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Autore: L_Fy    14/02/2011    157 recensioni
Un piccolo racconto "telefonico"... perchè è san Valentino e non c'è giornata più adatta per "spruzzarsi" addosso un pò di romantico rosa!
Genere: Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il cordless sul comodino vibrò discreto e Davide gli lanciò un’occhiata annoiata.
“Telefono.” gorgogliò poi tornando a incaponire lo sguardo sul plico di appunti che aveva in mano.
Ma nessuno nei dintorni rispose; il ronzio del telefono passò da discreto a insistente meritandosi una nuova cupa occhiata.
“Telefono!” disse Davide a voce più alta e impaziente, e per tutta risposta dalla porta chiusa del bagno filtrò l’inequivocabile fruscio umido della doccia in funzione. Alessandro si stava facendo l’ennesima doccia, valutò Davide tra l’esasperato e il divertito.
Il ronzio del telefono passò da insistente a imperioso e Davide si decise a rispondere.
“Pronto?”
“Sono io” bisbigliò un’allegra vocetta da cospiratore “dove diavolo eri finito?”
Impossibile non riconoscerla al volo: Debora, la migliore amica di suo fratello Alessandro dai tempi dell’asilo. Davide la visualizzò un attimo nei suoi vari stadi di crescita, da pallottola infantile con lentiggini e occhiali a pallottola adolescenziale con lentiggini e occhiali.
“Debbi?”
“No, sono il cancelliere tedesco Angela Merkel. Tuo fratello?”
“A prosciugare le riserve idriche mondiali.”
“Come?”
Persino senza vederlo, Davide riuscì a visualizzare il nasetto della ragazza che si arricciava interrogativo.
“In doccia.” sospirò quindi già pentito della battuta di spirito.
“Bene” lo spiazzò Debora “Allora possiamo continuare col Piano.”
“Il piano?”
“Non ti far venire l’Alzheimer adesso, Alle: il Piano! Ci stiamo lavorando da settimane.”
“Alle?”
“Dico, stai subendo un intervento al cervello o stai di nuovo sbavando sul giornale coi modelli di Armani?”
“Debbi…”
“Ma si dai, lo so che sbavi solo per Jim Morrison. Continuo a pensare che sia da dementi farsi dei sogni erotici su un tizio morto da un millennio, ma grazie al cielo non devo condividere anche le tue fantasie sessuali... comunque, il Piano! Tuo fratello non sospetta niente, vero?”
“Mio… fratello.”
“Sì, Alle, tuo fratello. Colui che si è preso il meglio del vostro patrimonio genetico lasciandoti solo il sedimento. Ma l’hai messo via o no quel cazzo di giornale? Aspetta... non avrai mica tirato fuori gli album dei Doors!!”
“Sto studiando.” tergiversò Davide sbalestrato e Debora gli scoppiò a ridere nell’orecchio.
“Si, stai studiando! E io mi sto facendo fare il pedicure da Voldemort. Cadetto Guidi! Sull’attenti! La smetta di masturbarsi contronatura e si concentri: dobbiamo fare in modo che quel gran quarto di manzo argentino di suo fratello si incontri e si innamori di quel centrotavola decorativo di mia sorella. Il Piano, perbacco e poffarbacco! E’ stata un’idea tua, ti sei già stufato di complottare alle spalle dei nostri consanguinei?”
Era abbastanza tipico di Debora partire a raffica con discorsi senza senso, e in qualche nebulosa maniera Davide la trovava anche divertente, ma quella conversazione iniziava a sembrargli vagamente surreale. Posò il plico di appunti sul comodino e si stravaccò meglio sul letto.
“Mio fratello… Davide?”
