ma a quanto pare devo sbattere la verità davanti a quegli occhioni verdi per portarti alla comprensione… L’unico
interesse che provo per te è legato al desiderio di renderti la vita
impossibile… In questo sciocco mondo che tu hai ricreato –hai sentito bene, non
salvato ma ricreato– il mio compito risulta essere
difficile, quasi impossibile. Credimi, mi sto impegnando molto, non sono uno
che lavora meno del dovuto, veramente ci sto provando… Ma
ho capito che, almeno per il momento, mi tocca aspettare. Mi chiedi il perché
del mio comportamento? E’ facile… Oltre il compito che mi sono dato, sugli
altri fronti per me non esisti.
-Non è stato sempre così…- Harry sentì il bisogno di
spostare lo sguardo verso terra nel pronunciare quella frase. Ciò gli impedì di
notare sia lo sbandamento dell’altro sia la sua velocissima ripresa.
-Potter, tu non hai pronunciato questa frase…
-Cosa?- Il tono di Harry non riuscì a mascherare la
sorpresa.
-Credo tu sia la persona che meno possa
parlare da questo punto di vista Potter… Visto che io non ti conosco…
-Non esisto… Non mi conosci… Belle parole Malfoy,
complimenti. Forse in un bel libro farebbero la loro scena ma
qui io sto parlando con te. Tutto ciò che hai detto è irrimediabilmente falso.
Per quanto tu possa desiderare il contrario, io
esisto…soprattutto per te. Vuoi scappare? Fallo, se credi, ma sarebbe inutile.
Anche nel più remoto angolo della Terra, finché ci sarà un mago, sentirai
pronunciare il mio nome. Potrai fuggire di gente in gente, fino a trovare un
antro deserto in cui passare il resto dei tuoi giorni in solitudine se il solo
pensiero di sentire una voce pronunciare il mio nome ti fa tanto schifo, ma non
cambierà comunque niente. Per sei anni sono stato la tua ossessione Malfoy,
ammettilo. Hai provato quello che ho provato io… Tu mi conosci meglio di
chiunque altro, e ciò perché tu hai voluto sapere tutto di me… Non resisteresti
neanche un giorno non pensandomi. Tu vivi di me… Come io vivo di te,
naturalmente.
-Tu non capisci Potter, non hai la minima idea di ciò che
stai dicendo… Quanto vorrei che fosse vero però.
-Cosa?
-…- Non rispose, conscio del fatto che si stava tradendo ma
che in realtà non voleva smettere ancora di parlare.
-Che cosa vorresti che fosse vero?
-Niente Potter, niente che ormai abbia più importanza… Sappi
solo che di me, e anche di te, non hai compreso nulla…
-Sono stanco Draco, davvero stanco, soprattutto dei tuoi
stupidi giochi di parole. Forse è vero quello che si dice in giro: mentre il
resto del mondo mi ringrazia per aver ucciso Voldemort, tu non esulti perché
stavi con loro…con i Mangiamorte.
Ho sempre pensato che non fosse possibile, sentivo che non
ti saresti unito alla schiera del Signore Oscuro.
Magari è così però… Almeno si
spiegherebbe il perché quest’anno sembri odiarmi così profondamente.
Dì, Malfoy…sulla tua candida pelle troverò il Marchio Nero?
Come ti sta? Fa contrasto con la carnagione chiara o deturpa il tuo splendore…?
Fammi vedere…
-Non mi toccare Potter, non lo fare…- Draco si ritrasse
immediatamente da quel ragazzo che, per i suoi gusti, si era avvicinato troppo.
Ciò non bastò ad impedire ad Harry di serrargli in una
morsa il braccio incriminato.
Gli sembrava di averlo di pugno, di avere in pugno il
biondo; fece incontrare i loro sguardi e gli sussurrò nell’orecchio ciò che
pensava in quel momento.
La reazione fu alquanto brusca e totalmente inaspettata:
mentre Potter era a terra, impegnato a massaggiarsi il collo su cui il Malfoy
aveva fatto presa per allontanarlo, vide il mantello della divisa da Quidditch
dell’altro cadere a terra. Quando finalmente si rialzò
le estremità delle maniche della camicia erano già state sollevate quasi fino
alla spalla. In quegli occhi grigi poi, non solo Harry ma chiunque, avrebbe
potuto leggere rabbia.
