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Autore: Lulabi    13/02/2011    3 recensioni
"Kubla Khan", ispirata da "Il Milione", ultima mortale visione di Samuel Taylor Coleridge, poeta inglese di fine '700, pazzo, visionario, drogato.
Cosa avrebbe pensato e visto Coleridge se l'orientale poesia gli fosse stata ispirata da una mortale dose di oppio, suo compagno di vita?
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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L'ultima visione

 

Il foglio è bianco, solo la candela vi crea giochi di ombre, come scritture profane, immagini di morte, mistiche rivelazioni d'umana mente, limitata e peccatrice. Cosa può l'uomo se non bramare sollievo dal dolore?

Scrivo

25 luglio 1834

Il bisogno, unico sostituto di una ormai lontana e persa creatività giovanile, compagno di pensieri, sogni e visioni. Unico amico, oscuro rifugio, profondo buco di irresistibile e affascinante voglia di morte.

Inspiro il suo dolce profumo, caldo sulla stagnola, mi inebria, gira la stanza. Ma non basta, ne voglio ancora. Piccola sfera ambrata, dall'amaro sapore, provochi profonda perdizione ed intensa amplificazione di umani sensi.

Ora posso.

Guardo la libreria, ricolma di volumi intonsi, ho bisogno di ispirazione. Lo vedo, Il Milione, e ricordo la sublime e dettagliata descrizione di Shangdu. Marco Polo scrisse di Kublai Khan, l'imperatore.

Mi siedo al tavolino. Ecco che la mente vortica, sto per svenire, momento propizio.

Comincia il sogno, naufrago nella mia visione.

Kublai Khan, Kublai Khan.

Kubla Khan, il mio “Kubla Khan”, o “visione in un sogno”, così ti chiamerò.

Xanadu, Xanadu dimora d'estate regale. Imperatore cinese, Kubla Khan, della dinastia Yuan. Dichiara se stesso imperatore, ha il mandato del cielo, dice, concetto di antica tradizione cinese. A lui è concesso il ruolo di supremo sovrano, il Dio glielo ha permesso.

Immagino e scrivo

 

A Xanadu Kubla Khan volle

un'imponente dimora di piacere,

dove Alfeo, il sacro fiume, trascorre

caverne ad occhio umano smisurate

e s'immerge in un mare senza sole.

Sorsero giardini di rivoli sinuosi luccicanti,

dove a mille e mille fiorivano alberi d'incenso;

e foreste, antiche quanto le colline.”

 

Una casa, una reggia, degna di un figlio di Dio. Kubla Khan, figlio del Dio.

Come gira la stanza, non vedo non sento, sono a Xanadu, esotica e bellissima landa.

Sogno e scrivo

 

Ma, oh, quell'orrido profondo e misterioso

che traverso un cespo di cedri fendeva il verde colle!

Che luogo selvaggio! Incantato e sacro

come mai alla falce calante della luna

fu quello posseduto da gemiti di donna al suo incubo d'amore.”

 

Viaggio nella vivida immaginazione, paura che non posso controllare. Xanadu, idillica e salvifica, sulle sponde del tuo Alfeo, si ode il tormento d'amore di una donna, o lei giace ansante al ricordo di un selvaggio amplesso, tomba della casta verginità. Così io sogno. Eterna visione d'umana ragione.

Vedo e scrivo

Cinque miglia penetrando con tortuoso passo

boschi e valli il sacro fiume misurava,

per poi giunto alle caverne ad occhio umano smisurate

in tumulto precipitare in un oceano senza vita:

in quel tumulto Kubla udì remote ed

ancestrali voci profetare la guerra!”

 

Creazione, bellezza sottomessa a demoniache forze di salvezza, rapisci la mia mente. Odo delle voci, Kubla khan ode delle voci, le sente risuonare tra le rocce, minacciare l'idillio visionario, abbattersi sull'orizzonte orientale.

L'ombra sta calando.

Sento e scrivo

 

L'ombra della dimora di piacere

fluttuando scivolava sulle onde.

Miracolo di rara perizia,

solatìa dimora delle caverne di ghiaccio”

 

Selvaggio e ingovernabile sogno, come può il poeta dominare ed istruire la sua immaginazione?

Kubla Khan, nel tuo paradiso possiedi milioni di cavalli. Stalloni, simbolo di potere, solo tu puoi berne il latte.

Odo un canto, nella tua terra, vedo la dama.

Scrivo

 

D'una dama ebbi visione:

col dolcemele accompagnava

un canto del Monte Abora.

Con profonde e chiare note

edificherei nell'aria quella magione,

e chi le udisse griderebbe: Attenti! Attenti!

Agli occhi suoi di fiamma. Alla sua chioma nel vento!”

 

Attento, Kubla Khan, non puoi controllare la mistica Xanadu, dimora di segrete forze del male.

 

Cingetelo di un triplice cerchio,

serrate gli occhi con sacro terrore,

ch'egli si cibò di rugiada di miele

e bevve il latte del Paradiso.”

 

Kubla Khan beve il latte di divine creature, dono dell'Eterno Padre di vita, latte del Paradiso.

Xanadu, paradiso terrestre. Xanadu, mi perdo tra le tue colline, annego nel tuo fiume, tramonto nelle tue caverne.

Scoppia la mente, non colgo più il reale. Xanadu, terra di salvezza.

Dove sono non c'è vista, buio destino che spetta ad un poeta. Creatività, visione, si mescolano al vero.

Cade la sedia, mi agito gridando, crollo inerme in spasmi del corpo. Pazzia, sogno, pazzia.

L'oppio mi fissa dall'alto, sul tavolino, ombra di luce infuocata che danza, prendono vita le sfere ambrate; si muove sinuoso il fumo dolciastro, creando fantasmi, amabile droga di una giovane mente. Appare nella nebbia, Xanadu, come un sogno. Casa del cielo, Xanadu.

Xanadu, visione di vita, dimora di morte.

 

 

 

Spazio autore:

Questa fic trae spunto dalla storia di Samuel Taylor Coleridge, poeta inglese di fine '700.

Ho provato ad entrare nella sua mente nel momento in cui, per sopperire ad una mancanza di creatività, si droga abusando di oppio.

Kubla Khan” è una poesia da lui scritta nel 1797, ma io l'ho immaginata come una visione mortale composta, sotto l'influsso di un overdose, il giorno della sua morte, 25 luglio 1834. 

  
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