“Si, cadetto Guidi, suo fratello maggiore Davide. Quello alto, bello e doverosamente stronzo. Quello che più che un ragazzo è un bronzo di Riace, anzi più che un bronzo un David di Michelangelo, anzi più che un David… ma che c’è di più bello di un David? Niente, se non un David con gli attributi in scala 1:10, e scommetto che Davide… beh, basta così, sennò comincio io coi sogni erotici e le sbavature, e poi lo so che ti fa venire le turbe psichiche sapere che tuo fratello è l’oggetto delle mie di turbe psichiche.”
“Davvero.”
“Davvero, e da circa un decennio. Alle, ma ci sei ? O ti hanno asportato una parte del lobo frontale?”
“La seconda che hai detto... e anche questo da circa un decennio.”
Debora rise: aveva una risata contagiosissima e persino a Davide scappò un sorriso.
“Wow, una battuta ironica! Era dall’ultimo anno bisestile che non succedeva! Che ne è della tua nuova identità da gay intellettual/chic/melanconico?”
“Pallosa.”
“Sto cadendo in estasi mistica tanto concordo. E in confidenza, ti stavano venendo le guance da cocker a forza di immusonirti.”
“Parliamo del Piano.”
“Giusto, il Piano. Allora, Davide il manzo sospetta?”
“Solo se cambiasse momentaneamente identità e si spacciasse per me mentre sono sotto la doccia. E tua sorella?”
“Annalisa? Figurati. Quella si accende perennemente in modalità provvisoria: si accorgerebbe di un attacco alieno solo se avvenisse dentro al suo beauty case.”
Davide tentò senza successo di ricordarsi di Annalisa.
“A parte il presunto q.i. da mobilia assortita, fisicamente com’è?”
“La vedi tutti i giorni da diciassette anni, l’ultima volta è stato tre ore fa circa.”
“Era prima che mi asportassero il lobo frontale. Adesso non mi ricordo che faccia ha.”
“Succede a tutti, ma di solito è perché le guardano le tette. Tu che diavolo guardavi?”
“La sciarpa firmata?”
“Annalisa non porta sciarpe, le coprono il decolté. Scusa, volevo dire il cervello.”
“E’ bionda come te?”
“Perché, io sono bionda?”
C’era genuina sorpresa nella voce di Debora. Allarmato, Davide rivisitò la sua immagine: faccetta a punta, sorriso perenne, capelli mossi, ribelli, piuttosto chiari.
“Biondastra, dai.”
“Definizione deliziosamente etero: quell’asportazione del lobo frontale deve aver avuto ripercussioni sulla tua sfera sessuale.”
“Scusami, in realtà volevo dire che il tuo colore è un senape tendente al foglia morta d’autunno. Tua sorella è bionda o no?”
“Biondissima. Biondo Barbie, per intenderci: ma non Barbie Raperonzolo, piuttosto Barbie Malibù.”
“Hai fatto bene a dirmi la differenza, altrimenti non ci avrei dormito stanotte per la confusione. Lunghi o corti?”
“Se ti ho detto Barbie Malibù…!”
“Giusto… che scellerato. Occhi?”
“Tantissimi, tutti appiccicati alle tette.”
“Invidiosetta, eh?”
“Idrofoba, quasi. E’ che mi vengono i nervi quando la natura lavora così male: cosa le costava dare un po’ più di tette a me e un mezzo neurone in più a lei?”
“Se non ricordo male l’ultima volta che per sbaglio mi è caduto l’occhio, non è che sei poi completamente piatta.”
“Ti ringrazio di averlo notato, o portatore sano di omosessualità. Ora si che posso tagliarmi serenamente le vene.”
“Dai, non ti abbattere. Anzi, devi essere contenta. Vuol dire che la gente di te nota altre cose.”
“Certo. Sai cosa nota di me la gente? La sorella.”
Davide non poté fare a meno di ridere: sentì che Debora si univa a lui con quella sua deliziosa risata da bambina.
“Ma quest’Annalisa è davvero così gnocca?”
“Mah: io sono sua sorella più piccola, tu sei gay… non ci è dato di essere iniziati a certi misteri. Davide che ne pensa?”
