Anime & Manga > Vampire Knight
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Autore: Sakurina    12/02/2011    7 recensioni
Rima ripensò alle parole che aveva urlato contro al vampiro, e in cuor suo si sentì sollevata nel sapere che non era l’unica anormale ad odiare la classe nobiliare là dentro.
Si fece coraggio e si avvicinò al ragazzo, sedendosi al suo fianco e portando le ginocchia al petto, affondandovi in mezzo il viso, rosso d’imbarazzo.
“Grazie per… avermi salvata.” Mormorò lei, sottovoce, in modo appena percettibile.
“Figurati, Touya.”
“Rima… io sono Rima.”
“Io sono Shiki Senri. Chiamami pure come preferisci.”
“Grazie… Shiki. Posso stare qui con te per un po’?” domandò lei, sollevando la testa per guardarlo, imbarazzata.
“Puoi restare con me tutto il tempo che vorrai.”
[Shiki x Rima]
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Rima Toya, Senri Shiki
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Ad Alessia,

perché è raro trovar una coppia che piaccia ad entrambe <3

 

A Kyo e Monica,

per avermi iniziata [saggiamente] a Vampire Knight <3

 

A Matsuri Hino,

perché dovresti dar più spazio a questi due. ù_ù

 

 

h Our Pages Still Unwritten g

Senri Shiki x Rima Touya

 

 

h La Prima Pagina. Incontro g

 

Lei odiava quei posti, sempre li aveva odiati e sempre lo avrebbe fatto.

Quelle serate mondane erano solo una lenta e straziante tortura per una tipa solitaria e taciturna come lei, che a causa del suo aspetto carino non faceva altro che attirare mosconi a ronzarle attorno; e che, a causa del suo carattere irascibile, respingeva in sequenza senza troppa cortesia.  

 

Era una ragazzina difficile, sentiva sempre mamma e papà dirlo, seduti a tavola alle luci soffuse dell’alba, quando la credevano già dormiente nel suo letto – quelle poche volte che erano a casa, ovviamente.

Ma dicevano anche che, carina com’era, sarebbe senz’altro arrivata da qualche parte.

 

Quella parte dove i suoi genitori volevano farla arrivare – lo capì solo durante la sua prima serata mondana, avvenuta proprio nel periodo in cui la sua adolescenza vampiresca si decideva a darle un tocco di classe e bellezza in più, come se non fossero una piaga già abbastanza grande per lei –, la direzione verso cui puntarono i coniugi Touya non appena giunti alla festa, senza esitazione, fu quella del tavolino intorno al quale sostava la famiglia Ichijou.

 

Ah, ora era tutto chiaro.

 

“La piccola Rima era così impaziente di conoscerla, nobile Takuma!” esordì la signora Touya, con una voce che pareva più uno scampanellio che un verso umano.

All’udire quelle parole totalmente inventate, Rima inarcò un sopracciglio, fissando fra il perplesso e lo schifato il damerino biondo poco più alto di lei che le sorrideva di fronte.

“Il piacere di conoscere una così bella ragazza è mio. Piacere, sono Ichijou Takuma.” La salutò il bel principino biondo, accompagnandosi con un inchino e un baciamano di gran classe.

“Ciao.” Lo liquidò Rima svogliata, riprendendosi immediatamente indietro la sua manina avvolta in un guantino di pizzo bianco davvero grazioso.

Ichijou rimase perplesso a fissare quel velo di pesante irritazione calato su di un volto così angelico. Insomma, quella era davvero la prima persona a respingerlo in maniera così brutale. Anzi, era proprio la prima a bistrattarlo in generale. Lui, che fin da piccolo aveva conquistato vampiri e umani con un solo sorriso, tanto era dolce e carino. Lui, discendente dei nobili Ichijou, respinto così da una nobile vampirella senza nemmeno una valida motivazione. Gli venne quasi voglia di scoppiare in lacrime, ma si trattenne, gelato dallo sguardo minaccioso di Rima che gli intimava silenziosamente di comportarsi bene e di non crearle grane con i genitori.

 

a

 

Oh sì. Lo ricordava bene.

Era stata la volta in cui il frignare di Ichijou gli era parso più insopportabile del solito.

A parte che l’adolescenza di Takuma era stato un periodo veramente difficile per lui, avrebbe più e più volte desiderato di rinchiuderlo in una bara chiodata, ma… no, sarebbe stato decisamente troppo faticoso e controproducente, dato che conoscendolo Ichijou avrebbe continuato a frignare anche là dentro.

Quindi anche quella sera, la sua prima serata mondana in assoluto, faceva finta di ascoltare i piagnistei dell’amico, mentre in realtà era perso nel suo mondo altrove, fra le nuvole lontane.

“Shiki, ti odio. Non mi ascolti mai.” Piagnucolò il biondino, piazzando la sua faccia triste davanti a quella dell’amico.

Mh? Sì, sì, ti ascolto.”

“Non è vero. Di cosa stavo parlando?”

“Di… una tizia a cui non sei piaciuto.”

“La figlia dei Touya.”

“Ecco, lei. Ma non capisco che cosa te ne possa importare.”