-Contento Potter, non c’è niente, niente! Ti odio soltanto
perché mi hai tolto l’unico motivo che mi abbia mai fatto desiderare la fine
della guerra.
-Cosa?
-Non cosa, chi! Agli altri hai donato la gioia, la speranza
di una nuova vita ma a me hai sottratto tutto. Non me
lo meritavo, ma tu forse hai creduto il contrario… Io so solo che non è giusto!
Tu lotti contro le ingiustizie, è il motto del “Potteresimo”,
o come diavolo hai deciso di chiamare la tua dottrina, quindi credo che tu mi possa capire. Ti odio Potter, mentre amavo chi hai ucciso…
Mi dispiace, ma questa è la verità, e ciò che faccio è il minimo per rendere
onore alla sua memoria… Basta Potter, io me ne vado. Impara a perdere, e
mettiti l’anima in pace…
-…- Non sapeva cosa dire, le parole di Draco si
accavallavano le une sull’altre ad ogni colpo ricevuto
dal suo orgoglio.
-Non hai capito, vero?
-…- No, non aveva capito.
-Impara a perdere…il mio scopo, da oggi in poi, sarà quello
di renderti più facile l’apprendimento.
-Grazie dell’avvertimento allora… Terrò le spalle coperte.
Sperò di vedere le labbra dell’altro incresparsi in un sorriso ma non fu possibile… il biondo dopo aver pronunciato
le ultime parole era già sparito al di là dello Stadio.
“Ecco giungere il solo col potere di sconfiggere l’Oscuro
Signore, nato sull’estinguersi del settimo mese… L’Oscuro Signore lo designerà
come suo eguale, ma egli avrà un potere a lui sconosciuto…
E l’uno dovrà morire per mano dell’altro, perché nessuno dei
due può vivere se l’altro sopravvive…
Il solo col potere di sconfiggere l’Oscuro Signore nascerà
all’estinguersi del settimo mese…”
Harry Potter aveva ascoltato per la prima e ultima volta quella profezia circa due anni prima, eppure la ricordava
ancora perfettamente. Spesso si era chiesto perché questa sua abilità non si
era estesa anche alla Storia della Magia, ma successivamente aveva compreso che
A meno che in un prossimo futuro non avesse deciso di tentare
la fortuna partecipando ad un quiz radiofonico e il nome dei sette goblin che morirono per il bene comune non fosse il domandone finale,
naturalmente…
Eppure, tornando in argomento, la sera in cui ascoltò la
profezia fu quella che, in seguito, gli fece comprendere finalmente tutto.
Dal suo approdo nello sconosciuto fino a qualche momento
prima Mondo della Magia era stato costantemente invischiato in situazioni che
non gli erano proprie, vedi scontri con esseri spaventosi quali Voldemort, Dissennatori, Piton… No, forse il
professore di Pozioni non faceva testo…
Più di tutto però a condizionare la sua vita era stata la
consapevolezza che l’intero mondo pensasse che lui era
la persona giusta per quelle situazioni. Il bambino sopravvissuto. Nient’altro.
Nulla contava il fatto che per undici anni non avesse saputo di essere una tale
“figura di spicco”, che al suo arrivo ad Hogwarts non
conoscesse un’acca di Magia e che, rispetto a molti suoi coetanei, era meno
forte, agile, e intelligente.
Erano dettagli, lui era il bambino sopravvissuto. E stop.
Questa costante, il sentirsi qualcuno diverso da ciò che
pensava la gente, lo aveva decisamente condizionato per tutta la sua vita: a
nulla erano servite le vittorie successive, in quanto la fortuna gli era stata
molto amica e l’aiuto provvidenziale di altri lo aveva salvato in parecchie
situazioni.
Era cresciuto insicuro, timido, umile… Dannatamente debole,
avrebbe detto l’Harry di oggi.
Quello di cui nessuno era mai stato
a conoscenza è che, la stessa sera dopo l’avventura della Sezione Misteri,
aveva deciso di farla finita. Si sarebbe ucciso, sicchè nessuno l’ avrebbe più
caricato di fardelli così pesanti da portare.
