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Autore: BaronessSamedi    11/02/2011    10 recensioni
A volte i mostri più spaventosi sono quelli che portiamo dentro di noi...
Genere: Horror, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
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ANGOLO DELLA COSIDDETTA AUTRICE: Premesso che questo aborto mi è stato ispirato dal rumore della lavastoviglie, perdonatemi, se potete: la prossima volta, invece di scrivere minchiate, mi riprometto di chiamare un idraulico, oltre ad uno psichiatra.

WOMAN IN CHAINS

Ann non amava la neve. Una poltiglia gelida che sottraeva al paesaggio tutti i suoi abituali punti di riferimento, trasformando le strade in trappole insidiose, e la campagna in una pagina bianca e vuota, come il foglio che spaventa uno scrittore a corto di ispirazione: ecco cos’era la neve per Ann. Non era mai stata una romantica, lei. E, ciononostante, aveva capito subito che era nevicato, e che si trattava di una nevicata eccezionale: l’aveva capito subito, appena aveva aperto gli occhi, dal silenzio ovattato e assoluto e dal chiarore lattiginoso che filtrava appena attraverso le persiane chiuse. Che seccatura, pensò, guardando sgomenta dalla finestra. C’erano almeno venti centimetri di coltre bianca saldamente attaccata al suolo, e l’asfalto aveva già incominciato a ghiacciare e ad incrinarsi. In quelle condizioni, spalare sarebbe stato del tutto inutile: sarebbe soltanto servito a rovinare ulteriormente il cemento. Questo significava che per quel giorno sarebbero saltati tutti i suoi programmi, dal lavoro alla palestra, all’aperitivo con le amiche. E Ann odiava tutto questo. Odiava il fatto che la sua giornata dovesse deviare così bruscamente dai suoi piani a causa di uno stupido evento atmosferico, su cui lei non aveva alcun controllo. Era così per tutto, per la sua vita, i suoi sentimenti. Per il suo corpo, che doveva essere sempre perfetto ed impeccabile. Ann si imponeva senza deroghe di vivere in questa gabbia, in queste catene. Ma non se ne riconosceva la responsabilità, attribuendola al mondo esigente e inflessibile in cui viveva. Le avevano raccontato che, se fosse riuscita a mantenere il controllo totale su se stessa e su quanto la circondava, sarebbe stata vincente, sempre. E lei ci aveva creduto. Questa era stata la sola ed unica favola che aveva fatto sognare Ann. Ma quella mattina la favola avrebbe avuto un finale diverso. Non era ancora pieno giorno quando Ann si era decisa ad alzarsi e a tentare di fare comunque qualcosa, per non buttare via il tempo. Un po’ di stretching per iniziare la giornata, e poi avrebbe potuto fare ordine tra i suoi conti, per esempio. Più tardi, avrebbe avvisato l’agenzia di non poter prendere parte al servizio fotografico previsto per quel giorno. Un rumore insistente iniziò ad infastidirla: dapprima sommesso come lo slittare degli pneumatici sulla neve che giungeva da fuori, poi sempre più molesto, tanto da impedirle di concentrarsi sugli estratti conto. Un rumore come di ghiaia in un tubo di ghisa. Ann accese la televisione, sintonizzandosi su un reality e cercando di lasciare che lo starnazzare dei concorrenti sommergesse quello sferragliare dall’origine sconosciuta. Niente da fare. Il rumore era sempre più forte. Le riempiva la testa, rimbombava nei suoi timpani, stordendola e invadendo la sua mente, facendo piazza pulita della sua razionalità. Adesso, somigliava a una catena trascinata sul pavimento. Stupidamente, le tornarono in mente le storie di fantasmi che la nonna le aveva raccontato quand’era bambina. Ma lo era mai stata veramente, lei che aveva sempre riso di quelle paure immotivate, a cui la sua intelligenza sprezzante rifiutava di dedicare anche solo un pensiero più del necessario? “E’ solo autosuggestione. E’ solo autosuggestione.” Ma ora le sentiva. Ora non era più solo un fantomatico frastuono generato da qualche stupido angolo di mente sfuggito al suo controllo. Le catene strisciavano per davvero sul pavimento dietro la porta del ripostiglio, e ora c’era solo una sottile parete di cartongesso a dividerla dalla creatura che si era insinuata in casa sua, nel suo mondo, nelle sue paure… “NO!” La finestra del bagno. Poteva uscire da lì. Incespicando, raggiunse il bordo della vasca e tentò di arrampicarvisi, con le gambe tremanti. Ma uno sguardo accidentale nello specchio le rivelò quello che non avrebbe voluto vedere. La creatura era lì, e la fissava avida e vogliosa da dietro lo specchio. Era l’incubo più orribile che si potesse concepire. La pelle grigiastra e purulenta, tiratissima sugli zigomi, lasciava trasparire ogni singolo osso di un corpo orrendamente decadente, visibilmente malato e in disfacimento. I radi e crespi capelli, ormai senza vita e di un colore indefinibile, parevano sul punto di cadere al primo alito di vento, così come pure i denti, malamente appesi a gengive rosse e spaventosamente ritratte. Non indossava vestiti, solo catene, lucchetti e un grosso cilicio che le trafiggeva le carni già abbondantemente straziate. Ma la cosa più terrificante di quell’apparizione, era la grottesca somiglianza con qualcosa, o qualcuno, che Ann era certa di avere già visto, una reminescenza ormai irrecuperabile nel vortice del terrore, e che la fece urlare con tutto il fiato che aveva in gola. “Perché mi temi, Ann?”, domandò la creatura. La sua voce era agghiacciante, senza corpo né tonalità. “Sei mostruosa come e quanto me, Ann Warner.” La finestra. La salvezza. Ann non si curò del vortice di vetri infranti che le turbinò intorno negli attimi interminabili del suo volo dal quinto piano. Né ebbe modo e tempo di preoccuparsi del dolore lancinante che la invase quando atterrò al suolo. La neve fredda e soffice non aveva minimamente attutito l’impatto. La sofferenza pungeva e bruciava implacabile, schegge acuminate la trapassavano ovunque. Sangue sulla neve. Rosso carminio su bianco immacolato. Ma la creatura era ancora lì. Non era riuscita a sfuggirle. “Sei uguale a me, Ann.” Gli occhi di Ann si velarono di lacrime, negli ultimi istanti, per la prima volta dopo una vita che era sfrecciata via senza emozioni. Senza pause, soffocata da un’ossessione. Era possibile che la gente la vedesse davvero così orribile?

DA “LA GAZZETTA DI SHELDON TOWN”, 11 NOVEMBRE 2011

Una giovane modella, Ann Warner, è stata trovata morta nel cortile del condominio dove viveva. In base alle prime testimonianze, pare che la ragazza si sia buttata dalla finestra del suo appartamento. Secondo i vicini di casa, i familiari e i conoscenti, Ann soffriva da diversi anni di anoressia. Recentemente si era sottoposta ad alcuni interventi di plastica facciale e aveva iniziato una nuova dieta, sostenendo di dover perdere ancora cinque chili. La giovane modella viene descritta come una ragazza molto disturbata, ormai devastata dalla malattia nella mente e nel fisico. Negli ultimi tempi, sostengono le amiche, era più scheletrica che mai e aveva un aspetto orribile. Non si esclude che i suoi problemi di salute siano all’origine del suo gesto estremo.
   
 
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