Prologo

L'ombra comparve nel buio totale della città. Era andata lì perchè doveva vegliare sui suoi compagni. Se lo sentiva. Dinanzi a lei comparvero altre ombre, ma non la videro. L'Ombra era più forte, più dotata delle altre. Le ombre proseguirono nelle vie della città, fino a raggiungere un palazzo. Erano ombre, nessuno avrebbe visto che c'erano, perchè nessuno poteva vederli. L'Ombra seguì il gruppo su per le scale del palazzo, aspettando però qualche minuto prima di entrarvi. L'Ombra lasciò perdere gli altri, e scivolò lentamente dentro una stanza. Dentro la stanza c'era un bambino, un ragazzino, che dormiva. L'Ombra capì che il gruppo di ombre era venuto ad uccedere il ragazzino, ma lei sentiva che era sbagliato. Così gridò nella sua mente: svegliati! Le altre ombre, nel frattempo comparse nella stanza, la fissarono sbigottiti, e scomparvero assieme a lei. Perché nessun ombra poteva uccidere un essere umano se questi era sveglio. Le ombre riapparirono in luoghi diversi. Il ragazzo doveva venir salvato, pensava l’ombra, isolata e solitaria. Poi però il richiamo del suo maestro la richiamò. E lei venne risucchiata verso la sua casa.

Le ombre apparvero contemporaneamente nella grande sala, di fronte al capo del gruppo riunito in quel luogo. Si chiamava Eshkol, ed era l’Angelo della Notte. Quando le ombre apparvero con il loro aspetto reale, Ehskol potè ammirarli. Era molto felice di alcuni di loro, i lughesh, ovvero i Conquistatori di Morte. Fra loro c’erano alcuni davvero demoniaci. Il gruppo era composto da tre femmine e quattro uomini. Il loro aspetto non si poteva descrivere, erano semplicemente troppo demoniaci, però erano perfetti. C’erano Tahmuras, l’Angelo della Vendetta, Abiram, l’Angelo del Sangue, Rekhmirè, l’Angelo degli Incubi e Bilgah, l’Angelo del Silenzio. Fra loro c’erano anche le tre più talentuose che si era mai sognato. Erano Shoanete, l’Angelo del Gelo, Ramit, l’Angelo della Rabbia e Nazheen, l’Angelo della Violenza.

“Tahmuras, com'è andata la spedizione? La famiglia è morta?”

“Sì, mio signore. I genitori sì.”

“E il bambino? È lui che dovevamo uccidere, lo sai.” Una voce gelida rispose alla domanda:

“Mio signore, è arrivata lei.”

“Cosa significa, Shoanete?”

“Lei ci ha impedito di fare il nostro compito.”

“Cos'è successo?” rispose Rekhmirè:

“L'ha svegliato.”

“Ardath?” Eshkol fissò Ardath, l'Angelo della Morte. Era la più spaventosa di tutti. Lei lo fissò col suo sguardo mortale.

“Sì, mio signore?”

“Ti rendi conto che quel bambino doveva morire?” Ardath rise.

“Mio signore, si rende conto che sta parlando con l'Angelo della Morte? Se l'ho svegliato, significava che non doveva morire.”

“Portami rispetto, Ardath della Morte.”

“Io la rispetto, mio signore. Ma io sono la Morte, e so quando una persona deve morire o meno.”

“Capisco. Però mi hai delusa, Ardath.” Ardath scrollò le spalle. Un attimo dopo entrò nella sala Daserìn, l’Angelo della Disubbedienza. Era la guardia del corpo di Eshkol. Annunciò con voce fiera:

“Mio signore, porto buone notizie.”

“Davvero? E quali sarebbero?”

“Mio signore, è stato avvistato Akheris.” Ardath sentì un colpo al cuore. Suo fratello.

“E chi l'ha avvistato, Daserìn?”

“Uno dei Neri.” Ardath arricciò le labbra, disgustata. I Neri erano i demoni minori. Erano diventati demoni dopo la loro vita umana, ed erano diventati demoni a causa delle cattive azioni che avevano fatto nella loro vita. Ardath, come tutti gli altri lughesh era un Angelo Caduto, schieratosi dalla parte di Lucifero, e quindi era diventata un Demone.

“E tu credi sul serio che un Nero possa aver avvistato mio fratello?”

“I Neri ci stanno aiutando più di quanto tu abbia già fatto, Ardath.” disse sprezzante Daserìn. Ardath gli ringhiò contro. Eshkol disse:

“State buoni. Daserìn, grazie dell'informazione.” poi si rivolse ad Ardath:

“Ardath, vuoi riconquistare la mia fiducia?”

“Sì, mio signore.”

“Porta Akheris l'Angelo della Distruzione a casa.”

“Va bene, mio signore. Parto subito.” Ardath sorrise e uscì dalla sala, per prepararsi al suo soggiorno sulla terra. Prima però doveva trovare un corpo umano nel quale potesse abitare. Uscì come ombra, ed andò per le strade. Presto trovò un incidente autostradale. C'era una ragazza, sdraiata a terra. Era in fin di vita, ed era molto bella. Aveva i capelli neri, gli occhi socchiusi lasciavano intravedere delle iridi marrone scure. Ardath le si avvicinò.

“Sei la morte?” sussurrò la ragazza. Ogni persona in fin di vita poteva vedere gli angeli. Ardath annuì, e disse:

“Ragazza, come ti chiami?”

“Sono Katherine.”

“Bene. Dimmi, Katherine, tu vuoi morire presto, vero? Vuoi che io tolga da te tutto il dolore...”

“Sì... voglio morire. Sto soffrendo...” Ardath sorrise, cattiva.

“Sono la Morte, e morirai in ogni caso. Ma se mi permetti di usare il tuo corpo per una mia missione terrena, allora ti donerò la morte senza sofferenza. Se invece non lo farai, aumenterò le tue sofferenze.”

“Mai! Il mio corpo è soltanto mio.” sibilò la ragazza, ma subito un dolore immenso la inondò. Katherine fissò gli occhi di Ardath, e disse:

“Lo userai a scopi buoni?” Un angelo non poteva mentire, così Ardath disse soltanto:

“Devo riportare a casa mio fratello.” Katherine annuì e bisbigliò:

“Prendilo.” Così Ardath raccolse il corpo della ragazza e scomparve. Ricomparve in una radura, dove chiamò Shoanete e Nazheen, in modo che potessero essere testimoni del suo cambiamento. Così Ardath tolse la vita alla ragazza, e nel mentre che l'anima di Katherine si allontanava dal suo corpo ancora caldo, Ardath si impossessò di ciò che la ragazza era stata.