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Autore: Iurin    12/02/2011    10 recensioni
Il volto di Regulus Black si distese in un sorriso. “Severus.” Rispose “Perdonami se ti ho spaventato, non credevo fossi tu.”
No…non era possibile. Il minore della famiglia Black era davvero lì, davanti a lui? Sì che lo era! Ma allora… Piton ebbe così la conferma a quanto aveva già cominciato a capire in precedenza.
“Io sono…” Disse il più anziano tra i due, con un leggero tremito nella voce da poco di nuovo acquistata “…sono morto?”
Questa one-shot ha partecipato al "The bravest's contest" indetto da aGNeSNaPe.
Genere: Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Lily Evans, Regulus Black, Severus Piton, Sirius Black, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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Salve a tutti :)
Questa one-shot ha partecipato al "The bravest's contest" indetto da aGNeSNaPe.
E' una fanfic un pò....strana, forse, ma vorrei tanto avere una vostra opinione.
Beh, buona lettura, ragazzi!!
Ciao, nì!!

 

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Buio. Era tutto buio, quando gli parve di aver ripreso conoscenza. Si aspettava, a dire il vero, di sentire dei dolori lancinanti per tutto il corpo, specie all’altezza del collo, e di sentire le proprie energie ai minimi livelli. Eppure non era così. Si sentiva…bene. In forze. E non gli faceva male nulla.
Era tutto buio, ma non perché non vi fosse luce, ma semplicemente perché ancora non aveva aperto gli occhi; forse aveva paura di aprirli. Forse se li avesse aperti e qualcuno si fosse accorto che in realtà lui era ancora vivo…forse quel qualcuno l’avrebbe attaccato di nuovo. Tuttavia non percepiva attorno a sé nessuna presenza: non c’era alcun rumore di passi, o di voci, o di respiri. A dire il vero non vi era proprio nessun rumore.
Così Severus Piton aprì gli occhi.
Una luce accecante lo investì all’improvviso, costringendolo a chiudere di nuovo le palpebre; poi, pian piano, schiuse di nuovo gli occhi, poco alla volta, fino a quando non riuscì ad abituarsi a quella potente luce bianca. Si mise a sedere, a quel punto, e si guardò intorno: provò un misto di sgomento e disagio, quando vide che intorno a sé vi era…il nulla. Gli sembrava di trovarsi in un’enorme stanza bianca di cui non si riusciva a vedere la fine, né i contorni, dato che la linea di separazione tra le pareti ed il pavimento era inesistente anch’essa. Per lo meno presupponeva di essere seduto su un qualche pavimento, anche se ormai non ne era proprio certo. Con tutto quel bianco gli sembrava quasi che stesse fluttuando in mezzo al nulla; però lui era seduto su qualcosa che lo sorreggeva, quindi un pavimento vi era davvero. E se c’era un pavimento allora poteva anche mettersi in piedi, a quel punto.
Severus Piton si alzò, macchia nera nel bianco, e si riscoprì particolarmente elettrizzato nel non provare nessuna fatica nel sostenersi con le proprie gambe. La sua mano si alzò in aria e andò a posarsi sul suo collo, proprio all’altezza del punto in cui Nagini lo aveva morso. Provò un brivido a pensare a quell’evento. Nonostante però il dolore provato in quell’istante, adesso non c’era più niente, nessun buco provocato dalla zanne del serpente, nessuna traccia di sangue secco o meno; la sua pelle era di nuovo liscia. Si guardò la mano quasi incredulo, con un sopracciglio alzato, non capendo.
Ma forse aveva già capito tutto, senza doverci rimuginare. Quel pensiero però era così…strano, che forse non gli diede la giusta importanza.
Lasciò perdere la propria mano e continuò a guardarsi intorno, ma non era cambiato niente: il nulla era rimasto puro e semplice nulla. Cominciò a camminare, senza meta, sentendosi come se in realtà fosse fermo sempre nello stesso punto, data l’invariabilità del paesaggio.
Dov’era? Ne aveva visti tanti, di posti strani, Piton, eppure un luogo così perfetto, così candido, così irreale, così…silenzioso, non l’aveva mai visto. E sì, a proposito, era fin troppo silenzioso: neanche il rumore di un vento, di una brezza, di un singolo alito, c’era. Piton incominciò seriamente ad innervosirsi, in quanto gli sembrava di star assolutamente perdendo tempo. Ed urlò. Urlò per spezzare quel silenzio così assordante. Ma dalla sua bocca non uscì alcun suono. Rimase piegato in avanti, con la bocca aperta e gli occhi sgranati, sorpreso, e anche un po’ spaventato. Stava davvero cominciando a capire, forse, ma se quello che stava pensando fosse stata la verità…come avrebbe dovuto sentirsi? Arrabbiato? Deluso? Amareggiato? Tante volte, però, nei momenti più dolorosi, aveva probabilmente anche desiderato di trovarsi in quella situazione. Forse avrebbe dovuto essere felice. Ma se la solitudine era ciò che lo attendeva, no…non poteva accettarlo. Riprese ad urlare, sempre più forte, sperando di sentire almeno un flebile suono uscire dalle sue labbra; ma più urlava e gridava gesticolando, più quel silenzio si faceva assordante.