“A me importa, perché voglio piacere sempre a tutti. Mi piace piacere a tutti. Sono sicuro di piacere anche al Nobile Kaname. E lei… questa qui, che non si sa manco da dove sia sbucata, col suo bel visino angelico e il suo sguardo truce, mi smonta così! La odio! E pensare che le nostre famiglie puntavano ad un fidanzamento d’interesse, ma stando così le cose… quella vorrebbe solo vedermi squartato in mille pezzi, me lo sento.” Si lamentò il giovane Ichijou, crogiolandosi nella sua disperazione.

“Beh, e allora stalle alla larga. Sai quante nobili vampire ci sono a tua disposizione… sarebbe assurdo che tu ti facessi scegliere proprio l’unica che ti odia. Ma conoscendoti, non porresti di certo resistenza…” sospirò Senri, grattandosi svogliatamente la zazzera di capelli spettinati.

“Uff, sei sempre il solito apatico insensibile, Shiki…” sospirò Takuma, accasciandosi mestamente sulla ringhiera del balconcino rialzato che si affacciava sulla sala da ballo. Improvvisamente si sollevò, scrutando curioso un punto preciso del salone. “Ehi, Shiki, ma quella non è tua madre? Chi è il tizio con lei? Dove stanno andando?”

Senri dedicò solamente uno sguardo sfuggente alla lunga chioma scarlatta della madre che spariva dietro ad un portone con l’ennesimo sconosciuto, per poi voltarsi e dirigersi esattamente dalla parte opposta.

“Non lo so e sinceramente non mi importa. Ora vado. Buona fortuna con la tua bella assassina, Ichijou.” Lo salutò con un cenno Shiki, sparendo giù per le scale.

“Ecco, mi ha liquidato pure lui. E stasera sono in due.” Frignò Takuma, accasciandosi a terra, depresso.

 

a

 

“Lasciami stare, stupido scimmione!” sbraitò una vocina delicata, ma decisa e per nulla aggraziata.

A risponderle fu una voce roca e spiacevole, viscida, che lasciava trasparire chiaramente le sue spregevoli intenzioni.

Il contrasto vocale era netto: era chiaro che fosse un adulto che invitava una ragazzina ad appartarsi con lui. Sebbene lei opponesse una fervida resistenza, non si azzardava ad urlare aiuto. Avrebbe combattuto e si sarebbe fatta uccidere, ma non avrebbe di certo chiesto a nessun altro di aiutarla.

Senri non sapeva che fare. Il suo stile di vita gli avrebbe imposto di andarsene tranquillamente, ignorando gli avvenimenti, però la sua coscienza, per la prima volta, ululava contrariata.  Così sostava dietro al tronco di un albero, indeciso sul da farsi, totalmente inerme. Ma in cuor suo già sapeva che non avrebbe permesso a quel villano di far male ad un’innocente ragazzina. Doveva solo trovare il coraggio – e la voglia – di farsi avanti per proteggere una perfetta estranea.

“Sei una ragazzina difficile, tu…”

“Sì, lo sono! Mi avete stancata tutti quanti con queste assurde pretese…” ringhiò sottovoce la biondina, tirando uno schiaffo ben assestato al vampiro che la stava importunando “…non mi importa chi tu sia… che tu sia nobile, ricco, famoso... non mi importa nulla. Mi fate schifo, mi fate tutti schifo. Siete tutti falsi e ipocriti, voi adulti, tutti viscidi e morbosi. Non voglio entrare in questa società. Non mi farò succhiare il sangue da nessuno di voi, voi, che non pensate altro che al potere e a soddisfare le vostre bieche voglie. Non sarò il vostro burattino… non voglio soffrire a causa vostra… quindi statemi lontani!” urlò la ragazzina disperata, prima di essere afferrata con forza per il collo dal nobile di fronte a lei.

Shiki sussultò. Il sangue gli divampò nelle vene. Il respirò gli venne a mancare.

Che cosa aveva appena detto quella ragazzina?

Che cosa aveva appena fatto?

Ciò che non aveva il coraggio di dire o fare lui, ciò che faticava pure ad ammettere a se stesso?

“Sciocca ragazzina… in questo modo non farai altro che disonorare il casato dei Touya, lo sai?” sogghignò il vampiro, divertito “Il tuo destino è stato scritto dalla tua nascita, ormai. Quindi ora fai la brava, e ti farò sentire cosa si prova ad essere morsi da un vampiro di classe come me…”

“NO!” si dimenò lei, con tutte le sue forze, e la sua voce ferma e fredda per la prima volta tradì un fremito di paura.

 

a

 

“Lasciala stare.”

Quella voce calma e bassa, ma estremamente seria e decisa, fu come un fendente vellutato che tagliò l’aria con classe e forza. Non l’avrebbe mai potuto scordare.

L’alito pesante e dolciastro di quel viscido vampiro si scostò dal suo collo – ancora intatto, grazie al cielo – per volgersi a destra, dove la figura di un ragazzino si stagliava nella penombra creata dalla luce lunare.

“Finalmente ti sei deciso a mostrarti, moccioso. Era da un po’ che mi ero accorto di te, ma credevo che la tua fosse solo morbosa curiosità.” Sogghignò l’uomo, lasciando la presa su Rima.

“L’unica persona morbosa che c’è qui sei tu. Lasciala stare, o tutti verranno a sapere che cosa hai cercato di fare. Non sarebbe di certo una bella pubblicità per il tuo casato, non credi?” argomentò tranquillamente il ragazzino, impassibile, quasi stesse parlando con un invitato a cena o con un passante.