“Francamente, non se la ricorda proprio.”
“Ma tu sei riuscito a scoprire che tipe gli piacciono?”
Davide riuscì a malapena a velare il sorriso nella voce.
“Una qualche idea me la sono fatta e secondo me ha un’impostazione molto standard.”
“Fammi indovinare: gli piacciono belle, stupide e che la danno via facilmente?”
“Fammi vedere l’elenco delle caratteristiche tecniche… sì, esatto. Ah, devono anche essere alte, avere 20 giga aggiuntivi di Ram e i capelli lunghi.”
“Wow, capelli lunghi… ho beccato una caratteristica su cinque… Sono ancora in corsa per piacergli. E se mi decido a darla via, arrivo ben a due su cinque.”
“Hai anche gli occhi chiari e anche quelli gli piacciono.”
“Eh, già: i miei meraviglioso occhi color palude di Comacchio… come dimenticarli.”
“Sei già a tre su sei, vai alla grande. Nessuna speranza per la Ram aggiuntiva?”
“Non so, dici che il mio sedere li tiene 20 Giga?”
“Dovrei misurarlo… E’ un po’ che non ti controllo da quel punto di vista.”
“Alle, tu non mi hai mai controllata da quel punto di vista.”
“Davide sì. Ricordati i capelli a foglia morta? Sono un’idea sua.”
“Certo, come no. Davide Guidi che nota me. Scusa un attimo… tu, Voldemort, mi fai anche la ceretta all’inguine dopo il pedicure? Grazie, lo apprezzo molto.”
“Era una battuta di spirito?”
“Un accenno. Sai, il tuo lobo mancante… non volevo infierire.”
“Stai velatamente suggerendo che Davide non può averti notata?”
“Velatamente. Né in questo universo né in quelli paralleli. Ti faccio un esempio, così capisci come se fossi uno svizzero: l’ultima volta che è venuto ad aprirmi la porta mi ha detto di lasciare la posta sul tavolo.”
“Davvero?”
“Per non deluderlo sono andata a comprargli una cartolina; gliel’ho lasciata sul settimino.”
Davide se la ricordava: la foto di Piazza Maggiore con scritto dietro “Sono io, pirla”. Si era lambiccato per mesi su chi e cosa avesse voluto dire quella missiva.
“Touchée; sarà stato distratto. Sai, quel gioiello di mio fratello non è sempre impeccabile. Ma come vuoi che faccia Davide a notarti se arrivi sempre sepolta in ettari e ettari di strati di lana colorata?”
“E’ dicembre e vengo a casa tua in motorino… comunque, l’episodio del postino è successo a giugno, quindi dubito che la tua teoria della sepoltura nella lana abbia fondamento. Però se mi garantisci che mi nota, arrivo con solo casco e il perizoma zebrato. Sarà difficile spiegare il look alla portinaia e magari dovrò ricoprirmi di grasso di foca per non morire d’ipotermia a mezza strada, ma ci posso provare.”
Davide si accorse che, senza volere, stava ancora sorridendo.
“Piccola, lo sai che sei simpatica?”
“Grazie. Stranamente anche tu. Se l’effetto è questo, fatti asportare anche l’altro lobo.”
“E secondo me sei anche carina.”
“Rigrazie. Però Alle, non vorrei evidenziare sempre l’ovvio, ma tu sei gay. Carina per un gay è tutto diverso da carina per un etero. E carina per Davide è a venti livelli di differenza da carina per un etero.”
“Come la fai complicata. Che ne sai tu di cosa trova carino Davide?”
“Si parlava or ora delle caratteristiche tecniche per l’hardware e il software ideali per una femmina adeguata al Guidi senior… anche se penso che per lui il software venga considerato mediamente obsoleto.”
“Quello era solo folclore. Se parliamo seriamente, ciò che piace veramente a Davide ti stupirebbe.”
