Anime & Manga > Katekyo Hitman Reborn
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Autore: akatsuki95    14/02/2011    0 recensioni
Attenzione!!!
Si pregano i malati affetti
da allergia alla demenza
di non leggere questa storia:
l’autrice, per creare una cretinata
simile, ha davvero dato tutta sé stessa.
Il risultato?
Una storia veramente troppo stupida.
Io vi ho avvertito, eh!
Poi non prendetevela con me
Genere: Comico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Kyoya Hibari
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Quando l’inverosimile fece breccia
nella vita di Haru
 
Erano passate diverse settimane da quando Tsuna e Gokudera, il primo turbato, il secondo semplicemente seccato, avevano portato Yamamoto, Lambo, Kyoko, Haru e I-Pin nella base sotterranea. Da allora i nuovi arrivati avevano potuto conoscere Lal Mirch, Giannini, Bianchi, Futa e Ryohei adulti. In seguito si presentò Hibari adulto, che nonostante la “saggezza” acquisita in dieci anni era sempre spaventoso e minaccioso come il quindicenne del passato, se non di più. 
Tsuna aveva spiegato loro, con l’aiuto di Reborn e Gokudera, di come fossero arrivati nel futuro. Ma Haru conosceva Tsuna abbastanza bene da poter giurare che fosse molto più inquieto di quanto desse a vedere. 
Nella base regnava un’onnipresente ansia, come se il filo sottile come una ragnatela che divideva il panico dalla tranquillità fosse orrendamente vicino alla rottura. Haru, con l’aiuto di Kyoko, cercava di sostenere i ragazzi quanto poteva, sbrigando le faccende domestiche che la base richiedeva. Si mostrava sempre allegra, nel tentativo di sollevare una piccola parte delle preoccupazioni di Tsuna e degli altri.
Ma anche lei aveva le sue indecisioni.
Infatti, quando Bianchi le mostrò la strada per la sua camera, la stanza che ospitava l’Haru del futuro, la ragazzina si rifiutò categoricamente di entrare. Era terrorizzata alla sola idea. Ma, ogni volta che le passava davanti, quella porta bianca attirava la sua attenzione come una calamita, e ogni volta pareva che la pregasse con voce seducente: “Aprimi… aprimi…”
Quel corteggiamento durò per qualche settimana, fino a che la curiosità vinse Haru. Si avvicinò esitante alla porta bianca, come se temesse che potesse saltare in aria da un momento all’altro, e posò una mano sulla maniglia lucida. Sospirò, poi l’abbassò.
La stanza - evitò tenacemente di dire “sua” - era semplice. Un letto rosa pallido, un comodino in legno chiaro, in tinta con il pavimento e il cassettone, una scrivania bianca e qualche costume per i Cosplay abbandonato a terra. Entrò esitante, e sedette sul letto soffice, senza mai smettere di guardarsi attorno. Il suo sguardo si posò sul comodino, e un oggetto catturò la sua attenzione. Poi…
 
“AAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAARGH!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!”
 
L’urlo riecheggiò per i corridoi, frastornante e terribile come quello di Squalo, e Tsuna, Yamamoto e Gokudera si precipitarono allarmati verso la camera di Haru, davanti alla quale trovarono la ragazzina intenta a battere la testa contro il muro, alternando il riso sfrenato al pianto più disperato.
Gokudera la afferrò per le braccia, nel tentativo di farla smettere di battere la testa contro la parete.
“Gokudera…” sussurrò in modo inquietantemente dolce Haru. “Gokudera, lo sai che ti voglio tanto, ma tanto bene?”
“ARGH!!!” il suddetto lasciò la presa, come scottato, e si allontanò orripilato. Tsuna si avvicinò esitante alla ragazzina, che nel frattempo aveva preso a dondolarsi avanti e indietro come ipnotizzata.
“Ha-haru… t-tutto bene?” chiese dubbioso.
“Oh, sei tu, brutto stupido di uno Tsuna!” esclamò lei, scontrosa, allarmando i presenti: Haru che era scontrosa con Tsuna?! 
“Haru, c-cos’è successo…?” domandò il ragazzo, incerto se volerlo sapere.
La ragazzina ad un tratto riprese coscienza - anche se parzialmente e momentaneamente - e sussurrò terrorizzata: “Quella… Tsuna-san… la… il comodino… lui… è stato… orribile…”
I tre ragazzi erano confusi.