“Ah ah… bell’intervento ragazzino… ad ogni modo la mocciosa mi aveva già stancato da un po’…” affermò tranquillamente l’uomo, lanciando di forza Rima contro il nuovo arrivato, che la prese fra le sue braccia. “Prendilo come un regalo per il tuo silenzio.” E così dicendo, il vampiro svanì velocemente, senza lasciar traccia.

Rima rimase qualche momento boccheggiante fra le braccia del ragazzino, stringendosi alla sua giacca, tremante. Lui, da parte sua, rimase immobile. Né un gesto di conforto, né una parola. Semplicemente, attendeva, la studiava, ascoltava il suo respiro, il suo sangue scorrere furioso e divampante.

Non appena riuscì a riprendere il controllo di sé e la sua calma, Rima gli diede uno spintone, allontanandolo.

I suoi occhi infiammati erano ancora lucidi e lo fissavano freddi e fermi, ma senza rabbia. Sembravano piuttosto imbarazzati e colpevoli, in verità. Sembrava una gattina bagnata e arrabbiata che cercava di ringhiare come una tigre.

“Rilassati, Touya. È tutto finito ora.” La rassicurò lui, inespressivo.

“C…come fai a sapere chi sono?!”

“Ho sentito il tuo nome dal tizio di prima… e un mio amico mi ha già narrato del vostro incontro disastroso nemmeno un’ora fa.” Sospirò lui, grattandosi la fronte, con fare affaticato.

“Sei amico del damerino biondo?!” sbottò Rima, arrossendo lievemente.

“Già.”

“Ah… non l’avrei mai detto… siete così… così…”

“Diversi? Lo siamo. Scusalo, lo so che è insopportabile a volte.” Affermò, appoggiandosi con un sospiro al tronco di un albero del giardino, lasciandosi scivolare al suolo. “Ha l’impellente necessità di piacere a tutto e tutti.”

Mh. A me raramente piace qualcuno. E non m’interessa piacere a nessuno.” borbottò lei, con fare stizzito.

“…credo di averlo già capito…” rispose lui con un sussurro, concedendosi un lievissimo sorrisino a fior di labbra che non passò inosservato al cuore di Rima, che scalpitò per la prima volta, stretto in una strana convulsione: per la prima volta, trovava un ragazzo davvero carino e affascinante. Del resto, obiettivamente, quello lì era davvero un bel tipo.

Mh… perché non sei dentro alla festa?” domandò Rima, come se sentisse il bisogno di attaccar bottone, contrariamente alla sua natura, come se necessitasse saperne di più su di lui.

“Perché io e te… siamo simili, a quanto pare la pensiamo allo stesso modo… sulla gente là dentro.” Affermò lui, chiudendo gli occhi e appoggiando la testa al tronco.

Rima ripensò alle parole che aveva urlato contro al vampiro, e in cuor suo si sentì sollevata nel sapere che non era l’unica anormale ad odiare la classe nobiliare là dentro.

Si fece coraggio e si avvicinò al ragazzo, sedendosi al suo fianco e portando le ginocchia al petto, affondandovi in mezzo il viso, rosso d’imbarazzo.

“Grazie per… avermi salvata.” Mormorò lei, sottovoce, in modo appena percettibile.

“Figurati, Touya.”

“Rima… io sono Rima.”

“Io sono Shiki Senri. Chiamami pure come preferisci.”

“Grazie… Shiki. Posso stare qui con te per un po’?” domandò lei, sollevando la testa per guardarlo, imbarazzata.

“Puoi restare con me tutto il tempo che vorrai.”

 

 

 

h Interludio I g

 

Lo aveva pensato. A lungo, intensamente. I suoi occhi di ghiaccio, i suoi capelli spettinati, la sua espressione enigmatica. Li rivedeva sempre più spesso nei suoi sogni di ragazzina adolescente ed insicura.

 

Era stato terribilmente difficile ammetterlo pure a se stessa, figurarsi se ora si metteva a scriverlo in quel stupido coso.

Sollevò lo sguardo dal foglio a righe, abbandonando le memorie del passato, per lanciare un’occhiataccia omicida a Aidoh, seduto in prima fila, che rabbrividì sentendo quello sguardo assassino puntato contro la schiena.

“Aiuto, Ichijou, Rima mi sta fissando male…” mugugnò Hanabusa, rivolgendosi al compagno con aria sofferente.

“Immagino come ti senti, non è affatto piacevole aver a che fare con una Rima arrabbiata. Però c’è da dire che stavolta te la sei cercata… non è giusto che a causa delle tue bravate dobbiam pagare tutti.” Sospirò Takuma, fissando il suo foglio ancora completamente bianco.

“Che idiozia, questo tema…” sbuffò Kain, leggendo con sguardo assente il titolo Racconta il tuo primo incontro con una delle persone più importanti della tua vita.

“Senza dubbio sconfina fin troppo nel personale.” Assentì Ruka al suo fianco, giocherellando annoiata con la penna – e Kain sapeva bene che era il suo modo per nascondere l’imbarazzo.

Aidoh, dovresti scriverlo tu per tutti.” Sorrise Ichijou, divertito.

