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Autore: kbinnz    11/02/2011    21 recensioni
One-shot AU sulla prima punizione di Harry con Piton.
Prendete un ragazzo maltrattato, un uomo male informato, mescolate bene e guardate cosa succede.
Continua in "Harry's New Home".
Genere: Comico, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Albus Silente, Harry Potter, Minerva McGranitt, Severus Piton
Note: Traduzione, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Primi anni ad Hogwarts/Libri 1-4
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Note della traduttrice: Qui, dalla torre di controllo, chi vi parla è Elos. Questa storia è la traduzione di una storia inglese (l'originale della quale può essere liberamente letto qui), che l'autrice ha permesso gentilmente di traslare in italiano e di pubblicare su EFP.
Si ringrazia l'autrice, kbinnz, per la rapidità e meravigliosa cortesia nelle risposte e, soprattutto, per aver
pensato una storia così.
Un ringraziamento sentitissimo anche a Salice, che si è prestata a far da beta ad un'ora infame di notte.
Questo racconto è una one-shot che fa da preludio ad una storia molto più lunga, Harry's New Home, che ho già iniziato a tradurre e il primo capitolo della quale pubblicherò quanto prima.
Per le note alla traduzione, si rimanda a fondo pagina!





Il professor Piton guardò con soddisfazione la piccola testa scura che, laboriosamente china sulla pergamena, era intenta a scrivere. Provava sempre un certo piacere nell'assegnare la prima punizione Grifondoro dell'anno: ma essere in grado, quest'anno, di assegnarla al Moccioso-Che-Era-Sopravvissuto era particolarmente delizioso. La consapevolezza di essere stato responsabile per la prima vera punizione del piccolo mostro ad Hogwarts l'avrebbe mantenuto felice per giorni.
La McGranitt aveva, prevedibilmente, protestato che era troppo severo assegnare una punizione alla prima lezione del primo anno, soprattutto perché aveva sentito dai suoi spettegolanti piccoli leoni che Harry in realtà non aveva fatto niente, ma Silente, con un'indecifrabile occhiata a Severus, aveva gentilmente affermato “Sono sicuro che Severus non abuserebbe mai del sistema delle punizioni.” Minerva si era ammutolita a quel punto; ma Severus aveva correttamente interpretato le vaghe parole come l'avvertimento che erano effettivamente state.
Era tipico del vecchio sciocco, favorire il moccioso Potter, schierarsi con lui contro Severus. Sarebbero stati sette lunghi anni con il Preside ovviamente intenzionato a favorire il ragazzo - anche quando questo significava prendere platealmente le parti di uno studente a sfavore di un professore. Certo, Piton strinse i denti al pensiero, non c'era nulla di nuovo nello schierarsi di Silente con un Potter contro un Piton. Severus supponeva che fosse fortunato che questo Potter non avesse ancora cercato di ucciderlo. Be', forse, se avesse terrificato il moccioso sin dall'inizio, Potter se ne starebbe stato alla larga da lui da lì in avanti. Solo perché Severus aveva giurato di proteggere il piccolo mostro questo non significava che dovesse essere gentile nei suoi confronti o – lungi da lui! - che dovesse piacergli.
Snape rivolse la propria attenzione alla pila di compiti che aveva di fronte. Vediamo quel che ha fatto il ragazzo. Con un po' di fortuna potrebbe aver ereditato le capacità scolastiche di sua madre.

Harry si mosse a disagio sulla dura sedia di legno e soffocò un sospiro. Forse il professore aveva fatto un incantesimo a quegli sgabelli per renderli particolarmente scomodi? No, ad essere sinceri, Harry era stato incapace di sedere comodamente sin dalle percosse di “addio” dello zio Vernon: i colpi, mescolati ad una sequela di minacce riguardanti cosa accadeva agli scherzi di natura che si mostravano ingrati verso le loro famiglie, avevano lasciato il suo posteriore scorticato, e questa punizione si stava svolgendo alla fine di una lunga giornata, nel corso della quale era stato spesso forzato a sedersi sul suo sedere sempre più dolorante.
Almeno alcune delle lezioni - come Pozioni - prevedevano che gli studenti restassero in piedi per parte del tempo, mentre gli insegnanti li chiamavano attorno a sé per osservare una dimostrazione o facevano loro sperimentare un po' di magia pratica. Ma per questa punizione il professor Piton aveva semplicemente indicato un tavolo con una pergamena e dell'inchiostro già pronti e gli aveva freddamente ordinato di cominciare a copiare le linee sulla lavagna. Se Harry non ne avesse terminate 400 prima della fine della punizione, ne avrebbe ricevuta un'altra, aveva minacciato Piton, così Harry si era seduto in fretta - ouch! - ed aveva cominciato. Adesso, circa due ore più tardi, il dolore nel suo posteriore stava diventando difficile da ignorare. Harry spostò il proprio peso da una natica all'altra e provò a non sussultare.
Non era ancora del tutto certo del perché Ron fosse stato così arrabbiato al posto suo: dopotutto, Piton non aveva fatto nulla di così inusuale. Harry era abituato ad essere preso di mira a scuola - dopo che la zia Petunia aveva tenuto i suoi soliti incontri genitori-insegnante e informato gli insegnanti della tendenza di Harry a creare problemi, della sua furbizia e della sua disonestà, i docenti erano sempre diffidenti nei suoi confronti. Aggiungendo tutto ciò al piacere provato da Dudley nell'incastrarlo in ogni genere di crimine, e all'altezza del secondo mese di scuola Harry era sempre il meno preferito studente dei suoi insegnanti, guadagnandosi ogni genere di critica ingiusta e punizioni immeritate. Adesso c'era abituato e lo notava appena: in verità era stato piuttosto sorpreso che Piton fosse l'unico professore - per ora - che si stesse comportando normalmente.

Piton sbatté il compito sul tavolo con un'imprecazione silenziosa. Un elfo domestico avrebbe potuto fare un lavoro migliore di quello che il cucciolo di Potter aveva fatto, e il ratto deforme di Weasley avrebbe avuto una migliore grafia. Nessuno era così inetto - chiaramente il moccioso aveva deliberatamente consegnato un lavoro esecrabile solo per dimostrare il suo disgusto per la lezione... e per il suo insegnante.
Piton si sforzò di calmarsi. Solo perché il moccioso assomigliava a James Potter e si comportava come James Potter, questo non voleva dire che... oh, al diavolo. Certo che voleva dire questo. Il ragazzo era un clone di suo padre e avrebbe fatto tutto quel che era in suo potere per tormentare Piton. L'unica differenza era che Piton ora - almeno - era perfettamente in grado di proteggersi. Non era più un perdente senza amici che potesse essere facilmente preso di mira e angariato: questa generazione di Potter avrebbe scoperto quando dolce potesse essere la vendetta per un Serpeverde paziente. C'era un limite a quanto Silente potesse proteggere il ragazzo, specialmente se voleva che Piton continuasse a recitare il ruolo della spia. Dopotutto, era previsto che lui detestasse Il-Ragazzo-Che-Era-Sopravvissuto, no? Se Silente avesse protestato, Piton avrebbe sempre potuto dichiarare che stava meramente calandosi nella parte un po' troppo bene.
Piton gettò un'occhiataccia al ragazzo e si chiese a cosa stesse pensando. Suo padre o il suo padrino sarebbero stati intenti a tramare oscure vendette, a questo punto. Mentre guardava, il ragazzo si mosse irrequieto per la milionesima volta e la sua espressione si contrasse leggermente. Aha. Potter stava evidentemente progettando qualche misfatto invece di concentrarsi sulle linee che aveva di fronte: considerando che stava venendo punito per aver parlato durante la lezione e non aver prestato attenzione - si era agitato e contorto allo stesso modo per tutta la lezione - era ovviamente un testardo piccolo mostro che rifiutava di imparare dai propri errori.