Poi Yamamoto esclamò solare: “Stiamo giocando ancora alla prova di coraggio del festival della lanterna?”
Mentre i presenti lo osservavano costernati ed increduli, incominciò ad enumerare i ricordi della prova: “Allora… ricordo che Gokudera era insieme ad I-Pin, e il loro pezzo forte era il “Gokudera Senza Volto”… Tsuna invece era con Lambo… e mi sembra che non avessero un cavallo di battaglia…”
Nel frattempo, Haru aveva ripreso a battere la testa contro il muro e Gokudera aveva smesso già da un po’ di ascoltare il “Coglione Del Baseball”, mentre Tsuna continuava a fissare a bocca aperta con espressione da demente il suo amico parlare, sconcertato di quanto il Baseballofilo fosse stupido e tuttavia convinto. 
Una volta ripreso l’autocontrollo, Tsuna sospirò, gli si avvicinò e gli posò una mano sulla spalla, dicendogli con la lentezza con cui si parla ai ritardati: “Yamamoto. Non è il momento. Haru è impazzita” e indicando la suddetta che rideva e piangeva allo stesso tempo, mentre batteva ancora la testa contro il muro. 
Ad un certo punto, il suo moto ritmato fu interrotto da Gokudera.
“Ma insomma, stupida donna! Perché cazzo continui a battere quella testa malata che ti ritrovi?! Tanto è vuota!!!” esclamò con una smorfia di disgusto. Improvvisamente perse il tono arrogante e i suoi occhi incominciarono a brillare illuminati da allegre e veneranti stelline, mentre diceva con voce soave ed espressione vacua: “Non è come quella di Judaime… no, no…”
Tsuna si battè la cinquina in volto, mentre Yamamoto osservava il compare con espressione leggermente dubbiosa - ma si sa, per Yamamoto, un’emozione come il dubbio, sostituita alla solita e demenziale solarità, è già un risultato più che soddisfacente.
Ignorando Smoking Bomb che sproloquiava sui mille e uno talenti del suo Judaime, circondato da un aura venerante e rosea, ornata di stelline, fiorellini  e luccichii, Yamamoto e Tsuna legarono l’ormai impazzita Haru e cercarono di farle spiegare cosa era mai successo di tanto sconvolgente. Ma la ragazzina ormai non era più in grado di comporre un enunciato coerente e comprensibile. Ripeteva sempre le stesse parole: camera, comodino, lui, spaventoso ed altri sinonimi. 
Allora, Gokudera, finalmente tornato all’abituale stato scontroso e arrogante, le rise in faccia, affermando nella più completa sicurezza che “quella stupida donna ha le allucinazioni, oppure è solo un’enorme cagasotto”.
E fu così che si diresse senza il minimo timore nella stanza di Haru. Passarono pochi secondi, quando Gokudera riemerse dalla camera camminando lentamente a gattoni con gli occhi fuori dalle orbite, l’espressione sconvolta e mormorando parole incomprensibili.
Avanzò lentamente, fino ad accasciarsi ai piedi di Yamamoto. 
“Yamamoto-chan…” sussurrò, mentre i presenti, ad eccezione di Haru, lo guardavano inorriditi. “Yamamoto-chan, ti supplico, salvami tu…”
Il soprascritto lo fissò sbalordito, per poi aprirsi in un sorriso solare e annuire allegramente. Si diresse tranquillamente verso la “Camera Dei Presunti Orrori”, mentre Tsuna si chiedeva se non fosse il caso di fermarlo, vista la fine di Haru e Gokudera: la prima, impossibilitata dalla corda, guardava davanti a sé con espressione vacua e un rivolo di bava che le scendeva dalla bocca; il secondo, invece, era seduto rannicchiato su sé stesso, e dondolava in avanti e in dietro, cantando: “Vola, vola, vola l’ape Maya…”.
Dopo qualche istante, Yamamoto uscì dalla stanza, si chiuse la porta alle spalle e si appoggiò ad essa, sospirando.
“Yamamoto… Tutto ok?” gli chiese Tsuna, avvicinandosi preoccupato.
Il ragazzo in questione annuì, e per la primissima volta nella storia del genere umano non riuscì a sorridere. Inspirò profondamente una seconda volta, e fece per parlare, ma il suo discorso annegò in un fragoroso clang.