“Che ne sai tu?”
La vocetta allegra aveva preso un’incrinatura, debole, piccina… fastidiosamente tenera, pensò Davide sconcertato.
“So che a Davide sono sempre piaciute le belle oche, ma che adesso si è un po’ stufato di loro.”
“Quindi pensi che il Piano per accoppiarlo con Annalisa non funzionerebbe?”
“Temo di no.”
“Scordatelo!”
Sinceramente accorata.
“Mi spiace, piccola.”
“Non puoi dirmelo adesso!”
“Calma… nemmeno fosse una malattia.”
“E’ come se lo fosse! Lo sai che sono del segno della Vergine… mi piace fare i programmi, mettere in ordine, pianificare… mi incazzo come una iena se mi costringono a sprogrammare!”
“Ma perché ci terresti tanto a mettere Davide con tua sorella?”
Ci fu un piccolo silenzio cogitabondo.
“Perché sono fatti l’uno per l’altra?”
“Uhm. Non sei convincente.”
“Perché… sono tutti e due belli e stronzi e avrebbero qualcosa di cui parlare?”
“Anche se sei della Vergine e ti piace programmare, non puoi avere come unico scopo nella vita il controllo dei dialoghi fra coppie di bell’aspetto. E poi Davide non è così bello: ha il nasone, cammina gobbo e gli si incarnisce sempre l’unghia del piede.”
“Innanzi tutto, il nasone ce l’avrà tuo nonno: quello di Davide è un naso patrizio.”
“Patrizio nel senso del pozzo? Cavolo, pensavo grosso ma non senza fondo.”
“Idiota.”
“Comunque lo sai cosa dicono degli uomini col naso grosso, no?”
“Che fanno molta ombra?”
“Brava. Ombra pluri montagnosa.”
“Sarà per la gobba o per l’unghia incarnita? Che bel quesito cosmico.”
“Non mi sembra che la tua opinione sul divino Davide sia rimasta scalfita dalla mia soffiata sull’unghia.”
“Quello che rende tuo fratello così mortalmente figo non è dovuto tutto alla bellezza. Cioè, ammettiamolo, Davide si guarda anche senza diottrie, ma non è tutto lì.”
“E allora dov’è?”
Debora sembrò meditarci un po’ su.
“E’... nel suo essere se stesso. Nel modo in cui si muove. Come cammina, come parla. Come ti guarda dritto in faccia. Come sa stare dovunque con la certezza che quello sia proprio il suo posto. Come porta in giro il suo nasone, così disinvolto che te lo fa sembrare patrizio. Come tutta una serie di cose che sono davidesche e basta, e proprio perché sono solo sue diventano speciali.”
Davide rimase per un pezzo a bocca aperta, interdetto.
“Alle? Sei ancora lì o ti stanno asportando l’altro lobo?”
“Wow.”
“Cosa?”
“La tua dichiarazione d’amore.”
“La mia non era una dichiarazione d’amore!”
Era arrossita, si poteva sentire chiaramente dalla voce.
“Beh, piccola, scusa.”
“Non chiamarmi piccola! Non l’hai mai fatto, poi è troppo tenero, un tenero da maschio, e mi manda in confusione. E comunque, una ragazza non può fare due apprezzamenti senza sembrare cotta flambé?”
“Beh…”
“Tuo fratello ce l’ho sotto il naso da una vita intera, non posso essermi accorta di lui anche senza averlo osservato morbosamente? Non posso aver assorbito certe cose di lui solo per osmosi, respirando la sua aria, mangiando i suoi biscotti, lavandomi le mani col suo stesso sapone?”
“Sarebbe preoccupante, perché proveresti le stesse cose per mio padre.”
“Infatti adoro tuo padre.”
“E non adori Davide?”
“Si, certo che… no, certo che… insomma, mi stai ancora confondendo!”
“Perché dunque vorresti accoppiare cotanto splendore nasuto con un suppellettile come tua sorella?”