Harry si fermò per contare le linee che aveva completato: a malapena 150. Era la penna d'oca - anche con le goffe lezioni di Ron, non riusciva a capire come usarla. Se solo avesse potuto avere una matita od una penna a sfera, o anche una stilografica! Ma no, qui c'erano penne d'oca e pergamena, e i Nati Babbani (o quelli che con i Babbani erano cresciuti) potevano solo arrangiarsi. Harry sospirò ancora e provò ad appoggiarsi sugli avambracci distesi, sollevando il peso dal suo posteriore. Se avesse potuto solo mettersi in piedi - forse, se avesse chiesto, il professore gli avrebbe permesso di terminare il compito in piedi davanti al banco? Ma, poi, avrebbe voluto sapere perché, e questa era una risposta alla quale Harry non voleva rispondere. Così attese un altro istante, sorreggendosi al di sopra della sedia per dare ai suoi lividi una possibilità di smettere di dolere così tanto.
“Perché non stai scrivendo?” sbottò una voce furiosa nel suo orecchio, e con un gridolino di sorpresa, Harry sussultò. Il suo sedere ripiombò nella sedia e lui riuscì a malapena a trattenere un altro urletto, questa volta di dolore.

Piton incombette sul ragazzo, deliziato per il successo ottenuto nello sgattaiolare furtivamente alle sue spalle: aveva immaginato che il ragazzo fosse perso nella terra dei sogni, ma non si sarebbe mai aspettato di essere in grado di coglierlo così alla sprovvista. Enormi occhi verdi si fissarono per un attimo, pieni di paura, nei suoi, poi si abbassarono.
Meglio così. L'ultima cosa che Piton voleva era un promemoria del fatto che questo era anche il bambino di Lily. Molto meglio che mantenesse la sua fastidiosa, irrispettosa abitudine di fissare il pavimento come se non avesse interesse in nessun altro - in questo modo era quasi esattamente come James ed era molto più facile da disprezzare.
“Tu come lo chiami, questo?” domandò gelidamente Piton, reggendo il compito del ragazzo tra due dita, come se disdegnasse di toccare una cosa così contaminata.

“E'... è il mio compito, signore,” Harry riuscì a mantenere la propria voce ferma. Diventava molto nervoso quando le persone gli sgattaiolavano alle spalle. Lo zio Vernon non era capace di riuscirci molto spesso, a causa della propria mole, ma Dudley, malgrado il suo peso, sapeva essere sorprendentemente furtivo. Provò a non tremare mentre il professore si sporgeva al di sopra della sua spalla e faceva pendere la sua pergamena di fronte a lui: era abbondantemente coperta con sgorbi di inchiostro rosso. “Pensi che io possa veramente riuscire a leggere questa grafia atroce?” lo derise Piton.
“Ha scritto dei commenti,” osservò Harry incerto, per poi sobbalzare quando Piton sbatté la pergamena sulla sua scrivania.
“Non tollererò insolenza, Potter!” la voce di Piton era un sibilo minaccioso ed Harry si fece piccolo per la paura. Quando lo zio Vernon diventava tranquillo in questo modo, inevitabilmente significava che qualcosa di veramente orribile e veramente doloroso stava per accadere.

Piton si sforzò di trarre un respiro profondo. Aveva temuto questo giorno per anni, sapendo che prima o poi avrebbe avuto il figlio di James Potter in classe. Sapendo che avrebbe dovuto insegnare al piccolo mostro. Sapendo che il ragazzo sarebbe stato precisamente il figlio di suo padre. Ed eccolo lì, dimostrando vera ognuna delle predizioni di Piton.
Nessuna scusa per il suo comportamento, nessun rammarico per i suoi illeggibili scarabocchi, solo insolenza impertinente e un fastidioso ritrarsi per evitare che l'orribile Serpeverde gli si avvicinasse troppo. Piton sentì gli ultimi nodi del proprio autrocontrollo cominciare a sfilacciarsi, e si distrasse guardando il compito assegnato al ragazzo per punizione.
Fu quasi sufficiente a spingerlo a strangolare il moccioso sul posto.
Lui aveva chiaramente scritto “Devo imparare a comportarmi quando siedo in classe.” sulla lavagna perché Potter lo copiasse. L'insopportabile mostruosità aveva scritto “Dovrei stare più attento mentre mi siedo in classe.”. Non una volta, sulla qual cosa avrebbe potuto anche sorvolare, ma centocinquanta. Aveva deliberatamente e provocatoriamente rifiutato di fare il compito assegnato.
Mai prima nella sua carriera di insegnante Severus si era trovato ad affrontare tale manifesta disobbedienza. Potter non stava neanche cercando di nascondere il proprio disprezzo. E, anche peggio, le frasi erano abbondantemente macchiate d'inchiostro - era questa la sua idea di senso di spiritosaggine? Nessuno avrebbe potuto ottenere una pergamena tanto inzaccherata accidentalmente; ma Severus era sicuro che, se avesse accusato il ragazzo di questo, Potter avrebbe protestato con la massima innocenza che era semplicemente colpa di una penna di qualità inferiore.
Almeno, lui poteva prevenire questa rivendicazione. Piton si girò e raggiunse la parte anteriore della classe. Da qualche parte nella cabina sotto al tavolo da dimostrazione aveva una penna a prova di perdita che un Nato Babbano aveva lasciato in classe qualche tempo prima. Ora, dov'era...?

