La passeggiata di Mario
Quando Mario va a fare una
passeggiata, dopo aver ingoiato
la sua caramella, incontra sempre tutti.
Li trova sempre negli stessi posti, a fare le stesse cose.
Beppe, per esempio, è sempre accerchiato dai suoi fedeli
amici mentre parla di come ha salvato il gatto di sua figlia.
Chissà perché,
quel cucciolo di gatto se ne va sul ramo più alto
dell'albero ogni giorno.
Strana mente, quella degli animali.
Lucia invece, la becca sempre a raccogliere fiori nel grande
prato dalla fontana. Ci farà un bouquet per il secondo
matrimonio di sua madre,
gli dice sempre. Diventerà un bouquet molto grande, pensa
Mario mentre se la
lascia alle spalle, visto come da anni coglie margherite.
Prima di tornare da dove è partito, Mario si imbatte nel
vecchio Giò.
Se ne sta lì, seduto per terra, con un mezzo ghigno sul
volto mentre indica lontano. Se segui con lo sguardo il braccio teso
capisci.
Il vecchio Giò guarda là. Al di là del cancello.
Persone costrette sotto il sole cocente, a correre come
furie tra le auto veloci. Non guardano mai verso di loro, presi come
sono da
fatti di dubbia importanza.
A volte corrono, a volte piangono, a volte ridono.
Se ne vedono di tutti i colori.
«Ce ne sono a bizzeffe di pazzi là dentro».
Il vecchio Giò lo sbuffa sempre quando lo nota.
Lui non può che concordare mentre un maggiordomo dal camice
bianco lo riporta nella sua camera monocromatica.
A volte, prima di addormentarsi, ci pensa alla folla
rinchiusa in quel posto.
Gente che non da importanza a nulla, se non ai propri fugaci
istinti, e che non si ferma un minuto; esseri privi di controllo.
Pazzi.
Meno male che lui aveva avuto la fortuna di nascere sano.