Il Coglione Del Baseball e Imbrana-Tsuna si voltarono di soprassalto, per poi assistere ad uno spettacolo alquanto… curioso: Gokudera e Haru - quest’ultima probabilmente liberata dalla corda da Smoking Bomb - si stavano rialzando da terra, tenendo in testa due padelle che non so spiegare dove siano state trovate. Si allontanarono l’uno dall’altra di qualche metro, e una volta distanti quasi una ventina di passi, si corsero incontro. A tal punto il ragazzo e la ragazza sbatterono insieme le proprie teste in un secondo tuonante clang e caddero nuovamente a terra.
“Stupida donna, non corri abbastanza velocemente!!” abbaiò Gokudera.
“Chi sarebbe lo stupido?!?!” ribattè Haru. 
“Io non di certo!” sbuffò il primo. “Dopotutto, come può essere chiamato stupido uno che ha avuto una tale idea?”
“Lo sei eccome! Che razza di idea sarebbe corrersi incontro e darsi capocciate?!”
“È sicuramente uno dei metodi migliori per avere un’amnesia! Vuoi o no dimenticarti di quell’immagine orribile?!”
Haru rabbrividì per un secondo, poi annuì e si rimise la padella in testa, quando un rumore di passi annunciò l’arrivo di Lal Mirch.
La donna osservò prima Haru e Gokudera con le padelle in testa, poi Tsuna e Yamamoto, ancora scioccati per lo spettacolo a cui avevano appena assistito. 
Senza tante cerimonie, ordinò a Tsuna di legare nuovamente Haru e portarla da Hibari: lui avrebbe saputo cosa fare. Nel frattempo, lei e Yamamoto avrebbero portato Gokudera da Bianchi, la cui vista lo avrebbe sconvolto e nauseato a tal punto da fargli dimenticare l’accaduto.
Una volta trascinata Haru davanti alla camera di Hibari, Tsuna si fermò di fronte alla porta, incerto se fosse peggio lasciare Haru in quelle condizioni o disturbare la tranquillità del carnivoro, che probabilmente lo avrebbe morso a morte.
Sospirò e, pensando alla reazione di Lal Mirch nel caso in cui avrebbe disubbidito ad un suo ordine, bussò esitante alla porta.
Tremante come una foglia sospinta dal vento, attese con terrore che Hibari aprisse la porta. Quando si ritrovò lo spaventoso uomo di fronte, lo fissò pietrificato dal basso verso l’alto, poi, con i movimenti impacciati dalla paura, mostrò Haru e gli spiegò - con un discorso degno di un balbuziente - l’accaduto.
Hibari sospirò, afferrò Haru per il colletto della maglietta, la trascinò di peso nella stanza e chiuse la porta in faccia a Tsuna senza troppi rimpianti, dicendogli - ordinandogli - di tornare tra qualche minuto per riprendere “l’erbivora”.
Dopo cinque minuti Tsuna si diresse nuovamente verso la stanza di Hibari, dalla cui uscì una Haru esausta, ma apparentemente rincuorata, che salutò il ragazzo con un debole: “Ciao, Tsuna-san” e andò in cerca di Kyoko, evidentemente per raccontarle la sua terrificante, ma misteriosa per Tsuna, avventura.
Il ragazzo la seguì con lo sguardo fino a che non scomparve dietro l’angolo, quindi si volse verso il carnivoro di fronte a lui e - non senza timore per la propria vita - gli chiese: “Hi-hibari-san… che… che cos’è successo ad Haru?”
L’uomo lo fissò per qualche attimo con uno sguardo impassibile, che però fece rabbrividire egualmente il ragazzino, poi estrasse dalla tasca un oggetto e glielo mostrò. Tsuna osservò l’oggetto, poi comprese e cadde a terra, sconvolto e terrificato.
“Hi-hibari-san… quello… quel… t-tu… quello… non… n-non… v-vero…?” gli chiese, conoscendo già la risposta.
Hibari - mi chiedo come abbia fatto a comprendere quelle parole insensate - scosse la testa e disse solamente: “Falso”.
“C-come…?”
“È un falso”.
“Eeeeeeh…?!”
“Erbivoro, odio ripetermi”.
“Ah… s-scusa. E… cosa c’entra Haru?”
“Ha visto questo falso ed è rimasta sconvolta”.
“Come darle torto…?” mormorò tra sé Tsuna.
“Come?”
“N-NIENTE!”