Harry guardò il professore allontanarsi a grandi falcate, con il cuore che batteva follemente. Perché Piton se n'era andato così all'improvviso? Cosa aveva dimenticato? Cosa era andato a prendere? Era ovviamente rimasto scontento sia del compito di Harry che delle righe scritte per punizione, ma lui non era sicuro cosa avrebbe potuto o dovuto fare in proposito.
Aveva fatto tutto meglio che poteva. Dal suo sgabello in fondo all'aula, la lavagna era poco più che una forma indistinta; gli occhiali che la zia Petunia aveva preso per lui in un magazzino di raccolta di oggetti per poveri erano meglio che niente, ma non erano abbastanza forti da permettergli di vedere la parte anteriore della classe. Forse aveva copiato male la frase assegnata? Normalmente in classe Ron si sarebbe assicurato di bisbigliargli tutte le correzioni, ma qui, in punizione, Harry aveva pensato che non fosse opportuno chiedere. Piton certamente non era sembrato dell'umore giusto per chiacchierare, ed Harry aveva pensato che la cosa migliore fosse filare dritto al lavoro piuttosto che rischiare altri insulti per aver chiesto il permesso di sedere più vicino alla lavagna.
Harry desiderò d'aver chiesto a Ron se ai professori forse permesso picchiare gli studenti, ad Hogwarts. Ron l'avrebbe saputo di sicuro, avendo avuto tutti quei fratelli a scuola lì prima di lui. Gli insegnanti a casa non l'avevano picchiato, ma forse era solo perché sapevano che, non appena avessero spedito a casa una nota o un lamento di qualunque tipo, i Dursley si sarebbero assicurati che Harry fosse troppo dolorante per ripetere il crimine. In realtà, la maggior parte delle volte il vero colpevole era stato Dudley, ma, almeno, il suo grasso cugino non era qui ad Hogwarts. Certo, aveva fatto poca differenza in questo caso: Harry era riuscito a mettersi nei guai per conto suo, anche se ancora non era certo del perché il Maestro di Pozioni sembrasse disprezzarlo così tanto. Era vero che non era riuscito a rispondere alle domande dell'uomo, ma nessun altro - a parte Hermione - c'era riuscito.
Uno sferragliare dalla parte anteriore della stanza attrasse la sua attenzione, e lui strizzò gli occhi per vedere cosa Piton stesse facendo. Eccolo lì, mentre prendeva qualcosa dal tavolo - il respiro di Harry gli si mozzò in gola.
Era un bastone.
Harry sentì il proprio cuore sprofondare. Oh, no, stava per essere bastonato! Ma che cosa aveva fatto? Se qui venivi bastonato per una pessima calligrafia, che cosa ti facevano quando ti comportavi veramente male?
Harry si scoprì bruscamente in piedi, ad indietreggiare lontano dal proprio tavolo, mentre piccoli lamenti gli scappavano dalle labbra. Non poteva sopportare d'essere picchiato, non con un bastone, non così presto dopo la cintura dello zio Vernon. Non c'era modo in cui sarebbe stato capace di trattenersi dal gridare, e gridare era quasi grave quanto rispondere o smocciolare. Niente smocciolare, questa era la regola, insieme a restare fermo e dire grazie subito dopo e... Disobbedivi alle regole, e la punizione diventava peggiore, ma Harry sapeva che non sarebbe mai riuscito a restare fermo, non importava quanto ci avrebbe provato.
“Per favore, per favore...” sussurrò, a malapena consapevole di dirlo. Era talmente accecato dal terrore che si ritrovò alla porta, tirando la maniglia, prima che la sua mente realizzasse che cosa stava facendo.

Al rumore, Piton alzò la testa per guardare il ragazzo. Al momento tutto quel che aveva trovato era il suo mestolo incantato: il legno lucido era bello, ma, in realtà, il peltro era una scelta molto più pratica. Nessuna meraviglia che avesse riposto laggiù il mestolo di cedro per salvaguardarlo, per evitare di usarlo inavvertitamente in una pozione corrosiva e rovinarlo per sempre. Avrebbe potuto giurare che anche la penna fosse lì, ma, ovviamente, il Grifoncretino non aveva intenzione di dargli il tempo di cercare. Che cosa stava cercando di fare, ora, il demonietto?
Aha. Provava a sgattaiolare via dalla punizione prima del tempo, a giudicare dalle apparenze. Aveva abbandonato le sue righe e stava freneticamente tirando la porta. Sciocco ragazzo, pensava veramente che Piton non chiudesse a chiave le classi e alzasse barriere durante le punizioni? Indubbiamente Potter era tanto terribile quanto i gemelli Weasley – bene, se serviva un incantesimo aderente per tenerlo fermo sulla sedia e impedirgli di contorcersi, allora il professore era anche troppo felice di accontentarlo.

“No, no, per favore, per favore no. Per favore, no.” Singhiozzò Harry, il panico che cresceva mentre il suo saturnino professore incombeva sempre più vicino. “Per favore, sarò buono. Per favore...” si interruppe non appena la mano dell'uomo cadde rudemente sulla sua spalla e la strinse.
Il dolore lo aiutò a tornare alla realtà: gli diede qualcosa su cui concentrarsi, e il terrore irrazionale si attenuò un po'. L'attesa era sempre la parte peggiore; una volta che i colpi cominciavano, Harry sapeva cosa aspettarsi.

Piton gli sorrise malevolo. Ovviamente Potter aveva ignorato o dimenticato le regole che gli erano state presentate da Silente e dal suo Capo Casa. Gli studenti potevano lasciare le punizioni solo quando venivano mandati via. Disobbedire a questa norma faceva guadagnare un'altra punizione. “Dimenticato le regole, ragazzo?” sogghignò.

Harry sussultò. Allo zio Vernon piaceva che le regole gli venisero recitate: ed Harry aveva appena dato una terrificante dimostrazione di cosa non fare. Avrebbe potuto lamentarsi più penosamente? Smocciolare li rendeva solo più arrabbiati, come piangere. Dava l'idea che tu non pensassi di aver meritato la tua punizione, e in genere garantiva schiaffi in più o, almeno, un altro giorno senza cibo. Harry era abbastanza certo di sapere che cosa l'aspettava, ma sapeva anche che non c'era assolutamente niente che potesse fare in proposito, così prese un respiro profondo e iniziò a recitare. “Niente smoccio-” WHACK!

“Dimenticato le regole, ragazzo?” Piton guardò il ragazzo con disgusto. Potter aveva abbandonato i suoi futili tentativi di scappare e se ne stava semplicemente lì, fermo, guardando le proprie scarpe, ovviamente decidendo quale sarebbe stata la sua successiva azione irrispettosa. Piton si mosse per trascinarlo ancora al suo banco e incollarlo sul posto, quando la vena di sfida del moccioso si rifece viva. “Per niente, Moccio-”
Il suono del suo odiato soprannome, inventato dal padre del demonietto, ebbe l'istantaneo effetto di sopraffare la ragionevolezza di Piton con una nebbia rossa di rabbia. Come osava! Come osava l'arrogante moccioso, questo egoista, viziato mostro, pensare di poter ricorrere allo stesso derisorio insulto che suo padre aveva usato per trasformare gli anni di scuola di Piton in un incubo? La parola non aveva ancora finito di attraversare le labbra del ragazzo quando la mano di Piton, agendo interamente di propria volontà, colpì.
Colse il ragazzo precisamente sulla guancia con forza sufficiente a sbalzarlo via: rimbalzò, colpendo prima con la testa, sul muro di pietra, e cadde in ginocchio, stordito. La montatura dei suoi occhiali era finita incastrata tra il cranio del ragazzo e la dura parete, e i resti rotti di questa ora oscillavano follemente da un orecchio, mentre un taglio sulla tempia cominciava a perdere sangue. Piton si gelò.
Morto. Era morto. All'inferno Voldemort: improvvisamente la minaccia costituita dal Signore Oscuro impallidiva in confronto a quel che Silente gli avrebbe fatto. La sua sgradevole spia aveva appena colpito il Grifondoro Dorato. Silente l'avrebbe ucciso.
No, si corresse confusamente. Silente l'avrebbe licenziato e - altamente probabile - cacciato dall'Ordine. Minerva l'avrebbe ucciso.
Tutta la sua furia si era spenta nel momento in cui la testa di Potter aveva impattato contro il muro. No, ad essere sinceri, era scomparsa non appena la sua mano aveva impattato con un suono sordo contro la mascella del ragazzo e Piton aveva intravisto gli enormi occhi scioccati - gli occhi di Lily - fissarlo.