E poi, all’improvviso, la vide: in fondo a quella che sembrava una stanza bianca, vi era una porta, bianca anch’essa, ma se ne potevano distinguere nitidamente i contorni. Sembrava che volasse nel bianco, quella porta. Piton si sentì sollevato nel vedere qualcosa di nuovo, e così cominciò a correre verso la porta; ma nonostante stesse correndo, non riusciva ad avvicinarvisi. Corse più veloce, fino a farsi mancare il fiato; con un gesto secco delle braccia si tolse il mantello, che volò via; Piton si girò per guardare dove fosse finito quel drappo nero, ma si accorse così che era sparito, e quando si voltò di nuovo in avanti dovette frenare bruscamente la sua corsa, in quanto era improvvisamente arrivato ad un palmo dalla porta. Si fermò definitivamente, si piegò in avanti e posò le mani sulle proprie ginocchia, prendendo aria, mentre fissava, incantato, il pomello bianco della porta. Prese allora un respiro e si rimise dritto con la schiena, fiero come era sempre stato di fronte agli altri, ed allungò una mano; non appena le sue dita sfiorarono quella maniglia, la porta si spalancò di scatto verso l’interno, rivelando anche qui un’altra stanza infinita; stavolta però era completamente nera, buia, tetra, assolutamente priva di luce. Piton fece immediatamente un passo indietro, come se qualcosa lo avesse scottato. Se avesse dovuto scegliere tra le due stanze, probabilmente allora sarebbe rimasto in quella bianca, così in contrasto col suo scuro abbigliamento. Nonostante tutto, però, qualcosa gli diceva che doveva andare oltre la porta bianca, che doveva varcarla comunque, perché poi sarebbe finito in un posto nuovo, e che quella stanza scura, in realtà, era solo l’ingresso di qualcos’altro. Deglutì senza produrre alcun rumore, di nuovo, e allora si avvicinò alla porta, e dopo un ulteriore respiro ne varcò la soglia. Fece qualche passo in avanti nella semioscurità, allora, ma poi, quando probabilmente stava pensando di tornare indietro, la porta appena oltrepassata si richiuse di scatto, in silenzio.
Severus Piton spalancò gli occhi e le sue pupille si allargarono, cercando di catturare quel briciolo di luce che da qualche parte doveva pur essere. Ma non c’era luce, in quel posto, né una fiammella, né un barlume, né una piccola candela. Provò a chiamare qualcuno, a chiedere se ci fosse qualcuno oltre a lui, ma di nuovo le sue corde vocali, nonostante vibrassero frenetiche, non producevano alcun suono. Piton si passò le mani sui pantaloni, nervoso; forse doveva cercare di raggiungere di nuovo la porta – d’altronde se n’era allontanato solo di qualche passo – per tornare nella stanza bianca. Sì, avrebbe fatto così; ma quando fece un passo in avanti non trovò alcun pavimento sotto si sé. Si sentì precipitare giù, come in tunnel senza fine, e si sentì nuovamente prendere dal panico. Poi però la sua caduta si fermò, e si ritrovò disteso a terra, ma nonostante avesse con tutta probabilità sbattuto la schiena e la testa, nessun dolore sopraggiunse. Si alzò subito in piedi, allora, aspettandosi di ritrovarsi ancora nel buio pesto, ma quando girò su se stesso vide qualcosa brillare in lontananza: sembrava un recipiente, una specie di pentola, o di calderone, da cui fuoriusciva del fumo argenteo. Non curandosi delle possibili botole che avrebbero potuto esserci, Piton si incamminò verso quello strano paiolo, e per fortuna non cadde ancora. A quel punto lo raggiunse, e vi guardò dentro: era vuoto, e quel fumo brillante risaliva in alto partendo direttamente dal fondo di quel pentolone; allungò allora la mano e ne toccò il bordo, ma non appena compì questo gesto, udì una voce rimbombare.
“Non è lì per te!” Esclamò qualcuno.
Piton si voltò, ma non vide nessuno attorno a sé.
“Chi sei?” Chiese allora la voce, minacciosa “Cosa vuoi?”
Piton boccheggiò, sapendo bene che se avesse risposto non avrebbe comunque emesso alcun suono. E proprio in quel momento si accesero delle fiammelle, tutt’intorno a lui; Piton seguì con gli occhi ogni fiaccola che compariva all’improvviso, fino a quando tutto l’ambiente non venne illuminato: si trovava su una specie di roccia, circondata da un lago, e al centro di questa sorta di isoletta di pietra vi era proprio il calderone. Aveva per caso…camminato sull’acqua? E perché non se n’era neanche accorto? E mentre queste e altre domande iniziavano a farsi largo nella sua testa, udì – finalmente – dei passi. Si voltò verso il punto in cui sembrava provenissero, e fu così che vide un’alta figura farsi sempre più vicina. Non riusciva ad identificarne i lineamenti del volto, ma poteva benissimo capire che si trattava di un uomo; forse poteva essere il proprietario della voce di prima.
Quando poi quell’uomo, che mano a mano che si avvicinava Piton lo catalogò meglio sotto la voce ‘ragazzo’, gli fu praticamente innanzi, alzò il volto, e Piton lo guardò, così come il nuovo arrivato guardò Piton.
“Regulus?” Mormorò Piton, sorpreso persino di sentire la propria voce, in quel momento.
Il volto di Regulus Black si distese in un sorriso. “Severus.” Rispose “Perdonami se ti ho spaventato, non credevo fossi tu.”
No…non era possibile. Il minore della famiglia Black era davvero lì, davanti a lui? Sì che lo era! Ma allora… Piton ebbe così la conferma a quanto aveva già cominciato a capire in precedenza.
