La donna entrò nel negozio senza fare rumore. I suoi passi erano diventati come d’aria da quando era stata trasformata.
Francia la fissò da dietro il bancone, ammirandone anche l’ovale perfetto del viso e, soprattutto, i suoi occhi, che erano di un marrone strano, quasi cremisi. Allora lui pensò che quella meravigliosa ragazza doveva essere una parente di Prussia.
Lei si voltò: le sue lenti a contatto si erano ormai sciolte, rivelando due occhi di un intenso rosso, caldo, passionale, e omicida.
Francia sussultò.
< Cerco un gioiello da regalare a mia figlia. Voi cosa mi consigliate? > parlò, con voce cristallina e limpida che suonava come cento campanelle, Bella.
< Un regalo? Per vostra figlia? Subito! > rispose, stranito, e andò a cercare nella gioielleria qualcosa di adatto per una bambina.
Quell’innocente fanciulla gli sembrò giovanissima, forse era una ragazza madre, ma aldilà di questo c’era in lei un piccolo dettaglio che lo stupiva e scandalizzava al tempo stesso: i suoi occhi profondamente rossi, che avevano l’impazienza del neofita che ha tanto da imparare, e che vuole imparare subito. La facevano tanto Prussia, peccato che lui non ci fosse più come nazione.
Prussia? Il nome bastò a portarlo a cercare un monile che potesse avere in qualche modo più valore delle regioni vitali altrui, quelle che erano state spesso cercate da lui; un figlio è qualcosa di prezioso, che non si lascia sempre volentieri nelle mani altrui, no? Quindi i bambini sarebbero una sorta di regioni vitali perennemente guardate dai genitori, i loro padroni, in un certo senso?
Un attimo, lei era anche pallida, pallida solo come possono esserlo i morti, e aveva anche una grazia e una maestosità degna di una regina. O forse di una che sapeva di aver patito le sofferenze dei martiri, ma che adesso aveva una faccia nobile forse quanto Giovanna d’Arco. Per un re morto di solito i figli, cioè quelli che avrebbero assicurato la successione, erano la cosa più importante, probabilmente più della loro stessa vita.
Si bloccò subito, interrompendo così anche il ragionamento, davanti ad un gioiello che aveva inavvertitamente preso fra le mani: un ciondolo forse d’oro che si poteva aprire.
Lo aprì: dentro c’era scritto “Plus que ma propre vie”, “Più della mia stessa vita”. Perfetto, semplicemente perfetto.
Chiamò la ragazza e glielo mostrò. Lei per fortuna non fece la faccia di una a cui hanno appena invaso le regioni vitali o l’espressione di Russia quando era nervoso e minacciava d’impalamento, al contrario, fu subito felicissima, e un sorriso animò il suo volto marmoreo. Francia sospirò. Era troppo bella.
Ma il solo fatto che cercasse qualcosa per sua figlia lasciava intendere che aveva sicuramente un fidanzato, che probabilmente non sarebbe stato molto contento se lui se la fosse portata a letto.
Abbandonò tutte queste idee quando lei gli chiese il conto.
Quando pagò, aveva l’aria, un tantino altezzosa, di chi sa che si può permettere tutto, ormai.
Uscì, e lui rimase con uno strano vuoto nel petto e nella testa. Un vuoto che nemmeno una notte con Inghilterra avrebbe vinto.