Pow! Harry vide le stelle. Solo qualche istante più tardi la sua vista tornò a fuoco a sufficienza da permettergli di inerpicarsi dolorosamente in piedi. Lasciò cadere quel che restava dei suoi occhiali sul banco più vicino e tamponò il sangue che gli stava colando sul mento. La sua guancia e la sua mascella pulsavano dove Piton l'aveva colpito, e sentiva il sapore del sangue nel punto in cui l'interno della guancia si era tagliato contro i denti. Poteva già percepire un grosso bernoccolo gonfiarsi dall'altra parte della testa, dove aveva urtato contro il muro.
Sbatté forte le palpebre, trattenendo le lacrime. Niente pianti. Questa era un'altra regola.
Non avrebbe dovuto lasciarsi cogliere di sorpresa in quel modo. Solo perché lo zio Vernon ti lasciava finire di parlare, questo non significava che tutti lo facessero. La zia Petunia qualche volta aveva fatto la stessa cosa - farti una domanda, poi schiaffeggiarti mentre stavi provando a rispondere. Avrebbe dovuto prevedere il colpo. Anche se non avrebbe potuto schivarlo - questo avrebbe portato a delle conseguenze VERAMENTE spaventose - avrebbe potuto mantenersi saldo abbastanza da evitare di volare via. Almeno, questa volta non pensava di avere una commozione, solo un bernoccolo.
Piton era tornato verso la parte anteriore dell'aula, presumibilmente per recuperare il bastone. Harry lo seguì, con andatura un poco incerta. Tra il colpo alla testa e i passi rigidi, era sorprendentemente difficile camminare in linea retta, ma in qualche modo ci riuscì. Si fermò all'altezza della prima fila di banchi e cominciò a togliersi la veste. Forse, solo forse, se assumeva rapidamente la posizione e mostrava quanto bravo poteva essere, Piton non sarebbe stato troppo severo con lui.

Piton raggiunse praticamente come in sogno la sua scrivania di fronte alla lavagna. Come aveva potuto fare questo? In un'unica, avventata, irragionevole azione, aveva appena distutto quella piccola vita che era riuscito a costruire per sé stesso. Non c'era scusa alcuna che avrebbe potuto offrire ad Albus.
Piton era il gelido insegnante di Pozioni, l'uomo che non perdeva mai il controllo. Per anni era stato capace di controllare il proprio umore con gli studenti, anche con i gemelli Weasley, malgrado le indescrivibili provocazioni; nessuno avrebbe creduto che Potter avesse, nel corso della sua prima punizione di sempre, fatto qualcosa che potesse giustificare, per non dire meritare, un assalto fisico di quella natura. Sarebbe risultato ovvio anche ad un Tassorosso che Piton aveva semplicemente deciso di picchiare il ragazzo: in altre parole, aveva agito esattamente come il Mangiamorte furioso con Potter che chiunque sospettava lui ancora fosse, e, data la vittima che si era scelto, poteva star certo che la lunga protezione di Albus Silente stava per terminare bruscamente.
Forse, e solo forse, se avesse semplicemente dato al ragazzo uno schiaffo sul sedere, avrebbe potuto spiegarlo in qualche modo: ma lasciare un livido a forma di mano sulla faccia di Potter, per non dire nulla sullo sbattere la sua testa contro il muro del sotterraneo, era qualcosa che Silente non avrebbe mai giustificato. Francamente, non poteva giustificarlo neanche Piton.
Per quanto potesse aver disprezzato, disdegnato, odiato ed aborrito James Potter, loro due erano stati coetanei. Si erano insultati, attaccati, incantati e maledetti l'un l'altro per anni, ma erano stati sempre più o meno alla pari. Potter non si era neanche assicurato l'aiuto degli altri Malandrini troppo spesso; preferiva combattere uno contro uno. Ma, quando Piton aveva schiaffeggiato Harry Potter, la disparità nelle loro dimensioni era stata indiscutibile. In quell'istante gli era diventato evidente un fatto: Harry non era suo padre - era un ragazzino che era appena stato aggredito, in maniera imperdonabile, da un adulto due volte la sua stazza.
Non importava cosa il moccioso avesse detto - lui era l'adulto. Lui era quello che avrebbe dovuto mantenere il controllo malgrado le provocazioni che gli ronzavano nelle orecchie: eppure, tutto quel che era servito era stata una singola parola da parte del ragazzo, per far perdere a Piton, completamente ed irrimediabilmente, il controllo di sé.
Dove aveva imparato, Potter, quell'insulto? Senza ancora essersi ripreso dai devastanti eventi dei pochi minuti appena trascorsi, il cervello di Piton non stava funzionando a pieno regime; ma, finalmente, identificò il problema: di sicuro chiunque che avrebbe potuto raccontare della rivalità dei Malandrini e di Piton era stato ucciso o imprigionato molto tempo prima che il ragazzo fosse grande a sufficienza da comprendere qualunque dettaglio della storia? Be', si sarebbe almeno fatto rispondere a questa domanda, prima di lasciare il moccioso libero di correre urlando da Silente. Si girò per affrontare il ragazzo e incespicò, la sua sorpresa di fronte alla scena che lo aspettava in grado di farlo, letteralmente, arretrare.
Potter si era tolto la veste ed era ora piegato su una sedia, nella posizione perfetta per essere picchiato.
“Cosa? Cosa?” boccheggiò Piton, con la sensazione che il proprio cuore stesse balzandogli quasi fuori dal petto. Se Voldemort fosse emerso dal più vicino calderone ed avesse preso a cantare canzoni d'amore, non avrebbe potuto esserne più sorpreso. Cosa diavolo stava facendo Potter? Come poteva Il Ragazzo Che Era Sopravvissuto, il Bambino d'Oro, anche solo conoscere una posizione del genere, per non parlare dell'assumerla con la facilità di una lunga pratica?
Il bambino stava mormorando qualcosa tra sé e sé. Piton si avvicinò cautamente. “Cosa c'è, Potter?” domandò con inusuale esitazione.

“Le regole,” rispose Harry, obbediente, sperando - più o meno - che il professore si sarebbe finalmente deciso a punirlo e a farla finita. Rimase in posizione, chiedendosi se il primo colpo sarebbe caduto mentre stava ancora parlando. “Niente smocciolare, niente piangere, niente correre, niente gridare, niente ritrarsi.” Fece una pausa. Per ora, nessun colpo. Era un buon segno? Forse, se si fosse scusato in fretta, avrebbe migliorato la situazione? “Mi dispiace molto. Non lo farò mai più. Non so perché ho provato ad andarmene. E' solo che non mi aspettavo il bastone. Mi dispiace. Sarò buono. Lo prometto.”
Harry attese ancora, sorpreso che Piton non avesse ancora cominciato a colpirlo. Cosa aveva fatto di sbagliato, ora?