Tsuna si alzò in fretta, accennò un inchino e si dileguò, temendo che il terrificante Hibari potesse cambiare idea e morderlo a morte per chissà quale motivo.
Ripensò a quell’oggetto sconvolgente e, dimostrando un inusuale coraggio, si diresse verso la camera di Haru. Bussò alla porta, ma dall’interno non giunse alcun rumore. Quindi abbassò la maniglia e varcò la soglia. Davanti al comodino di Haru, si fermò, ed osservò l’oggetto che aveva scandalizzato tante persone: in una cornice rosata contornata da cuoricini, stava una foto di Hibari, e già questo poteva essere motivo di stupore. Ma ciò che ti rimaneva indelebilmente impresso nella mente non era il fatto che esistesse una foto con i cuoricini del carnivoro, né che Haru avesse avuto così tanto coraggio da compiere tale impresa, ma bensì che, a meno che tu non conosca la verità, in quella piccola foto, Hibari… sorridesse.
Tsuna fissò per qualche minuto quell’immagine sconvolgente, poi sospirò, come a liberarsi della tensione, ed esclamò colpito:
“Certo che… è proprio ben riuscito, questo fotomontaggio!”
Quando l’inverosimile fece breccia
nella vita di Haru
 
Erano passate diverse settimane da quando Tsuna e Gokudera, il primo turbato, il secondo semplicemente seccato, avevano portato Yamamoto, Lambo, Kyoko, Haru e I-Pin nella base sotterranea. Da allora i nuovi arrivati avevano potuto conoscere Lal Mirch, Giannini, Bianchi, Futa e Ryohei adulti. In seguito si presentò Hibari adulto, che nonostante la “saggezza” acquisita in dieci anni era sempre spaventoso e minaccioso come il quindicenne del passato, se non di più. 
Tsuna aveva spiegato loro, con l’aiuto di Reborn e Gokudera, di come fossero arrivati nel futuro. Ma Haru conosceva Tsuna abbastanza bene da poter giurare che fosse molto più inquieto di quanto desse a vedere. 
Nella base regnava un’onnipresente ansia, come se il filo sottile come una ragnatela che divideva il panico dalla tranquillità fosse orrendamente vicino alla rottura. Haru, con l’aiuto di Kyoko, cercava di sostenere i ragazzi quanto poteva, sbrigando le faccende domestiche che la base richiedeva. Si mostrava sempre allegra, nel tentativo di sollevare una piccola parte delle preoccupazioni di Tsuna e degli altri.
Ma anche lei aveva le sue indecisioni.
Infatti, quando Bianchi le mostrò la strada per la sua camera, la stanza che ospitava l’Haru del futuro, la ragazzina si rifiutò categoricamente di entrare. Era terrorizzata alla sola idea. Ma, ogni volta che le passava davanti, quella porta bianca attirava la sua attenzione come una calamita, e ogni volta pareva che la pregasse con voce seducente: “Aprimi… aprimi…”
Quel corteggiamento durò per qualche settimana, fino a che la curiosità vinse Haru. Si avvicinò esitante alla porta bianca, come se temesse che potesse saltare in aria da un momento all’altro, e posò una mano sulla maniglia lucida. Sospirò, poi l’abbassò.
La stanza - evitò tenacemente di dire “sua” - era semplice. Un letto rosa pallido, un comodino in legno chiaro, in tinta con il pavimento e il cassettone, una scrivania bianca e qualche costume per i Cosplay abbandonato a terra. Entrò esitante, e sedette sul letto soffice, senza mai smettere di guardarsi attorno. Il suo sguardo si posò sul comodino, e un oggetto catturò la sua attenzione. Poi…
 
“AAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAARGH!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!”
 
L’urlo riecheggiò per i corridoi, frastornante e terribile come quello di Squalo, e Tsuna, Yamamoto e Gokudera si precipitarono allarmati verso la camera di Haru, davanti alla quale trovarono la ragazzina intenta a battere la testa contro il muro, alternando il riso sfrenato al pianto più disperato.
Gokudera la afferrò per le braccia, nel tentativo di farla smettere di battere la testa contro la parete.
“Gokudera…” sussurrò in modo inquietantemente dolce Haru. “Gokudera, lo sai che ti voglio tanto, ma tanto bene?”
“ARGH!!!” il suddetto lasciò la presa, come scottato, e si allontanò orripilato. Tsuna si avvicinò esitante alla ragazzina, che nel frattempo aveva preso a dondolarsi avanti e indietro come ipnotizzata.
