Anime & Manga > Kenshiro / Hokuto no Ken
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Autore: Blackvirgo    12/02/2011    3 recensioni
Toki e i suoi fratelli: il destino li ha portati a crescere insieme, a separarsi e a combattere l'uno contro l'altro. Ecco i loro ricordi e i loro combattimenti, attraverso le riflessioni di uomo giovane dal viso troppo vecchio.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Kenshiro, Raul, Toki
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Lacrime in sorrisi

 

Sono le esperienze condivise a rendere gli uomini fratelli. È chiamare madre e padre le stesse persone, respirare la stessa aria, ricevere gli stessi insegnamenti, gli stessi rimproveri. Viverli e superarli assieme.

Raoul, Toki, Jagger e Ken non avevano mai chiamato madre e padre le stesse persone, ma tutti loro avevano chiamato Ryuken “Maestro”. Il loro legame si era creato sin da bambini, sottoposti agli stessi allenamenti feroci, allo sguardo attento e indifferente di un uomo che cercava un successore giocando con il destino di quattro ragazzi che aveva fatto diventare fratelli. E che un giorno avrebbero combattuto per un destino che non avevano chiesto.

Raoul voleva diventare il più forte perché solo la forza può piegare il destino al proprio volere.

Toki voleva portare guarigione usando quelle tecniche che permettevano di uccidere un uomo in pochi secondi.

Jagger voleva dimostrare di essere il migliore di tutti loro.

Kenshiro voleva essere felice con la sua Julia.

Di loro, nessuno aveva realizzato il proprio sogno. Dopo la guerra che aveva distrutto il mondo, si erano dispersi come piume nel vento, avevano inseguito i loro sogni di gloria e disperazione e alla fine, proprio come aveva profetizzato Ryuken, avevano combattuto l’uno contro l’altro.

Il racconto di Kenshiro era stato lungo e sofferto. Aveva fatto loro compagnia nelle lunghe serate del loro viaggio, assieme a tanti altri ricordi.  

“Combattiamo,” aveva detto Toki prima di affrontare Raoul, “sarà il nostro ultimo allenamento”.  Kenshiro aveva obbedito nonostante non avesse mai voluto combattere contro Toki, colui che da sempre considerava il migliore nella sacra arte di Hokuto, colui che alla forza univa equilibrio ed eleganza. Colui che sempre era stato il più caro tra i suoi fratelli.

 

“Le battaglie si vincono prima con la testa, poi col cuore e solo da ultimo con il corpo,” aveva ripetuto Toki a Ken in allenamento molte volte. “Prima di ogni battaglia devi conoscere il tuo nemico, studiarlo, valutare i suoi punti di forza e i suoi punti deboli. Ma soprattutto devi conoscere te stesso, la tua forza e le tue debolezze. Ci sono battaglie che si vincono ancora prima di arrivare alle mani.”

Ken lo aveva fatto con una tigre selvatica e l’animale si era ritirato senza neppure minacciarlo.

“Non devi farti guidare dalla rabbia, ma dalla ragione. Non devi colpire a caso con tutta la forza che hai in corpo, ma devi mirare il punto giusto e lì concentrare la forza necessaria. E, nel tuo cuore, devi sempre ricordare che tu e il tuo avversario siete uomini e in quella lotta non c’è solo il vostro valore guerriero a confronto, ma anche la vostra umanità, il vostro coraggio, le motivazioni che vi portano a rischiare la vostra vita e a essere disposti a toglierla a un altro uomo.”

Nei molti duelli che aveva disputato con Jagger aveva sempre tenuto a mente questo principio. Ricordava una volta in cui il fratello lo aveva massacrato mentre lui si era limitato a obbedire agli ordini del Maestro colpendo solo – con mano leggera –  i suoi punti di pressione. Ricordava di una volta in cui Jagger voleva mostrare la propria superiorità e Ken non voleva fargli troppo male, proprio perché fino ad allora lo aveva chiamato “fratello”.

“Quando la tua testa e il tuo cuore saranno pronti, allora potrai usare tutto quello che hai imparato finora e tutto quello che ancora devi imparare per avere la meglio sul tuo nemico. Senza rimorsi. Senza rimpianti.”

Lo aveva fatto con molti nemici, ma erano pochi quelli che ricordava con rammarico. C’era stato Shin, il suo amico, il rapitore di Julia, colui che gli aveva lasciato sette stelle nel petto. E c’era stato Jagger quando era diventato così meschino da cancellare il fatto che un tempo erano stati fratelli. 

L’aveva fatto in ogni combattimento ed erano stati pochi quelli persi.

 

Ora toccava a Toki e Ken combattere: l’ultimo allenamento, l’ultimo dialogo senza parole.

Fu breve e intenso, senza vinti né vincitori, senza vittime o carnefici. Un solo tocco, gentile e delicato: il tocco di un guaritore che affida la propria anima a u guerriero. Toki aveva affidato la sua anima a Kenshiro. Tanto lui non ne avrebbe avuto bisogno. La sua non era l’anima di un guerriero – lo aveva detto anche Ryuken  tanto tempo prima – per cui non gli sarebbe servita per combattere con Raoul. Invece a Ken sarebbe servita, eccome: a lui non mancava l’anima del guerriero, vero, ma se Toki aveva imparato qualcosa nella sua breve vita era che i guerrieri combattono e distruggono tutto quello che si para davanti a loro. Compresi se stessi alle volte. Poi arrivano gli uomini che ricostruiscono quello che i guerrieri e le loro guerre hanno annientato. Quella distruzione, Toki, se l’era portata dentro dal giorno dell’Apocalisse. Si era avvinghiata ad ogni fibra del suo corpo, ad ogni respiro, ad ogni battito del suo cuore e lui aveva potuto combatterla soltanto accettandola, soltanto cercando di vivere al massimo ogni respiro e ogni battito del cuore anche se erano malati.

Aveva ammirato la determinazione di Rei che lo aveva portato a prolungare la sua sofferenza per compiere il proprio dovere. Il guerriero di Nanto non aveva scelto la morte neppure per un attimo, si era limitato ad accettarla quando era arrivata. Ecco quello che lui stesso avrebbe voluto fare: il suo destino era segnato, dalle stelle dell’Orsa Maggiore e dalla Stella della Morte. C’era stato un momento della sua vita in cui l’aveva fuggito, ora invece faceva parte di lui, necessario e inevitabile come il suo stesso respiro.

Avrebbe combattuto Raoul, avrebbe perso e sarebbe morto. Poi avrebbe aspettato il fratello, pazientemente, e lo avrebbe accolto con un sorriso.

Nel frattempo sarebbe vissuto in Kenshiro, attraverso l’anima che gli aveva appena donato e attraverso la stima e l’affetto che aveva guadagnato nel giovane fratello. Avrebbe combattuto assieme a lui le sue battaglie e gioito per le sue vittorie.

 

“Anche tu hai un destino, Kenshiro: trasformare le lacrime in sorrisi.”

Glielo aveva detto molte volte, ma quella notte, scintillante come le stelle che stava per raggiungere, con quel viso troppo vecchio per i suoi pochi anni e il corpo del suo assassino tra le braccia, a Toki parve di tornare giovane.

 

   
 
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