Harry, disteso sul suo letto dopo il discorso con Draco,
ringraziò mentalmente il caso che gli evitò, due anni prima, di porre fine alla
sua vita. La fatalità, in quella specifica situazione, prende il più comune e
consono nome di “rissa contro i Serpeverde”. Trascendendo il fatto che ne aveva
prese così tante da non avere neanche più la forza di farsi del male, quella
era stata la sua salvezza.
Dolorante, quella sera, Harry Potter aveva preso la sua
decisione. Il destino aveva predetto uno scontro contro Voldemort e lui al
momento fatale ci sarebbe stato. Da lì, se fosse morto
–e pregava di ricevere solo un Avada Kedavra che, a quanto sapeva, era istantaneo e quindi non
gli avrebbe provocato alcun dolore– sarebbe stato
ricordato come un martire, e forse finalmente la stupida popolazione dei Maghi
avrebbe compreso che se era un adolescente forse era anche perché aveva le
abilità di un adolescente. Magari qualcuno di sarebbe passato una mano sulla
coscienza dicendo “Come abbiamo fatto a condurre a morte certa un ragazzino?”.
Proprio quello che voleva.
Se invece avesse ucciso Voldemort –magari il Signore Oscuro
per un fortuito caso avrebbe avuto in dotazione una bacchetta in precarie
condizioni e così avrebbe fatto cilecca scagliandosi addosso
un incantesimo destinato a lui– sarebbe
tornato ad Hogwarts, e nel Mondo, godendosi tutti gli onori e, finalmente, avrebbe
detto addio a tutto ciò che era stato fino ad allora.
Abbandonare i dubbi, le incertezze, le paure e tutte le
debolezze che aveva sarebbe stato al primo posto tra le priorità del Salvatore
del Mondo Magico.
Sarebbe diventato ricchissimo, avrebbe fatto l’Auror sterminando gli ultimi rimasugli della feccia della
Magia e avrebbe vissuto felice e contento per tutta la vita.
Ah, avrebbe anche conquistato il cuore di Draco Malfoy
naturalmente, il ragazzo che per tutto il quinto anno gli aveva occupato i pensieri
e a cui, fino al momento decisivo della lotta contro Voldemort, non avrebbe mai
potuto rivolgersi nei termini che voleva.
Sapeva già cosa gli avrebbe detto al momento della
dichiarazione e il biondo l’avrebbe visto con occhi diversi: non sarebbero più
esistiti tutti quegli elementi alla base degli insulti che gli rivolgeva ma sarebbe caduto ai suoi piedi. Anche Draco
Malfoy, in quel modo, sarebbe vissuto felice e contento con lui.
Solennemente giurò che avrebbe raggiunto tutti questi
obiettivi se fosse sopravvissuto, la sua anima sarebbe stata macchiata solo da
due omicidi: Voldemort e Harry Potter.
Stranamente quella notte di due anni prima il Bambino
Sopravvissuto si era addormentato fremendo di aspettativa all’incontro con il
suo peggior nemico.
Harry sorrise,
tornando alla realtà da quel flash-back serale, rigirandosi sotto il sottile
lenzuolo di cotone e sapendo finalmente a chi si riferiva Draco Malfoy. Che
fare adesso? Rinunciare a se stesso per Draco, o rinunciare a Draco per se
stesso?