“Ha-haru… t-tutto bene?” chiese dubbioso.
“Oh, sei tu, brutto stupido di uno Tsuna!” esclamò lei, scontrosa, allarmando i presenti: Haru che era scontrosa con Tsuna?! 
“Haru, c-cos’è successo…?” domandò il ragazzo, incerto se volerlo sapere.
La ragazzina ad un tratto riprese coscienza - anche se parzialmente e momentaneamente - e sussurrò terrorizzata: “Quella… Tsuna-san… la… il comodino… lui… è stato… orribile…”
I tre ragazzi erano confusi.
Poi Yamamoto esclamò solare: “Stiamo giocando ancora alla prova di coraggio del festival della lanterna?”
Mentre i presenti lo osservavano costernati ed increduli, incominciò ad enumerare i ricordi della prova: “Allora… ricordo che Gokudera era insieme ad I-Pin, e il loro pezzo forte era il “Gokudera Senza Volto”… Tsuna invece era con Lambo… e mi sembra che non avessero un cavallo di battaglia…”
Nel frattempo, Haru aveva ripreso a battere la testa contro il muro e Gokudera aveva smesso già da un po’ di ascoltare il “Coglione Del Baseball”, mentre Tsuna continuava a fissare a bocca aperta con espressione da demente il suo amico parlare, sconcertato di quanto il Baseballofilo fosse stupido e tuttavia convinto. 
Una volta ripreso l’autocontrollo, Tsuna sospirò, gli si avvicinò e gli posò una mano sulla spalla, dicendogli con la lentezza con cui si parla ai ritardati: “Yamamoto. Non è il momento. Haru è impazzita” e indicando la suddetta che rideva e piangeva allo stesso tempo, mentre batteva ancora la testa contro il muro. 
Ad un certo punto, il suo moto ritmato fu interrotto da Gokudera.
“Ma insomma, stupida donna! Perché cazzo continui a battere quella testa malata che ti ritrovi?! Tanto è vuota!!!” esclamò con una smorfia di disgusto. Improvvisamente perse il tono arrogante e i suoi occhi incominciarono a brillare illuminati da allegre e veneranti stelline, mentre diceva con voce soave ed espressione vacua: “Non è come quella di Judaime… no, no…”
Tsuna si battè la cinquina in volto, mentre Yamamoto osservava il compare con espressione leggermente dubbiosa - ma si sa, per Yamamoto, un’emozione come il dubbio, sostituita alla solita e demenziale solarità, è già un risultato più che soddisfacente.
Ignorando Smoking Bomb che sproloquiava sui mille e uno talenti del suo Judaime, circondato da un aura venerante e rosea, ornata di stelline, fiorellini  e luccichii, Yamamoto e Tsuna legarono l’ormai impazzita Haru e cercarono di farle spiegare cosa era mai successo di tanto sconvolgente. Ma la ragazzina ormai non era più in grado di comporre un enunciato coerente e comprensibile. Ripeteva sempre le stesse parole: camera, comodino, lui, spaventoso ed altri sinonimi. 
Allora, Gokudera, finalmente tornato all’abituale stato scontroso e arrogante, le rise in faccia, affermando nella più completa sicurezza che “quella stupida donna ha le allucinazioni, oppure è solo un’enorme cagasotto”.
E fu così che si diresse senza il minimo timore nella stanza di Haru. Passarono pochi secondi, quando Gokudera riemerse dalla camera camminando lentamente a gattoni con gli occhi fuori dalle orbite, l’espressione sconvolta e mormorando parole incomprensibili.
Avanzò lentamente, fino ad accasciarsi ai piedi di Yamamoto. 
“Yamamoto-chan…” sussurrò, mentre i presenti, ad eccezione di Haru, lo guardavano inorriditi. “Yamamoto-chan, ti supplico, salvami tu…”
Il soprascritto lo fissò sbalordito, per poi aprirsi in un sorriso solare e annuire allegramente. Si diresse tranquillamente verso la “Camera Dei Presunti Orrori”, mentre Tsuna si chiedeva se non fosse il caso di fermarlo, vista la fine di Haru e Gokudera: la prima, impossibilitata dalla corda, guardava davanti a sé con espressione vacua e un rivolo di bava che le scendeva dalla bocca; il secondo, invece, era seduto rannicchiato su sé stesso, e dondolava in avanti e in dietro, cantando: “Vola, vola, vola l’ape Maya…”.