“Sono d’accordo.” Sbottò Rima dal fondo, irritata. “Se non ti facessi beccare ogni volta nell’intento di farti qualcuna della Day Class, a noi non toccherebbe sorbirci le inutili punizioni dei professori.”
Ohhh… ti ho già detto che mi dispiace, okay?! Piantala di rompere, strega!”

“Capra.”

“Cosa?! Razza di… arpia!”

“Capra.”

“Non hai vocabolario, eh, Rima?”

“No, è che se sei una capra, sei una capra e basta, Aidoh.”

All’udir ciò, Hanabusa si voltò verso Shiki, rimasto impassibile fino a quel momento.

“Shiki. Come fai a sopportarla?”

Senri inarcò un sopracciglio con fare annoiato, voltandosi verso Akatsuki con un lieve cenno della testa.

“E tu, come fai a sopportare Aidoh?” gli domandò Shiki, provocando l’ilarità generale.

“Purtroppo non è una libera scelta, è un obbligo. Del resto non è mica il mio ragazzo.” Ammiccò Kain all’amico, causando il rossore di Rima.

Ohhhh… piantatela tutti, cretini.” Mugugnò la biondina fra sé e sé, tornando a scrivere il tema, non prima di aver scambiato un’occhiata complice con Shiki.

 

 

h La Seconda Pagina. Insieme g

 

Lo aveva pensato. A lungo, intensamente. I suoi occhi di ghiaccio, i suoi capelli spettinati, la sua espressione enigmatica. Li rivedeva sempre più spesso nei suoi sogni di ragazzina adolescente ed insicura.

Finché non li rivide davvero, ancora.

Aveva frequentato assiduamente gli eventi mondani, ma non lo aveva più rivisto. Non aveva il coraggio di chiedere al damerino biondo che fine avesse fatto il suo amico: sarebbe stato troppo imbarazzante.

 

E poi era arrivata la proposta, accettata dal Consiglio, di partecipare alla vita scolastica del collegio.

Collegio significava un sacco di scocciature: ragazzi che ti ronzano attorno, ragazze gelose, studio, lezioni… seccature, seccature, seccature.

Senza contare che col suo nuovo lavoro di modella era già abbastanza scocciante stare in giro tutto il giorno. Figurarsi se le toccava pure dividersi fra lavoro e scuola.

 

Eppure… si annoiava e si sentiva sola. Anche questo era da ammettere.

Quindi l’idea di frequentare una scuola andava pian piano prendendo piede nella sua mente, fin quando non decise di dare una possibilità a quella storia del collegio. Senza contare che era un modo per perorare la causa dei buoni rapporti fra umani e vampiri, e con il lavoro che aveva sarebbe stata un’ottima condizione. Per di più l’uniforme era adorabile e le stava a meraviglia.

 

Di certo non si sarebbe mai aspettata, entrando nella classe la prima notte di scuola, di trovarsi quegli stessi occhi glaciali, quei capelli arruffati e quel viso annoiato in fondo all’aula.

 

Inutile mentire, il cuore le balzò in gola alla sola vista di Shiki.

 

Si guardò intorno nervosamente, facendo finta di non essersi accorta di lui, ma venne immediatamente attaccata da un damerino biondo di sua conoscenza.

“Ciao, Rima!” la salutò il principino, sorridente e gioioso.

“Ciao… Ichijou.” ricambiò lei, sorpresa.

“Che felicità che tu abbia accettato la partecipazione al collegio! Sono sicuro che andremo… d’accordo… vero?” le domandò Takuma, tradendo un certo nervosismo.

“Certo, come no. Vado a sedermi.”  Lo liquidò Rima, dirigendosi automaticamente verso il fondo della classe.

“Se vuoi posso presentarti le altre ragazze della classe.” Si offrì Ichijou, affiancandola. “Così potrai scegliere con chi sederti!”

“Non ho bisogno della balia, Ichijou.” Borbottò Rima, fissandolo annoiata.

In tutta risposta, si sentì una sedia strisciare contro il pavimento, mossa da qualcuno.

Entrambi i biondi si voltarono, vedendo Shiki che indicava con una mano la sedia del banco accanto al suo.

“Ah, vuoi che mi sieda lì, Shiki?” gli domandò Ichijou, gioioso.

“Non tu. Lei.” Lo scaricò Senri, mentre un sorrisino felice si illuminava sul volto di Rima che, senza farselo ripetere due volte, trotterellò verso il ragazzo.

 

“Grazie.” Gli sussurrò Rima, quando ormai Ichijou era già volato ad importunare qualcun altro.

“E’ un bravo ragazzo. Un po’ appiccicoso, ma simpatico.” Le spiegò Shiki, fissando dapprima Takuma, per poi spostare il suo sguardo sulla figura snella della biondina. “Non sapevo ci saremmo rincontrati in questa situazione.”

“Già… è strano.”

“Sì, lo è. Ma è anche piacevole.”

All’udire quelle parole, Rima non poté fare a meno di arrossire lievemente, guardando altrove per non darlo a vedere.

“Sì, lo è. Perché hai deciso di iscriverti al collegio?”

“Perché non ce la facevo più a vedere mia madre. E tu?”

“Direi per la stessa motivazione. E anche perché… mi sentivo un po’ sola.”