Piton si guardò intorno, confuso. Quale bastone? Di che cosa il ragazzo stava balbettando? Dove - oh. Il mestolo. Sì, assomigliava vagamente ad un verga: ma questo ancora non spiegava perché il ragazzo pensasse che un oggetto del genere sarebbe stato usato, e oltretutto usato su di lui, tra tutte le persone.
Il professore realizzò anche, con una vampata di vergogna, che aveva messo parole non sue nella bocca del ragazzo. Harry non aveva usato il suo odiato soprannome; aveva provato a recitare delle orribili regole. E da dove venivano quelle, ad ogni modo?
“Chi ti ha insegnato queste regole?” domandò, mentre un dubbio spaventoso, così come una discreta dose di colpevolezza, facevano la sua voce anche più arrabbiata del solito.

“Mio zio, signore,” rispose Harry, troppo spaventato, ora, per mentire. Le aveva recitate male? La gente ad Hogwarts aveva regole differenti? Oh, no, doveva essere così. Tutto il resto era differente; perché era stato così stupido da credere che le regole sulle punizioni fossero le stesse che a casa? “Mi dispiace, signore,” deglutì, velocemente. “Non sapevo che qui ci fossero regole differenti. Se me le insegnerà, non le dimenticherò, davvero.” Si contorse per guardare Piton, sperando che la sincerità fosse evidente nella sua espressione, ma dovette fermarsi con un sibilo di dolore mentre la sua schiena protestava per il movimento.
“Potter,” disse Piton in un tono lento, quasi strangolato, “alza il retro della tua camicia e abbassa i pantaloni.”
Harry chiuse gli occhi. Aveva sperato e sperato - ma no. Avrebbe dovuto saperlo. Se provi a scappare, ottieni la punizione raddoppiata. Così, sarebbe stato bastonato sulla pelle nuda. Ogni tanto era capitato, ma non spesso, e mai subito dopo una punizione come quella che aveva ottenuto subito prima di lasciare Privet Drive. Ma non c'era scelta sull'argomento, e più a lungo rimandava, peggio sarebbe stato. Così, senza altro trambusto e senza occhiate supplichevoli sopra la spalla al professore, si slacciò i calzoni e li lasciò cadere. Giocherellò per un attimo con l'idea di aspettare l'ordine di abbassare i boxer, ma decise che qualunque cosa non fosse l'assoluta obbedienza avrebbe solo portato in più botte. Tirò giù i boxer, trasalendo quando l'elastico strisciò sulla pelle dolorante, poi sollevò l'orlo della camicia e aspettò che il bastone calasse.

Piton fissò il posteriore illividito e segnato e sentì un'altra ondata di furia omicida sopraffarlo. Quella, ed un'ancora più incredibile vampata di desiderio di proteggere il ragazzino che se ne stava così miserabile e solo davanti a lui. Era ovvio che il ragazzo era non solo il recente beneficiario di una brutale scarica di cinghiate, ma anche troppo familiare con un simile trattamento. Non aveva nemmeno esitato quando gli era stato detto di scoprire il sedere, ed era ora chiaro perché aveva presunto che un bastone sarebbe stato adoperato durante la sua punizione. L'unica cosa che lasciava Piton sorpreso era che il ragazzo era stato capace di restare seduto. Improvvisamente poteva vedere il suo incessante contorcersi in una nuova luce.
Un movimento della bacchetta, e Potter fu rivestito. Lui trasalì, evidentemente sorpreso, ma non si alzò. “In piedi, Potter!” ringhiò Piton. Cosa avrebbe dovuto fare, ora? Questa rivelazione avrebbe fatto esplodere il caos nel mondo magico.

Harry si sollevò lentamente, chiedendosi cosa stesse accadendo. Il taglio sulla sua testa non stava più sanguinando, o, almeno, non perdeva più che poche, lente gocce, e lui si morse le labbra, preoccupato che il professore avesse deciso di schiaffeggiarlo in faccia qualche altra volta prima di usare il bastone.
Attese, le spalle curve, sentendo lo sguardo furioso dell'uomo passare su di lui come un setaccio.

“Siediti, Potter!” ordinò Piton; poi, quando il ragazzo sussultò quasi impercettibilmente, si rimangiò in fretta l'ordine. “No, aspetta. Resta solo lì. Guardami. Negli occhi!”

Harry non era sicuro di aver sentito bene. Guardare negli occhi? Durante una punizione? Ma Piton era sembrato già abbastanza arrabbiato. Harry lasciò che i suoi occhi, lentamente, si alzassero per incontrare lo sguardo infuriato del colore dell'ossidiana.

Piton rifletté per un attimo sulla possibilità di leggere la mente del ragazzo, ma a Silente sarebbe veramente preso un infarto a quell'idea. Oltretutto, non era come se il ragazzo gli avesse mentito, finora. Forse non era necessario. “Vedo che tuo zio e tua zia sono... severi... con te, Potter.”

Harry non era sicuro di cosa rispondere. Sapeva che normalmente non avrebbe dovuto parlare delle sue punizioni, ma, d'altra parte, Piton si stava comportando in una maniera spaventosamente simile a quella dello zio Vernon, perciò forse era tutto a posto? “Sì, signore.” disse alla fine, cautamente. “Vogliono essere sicuri che io non prenda le cose per garantite.”
“Quali cose?”
“Cose - come avermi preso in casa dopo che i miei genitori sono stati uccisi. Come avermi dato un tetto così che io non dovessi andare in un orfanotrofio. Questo genere di cose. Così quando non mi comporto bene -” o quando cose strambe accadono “-loro si assicurano che io sappia di aver sbagliato.”
“Che cosa hai fatto per meritare i segni che hai addosso al momento?” domandò Piton, freddamente.
Harry strisciò i piedi a disagio. “Ho detto che non vedevo l'ora di venire ad Hogwarts. E' stato molto ingrato da parte mia. Lo zio Vernon ha detto che in questo modo sarebbe stato sicuro che mi ricordassi di loro e non venissi troppo preso dalla nuova scuola.”

Bastardi! Piton quasi si Smaterializzò dritto a Privet Drive per uccidere i sadici Babbani sul posto. Solo la sua conoscenza delle barriere di Hogwarts e il bisogno di provvedere al bambino che aveva davanti lo trattennero.
“E i tuoi notevoli scarabocchi? Hai anche il polso fratturato?” Quasi prima che la domanda sarcastica fosse uscita del tutto, desiderò di potersela rimangiare. Avrebbe dovuto gettare un incantesimo diagnostico - e se il ragazzo fosse stato veramente ferito?

“Non penso, signore,” rispose Harry seriamente. Si chiese quando l'interrogatorio sarebbe finito e la punizione sarebbe ripresa, ma immaginò che, nel frattempo, avrebbe fatto meglio a rispondere più sinceramente che poteva. Era del tutto confuso, ora, e non aveva la più pallida idea di quali fossero le risposte giuste, così decise semplicemente di essere onesto e di vedere cosa accadeva. “E' solo che non so davvero come scrivere con una penna d'oca. Non l'ho mai fatto, prima di arrivare qui.”