“Io sono…” Disse il più anziano tra i due, con un leggero tremito nella voce da poco di nuovo acquistata “…sono morto?”
Il sorriso di Regulus non svanì. “Lo siamo tutti, qui.” Gli occhi di Piton iniziarono a muoversi freneticamente per tutta quella strana stanza. Che cos’era il ‘qui’? “Oh, questo.” Continuò allora Regulus, probabilmente intuendo i pensieri dell’uomo “Questo è un posto tutto mio, non devi preoccupartene.”
“Che cos’è?”
“E’ solo…diciamo…il luogo in cui sono morto.” Gli occhi di Piton continuarono a soffermarsi su Regulus “Ucciso dagli Inferi. Ma non credo che molti lo sappiano, per ora… Il giovane Potter e i suoi amici sono a parte, ovviamente.”
Potter? E adesso che c’entrava, lui?
“Ma perché…” Chiese allora Piton “perché vieni qui? E che cos’è, questo posto? Una specie di…”
“Sì, una specie di riproduzione.” Rispose Black “Ma non mi crea più alcun disagio venirci; mi aiuta a ricordare, almeno, che la mia morte è servita a qualcosa.”
“Ma cosa…”
“Ogni cosa a suo tempo, Severus.” Rispose Regulus “Vieni, allora, ti porto dagli altri. Sai ti stavamo aspettando tutti, solo che non credevamo saresti giunto così presto.”
“Tutti?”
“Lo vedrai.”
L’espressione di Piton si incupì appena, mentre il ragazzo gli posava una mano sulla spalla e tutto quello che avevano intorno sparì.
Si ritrovarono così in una sorta di…
“…biblioteca?” Mormorò Piton.
“Il luogo comunitario per eccellenza, non trovi?” Rispose banalmente Regulus.
Beh, su questo punto Regulus aveva ragione: in quella biblioteca a dir poco enorme, infatti, vi erano molte persone – o…essenze delle persone che erano state, pensò Piton – che parlavano tra di loro tranquillamente, col sorriso sulle labbra. Vigeva un’atmosfera di assoluta serenità. Piton si guardò intorno, mentre Regulus continuava a parlare:
“In questo luogo…”
“In questo aldilà, presumo.”
“Sì…beh, in questo…aldilà, si ha la possibilità di fare molte cose: si può stare qui e rilassarsi, parlare, farsi due risate…”
“Meglio di un centro benessere…”
Regulus si mise a ridere. “Mi mancava il tuo sarcasmo, Severus. Comunque, qui, come hai visto tu stesso, si può riprodurre qualsiasi luogo, vuoto, ovviamente, con la sola forza della mente, oppure avere un scorcio sul mondo terreno, per dare un’occhiata a chi si è…lasciati indietro.”
“Sì, Reg,” Fece Piton senza neanche pensare a quello che stava dicendo, chiamando il ragazzo come quando andavano insieme ad Hogwarts “solo una cosa non mi torna:” Si voltò verso il suo interlocutore, guardandolo dritto negli occhi “questo è un limbo, un ‘aldilà aperto a tutte le…anime, o è un, chiamiamolo così, Paradiso?”
Regulus sorrise. “E’ un Paradiso, Severus.”
Piton fece solo un momento di silenzio. “E allora dimmi…” Chiese poi “Perché tu se qui?”
Black abbassò gli occhi a terra, senza smettere di sorridere. “Sapevo che da un momento all’altro me l’avresti chiesto.” Rialzò la testa “Beh, sappi che mi trovo qui per il tuo stesso motivo: perché mi sono sacrificato.”
Piton alzò un sopracciglio, e Regulus continuò:
“Mi ero pentito di esser diventato Mangiamorte; per motivi diversi dai tuoi, è vero,” Piton lo guardò leggermente stranito “ma altrettanto validi: avevo capito che la causa per cui stavo combattendo non era quella giusta. Per niente. E volevo…rimediare a quel che io stesso avevo contribuito a creare. Volevo uccidere il Signore Oscuro…o per lo meno indebolirlo.”
“E come…”
“Avevo scoperto che lui aveva creato degli Horcroux.”
“Che…che cosa?! Horcroux?!” Chiese, allibito, Piton.
“Esatto.”
“E quanti?”
“Sei.” Rispose Regulus “Anzi, sette, ma poi ti spiegherò meglio. Comunque, io ne avevo trovato uno, ed ero anche andato lì, in quella caverna che hai visto anche tu, per distruggerlo. Ma gli Inferi che il Signore Oscuro aveva messo come protezione me l’hanno impedito. Mi hanno ucciso.”
Regulus lo disse con leggerezza e tranquillità.
“E cosa ti hanno…” Piton non finì la frase, mentre Black fece spallucce.
“Non lo so. Sono annegato, senza alcun dubbio, ma il mio corpo…sinceramente non ho ancora avuto il coraggio di andare a vedere cosa ne sia stato. Sempre che ne sia rimasto qualcosa.” E poi sorrise.
Piton, invece, abbassò gli occhi a terra. “Scusa.” Disse “Io pensavo…sai, non è che ci siano molti Mangiamorte pentiti, al momento.”
“A parte noi due, dici? Ah, ne dubito.”
“Appunto.” Concluse Piton, poco prima che la sua mano destra andasse a toccare involontariamente il suo avambraccio sinistro.
Era stato un gesto meccanico, il suo, un gesto che aveva compiuto in momento assai poco allegri chissà quante volte.