Senri posò il suo sguardo enigmatico su di lei, scrutandola con attenzione, colpito da quella risposta.

“Sì… direi che… anche per me è stato lo stesso.” Ammise lui, fissando poi la penna sul tavolo. “Ti scoccia stare seduta di fianco a me?”

“No. Resterò per tutto il tempo che vorrai.” Sorrise infine lei, ricordando le parole che lui stesso le rivolse.

 

 

h Interludio II g

 

“A cosa pensi?”

Sussultò al suono di quella voce soave, che come sempre la sorprendeva, silenziosa, alle spalle.

Rima, che era persa nei suoi pensieri seduta sul davanzale della finestra, fissando la luna che si stagliava fra le tenebre, si volse impassibile verso il ragazzo, che sostava dietro di lei, giocherellando con una ciocca dei suoi codini.

“A niente.”

Mh. Capisco.  Hai scritto il tema?”

“Lo sto scrivendo. E tu, Shiki? Su chi lo stai scrivendo?”

“Sulla meravigliosa amicizia fra me e il simpatico damerino biondo.”

“Ah. Ti dovrebbero dare un’insufficienza solo per il soggetto del tema.” Ribatté lei, acida.

Senri sogghignò sommessamente, divertito dalla risposta. La mano abbandonò il codino che stava torturando, per farla scivolare sul suo collo, carezzandole dolcemente la nuca con movimenti ripetitivi.

Il ragazzo avvicinò le sue labbra all’orecchio di Rima, sussurrandole suadentemente qualcosa.

“Lo sai bene su chi l’ho scritto il tema…” bisbigliò Shiki, scivolando dall’orecchio verso la linea del collo, scostandole la camicetta per carezzarle la pelle con le labbra fredde e umide.

Poteva percepire il suo respiro, il suo sangue scorrerle violento nelle vene, il suo cuore palpitare veloce e scatenato. Il profumo della sua pelle… il sapore del suo sangue… erano come una tentazione irresistibile, come acqua fresca per un viandante nel deserto.

“Te la ricordi… la prima volta…?”gli domandò improvvisamente Rima, fissandolo con i suoi occhioni blu in profondità, alla ricerca della verità nel suo cuore.

“Ovviamente. E tu quando hai intenzione di aver qualche ricordo della tua?” le soffiò sul collo Senri, prima di allontanarsi velocemente, senza aggiungere altro.

Rima arrossì e si voltò verso il ragazzo per protestare, ma lui era già sparito chissà dove.

“Stupido Shiki…”

 

 

h La Terza Pagina. Il sapore del tuo sangue g

 

Non ricordava nemmeno quanto tempo fosse passato dall’inizio della scuola. Forse sei mesi, forse di più; forse addirittura un anno.

Fatto sta che da quando aveva iniziato la scuola, il tempo aveva smesso di essere dilatato e le giornate noiose. La solitudine era stata spazzata via dalla silenziosa compagnia di Shiki, che stava sempre al suo fianco di giorno in giorno.

Non l’avrebbe mai ammesso apertamente, ma la vita al collegio Cross era davvero piacevole.

 

Ovviamente non poteva sperare di vivere in assoluta tranquillità. In quanto apprendisti della pace fra umani e vampiri, a volte toccava agli studenti della Night Class andare in giro per la città a caccia di quei vampiri di classe E impazziti.

Fortunatamente, Rima andava sempre in compagnia di Shiki, ormai si poteva dire che fosse diventata parte della loro routine “di coppia”.

 

Quella volta però ci fu un assalto di più vampiri di livello E, erano almeno in quattro, quindi per sicurezza Shiki e Rima agirono insieme a Aidoh e Seiren, come disposto da Kaname.

Fu uno scontro difficile, e Rima dovette subire l’oltraggio di trovarsi più volte in difficoltà: ma poté orgogliosamente proclamare di esserne uscita salva da sola.

 

Aveva appena ucciso la sua avversaria – una vampira scesa a livello E da parecchio tempo e quindi totalmente selvaggia e incontrollabile – e nella lotta si era procurata un lungo taglio che dal palmo della mano si estendeva lungo il polso e il braccio. Essendo abbastanza profondo, la rimarginazione ci stava mettendo più del previsto, e il sangue sgorgava denso e copioso lungo l’arto, macchiandole i suoi preziosi vestiti da bambolina.

Rima stava ancora contemplando il rosso della ferita quando balzò immediatamente in posizione di difesa, voltandosi all’indietro.

Una risatina sommessa anticipò l’arrivo di Hanabusa, che entrò nel seminterrato nel quale ancora giacevano le ceneri del nemico.

“Visto che Shiki era ancora occupato a combattere con Seiren ho ben pensato di venire ad aiutarti, ma a quanto pare hai già fatto tutto da sola, Rima…” notò il biondino, oltrepassando le ceneri e dirigendosi verso di lei divertito.

“Sì, ti ringrazio Aidoh.” Affermò lei, tornando a sedersi su una sedia cigolante e riprendendo a medicarsi con un fazzolettino che aveva con sé.

“E’ un bel taglio, eh? Di certo non fermerai l’emorragia con quel misero fazzolettino.”

“Basterà a contenere il sangue finché il taglio non si chiuderà da solo.” Rispose tranquillamente Rima.