“E la tua Casa non ti sta istruendo?” Piton aggrottò la fronte. Lui avrebbe verbalmente eviscerato i suoi prefetti Serpeverde se loro non avessero procurato un'istruzione di base sull'argomento ai nuovi arrivati: non che Serpeverde attirasse molti studenti nati o cresciuti presso i Babbani, di questi giorni, ma ce n'erano sempre alcuni...
Harry sembrò solo confuso. Piton alzò gli occhi al cielo - ah, sì, tipicamente Grifondoro. Tutti coraggio e nobiltà, ma con il cervello di una trota. Non si assicuravano neanche i nuovi studenti avessero le abilità e le capacità richieste per avere successo nello studio. “E le tue frasi? Spiegami che cosa è successo lì.”

“Uhm, ho fatto qualcosa di sbagliato?” chiese Harry, incerto, prima di mordersi le labbra. Stupido! Certo che aveva fatto qualcosa di sbagliato - era per questo che il professor Piton gli stava facendo quella domanda. “Uhm, mi dispiace... io non riesco a vedere bene la lavagna da lì dietro e così...”

“Cosa c'è che non va nei tuoi occhiali?” Piton arrossì al realizzare l'assurdità della domanda, e, dopo aver borbottato un Reparo, raccolse gli occhiali ora aggiustati e li restituì al ragazzo.
Potter se li spinse sul naso e strizzò gli occhi verso la lavagna, prima di impallidire. “Oh! Io... io non lo sapevo, signore. Mi dispiace. Ricomincerò da capo. Io-” Piton mosse una mano in un gesto impaziente, interrompendo le scuse.
“Perché stai facendo ancora quelle ridicole smorfie? Mi stai dicendo che anche con gli ochiali hai difficoltà a vedere la lavagna da quella distanza?”
Harry annuì, il viso vergognoso. “La mia vista è veramente pessima.”
Santo Cielo. A questo punto potevano sperare solo che Voldemort si avvicinasse a Potter e gli bussasse sulla spalla: se fosse rimasto lontano dieci piedi, Potter non sarebbe mai stato in grado di vederlo, figurarsi di combatterlo. “A quando risale la tua ultima ricetta?”
“Ricetta? Io non sono malato, signore.”
“Idiota. I tuoi occhiali. Quando è stata fatta l'ultima prescrizione per i tuoi occhiali.”

Harry scrollò le spalle. Era una qualche specie di cosa da maghi?” “Io non penso che ne sia mai stata fatta una, signore. Forse i Babbani non ne fanno.”

Piton aggrottò la fronte. Se non avesse saputo diversamente, avrebbe pensato che il ragazzo lo stesse deliberatamente prendendo in giro. “Non essere ridicolo. Da quanto hai questo paio?”
“Da circa due anni. I miei vecchi occhiali non mi entravano più, e la scuola si lamentava, così la zia Petunia è tornata a casa con questi.”

Lo sguardo torvo di Piton s'incupì ulteriormente, e il panico di Harry peggiorò. Tutto quello che faceva sembrava solo rendere l'uomo più arrabbiato. Forse avrebbe rispedito Harry dalla sua famiglia per non avere più a che fare con lui? Ma no, sicuramente solo il Preside poteva espellere gli studenti.
Come se avesse potuto leggere i pensieri di Harry, Piton si volse bruscamente. “Vieni come me, Potter. Andiamo dal Preside.”
Harry rimase senza fiato. “Ma, signore - per favore, sarò buono. Per favore non-” Piton si limitò a borbottare qualcosa in tono furioso e a ritornare indietro, afferrando un braccio di Harry e tirandoselo dietro.
“Per favore, signore, non mi faccia tornare dai Dursley. Voglio stare qui. Per favore, per favore, mi lasci restare. Non mi faccia espellere,” pregò Harry per tutta la strada fino all'ufficio del Preside, ma Piton non lo guardò nemmeno. Si limitò a procedere, trascinando Harry con sé e fermandosi solo il tempo necessario a dare al gargoyle la parola d'ordine corretta. Harry divenne silenzioso mentre si avvicinavano alla porta di Silente; ovviamente le sue suppliche erano state inutili.

Piton combatté la propria paura. Il colloquio che sarebbe seguito si sarebbe probabilmente rivelato straordinariamente sgradevole, ma - come sempre - doveva ignorare il proprio benessere e focalizzarsi sul bene superiore. O, in questo caso, Harry.
Gettò un'occhiata al ragazzino al suo fianco. Ora che vedeva Harry, e non un mini-James, si chiese come avesse potuto confondere l'esitazione per arroganza e ignorato i segni della sofferenza e della fatica. “Albus”, disse, avanzando a passo di carica nell'ufficio senza dare al vecchio la possibilità di offrire a qualcuno una caramella al limone, “insisto che tu contatti Poppy e Minerva immediatamente.”
Silente inarcò le sopracciglia, ma raggiunse servizievolmente il camino e convocò entrambe le donne. Solo allora inquadrò meglio Harry - e l'ampio segno scarlatto di una mano impresso sulla sua guancia - e lo scintillio scomparve improvvisamente dai suoi occhi. “Harry,” disse molto, molto gentilmente, “che che cosa ti è successo?”
Oops. Pulire un po' il ragazzo prima di trascinarlo lì avrebbe potuto essere una buona idea. Piton era stato così oltraggiato di fronte al modo in cui Potter era stato trattato dai Dursley che aveva quasi dimenticato delle proprie mancanze in quell'ambito. Sapeva che Albus gli avrebbe in ogni caso strappato l'intera storia, ma avrebbe potuto essere più furbo - un sacco più furbo - lavare il sangue dalla faccia del ragazzo, prima.
Harry scoccò un'occhiata incerta a Piton, e le sopracciglia di Silente si fusero insieme. Piton trattenne il fiato per il panico di fronte all'espressione del vecchio mago. Era facile dimenticare la vera natura dell'uomo davanti alla sua recita da “nonno rimbambito”, ma bruscamente quella maschera era stata fatta cadere, ed un furioso e immensamente potente mago lo stava guardando con ira.
Prima che il Preside potesse dire qualunque cosa, Chips e la McGranitt giunsero attraverso il camino. “Che cosa c'è, Albus?” chiese Minerva; poi, lo sguardo le cadde su Harry. “Potter, è quasi il coprifuoco, cosa... COSA TI E' SUCCESSO?”
Poppy stava già estraendo la bacchetta quando Piton si mise tra loro e il ragazzo. “Solo un minuto,” ordinò, sapendo che aveva una sola possibilità di riuscire. Se non avesse messo la storia nel modo giusto, sarebbe stato fortunato a finire ad Azkaban, giudicando dal modo in cui i tre lo stavano fissando.
“Vai avanti, Severus,” disse Silente, quietamente; ma per una volta non c'era alcuna sfumatura cordiale nei suoi occhi. Harry aveva quasi smesso di respirare nel tentativo di rendersi invisibile. “Potter aveva una punizione con me, stanotte. Durante il corso della serata, ho scoperto certe – cose – che è necessario portare alla vostra attenzione.”
“Incluso come si è procurato queste ferite?” chiese Albus in un suono di fusa che avrebbe fatto Piton orgoglioso. Minerva e Poppy tennero le bacchette serrate nei pugni mentre gli gettavano occhiatacce.
Piton deglutì a fatica. “Sono io il responsabile delle ferite visibili,” riconobbe, e si affretto ad indietreggiare mentre Minerva avanzava. “Non ho scuse da offrire,” esclamò rapidamente, mentre Albus faceva segno all'Animagus di indietreggiare. “Comunque, queste sono l'ultimo dei suoi problemi.”
“Spiegati,” esclamò Silente, piattamente.
Piton si girò verso il ragazzo e realizzò bruscamente che quello che stava per fare sarebbe stato difficilmente ben accetto. Poteva non essere il più sensibile degli uomini, ma aveva avuto bambini maltrattati a sufficienza nella propria Casa, nel corso degli anni, da sapere quanto in profondità giungessero le cicatrici. Be', non per nulla era un Serpeverde. “Potter,” disse quietamente, spingendo il ragazzo spaventato a guardarlo, “sai quello che mi stavi chiedendo mentre venivamo qui?” Harry annuì, senza osare sperare. “Se fai quel che ti dico, e rispondi alle domande di tutti onestamente e pienamente, allora ti prometto che esaudirò il tuo desiderio.” Gli occhi del ragazzo - gli occhi di Lily, dannazione - divennero enormi. “E annullerò il resto della tua punizione.”