“Aspetta.” Gli disse allora Regulus, e gli prese il braccio, iniziando a sbottonargli la manica.
Piton lo lasciò fare. Ormai, che importanza poteva avere, il Marchio Nero? Ma quando la stoffa gli scoprì la pelle, Piton sgranò gli occhi come non aveva mai fatto: il suo braccio era totalmente ed inequivocabilmente…pulito. Non vi era più neanche un’ombra scura che gli macchiava la pelle pallida. Lo guardò anche da più vicino, giungendo sempre alla medesima conclusione: il Marchio era come se non fosse mai esistito.
“Perché…” Provò a chiedere Piton, ma le parole gli morirono in gola. Oh, come avrebbe voluto che quel braccio fosse sempre stato così!
“Anche il mio è così.” Disse allora Regulus, e gli mostro il suo avambraccio, perfetto “Se ne sono andati entrambi, Severus, semplicemente perché, in fondo, loro non ci appartenevano, così come noi non appartenevamo a loro.”
Piton guardò di nuovo Regulus in volto, e per la prima volta, da quando si era reso di essere morto, sorrise.
Poi, però, il suo sorriso si trasformò in una smorfia di disappunto, quando qualcuno gli diede una fin troppo forte pacca sulla schiena.
“Mocciosus!” Esclamò quel qualcuno, al che Piton alzò gli occhi al cielo.
“Black.” Mormorò.
“Ehi, fratello, dove l’hai recuperato, questo qui?”
Regulus rise. “L’ho trovato che vagava in giro…non mi aspettavo di incontralo di già.”
“Eh…non si riesce ad evitare certa gente nemmeno a pagare l’Altissimo!”
Regulus si mise a ridere, seguito a ruota dal fratello Sirius, mentre Piton fissava entrambi con le palpebre socchiuse.
“Parla per te, Black, neanche per me è un gran piacere vederti.”
“Oh, scorbutico come al solito, Mocciosus, eh?”
“Idiota come al solito, eh, Black?”
“Ah, smettetela!” Intervenne allora Regulus “Sirius, andiamo!”
“Ok, ok.” Disse allora l’altro Black “Che dite, faccio gli onori di casa?” Mise un braccio sulle spalle di Piton e quest’ultimo se lo guardò di sottecchi. Cominciarono comunque a camminare “E poi ti devo presentare un sacco di gente! O meglio…li conosci già, Mocciosus, ma tanto hai capito cosa intendo, no?”
“Sì…” Piton alzò gli occhi al cielo.
“Perspicace come sempre! Comunque…sai chi c’è? Silente! Sarà felice, lui, di vederti, e poi…” Fece finta di pensarci su “Poi c’è Malocchio…mi pare andassi d’accordo con Alastor, no? E poi…beh, c’è anche Remus…”
“Lupin è morto?” Chiese Piton, curioso.
“A quanto pare…e anche Tonks…colpa della mia cara cugina e tua amica, Bellatrix…che poi in teoria ha contribuito anche alla mia morte, come ben sai; ma loro posso raccontarti tutto molto meglio.” Riprese allora Sirius, mentre tutti e tre continuavano a camminare addentrandosi sempre più nella biblioteca “Ma stavo dicevo, prima che mi interrompessi…chi ti faccio incontrare, a questo punto? Ah, beh! C’è James, ovviamente!” Piton trattenne un’imprecazione “E con lui, come è giusto che sia, c’è la sua adorabile consorte…”
I piedi di Piton si bloccarono proprio in quell’istante, come se fossero stato appena colpiti da un Pietrificus.
“No!” Esclamò lui d’impeto.
“Che c’è, Severus, sembra che tu abbia visto un fantasma!” Fece Regulus.
“Ah!” Disse Sirius al fratello “Questa è forte, Reg!” E si misero entrambi a ridere.
Ma mentre quei due ridevano per delle sciocchezze, Severus Piton era tutt’altro che tranquillo. Le gambe gli erano diventate subito di piombo, lo stomaco gli si era stretto in una morsa, e il cuore aveva iniziato a battere all’impazzata, nonostante, poi, non avesse alcun senso che quell’organo fosse in funzione; e poi era sicuro che di lì a poco le sue mani avrebbero cominciato a sudare.
Lily… Lei era lì. Lì! In quel posto, e forse non era neanche lontana. Avrebbe potuto rivederla a breve, avrebbe potuto parlarle ancora, dopo ventitré anni di silenzi. Avrebbe rivisto i suoi occhi che lo guardavano… La gola gli si seccò, e, come previsto, aveva le mani sudate.
“Andiamo, Mocciosus, ti sei imbambolato?” Disse Sirius, in quel momento, con la sua solita grazia.
“Io…io non…”
Ma perché doveva risultare così impacciato anche di fronte a Black?!
Proprio Sirius, a quel punto, lo afferrò per un braccio per costringerlo a riprendere a camminare. “Vedrai che anche lei sarà felice di rivederti, avanti!”
“Io…cosa?” Esclamò allora Piton “Che vai farneticando?!”
“Oh, smettila, lo sanno tutti, qui dentro, che l’hai sempre amata e che l’ami tutt’ora!”
Il volto di Piton s’infervorò. “Sta’ zitto, Black!”
Sirius si mise a ridere. “Sai, devo proprio dirtelo, Mocciosus, non ti facevo così sentimentale.”