All’improvviso, sentì il tocco freddo della mano di Hanabusa stringersi intorno al polso ferito, e vide il volto pallido del vampiro avvicinarsi al suo sangue, i canini brillare all’ombra assieme ai suoi occhi illuminati dalla bramosia.

D’istinto, Rima cercò di ritrarre il braccio, ma la presa di Aidoh era forte, tanto quanto la sua brama di sangue.

“Avanti, lascia che ti aiuti a pulire il sangue e a rimarginare la ferita, Rima…” le sussurrò il biondo, fermandole con l’altra mano il braccio, in modo da bloccarla definitivamente.

“NO! Lasciami!” urlò la ragazza, preda dell’agitazione più totale: non voleva che il suo sangue ancora puro venisse assaggiato per la prima volta da Aidoh. Non era lui a cui avrebbe voluto darlo. Non se lo meritava. Come poteva il suo prezioso sangue, che aveva cercato di proteggere fino allo stremo, essere assaggiato così, inutilmente, da qualcuno a cui non gliene importava nulla? “FERMATI AIDOH!”

 

a

 

L’urlo di Rima, l’odore inebriante del suo sangue portato dal vento, la sua paura vibrante nell’aria.

Fu una delle poche volte – contate sulla punta delle dita – in cui Senri si sentì pervaso da una ira incandescente.

Sentì di avere le ali ai piedi quando si lanciò, trascinato dall’odore del sangue, verso il seminterrato da cui provenivano le urla di Rima, guidato da un istinto omicida nei confronti del compagno.

Non appena vide la ragazza al suolo, sovrastata da un Aidoh fuori di sé, che lottava disperatamente per tenerlo lontano dal suo braccio insanguinato, Shiki avvertì il sangue divampargli nelle vene, e si lanciò con tutta la forza che possedeva contro il compagno.

“Stalle lontano!” ringhiò Senri, assestando un paio di colpi a Hanabusa, che parve riprendere dopo un attimo il controllo di sé.

Nemmeno il tempo di ribattere che subito apparve Seiren a dividere i due, con un’espressione così cupa e truce che non ammetteva repliche: lo scontro finiva lì in quello stesso istante.

Aidoh lanciò uno sguardo colpevole a Shiki, che ricambiò fulminandolo con un’occhiata gelida, per poi dargli le spalle e dirigersi da Rima, ancora seduta a terra imbambolata. 

Seiren afferrò Hanabusa per i capelli, trascinandolo fuori con sé e intimando agli altri due di seguirla subito al dormitorio.

Senri si avvicinò silenzioso a Rima, si piegò verso di lei prendendola fra le sue braccia. Lei gli si strinse al petto, senza protestare – riusciva benissimo a camminare da sola, ma vedere Shiki in quello stato la inquietava parecchio, quindi decise di non parlare dell’accaduto fino a quando non l’avesse visto più tranquillo.

 

La lasciò cadere sul letto, come fosse un pacco, senza troppa delicatezza.

“Ehi!” protestò Rima, d’istinto, ma subito si pentì di aver parlato.

Shiki si voltò verso di lei, scrutandola col suo sguardo tornato alla solita apatia: il velo di furia pareva esser svanito così com’era giunto.

“Come va il braccio?” le domandò Senri, levandosi la giacca e lasciandola cadere sulla poltrona della sua camera.

La biondina gli porse il braccio, la manica della camicia bianca ancora intrisa di sangue, strappata all’altezza del taglio, ormai completamente rimarginato.

“Bene. Vuoi andare in bagno a farti una doccia? Posso chiedere a Ruka di portarti degli abiti puliti…”

“Non posso andarmene direttamente in camera mia?” protestò Rima, polemica.

“No. Non finché Aidoh avrà ancora in testa l’odore del tuo sangue e tu profumerai ancora di esso.”

“Profumerò? Quindi il mio sangue profuma?” sogghignò lei, maliziosa.

Senri la fissò impassibile, scrutando sottecchi il braccio insanguinato dell’amica.

“Sì, per me sì.”

Aidoh stava per berlo, Shiki.” Asserì lei improvvisamente, tornando seria. “Stava per sbaffarsi il mio sangue senza troppi complimenti.”

“Lo so. Ma mi pare di aver evitato l’accaduto.”

“E se l’avesse bevuto, Shiki? Cosa avresti fatto?”

“Ma non è accaduto, Rima. Piantala di fare l’irritante.”

“Non te ne importa nulla, vero?”

Irritato da quell’ennesima protesta, Senri tirò un potente pugno contro il tavolo – se fosse stato di un legno un po’ scadente, sarebbe andato in frantumi.

“Se non me ne fosse importato nulla, avrei evitato di aggredire Aidoh, non ti pare?” sibilò il ragazzo, fissandola con sguardo cupo.

“…io ti piaccio perché non faccio bere il mio sangue a chiunque, perché lo tengo per me? Perché sono diversa da tua madre?” gli domandò ancora Rima, con una nota di risentimento nella voce.

Shiki sussultò.

“Che cosa vai… dicendo?”

“L’ho sentito dire da Ichijou a Ruka un giorno. È solo per questo che stai con me?”

Senri non rispose. Sostò per lunghi, interminabili minuti alla finestra, lo sguardo vacuo perso altrove, nei suoi pensieri. Finché non trovò il coraggio di parlare.