Harry non poté impedire ad un sorriso di allargarglisi sul volto. Anche se sapeva che avrebbe potuto trattarsi di un trucco, non riuscì a non illuminarsi. Improvvisamente, malgrado tutto il suo sarcasmo e le sue urla, Piton divenne il suo professore preferito. “Lo promette?” bisbigliò.
“Ti offro la mia Parola di Mago,” disse Piton gravemente. Anche gli altri adulti rimasero silenziosi, riconoscendo la natura solenne dell'offerta di Piton.
“Allora va bene,” disse Harry, annuendo. Non era ancora sicuro di che cosa stesse accadendo, ma se questo significava che avrebbe evitato l'espulsione, per non menzionare la stesura del resto delle frasi, allora ne valeva la pena.
“Affare fatto.” Piton agitò la bacchetta e Harry si scoprì bruscamente vestito in un camice ospedaliero. “Girati.” Con la forte mano del professore su una spalla, Harry aveva poca scelta, e si trovò girato con il dorso rivolto agli adulti nella stanza.
Non fu fino a che non udì i respiri strozzati alle proprie spalle che realizzò di non avere indosso nulla se non il camice ospedaliero e che questo, come molti del suo genere, non si chiudeva sulla schiena. Protestò e provò ad afferrare i bordi del camice, ma Piton gli scansò le mani, forzandolo a continuare a mostrare il sedere al Preside, al suo Capo Casa e alla medistrega della scuola. Per una volta la furia sopraffece la paura, e lui guardò arrabbiato il professor Piton. “Basta! Mi ridia i miei vestiti!”
Piton abbassò lo sguardo su di lui, un accenno di divertimento negli occhi; ma dopo un momento cedette ed un secondo camice apparve, legato al contrario, a coprire il posteriore scoperto di Harry. “Sto per parlare di te piuttosto schiettamente,” lo informò Piton. “Preferisci aspettare fuori dalla porta?” Harry lo fissò aggrottando la fronte. Se stavano per parlare di lui, perché avrebbe dovuto andarsene? Era stanco delle persone che parlavano di lui alle sue spalle. Stava diventando dannatamente stanco di un sacco di cose, in realtà. “Resterò,” rispose combattivo.
Piton alzò un sopracciglio. “Come desideri.” Si girò verso gli altri. “Il ragazzo è ovviamente la vittima di ripetuti abusi e negligenze. E' stato preso a cintate da suo zio per aver espresso entusiasmo sulla sua partenza per Hogwarts. Sono piuttosto sicuro, giudicando dal suo comportamento in classe dopo le mie -” incespicò leggermente sulle parole “- azioni inappropriate, che Potter è stato frequentemente e immeritatamente picchiato dai suoi parenti. Le condizioni dei suoi occhi sono orribili, in parte perché non ha mai avuto una visita oculistica. Apparentemente, sua zia si procura un paio qualsiasi di occhiali economici e glieli riporta. Il ragazzo non riesce a vedere la lavagna dalla terza fila. Data la sua magrezza, non sarei sorpreso di scoprire che gli sono stati negati cibo e altri generi basilari di conforto dagli squilibrati Babbani con i quali hai ritenuto opportuno sistemarlo, Albus. Ti assicuro che, protezioni di sangue o no, lui non ritornerà lì mai più.”
Gli altri adulti lo fissarono, semplicemente, per lunghi istanti. Poi: “Harry, è vero?” chiese Silente quietamente.
Harry non rispose subito, la testa che gli girava. Come faceva Piton a sapere? Perché aveva detto quelle cose? Non sapeva in che guaio Harry sarebbe stato quando lo zio Vernon l'avesse scoperto? Ma Piton aveva anche detto che non avrebbe permesso che Harry tornasse dai suoi parenti, quindi era tutto a posto? Ma non era altrettanto probabile che Piton lo picchiasse come lo zio Vernon faceva? Qual era il miglioramento, se Piton aveva semplicemente intenzione di riprendere da dove suo zio aveva lasciato? Ma c'era un sacco di cibo, qui, e lui aveva amici per la prima volta in tutta la sua vita, ed il suo letto nella Torre di Grifondoro era molto meglio che il ripostiglio sotto le scale, e...
“Potter!” ringhiò Piton, facendo sobbalzare Harry. “Rispondi al Preside!”
“Cosa? Oh, sì, signore. E' vero.”
“Harry, che cosa ti ha fatto precisamente il professor Piton durante la punizione?” Intervenne la professoressa McGranitt, lanciando a Piton un'occhiata decisamente poco amichevole.
Harry sbatté le palpebre, senza sapere bene a che cosa il suo Capo Casa si stesse riferendo. Le righe? Lo schiaffo? La rischiata bastonatura?
Prima che lui potesse rispondere, lo fece Piton. “Io - io ho male interpretato qualcosa che Potter ha detto e l'ho confuso con suo padre. Ho perso la calma e l'ho colpito, abbastanza forte da spedirlo contro il muro. Ha sbattuto la testa, gli occhiali si sono rotti, e lui si è tagliato. Non c'è nulla che scusi la mia azione, e mi sottoporrei volentieri a Cruciatus se servisse a riparare alla cosa.”
Harry lo fissò con curiosità. Non aveva idea di che cosa fosse la Crucio-qualche cosa, ma gli altri insegnanti ora sembravano molto meno arrabbiati di quando non lo fossero stati solo pochi istanti prima. Lo scintillio negli occhi di Silente era tornato, ma questo sembrò far divenire Piton ancora più acido del solito.
“Preside, se hai intenzione di dire 'Te l'avevo detto' -”
“Severus, mio caro ragazzo, direi mai una cosa del genere?”
Madama Chips si affrettò ad avanzare. “Non pensare che io abbia finito con te, Severus” disse cupamente, mentre stringeva Harry tra le braccia. “Vieni, Potter, andiamo a sistemare tutti quei lividi.”
Harry guardò al di sopra di una spalla, mentre veniva spinto fuori dall'infermiera. Piton lo stava fissando, ed Harry gli rivolse un piccolo sorriso e un saluto con la mano mentre la strega lo tirava via. Piton si limitò ad aggrottare la fronte in risposta, ma Harry stava cominciando a capire che quello, per il professore, era l'equivalente di un sorriso e di un cenno del capo.