La scelta era dannatamente difficile…
Forse però avrebbe potuto avere entrambi, l’importante era
far credere il contrario al biondo… Ce la poteva fare. Chiuse gli occhi
imponendosi di dormire, si era dato un altro giorno per riportare la situazione
nelle sue mani. Trema, Draco Malfoy, trema…
L’8 maggio era una data attesa da tutti gli studenti ad Hogwarts in quanto segnava la fine delle lezioni, quindi
Harry, deciso a conquistare Draco Malfoy, diede il buongiorno al sole mattutino
con più entusiasmo del solito. Non avendo nessun impegno si prefissò come
obiettivo immediato trovare la sua ex-nemesi e vedere come si comportava, così
per sondare un po’ il territorio. Nella Sala Grande non riuscì
però ad individuarlo tra le file verdi-argento così, dopo aver trangugiato
di fretta tutto ciò che era commestibile nel suo piatto –le verdure non
rientravano nella categoria-, decise di provare a cercarlo nei giardini della
Scuola dove molto studenti, con l’arrivo degli esami, si riunivano per ripetere
insieme gli ultimi argomenti sotto l’ombra degli alberi, scampando così al
caldo torrido. L’ispezione non ebbe buon esito neanche lì e l’improvvisato
investigatore, dopo aver ispezionato anche
Non accadde, la porta si aprì solo per permettere l’uscita
ai più veloci di forchetta o, a seconda dei casi, ai
più scapestrati che, fino ad allora, non avevano ripetuto niente…
Nel pomeriggio, sfortunatamente, dovette interrompere le
ricerche per occuparsi dell’allestimento della Sala Grande dove, quella sera,
si sarebbe tenuta una festa per i quasi neo-Maghi professionisti. L’idea era
stata di Dean Thomas che,
durante una crisi di nervi, dopo aver gettato nel lago tutti
i suoi libri –con profondo rammarico della Piovra Gigante che sperava in
qualche panino al formaggio- aveva asserito che prima della conclusione degli
Esami almeno il trenta per cento degli studenti dell’ultimo anno si sarebbero
suicidati nel loro Dormitorio impiccandosi con i lacci delle scarpe. Quindi,
motivato dai buoni sentimenti e conscio del fatto che,
almeno a suo parere, la vita di buona parte dei suoi compagni dipendeva da lui,
Thomas aveva fatto intercedere Harry con Silente e
così i due Grifondoro si erano assunti la
responsabilità di organizzare una festa, off-limits per coloro non del settimo
anno, per far divertite tutti quei poveri studenti stressati dai dallo studio.
Ci mise circa mezz’ora Potter a dissuadere l’amico dal preparare la base per un
falò con i libri di testo in quanto, per quanto fosse un’idea affascinante, non
rientrava nei canoni delle attrazioni consentite dalla Scuola, ma verso le
sette di quel pomeriggio, grazie all’aiuto di volontari e della Magia, tutto
era pronto.
Più o meno a quell’ora Draco Malfoy usciva dall’infermeria
dove Madama Chips l’aveva costretto a rimanere fino
ad allora e per tutta la notte precedente. “Stress causato dal troppo studio”
aveva dichiarato la donna costringendolo a prendere una pozione calmante e a
dormire un po’ quando, dopo l’incontro con Potter, si era sentito leggermente
mancare nel corridoio. Solo dopo averlo
tenuto in osservazione per un numero di ore che non aveva neanche voglia di
contare e aver chiesto a testimoni se il suo colorito pallido fosse naturale o dovuto ad anemia, si era decisa a lasciarlo
andare, consigliandogli però chiaramente di partecipare alla festa per l’Ultimo
Anno in Sala Grande, anche se per poco.
L’idea di andarci sinceramente non lo entusiasmava molto, ma
forse aveva realmente bisogno di rilassarsi, anche se a causa dello stress
c’era qualcuno in particolare più che lo studio. Con il pensiero che rimanere
in Dormitorio da solo non fosse sano per la sua salute
mentale si avviò in camera a studiare un po’ e, insieme a Pansy
Parkinson e a Blaise Zabini, alle dieci di quella
sera, si avviò per prendere parte al grande evento.
Chissà, magari avrebbe visto Potter e avrebbe potuto sondare
gli effetti della sua vendetta…
O solo chissà, magari avrebbe visto Potter…
Ma non lo avrebbe ammesso mai.
Come volevasi dimostrare, avrebbe fatto meglio a restare in
Dormitorio: le feste non facevano per lui, specialmente
quando il suo umore non era dei migliori. Iniziò a sentirsi un po’
meglio solo quando i suoi due amici, dopo essersi
dimenati sulla pista da ballo fino alla completa immobilità dei piedi, lo
raggiunsero sul divano vicino al fuoco –le fiamme, in vista dell’estate,
emanavano un vago sentore di menta e magicamente diffondevano aria fresca- ,
portandogli un bel boccale di Burrobirra. L’argomento
verté immediatamente sul loro piccolo grande progetto per l’estate: Pansy Parkinson, Draco Malfoy e
Blaise Zabini avevano pagato pochi giorni prima la loro quota per il concerto
delle Sorelle Stravagarie che si sarebbe tenuto a
Dublino. Sarebbero partiti circa una settimana in anticipo per la città con in tasca solo la bacchetta e quanti più soldi fossero
riusciti a portare con loro: niente prenotazione Hotel, niente valige, né
simili, sarebbe stata una vacanza all’insegna dell’avventura. Tutti e tre,
mentre ridacchiavano al pensiero del programma stabilito, pensavano tra loro
che sicuramente avrebbero avuto molte difficoltà e che, probabilmente, per la
maggior parte del tempo avrebbero rimpianto di non avere niente di organizzato,
ma nessuno parlò aspettando che fosse l’altro a farlo. Speranza vana…
Continuarono a girarci attorno con aria di sfida lasciando cadere piccole
allusioni che però nessuno raccolse.