Il colorito di Piton aumentò ulteriormente, facendo così risultare la sua espressione sconvolta.
Regulus allora poggiò una mano sulla spalla di Piton, e quest’ultimo, sempre con la stessa espressione sul viso, si voltò.
“Lascialo perdere;” Gli disse proprio Regulus “è un insensibile.” Gli fece un piccolo sorriso “Vedrai che andrà più che bene.”
Piton chiuse gli occhi e sospirò. Poteva farcela. Doveva farcela! Non era un codardo e non lo sarebbe di certo diventato adesso!
Lily…
Sospirò di nuovo e poi riaprì gli occhi.
Fece un passo in avanti. Ok, stava camminando, era un buon segno. Se solo il cuore l’avesse piantata di battere così forte. Una altro passo, e un altro respiro.
Cosa le avrebbe detto?
Di nuovo quella sensazione di panico, accidenti! E come se non bastasse il suo cervello gli sembrava, in quel momento che fosse diventato molto…stupido. Possibile che un uomo di quasi quarant’anni dovesse sentirsi peggio di un adolescente?!
“L’hai preparata la dichiarazione?” Gli disse proprio allora Sirius in un orecchio.
“Muori, Black.” Rispose Piton.
“Oh! Battutona di Mocciosus!”
Ma Piton non rispose, in quanto si accorse di aver perso momentaneamente l’uso della parola, per motivi ben diversi dall’irritazione che l’ingombrante presenza di Sirius Black gli suscitava.
Aveva appena visto Lily.
Era ancora come se la ricordava. Naturale, si disse poi, nell’aldilà le persone non invecchiano. Era seduta ad un tavolo, con le gambe accavallate e con un libro in mano. Non si era accorta di lui, che la guardava da qualche metro di distanza, assorta così com’era dalla lettura. Piton non seppe per quanto tempo rimase a fissarla, per quanto ne sapeva lui potevano anche essere passate delle ore. Poi però la voce di Sirius Black lo riportò alla realtà:
“Allora… Devi mettere la muffa o cosa?”
“Dai, Sirius, lascialo in pace!” Lo rimproverò Regulus, poco prima di rivolgersi direttamente a Piton: “Io ora porto via il mio decerebrato fratello. Andiamo a dire agli altri che sei arrivato.” Gli fece un sorriso, che però Piton, teso com’era, non ricambiò “Torniamo fra un po’.”
E, tra le proteste di Sirius, che si ostinava a dire che voleva godersi la scena, entrambi i Black sparirono nei meandri della grande biblioteca.
Piton, però, non si mosse; non sapeva che fare, cosa dirle, anche solo come avvicinarsi: non poteva farle venire un infarto – vabbè… – come aveva sempre fatto ad Hogwarts con i suoi studenti. Doveva trovare un minimo di delicatezza, cosa non abituale per lui. Eppure, sfortunatamente o fortunatamente per lui, fu la stessa Lily a toglierlo d’impaccio: proprio in quel momento, infatti, la donna si voltò di lato, forse sentendosi osservata, e fu così che si accorse della presenza di Severus. A Piton sembrò che suonassero le campane, dopo aver visto l’espressione di puro, felice stupore che pervase il volto di Lily.
A quel punto non poteva fare altro che avvicinarsi. E così fece, a passi lenti, apparentemente tranquilli, mentre in realtà, dentro di sé, si sentiva esplodere.
“Ciao, Lily.” Disse poi lui con la sua voce profonda, cercando di non far trasparire nessun segno di agitazione, guardando la donna di fronte a sé dall’alto in basso, dato che lei era rimasta seduta.
“Severus…”
E nonostante tutti i buoni propositi, quando la sentì pronunciare il suo nome, Piton crollò: si ritrovò a terra, in ginocchio, di fronte alla sua sedia, e le parole che prima non riusciva ad immaginare sgorgarono fuori dalla sua bocca come un torrente in piena:
“Mi dispiace, Lily, mi dispiace tanto… Quello che ti è successo è stata colpa mia, solo colpa mia… Avrei voluto tornare indietro e non sbagliare così tanto, avrei voluto che vivessi, Lily…mi dispiace così tanto… E’ stata tutta colpa mia… Perdonami…”
Lui continuava a guardarla, a fissare quegli occhi gentili che per quasi sette anni aveva rivisto nel figlio. Non voleva smettere neanche un secondo di guardarla.
E, a quel punto, Lily posò definitivamente il suo libro sul tavolo, e prima che Piton potesse alzarsi, anche lei si era messa in ginocchio, di fronte a lui, e poi posò le sue mani sulle guancie dell’uomo.
“Severus,” Gli disse “non devi dire queste cose. Di cosa dovrei perdonarti, io? Di aver aiutato e protetto fino all’ultimo mio figlio? Di avermi…amata così tanto? Di essere persino morto per me?”
Dalla bocca di Piton non uscì alcuna risposta; non sapeva che dire, davvero, voleva solo concentrarsi per imprimere quelle parole e il tocco di Lily sulle sue guance il più a lungo possibile nella mente. Poi lei tolse una mano, e si avvicinò, piano, per poi dare un piccolo bacio sulla gota dell’uomo.
“Grazie, Severus, grazie di esserci sempre stato, nonostante tutto.”
E quando tornò a guardarlo, Lily si accorse di come gli occhi neri di Piton si fossero pericolosamente inumiditi, e così, prima che le lacrime uscissero, lo abbracciò. Piton non rispose subito a quel gesto, ma poi, alla fine, anche lui le cinse la schiena con le braccia, stringendola forte.