Severus, come hai potuto colpire un bambino in quel modo -” cominciò la McGranitt, furiosa.
“Sono d'accordo, Minerva. E' stato assolutamente imperdonabile. Quanto un Capo Casa che non si accorge dei segni di un abuso in corso e non è consapevole che uno degli studenti che ha in carico è assolutamente incapace di usare propriamente una penna ed è troppo cieco per vedere una lavagna,” disse Piton piattamente.
La McGranitt chiuse la bocca, la riaprì, la richiuse, infine alzò le mani con un'esclamazione indistinta. “Severus Piton, sei assolutamente impossibile!” Avanzò verso di lui, e Piton si tese, aspettando la maledizione o lo schiaffo che sarebbero sicuramente seguiti.
Era solo giusto. Se un altro professore avesse schiaffeggiato uno dei suoi piccoli serpenti alla maniera in cui aveva colpito Potter, sarebbe stato molto più rapido nell'esigere vendetta. Minerva era semplicemente altrettanto protettiva nei confronti della sua casa quanto lui lo fosse della propria o Silente dell'intera scuola. Piton aveva già deciso di avere semplicemente intenzione di accettare qualunque cosa lei avesse fatto. Era stato serio a proposito della Cruciatus, e, sebbene non potesse rimediare alle ferite di Potter - ed al conseguente danno fatto a qualunque senso di sicurezza Harry avesse cominciato a sviluppare all'interno di Hogwarts - avrebbe potuto almeno sopportare la propria punizione con la stessa forza d'animo che il ragazzo aveva mostrato. Voldemort gli aveva dato abbondanza di pratica nel campo.
Per suo sempiterno sbalordimento, Minerva lo baciò gentilmente su una guancia e bisbigliò, “Harry è fortunato ad aver trovato un protettore come te, Severus,”; poi, si diresse verso l'infermeria seguendo Poppy ed Harry.
Piton era così stupefatto che non fu fino a quando Minerva se ne fu andata che raccolse quella manciata di cervello che gli restava e protestò “Io non sono il protettore del moccioso!”
Una risata al suo fianco lo fece volgere per fronteggiare Albus, e Piton si sentì improvvisamente giovane e vulnerabile come Harry. Adocchiò con cautela il Preside, certo che non sarebbe stato disposto a perdonare come la sua Vice. Dopotutto, Piton - il malvagio pipistrello dei sotterranei, l'orribile Serpeverde Mangiamorte - aveva attaccato uno studente, e non uno studente qualsiasi, ma Harry Potter. Sicuramente, stava quantomeno per ricevere il rimprovero del decennio e per trovarsi assegnata una penitenza che avrebbe fatto singhiozzare anche Voldemort. Fare l'allenatore di Quidditch del Grifondoro? O assistere gli elfi domestici nel preparare e servire pasti nella Sala Grande? Il Signore Oscuro si limitava ad usare le Imperdonabili; Silente era un sacco più inventivo quando si trattava di torturare le persone.
“Suppongo che avrai un piano alternativo per la tutela del signor Potter, ora che non sei più disposto ad affidarlo ai suoi parenti ed alla sicurezza delle protezioni di sangue?” chiese Silente cortesemente. Piton si mosse irrequieto. “Immagino che un incarico del genere non sarebbe inappropriato,” acconsentì rigidamente.
“E farai visita ai Dursley per spiegare loro la situazione?”
Ecco, questo era un incarico che Severus aveva intenzione di godersi. “Sì!” acconsentì istantaneamente, un ghigno lupesco ad illuminare le sue acide fattezze.
“E continuerai a fare del tuo meglio per riparare il tuo rapporto con Harry.”
“Io non ho un rapporto con Potter!” La replica esplose automaticamente, prima che potesse trattenerla, e lui si ritrasse di fronte all'espressione sul viso di Silente. “Sì, d'accordo, lo farò,” affermò, le parole che cadevano l'una sull'altra nella sua fretta di farle uscire. E, nel suo cuore, sapeva che era la cosa giusta da fare. Lui si era proteso, gli piacesse o no, per afferrare il ragazzo. Be', in realtà prima aveva schiaffeggiato il ragazzo, e solo dopo l'aveva afferrato, ma doveva fare ammenda per la prima azione e, ad essere onesti, non stava trovando la seconda neanche lontanamente così difficile da fare come si era aspettato.
“Eccellente, ragazzo mio. Allora ti suggerisco di ritornare alle tue stanze e di riposare un poco. Sono sicuro che vorrai visitare Harry in infermeria, domattina presto, per fargli le tue scuse.”
Piton esitò sulla porta. E questo era veramente tutto? Silente stava dimostrando uno stupefacente autocontrollo. Anche per un mago schierato dalla parte della Luce, la sua reazione era sorprendentemente indulgente. Piton non sarebbe stato sorpreso di trovarsi disteso su una sedia mentre un bastone incantato metteva in pratica i peggiori incubi di Harry. Ma Albus si era girato e stava pigramente accarezzando Fanny. Con una confusa scrollata di spalle, Piton si volse per andarsene.
“Oh, Severus,” lo chiamò Albus mentre stava per chiuedere la porta, “tu capisci che se mai, mai, colpirai ancora uno studente in una maniera così brutale, non sopravviverai alla notte, giusto?”
L'aura magica che accompagnò le parole era sufficientemente forte da far gonfiare le vesti di Piton attorno alle sue gambe e da soffiargli via i capelli dalla fronte.
Piton inghiottì a fatica. “Sì, Preside.”
“Allora buonanotte, caro ragazzo.” Albus sorrise benigno mentre la porta gli si richiudeva alle spalle.
Severus Piton rilasciò un lungo, lento respiro mentre si incamminava verso le scale che portavano al suo sotterraneo. Aveva avuto ragione - con Potter attorno, la sua vita non sarebbe mai più stata la stessa. Ma, per qualche ragione, scoprì di non esserne veramente preoccupato.



Note alla traduzione: Il titolo può essere reso come La prima punizione di Harry.
Per la traduzione, ho deciso di seguire la versione italiana dei nomi, propri o comuni, dei luoghi, dei verbi e dei riferimenti: un po' perché ci sono affezionata, un po' perché credo siano quelli che i lettori italiani sentono più facilmente come propri.
La punteggiatura è stata lievemente modificata, per venire incontro alle norme italiane; allo stesso modo, per semplificare la lettura, ho aggregato in blocchi distinti i punti di vista di Harry e Severus. L'impaginazione di Fanfictio.net sembra prediligere il modello "ad ogni paragrafo si manda a capo", ma su EFP questo tende a far perdere un po' il testo in una pagina molto bianca.
Se avete errori da segnalare, vi prego, fatelo! Ci terrei veramente molto a che questa storia venisse pubblicata nella miglior forma possibile: ma, dato che sto cercando di tradurre il più in fretta possibile - la storia è veeeeeramente molto lunga - per assicurare una pubblicazione costante, non posso soffermarmi su ogni capitolo come vorrei.
  
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