“Perché cosi potrei vedere Davide più spesso, va bene?” rispose Debora d’un fiato, aggressiva “Potrebbe venire qui a casa mia e… potrebbe capitare che scambiamo due parole… che si guardi la tele insieme… che so, potrebbe succedere di mangiare insieme anche qui come a casa tua… potrebbe… accorgersi di me, ecco.”
“Wow.”
“Che cosa schifosamente patetica. Era molto meglio quando lo pensavo e basta, detto a voce alta sembro una psicopatica sfigata.”
“Solo un pochino, piccola, e in maniera molto carina. Quindi non ti disturberebbe il fatto che nel frattempo, fra una cena e uno scambio di parole con te, Davide si facesse davvero tua sorella.”
Silenzio teso.
“Che vuoi dire?”
“Beh, visto che per mancanza di software non potrebbero discutere di filosofia cartesiana, è abbastanza ovvio che quei due passerebbero diretti all’assemblaggio hardware. No?”
“Non ci voglio pensare.”
“Non ti fa effetto pensare a tua sorella e Davide che si baciano?”
“Non… ci voglio pensare!”
“Certo che non ti infastidisce… il tuo interesse è ristretto alla programmazione tipica della Vergine, no?”
“NO!” strillò Debora facendolo quasi sobbalzare “Sarò anche della Vergine, mi vestirò anche con ettari di strati di lana, ma non per questo sono senza ormoni!! E sì, sarò anche l’insignificante sorella piccola, avrò anche i capelli color foglia morta e un hardware inadeguato, ma lo stesso mi si chiude una vena se penso a Davide, al mio Davide col nasone e tutto il resto, che bacia qualcun’altra quando, cazzo e stracazzo, vorrei solo che baciasse ME!”
Davide rimase con la cornetta premuta contro l’orecchio e con qualcosa di tiepido e denso che gli si allargava nel cuore mentre il respiro concitato di Debora si placava progressivamente.
“Scusa” gorgogliò poi la sua vocetta, improvvisamente rotta “Ogni tanto mi parte l’embolo senza volere. Dopotutto sono ascendente Leone e ho Marte nella settima casa.”
“Possiamo dare la colpa all’ombra del nasone.” rispose Davide incerto.
 “Ma no. Avevi ragione tu, era una dichiarazione d’amore. E che ogni tanto mi impirlisco e mi illudo che non si veda che gli muoio dietro.”
“Lui non se n’è mai accorto, te lo posso giurare.”
“Meglio così.”
“Perché?”
“Come perché? Ti stai impirlendo anche tu?”
“Tu potresti piacergli.”
“Non mitragliare boiate.”
“Davvero. Sei… non so bene come dirlo senza che cominci a farmi un corso di semantica… sei carina. Carina in maniera etero, voglio dire. Carina da piacere anche a uno sicuro di sé come mister naso patrizio.”
“Non mi ha mai notata una volta in 17 schifosi anni di vita.”
“Falso. Ti ha notata spesso, soprattutto quando tu non te ne accorgevi. E pensa che sei adorabile. Ha notato i tuoi capelli che insiste a definire biondi perché è maschio e più in là della definizione dei colori primari non ci può arrivare. Ha notato che hai un sacco di lentiggini, che ridi sempre di gusto, che detesti i maccheroni al forno che cucina nostra madre e che arricci il naso quando non sei d’accordo su qualcosa ma sei troppo educata per ribattere contro i padroni di casa… insomma, ti ha notata, piccola, fidati.”
Debora stava trattenendo il fiato; Davide la poteva quasi sentire tremare al di là della cornetta, con le ciglia frementi e gli occhi spalancati.
Alzò lo sguardo oltre la porta: la doccia aveva smesso di scrosciare da un pezzo e l’ombra di Alessandro con la testa avvolta in un asciugamano che lo faceva sembrare Carmen Miranda durante un’esibizione, origliava beata da svariati minuti.