“L’ho pensato, l’ho pensato davvero Rima. Ti ho sempre profondamente stimata per questo. Perché non sei una donna che per farsi apprezzare si concede agli altri come fosse niente. Ho sempre amato questo di te, fino a quando…” e qui si bloccò, lo sguardo piegato in un’espressione sofferente, il pugno chiuso in una stretta di rimorso “…fino a quando non ho cominciato a bramare io stesso… il tuo sangue. A questo punto mi chiedo… quanto possa essere migliore io, rispetto agli altri che reputo ipocriti e viscidi… e mi tocca ammettere che in verità no, non ti ho salvata perché non volevo che il tuo sangue venisse bevuto inutilmente; ti ho salvata perché volevo che il tuo sangue fosse mio, e non di Aidoh. La gelosia e la bramosia mi hanno accecato. Perdonami Rima, per essere stato così egoista.” Concluse Shiki, sedendosi al fianco della ragazza sul letto, lo sguardo basso a fissare il pavimento per la paura di incontrare gli occhi cerulei dell’altra.

Passarono lunghi momenti di silenzio.

Istanti che parvero anni.

Il silenzio fra di loro non era mai stato così pesante.

Percepì Rima muoversi sul letto, avvicinarsi a lui.

In cuor suo, sapeva che l’avrebbe perdonato. Il loro legame era troppo profondo per esser spezzato da un’ammissione di colpa del genere. Sarebbe cambiato, certamente, ma difficilmente si sarebbe incrinato per sempre… ma cosa stava facendo Rima?

Shiki trasalì quando si trovò di fronte al volto il braccio insanguinato della ragazza, messo lì come fosse la portata di una cena.

“Rima… che stai facendo?!”

“Assaggialo, Shiki. Il mio sangue.”

“Non dire idiozie.”

“Il mio sangue… è per te. Solo per te.”

Il vampiro stava per ribattere qualcosa, quando lesse la decisione e la sincerità scritti a grandi lettere nelle iridi cerulee della compagna. Volse lo sguardo al suo braccio. A quel sangue. Quel sangue che aveva tanto desiderato in quei lunghi mesi. Era per lui. Era solo per lui. Stava vivendo uno di quei momenti in cui più che un vampiro, si sentiva un animale affamato e bramoso.

Qual era la differenza fra lui e il vampiro che anni prima aveva aggredito Rima?

Ma poi una differenza c’era davvero?

Una volta assaggiato il suo sangue, si sarebbe stancato di lei?

No.

L’unica risposta che gli girava per la testa, mentre le sue labbra scorrevano delicatamente lungo il braccio di Rima, la sua lingua si saziava deliziata di quel sangue dolce e denso… era no.

Lui non era come quel vecchio vampiro. Lui non era nemmeno come Aidoh.

Lui la desiderava, perché – non si sapeva spiegare nemmeno lui come potesse essere accaduto – la amava. Perché non l’avrebbe mai ferita, e perché avrebbe custodito il suo sangue come qualcosa di prezioso. Perché aveva accettato di offrirlo solo a lui e lui l’avrebbe offerto solo a lei. Perché si appartenevano, nei loro silenzi, nell’anima, nel corpo, nella mente.

Dopo aver ripulito la superficie insanguinata del braccio, Shiki sovrastò la ragazza col suo corpo, invitandola a sdraiarsi sul letto. Rima afferrò Senri per la cravatta, portandolo giù con sé, desiderosa di percepire i suoi canini affondare nel suo collo con forza e passione.

Ma le labbra del ragazzo scivolarono inermi lungo il collo della biondina, seguendo la linea del suo viso fino al mento, che saltarono per accarezzare direttamente le labbra di lei, con tutta la dolcezza del mondo.

Rima strinse la presa su di lui, allacciando le braccia intorno al suo collo e attirandolo a sé, per unire finalmente le loro labbra nel loro primo e tanto atteso bacio, che sapeva un po’ di sangue, un po’ di lacrime, un po’ di colpa e un po’ d’ingenuità.

Ma fu così puro e profondo che quasi temevano di perdersi l’uno nell’altra.

 

Senza dir nulla, Rima interruppe il bacio, slacciandosi i primi bottoni della camicetta per lasciar scivolare il lembo bianco giù, lasciando la spalla nuda, offrendogli senza timore l’incavo nitido e intoccato del collo.

Shiki non ebbe neanche un attimo di esitazione.

Il collo di Rima… sapeva fin troppo bene com’era fatto, anche senza guardarlo da vicino.

Le si avvicinò, leccando lievemente l’incavo, sentendola rabbrividire sotto il suo corpo.

Si domandava se le avrebbe fatto male, ma non riusciva a rinunciare all’idea di affondare quanto più poteva i canini in lei.

Shiki digrignò i denti e il suo alito caldo accarezzò la pelle di Rima, facendola rabbrividire di un piacere delicato; immediatamente si tramutò in un dolore acuto, a cui si incatenò automaticamente un verso sofferente della ragazza.

Rima percepiva rivoli di sangue scorrerle lungo il collo, caldi, densi… mentre un dolore pulsante le picchiettava la gola, man mano che Senri la mordeva più in profondità e la privava del proprio sangue facendolo suo.