Harry Potter, che aveva appena finito di piazzare una Linea
dell’Età davanti all’ingresso, dopo aver cacciato dalla stanza circa una
quarantina di ragazzi tra quarto, quinto e sesto anno, era più o meno dello
stesso avviso di Draco: non si sarebbe divertito quella sera, tra il suo lavoro
di buttafuori e la stizza di non esser riuscito a vedere il biondo quel giorno.
Appena vide un ragazzo tentare di entrare ed esser sbalzato
da una forza invisibile direttamente fuori dalla
Scuola, si sentì meglio e decise di concedersi un po’ di riposo. I posti
migliori, quelli vicino al fuoco da lui modificato in versione estiva, erano
già occupati, ma il suo malcontento svanì nel nulla quando
si rese conto di chi si fosse seduto lì. Malfoy, che sarebbe stato il prossimo
protagonista di “Chi l’ha visto?” se Harry non lo avesse scovato neanche il
giorno dopo, era attorniato dai suoi due amici e discuteva animatamente con
loro riguardo ad una vacanza. Si sistemò all’angolo del camino, seminascosto
dal buio ma in un punto in cui il biondo avesse potuto
scorgerlo e gli fece cenno di saluto con la mano.
L’altro lo vide, ma non rispose. Harry, per nulla
preoccupato, gli fece cenno con i capo di andare
fuori, ma l’altro scosse la testa indicandogli con lo sguardo i suoi amici.
Harry ripeté il cenno con il capo, congiungendo le mani in segno di preghiera.
Il biondo sbuffò, disse qualcosa a Blaise e Pansy e
si diresse verso di lui. Insieme, pochi minuti dopo, erano in una delle aule
della scuola.
-Bella la festa, eh?- Harry cercava un qualsiasi argomento
per fare conversazione.
-Dimmi quello che mi devi dire e facciamola finita Potter-
fu la risposta di Draco, per niente interessato a stabilire il grado di
divertimento che potesse avere una festa per Maghi
professionisti non ancora professionisti.
-Eri innamorato di me?- Se Draco voleva passare ai fatti,
lui sarebbe passato ai fatti.
-Si.- Nessun tentennamento da parte di Draco alla recente
scoperta. Harry stava quasi per offendersi, ma si rese conto che il tono del
suo nemico era identico a quello da lui usato il pomeriggio scorso
mentre si stava dichiarando.
-E adesso?
-Adesso ti odio… Di ciò che mi piaceva di te non è rimasto
più niente.
-Harry ha deciso da solo cosa
eliminare di se stesso…
-…
Forse aveva sbagliato a dirlo. Anzi, sicuramente aveva
sbagliato a dirlo, ma non sapeva decisamente come comportarsi. Draco voleva
qualcosa che non poteva dargli.
-E di ciò che è restato? Non ti piace niente?
-No. Niente.
Ecco, glielo aveva confermato anche lui, del vecchio Harry
era rimasto poco più che il fisico. Draco si voltò, indeciso tra il tornare
nella Sala Grande o in Dormitorio, ma sicuro di
volersi allontanare da Potter. Quest’ultimo lo guardò muovere i primi passi
verso il corridoio, sentendosi immediatamente infelice e impotente.
Maledettamente debole.
Maledettamente debole?
Prima del sesto anno era maledettamente debole… Cosa stava
accadendo?
Improvvisamente capì, conscio del fatto che il suo piano
stava per andare in fumo e che, tra Draco e se stesso, aveva scelto Draco.
-Fermati, stai facendo un errore…
-Cosa?- Draco tornò sui suoi passi con lentezza smisurata.