“E sei tu che devi perdonarmi, Severus.” Disse infine Lily “Perdonami, se puoi, perché ho capito troppo tardi quale persona straordinaria tu fossi.”
La stretta di Piton si fece più forte, ed una mano dell’uomo andò a posarsi sulla testa della donna, intrecciando dolcemente le dita tra i suoi capelli, quei capelli di un rosso scuro così bello. Lily capì subito il perché di quella stretta così forte; non che Piton le stesse facendo male, non provava dolore, dopotutto; sapeva soltanto che l’uomo che la stava abbracciando aveva semplicemente cominciato a piangere. Le lacrime erano riuscite a sgorgare, in silenzio. E forse lui non voleva che lei lo vedesse piangere, anche se poteva immaginarlo, visto il movimento irregolare delle sue spalle. Anche Lily, allora, gli mise una mano sulla testa, e gliel’accarezzò, teneramente, come lui avrebbe sempre voluto che lei facesse.
Il movimento del corpo di Piton si attenuò, fino a finire, il tutto sempre nella più minima discrezione e senza alcun rumore. Avrebbe voluto rimanere così per sempre, lui… Per tutta l’eternità che aveva ora di fronte a sé. Aveva ritrovato la sua Lily, la sua bellissima, dolce Lily, e non l’avrebbe più persa. Non adesso.
“Ehm…disturbo?” Disse allora, in quel momento, la voce di un uomo.
Piton chiuse gli occhi di scatto per non vedere il nuovo arrivato, rimanendo però sempre nella stessa posizione.
“Và via, James.” Rispose Lily, semplicemente.
“Posso ricordarti che sono tuo marito?”
“E io posso ricordarti che sei anche uno stupido, a volte?”
Era tempo di staccarsi, si disse Piton, e così fu lui a sciogliere l’abbraccio. Lily si mise in piedi, allora, e lo aiutò ad alzarsi, ma non appena Piton fu di nuovo in una posizione eretta, si voltò, dando le spalle sia a Lily che a James Potter. Sapeva benissimo che entrambi si erano accorti di tutto, ma non voleva vedere la faccia di quel…guastafeste, mentre lui si asciugava gli occhi con una manica. Solo qualche secondo dopo, allora, si voltò di nuovo, e per la prima volta, dopo un tempo che per lui non era mai abbastanza, posò gli occhi sul padre di Harry Potter: aveva sempre lo stesso volto smagrito, gli stessi orrendi occhiali, gli stessi capelli perennemente in disordine. Eppure una cosa lo colpì: gli stava sorridendo, e tendeva una mano proprio verso di lui.
“Ciao, Severus.” Gli disse senza cambiare espressione.
L’aveva chiamato per nome; non gli aveva affibbiato uno dei soliti appellativi, non aveva ironizzato sul suo nome chiamandolo ‘Mocciosus’ come Black non aveva smesso di fare neanche da morto. E questo lo sorprese. Piton guardò la mano di Potter come se stesse per esplodere da un momento all’altro, non sapendo se stringerla o no. Poi sentì un’altra mano stringere la sua, quella di Lily, e allora, per solo un momento, mise da parte il risentimento e strinse la mano di James con quella non occupata.
“Potter.” Disse però lui, semplicemente.
Merlino, quanto assomigliava al figlio. E ci mancava poco che lui e Potter jr. diventassero coetanei, e per questo fatto lo stesso Piton si sentì un po’ più forte; lui, eterno quasi quarantenne, che stringeva la mano ad un poco più che ventenne.
“Io…” Iniziò poi a dire James, con un lieve, quasi impercettibile, imbarazzo nella voce “Volevo dirti…sì, volevo dirti grazie. Per Harry.”
Beh, se prima era sorpreso, adesso Piton non sapeva come definirsi.
“So che non l’hai fatto per me, ma… Grazie comunque.” Concluse James.
“Dovere, Potter.” Rispose, un po’ più gelido, Piton “Sperando che il tuo degno erede riesca a cavarsela da solo, adesso.”
Il sorriso tornò sul volto di Potter, a quelle parole. “Oh, se l’è già cavata!” Esclamò “Ti sei perso le scene finali della battaglia, Severus… Voldemort è morto. E anche grazie a te, mi duole ammetterlo.”
“La…ma quanto tempo è passato da quando…” …era morto?
“Un po’.” Fu Lily a rispondere “Ma ti spiegheremo tutto con calma, Severus.”
“Beh, di sicuro di tempo ne abbiamo più che a sufficienza.”
Lily rise, e per quella risata Piton si sentì rinascere ancora.
“Allora, ragazzi!” Urlò proprio in quel preciso istante la voce di Sirius Black, alle spalle di Piton “Tutto risolto? Fatta la pace?”
Piton lo guardò con la coda dell’occhio. “Sparisci, Black, prima che ti disintegri.”
“Ah-ah… Voglio proprio sapere come faresti…”
“Ragazzi, ragazzi…” S’intromise Regulus, arrivato anche lui “Calma e pazienza. Capito Sirius?”
“Ma guarda tu se devo farmi rimproverare da mio fratello minore!” Protestò Sirius “James, digli qualcosa anche tu.”
James guardò Regulus. “Reg, ti autorizzo ufficialmente a pestarlo.”
“Mondo crudele!”