E poi…

Quel misto di emozioni dolorose, profonde, sconvolgenti si tramutavano in una specie di piacere intenso che la pervadeva in ogni cellula del suo essere, come un fremito che le sottraeva forza e la lasciava ansimante fra le braccia di Shiki, che non la mollava fin quando non era sazio e soddisfatto di quel sangue puro, e dei gemiti deliziosi della ragazza.

 

Non riusciva mai a spiegarselo. Accadeva sempre, ogni volta in cui Senri la mordeva. Ed era successo parecchie volte ormai: a casa, a scuola, a letto… senz’altro i loro amici non si aspettavano una così movimentata relazione da parte di due tipi pacati e riservati come loro. Anche se a volte Akatsuki e Ruka, i più intuitivi – o forse solo i più maliziosi? – un paio di allusioni ironiche le avevano fatte. Ma era sempre caduto tutto senza certezze né dubbi. La coppia più carina e duratura della scuola restava anche la più misteriosa.

 

 

h Interludio III g

 

Fu una meravigliosa soddisfazione. Vedere quel dannato pezzo di carta appallottolata finire nella pattumiera della sua camera. Non che vi avesse scritto chissà cosa: appena iniziava a scrivere di lei, della loro vita, dei loro ricordi… come poteva tradurre quei sentimenti e quelle sensazioni inesplicabili in parole? Del resto non era un tipo particolarmente loquace di natura, e questa sua caratteristica si rispecchiava anche nei temi.

Stupido Aidoh.

 

Shiki sbuffò, stropicciandosi le palpebre degli occhi e accasciandosi sulla scrivania. Era stufo di quell’idiozia, ed era stanco di star a rimuginare sui suoi problemi con Rima. Sì, perché per lui c’erano dei problemi, ma finché Rima non si decideva ad affrontarli, era come se non ci fossero. Forse lei non vedeva quella situazione come un ostacolo al loro rapporto, ma per lui era… frustrante. Decisamente frustrante.

Ormai la mattina brillava attraverso le tende chiuse della sua stanza. La Day Class era nel pieno delle sue lezioni e non si sentiva alcun suono provenire né dall’esterno, né dall’interno: tutta la Night Class era a letto a dormire. Tutti tranne lui.

E qualcun altro.

 

Mentre Shiki si levava la camicia per accingersi a mettersi a letto, sentì la porta della stanza aprirsi silenziosamente, e vide una graziosa testolina bionda, dai lunghi capelli sciolti, intrufolarsi furtiva.

I due si fissarono senza parlare, e Rima si chiuse la porta alle spalle, il volto impassibile, senza tradire alcuna emozione.

Eppure tramava qualcosa, Senri la conosceva troppo bene.

“Che succede, Rima?”

“Ho finito il tema.”

“Se sei venuta per farmelo copiare, sei ben accetta.”

“No, sono venuta perché non mi piace la fine.”

Rima si stampò un lieve sogghigno malizioso sulle labbra, avvicinandosi a grandi falcate al ragazzo seminudo in mezzo alla stanza.

“Non avrai scritto… tutto… tutto?”

“Ho scritto un po’ di cose… ma tanto ho deciso di non consegnarlo.”

“Bene, mi fa piacere per la nostra privacy. Allora che ti importa, non finirlo, no? Tanto nemmeno io ho intenzione di consegnarlo.”

“Però vorrei saperlo comunque… che sapore ha il tuo sangue.” Sorrise lei, avvicinandosi al petto del ragazzo e sollevandosi in punta di piedi, di modo da portarsi più vicina al suo volto.

Shiki la scrutò dubbioso, sollevando un sopracciglio con fare perplesso: perché aveva cambiato idea? Dopo tutti quei mesi passati assieme, cosa l’aveva convinta a… morderlo?

“Non prendermi in giro.”

“Sono seria.”

“Non devi sentirti obbligata.”

“Non mi sento obbligata. Mi sento…” asserì lei, leccando lievemente il collo del ragazzo con una lentezza disarmante “…affamata.”

Non poté mentire a se stesso: quel contatto e quelle parole gli diedero una scarica d’eccitazione che gli travolse ogni cellula del corpo.

“Bene. Siamo in due.” Sorrise lievemente Senri, sedendosi sul letto e scrutandola con sguardo intenso, mentre lei gli si sedeva sopra a cavalcioni, digrignando i piccoli canini brillanti e desiderosi di sangue, del suo sangue.

“Potrebbe farti male…”sussurrò Rima, affondando immediatamente i denti nella candida pelle di Shiki, percependolo sussultare a quel contatto tanto bramato.

“Stavo peggio prima…”

 

hThe Endg

 

 

 

 

Note:

 

La mia prima [e ultima?] fanfiction su VK. Sebbene non sia uno dei miei manga preferiti in assoluto (ma mi piace molto), questi due mi hanno ispirata fin dal principio, e l’evoluzione del loro rapporto è ciò che mi ha preso di più di tutto il manga… la mia mente si è messa a lavorare su di loro e le mani non sono riuscite a restar ferme senza trascrivere i miei pensieri malati.

Ad ogni modo ne sono abbastanza soddisfatta. <3

È come immagino sia iniziata la loro storia… infatti tutto ciò dovrebbe aver luogo poco prima dell’inizio del manga, giusto per dare una collocazione temporale coerente con gli avvenimenti.

Spero che vi sia piaciuta. <3

  
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