-Qualcosa del vecchio Harry è rimasta…
-Il peggio probabilmente…
-Devo presupporre che il fatto che io sia praticamente
innamorato di te da due anni non conti nulla?
-Bugiardo…
Fece per andarsene, stavolta sul serio, stanco di sentire le
menzogne del ragazzo.
-SEI TU IL BUGIARDO, MALFOY!- fu l’urlo che riecheggiò per i
corridoi.
-Abbassa la voce…e sparisci.- Lo sguardo gelido non attese a
mostrarsi.
-Se fossi davvero innamorato di me come dici non te ne andresti Draco… Se fossi davvero innamorato
continueresti a lottare per riavere il ragazzo che ami.
-Lui è morto…
-E’ qui invece… è la parte di me,
quella debole, che continua ad esistere. Io sono qui, Draco. Insegnami a
perdere.
Pochi secondi dopo due labbra sfiorarono le sue. Harry,
entrambi i due Harry, pregarono che quel contatto non finisse mai… Era ora di
imparare a perdere e, se quelli erano gli incentivi, avrebbe appreso molto
volentieri.
Vorrei dire che da quel momento vissero
felici e contenti, ma non fu così. Litigarono spesso arrivando anche alle mani,
si presero lunghi periodi di pausa e continuarono ad offendersi pesantemente l’un l’altro. Posso dire, però che restarono per sempre insieme
e la loro vita, nonostante tutto, prese una piega piuttosto piacevole.
5 anni dopo: riunione ex alunni Hogwarts. Qualcuno aveva
avuto la brillante idea di ricostruire le Squadre di Quidditch di Grifondoro e Serpeverde per un incontro amichevole. Risultato?
-Potter, è finita!
-Cosa?- Harry, sotto la doccia degli Spogliatoi, era troppo
occupato a maledirsi per aver rovesciato il poco shampoo rimasto sul pavimento
per starlo a sentire.
-Mi hai sentito, ho detto che è finita! Ti mollo! Addio!
-E perché, di grazia?
-Hai preso il Boccino!- Draco sembrava esasperato e di certo
era incazzato.
-E allora?
-Come allora? Hai vinto, porca miseria!- Draco era molto incazzato.
-Draco…sono impegnato al momento.- I capelli di qualcun
altro avevano infatti intasato lo scorrimento
dell’acqua. - Spiegati meglio, sono certo che ce la puoi fare!
- H-A-I V-I-N-T-O! Che altro devo
dire? Come hai potuto?
-Prendendo il boccino probabilmente, dopo quello splendido
giro della morte…
-Non intendevo come nel senso di come…il punto è che hai
vinto, Potter.
-E?
-E! Mi avevi promesso che avresti imparato a perdere!
-Aaaah…quello! Ma che c’entra scusa? Non
mi pare di aver raggiunto un accordo con te riguardo a questa partita… Comunque
se farti avere quei 150 punti in più avesse significato renderti più capace in
cucina avrei perso senza alcuna esitazione…
-Primo punto: Abbassa la voce, qualcuno potrebbe sentirti.
Secondo punto, anzi primo: Hai infranto i patti, e lo sapevi. Sei un bastardo.
-Draco, io ho sempre vinto contro di te…fin dal primo anno!
-Non c’entra niente!!!
-E poi, da quanto in qua, imparare a perdere comprende anche
regalare 150 punti alla Squadra di Serpeverde in una partita amichevole?
-Lo comprende, punto e basta!
-Mi sorge il dubbio che tu abbia inventato tutto quel casino
dell’importanza del perdere solo per aggiudicarti la
ragione in situazioni come questa…
-Bè, anche…
-COSA????- Harry uscì di corsa
fuori dalle docce con un asciugamano addosso. Non riuscì mai a prendere Draco
perché scivolò sullo shampoo che precedentemente aveva fatto cadere.
-Ehm…Harry? Ti sei fatto male?
-Noooo Draco…sto imparando a perdere.
-Ok allora…io vado a pranzo. Bye bye.- lo salutò con la mano lasciandolo a terra, mezzo
svestito.
Il suo provvidenziale allontanamento permise a Draco di
evitare l’ascolto di insulti da più di sedici lettere rivolti a lui…
FINE