Piton, dal canto suo, era trattenuto dal mandare tutti e tre a quel paese solo dal fatto che, ancora, sentiva la mano di Lily nella sua.
“Severus.” Disse poi, in quell’istante, un’altra voce ben nota.
A quel punto fu Piton a lasciare la mano di Lily, per poi voltarsi e vedere Albus Silente in piedi di fronte a sé.
“Albus.” Lo salutò Piton, prima che il vecchio Preside poggiasse le sue mani sulle sue spalle.
“Hai fatto un ottimo lavoro, Severus, ottimo.” Disse Silente “Non avrei saputo fare di meglio, davvero.”
Piton lo ringraziò semplicemente con un cenno del capo.
“Allora.” Fece poi Sirius, interrompendo il silenzio “Che ne dite se diamo un’occhiata al mondo di sotto?”
Piton si guardò intorno spaesato, mentre vedeva gli altri acconsentire alla richiesta di Black con entusiasmo, per poi andare a sedersi tutti intorno ad uno dei tanti tavoli. Ne scelsero uno circolare, ed al posto delle sedie vi era una panca, circolare anch’essa. Piton si lasciò trasportare dal vociare generale, e prese posto. Accanto a lui si sedette Lily, mentre dall’altra parte prese posto Silente. Quest’ultimo, allora, fece un grande gesto col braccio, e proprio al centro del tavolo iniziarono a comparire delle immagini.
“Devi solo guardare.” Gli disse Silente, mentre Piton fissava incuriosito la scena “E’ molto meglio di un Pensatoio, te l’assicuro.”
Piton allora si sporse un po’ di più, e guardò dentro quella specie di buco colorato che si era formato. Si sentì risucchiare, all’inizio, ma poi tornò normale, e le immagini divennero più nitide. Si accorse così di trovarsi a Grimmauld Place, ed era tutto proprio come se lo ricordava. Forse solo un po’ più pulito.
Una porta sbatté, e Piton si voltò di scatto, trovandosi così davanti Harry Potter, che camminava veloce per il viale d’ingresso; Piton non fece in tempo a spostarsi che il ragazzo gli passò attraverso, come se fosse stato un fantasma. Ma, a dire il vero, lui era un fantasma. Lui si trovava nel mondo terreno, non in un ricordo. Ciò che stava guardando stava accadendo in quel preciso istante. Era proprio come se lui fosse un fantasma, solo che nessuno poteva accorgersi della sua presenza.
“Harry, sei tu?” Chiese in quel momento una voce femminile proveniente dalla cucina, poco prima che l’interessato ne varcasse la soglia.
Piton lo seguì, e si ritrovò, appunto, nella cucina di Grimmauld Place, a guardare Harry che si sedeva davanti a Weasley, troppo impegnato a giocare a scacchi da solo, mentre la signorina Granger era ai fornelli. Non c’era nessun altro, solo loro tre.
“Sono andato da Kingsley, e…beh, gliel’ho chiesto.” Disse allora Potter.
“E lui?” Domandò Weasley senza staccare gli occhi dalla scacchiera.
“Beh, lui ha detto che ci doveva pensare, che sarebbe stata una bella botta per l’opinione pubblica, ma…mi ha suggerito di iniziare a scrivere già qualcosa.”
“Stupendo!” Esclamò la Granger “E quando pubblicheranno l’articolo?”
“Il prossimo mese, se tutto va bene.” Rispose Potter poco prima di ridere “Ovviamente sulla Gazzetta del Profeta, quando sarà passato ancora un po’ di tempo e si saranno stabilizzate un po’ le cose.”
Cos’era…adesso Potter si era dato al giornalismo?
“Beh, mi pare una cosa ovvia.” Puntualizzò la Granger “Ma quando uscirà l’articolo dovremo comunque aspettarci voci maligne…specie se ancora quella Skeeter è in giro, ma… Oh, Harry, hai avuto una magnifica idea a voler scrivere un articolo che mostri Sirius per quello che è in realtà!”
“Ah, il mio figlioccio!” Esclamò proprio la voce di Sirius da qualche parte, ma Piton non vi badò.
“Sì…” Stava intanto continuando Harry “Sirius se lo merita… Ed è ora che tutti sappiano che è un eroe anche lui.”
Hermione gli si avvicinò e gli posò una mano sulla spalla. “E’ così che deve essere, no? Solo che…stavo pensando…”
Weasley si mise a fissarla. “A cosa?”
“Beh, pensavo…dato che parlerai di Sirius, quindi di un Black, potresti anche parlare di Regulus, no?”
“Oh, Regulus…”
“In fondo anche lui si è battuto contro Voldemort, ed è…morto, per questo. Tutti sanno che è rimasto un Mangiamorte e basta, ma noi sappiamo che non è così e…anche se non l’abbiamo conosciuto merita un po’ di luce anche lui, come Sirius. Non trovi?”
“Sì.” Rispose subito Harry “Sì, hai ragione. Parlerò di tutti e due, come è giusto che sia. Tu poi mi aiuterai con la grammatica, non è vero?”
La Granger alzò gli occhi al cielo. “Ok… Come vuoi, Harry.”
Potter sorrise, ma la sua espressione cambiò in una di stupore quando proprio in quell’istante tutti e tre udirono picchiettare al vetro di una finestra. La Granger fece subito entrare il gufo in casa, e Harry afferrò la lettera.
“Viene da Hogwarts!” Esclamò, e poi l’aprì, iniziando subito a leggerla.