“Alle?” ansimò la voce di Debora, delicata come quella di un uccellino in trappola.
“Ho paura di no, piccola” rispose Davide alzandosi agilmente dal letto “E’ grave?”
“Ti prego, dimmi che sei Alle che fa lo stronzo” mormorò Debora accorata “Dimmi che sei tuo padre o tua madre che ha cambiato sesso, o tuo nonno che è ringiovanito… o che sono in mondovisione con solo le mutande addosso… ma non dirmi che sei Davide, per favore.”
“Uhm… desolato, sono io. Col nasone e tutto il resto.”
“Oh porca merda.”
“Amen e alleluia. Guarda, volevo dirti che ero io, ma sei partita subito a parlare del Piano e dell’ombra del mio naso patrizio e allora sai, mi sono incuriosito… poi l’occasione fa l’uomo ladro… chi non risica non rosica… una rondine non fa primavera…”
“…”
“Pronto? Debbi, ci sei?”
“…”
“Andiamo, piccola… non svenire proprio adesso. Di qualcosa. Sei viva? Parlami. Respira…”
“…”
“Debbi, qualsiasi cosa succeda, non andare verso la luce!” 
“Merdacazzo.”
“Ok… per lo meno sei ancora viva. Stavo già pensando a dove avevo messo il defibrillatore.”
“D… Da… de?”
“Rilassati, piccola. So che abiti al pianoterra, quindi sono ragionevolmente sicuro che non tenterai di buttarti dalla finestra, ma prima che ti venga il pensiero malsano del microonde ascoltami: sono contento di questa telefonata.”
“Umf?”
“Davvero. Davvero contento. Posso venire da te?”
Ci fu un rumore ovattato seguito da suoni inarticolati e fruscii sospetti: Davide attese pazientemente
raggiungendo Alessandro dietro la porta. Il fratello alzò su di lui due occhi enormi, limpidi, pieni di aspettativa.
“Stavo origliando” sentenziò subito mentre Davide gli si piazzava di fronte “E non ho capito un gran che se non che sei al telefono con Debbi e che hai la faccia da pirla come quando guardi le foto di noi da piccoli.”
“Perché cazzo non me lo hai detto prima?” brontolò Davide aggrottando le sopracciglia.
“Cosa… cosa dovevo dire?”
“Di Debbi.”
“E’ dalla prima comunione che ti viene dietro. Se sei sordocieco non è colpa mia.”
“Pronto?” sussurrò la voce affannata di Debora dalla cornetta “Pronto? Qualcuno mi deve ascoltare, adesso, capito? Qualcuno deve cazzo spiegarmi cosa sta succedendoooo!”
“Quando smette di starnazzare dille che sto andando da lei.” disse Davide con un sorriso scintillante: Alessandro prese la cornetta incantato e se la portò all’orecchio.
“… perché se è uno scherzo è davvero di merda, lo giuro, se qualcuno mi sta prendendo per il culo si ritroverà un tizzone ardente così tanto infilato su per lo sfintere che gli sembrerà di avere le tonsille infiammate, chiaro? Pronto? Pronto? C’è qualche stronzo che mi sente, lì?”
Alessandro ridacchiando andò con indolenza a sedersi sul letto ancora tiepido.
“Rilassati piccola” cinguettò poi nella sua migliore imitazione del fratello maggiore “Il principe azzurro sta sellando il suo pezzato e molto presto cavalcherà fino al tuo desco.”
“Alle!” strillò la voce congestionata di Debora “Cos’era? Cos’è? Cos’è stato?”
“Era, è, è stato, un cazzo di miracolo! Adesso, respira, prendi un paio di boccetti di valeriana e fai cinque minuti di posizioni yoga. Poi ti metti seduta e lasci che da buon paraninfo ti dica che cosa devi indossare esattamente quando gli aprirai la porta …”
 
 
  
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