Piton si mise dietro le spalle di Harry per cercare di leggere qualcosa, ma Potter l’aveva già richiusa.
“E’ della McGranitt!” Fece “Dice che è appena arrivato!”
“No, sul serio?” Commentò Weasley “Grandioso! Insomma…più o meno.”
“Finiscila, Ronald, è una bellissima notizia!” Lo rimproverò la Granger “Quando vogliamo andare?”
“Subito, direi!” Rispose Harry, ed un secondo dopo tutti e tre si smaterializzarono.
Piton si ritrovò, così, da solo a Grimmauld Place, e allora si voltò, in cerca di Lily, di nuovo, e non appena compì questo movimento, si ritrovò nella biblioteca celeste, in mezzo agli altri.
“Oh, è tutto suo padre, quel ragazzo!” Stava nel frattempo dicendo James Potter ai quattro venti.
Piton se lo guardò con un sopracciglio alzato.
“Lascialo stare…” Si sentì dire allora da Lily, che lo stava guardando con un sorriso “Sai…secondo me non passerà neanche troppo tempo che verrà anche a chiederti scusa.”
“Tu dici?”
“Quando si sa quasi tutto, le opinioni e i sentimenti mutano.” Gli rispose la donna “Guarda Sirius e Regulus: in vita non si potevano sopportare, e ora, invece, vanno d’amore e d’accordo.”
E in effetti era così.
Piton sorrise, rendendosi conto di come le cose, finalmente, andassero nel verso giusto. Lily era lì, vicino a lui, seduta tra suo marito e il suo migliore amico; mentre Piton si trovava proprio accanto alla donna che amava. Non si era mai sentito così bene.
Quando poi vide che tutti gli altri stavano ricominciando a guardare al centro del tavolo, Piton li imitò. Si sentì di nuovo risucchiare, ma poi si ritrovò subito sulle scale che conducevano all’ufficio del Preside, ad Hogwarts. O meglio, della Preside, perché molto probabilmente adesso era Minerva a gestire la scuola.
Potter bussò alla porta dell’ufficio, e, appunto, la voce di Minerva McGranitt diede loro il permesso di entrare. Quando la porta si aprì, Piton rimase sbalordito per l’ennesima volta: davanti alla scrivania della Preside, issato su di un cavalletto, vi era un ritratto. Il suo ritratto. Piton lo fissò a bocca aperta, non sapendo davvero né che dire né che pensare.
“Buonasera, Harry.” Li accolse Minerva “Hermione, Ronald.”
Ma Harry aveva già preso a fissare l’immagine del ritratto di Severus Piton, dimentico di tutto il resto. Lui, il Piton del ritratto, era totalmente…immobile. Aveva lo sguardo chino, voltato leggermente da un lato, gli occhi fissi verso il basso; se non fosse stato per il fatto che ogni tanto batteva le palpebre, lo si sarebbe potuto spacciare per un ritratto babbano.
“Professor Piton.” Lo chiamò Harry, ma il diretto interessato non si mosse.
Potter però capì comunque di aver attirato la sua attenzione, in quanto per un momento aveva smesso di sbattere gli occhi.
“Professore…” Ripeté il ragazzo, per poi continuare a parlare “Spero che…spero che si troverà bene, qui.”
“Che inizio stupido.” Pensò il vero Piton, non provando però nessun sentimento negativo.
“Ecco, io…” Riprese Harry “Volevo solo dirle…ehm…volevo solo dirle grazie, perché…perché il suo aiuto è stato prezioso, ecco.”
Senza neanche accorgersene, il Piton in piedi accanto a Harry sorrise. Poteva immaginare che quelle parole fossero faticose da dire, per Potter; non perché non le sentisse vere, ma semplicemente perché non si era mai rivolto al suo professore in quel modo.
“Quindi, beh…sono a sua disposizione, se vuole.” Concluse Harry, e poi tornò il silenzio.
Dopo qualche istante, però, il Piton nel ritratto alzò il volto, e con i suoi occhi si soffermò proprio sulla persona che aveva di fronte a sé.
“Non c’è di che, Potter.” Rispose, piuttosto freddamente.
Harry sorrise. “Bene. Allora… Io vado.” Salutò Potter, sempre rivolto al quadro “Ci vediamo, Preside.”
Anche il Severus Piton del dipinto, stavolta, sorrise.
Era andato tutto nel verso giusto, dopotutto.


The End







Ecco il giudizio di aGNeSNaPe:

Grammatica quasi perfetta, qualche spazio mancato, ma nulla di grave. Lo stile è impeccabile, salvo qualche ripetizione qua e là (nulla che non si possa risolvere con un bel labor limae); la prima parte mi ha messo i brividi, la seconda… beh, si sentono distintamente tutti i sentimenti di Severus, fantastica! E a proposito di Severus, Regulus forse è rimasto un po’ sullo sfondo, mescolato tra i tanti che hanno accolto Sev; però c’è, ed è inserito anche bene, quindi non mi lamento.
L’IC è rispettatissimo, in tutto e per tutto. Sirius è fantastico! E mi hai fatto amare anche Potter senior, incredibile!
Altro appunto sull’aldilà: mi piace molto come l’hai descritto! È difficile parlare di mondi che non conosciamo, ma così è… bello! Una degna ricompensa alle fatiche terrene.
Insomma, mi spiace tantissimo che questo contest si sia concluso in questa maniera scalcagnata.
Grazie della partecipazione!

   
 
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