Dopo qualche istante, Yamamoto uscì dalla stanza, si chiuse la porta alle spalle e si appoggiò ad essa, sospirando.
“Yamamoto… Tutto ok?” gli chiese Tsuna, avvicinandosi preoccupato.
Il ragazzo in questione annuì, e per la primissima volta nella storia del genere umano non riuscì a sorridere. Inspirò profondamente una seconda volta, e fece per parlare, ma il suo discorso annegò in un fragoroso clang.
Il Coglione Del Baseball e Imbrana-Tsuna si voltarono di soprassalto, per poi assistere ad uno spettacolo alquanto… curioso: Gokudera e Haru - quest’ultima probabilmente liberata dalla corda da Smoking Bomb - si stavano rialzando da terra, tenendo in testa due padelle che non so spiegare dove siano state trovate. Si allontanarono l’uno dall’altra di qualche metro, e una volta distanti quasi una ventina di passi, si corsero incontro. A tal punto il ragazzo e la ragazza sbatterono insieme le proprie teste in un secondo tuonante clang e caddero nuovamente a terra.
“Stupida donna, non corri abbastanza velocemente!!” abbaiò Gokudera.
“Chi sarebbe lo stupido?!?!” ribattè Haru. 
“Io non di certo!” sbuffò il primo. “Dopotutto, come può essere chiamato stupido uno che ha avuto una tale idea?”
“Lo sei eccome! Che razza di idea sarebbe corrersi incontro e darsi capocciate?!”
“È sicuramente uno dei metodi migliori per avere un’amnesia! Vuoi o no dimenticarti di quell’immagine orribile?!”
Haru rabbrividì per un secondo, poi annuì e si rimise la padella in testa, quando un rumore di passi annunciò l’arrivo di Lal Mirch.
La donna osservò prima Haru e Gokudera con le padelle in testa, poi Tsuna e Yamamoto, ancora scioccati per lo spettacolo a cui avevano appena assistito. 
Senza tante cerimonie, ordinò a Tsuna di legare nuovamente Haru e portarla da Hibari: lui avrebbe saputo cosa fare. Nel frattempo, lei e Yamamoto avrebbero portato Gokudera da Bianchi, la cui vista lo avrebbe sconvolto e nauseato a tal punto da fargli dimenticare l’accaduto.
Una volta trascinata Haru davanti alla camera di Hibari, Tsuna si fermò di fronte alla porta, incerto se fosse peggio lasciare Haru in quelle condizioni o disturbare la tranquillità del carnivoro, che probabilmente lo avrebbe morso a morte.
Sospirò e, pensando alla reazione di Lal Mirch nel caso in cui avrebbe disubbidito ad un suo ordine, bussò esitante alla porta.
Tremante come una foglia sospinta dal vento, attese con terrore che Hibari aprisse la porta. Quando si ritrovò lo spaventoso uomo di fronte, lo fissò pietrificato dal basso verso l’alto, poi, con i movimenti impacciati dalla paura, mostrò Haru e gli spiegò - con un discorso degno di un balbuziente - l’accaduto.
Hibari sospirò, afferrò Haru per il colletto della maglietta, la trascinò di peso nella stanza e chiuse la porta in faccia a Tsuna senza troppi rimpianti, dicendogli - ordinandogli - di tornare tra qualche minuto per riprendere “l’erbivora”.
Dopo cinque minuti Tsuna si diresse nuovamente verso la stanza di Hibari, dalla cui uscì una Haru esausta, ma apparentemente rincuorata, che salutò il ragazzo con un debole: “Ciao, Tsuna-san” e andò in cerca di Kyoko, evidentemente per raccontarle la sua terrificante, ma misteriosa per Tsuna, avventura.
Il ragazzo la seguì con lo sguardo fino a che non scomparve dietro l’angolo, quindi si volse verso il carnivoro di fronte a lui e - non senza timore per la propria vita - gli chiese: “Hi-hibari-san… che… che cos’è successo ad Haru?”
L’uomo lo fissò per qualche attimo con uno sguardo impassibile, che però fece rabbrividire egualmente il ragazzino, poi estrasse dalla tasca un oggetto e glielo mostrò. Tsuna osservò l’oggetto, poi comprese e cadde a terra, sconvolto e terrificato.
“Hi-hibari-san… quello… quel… t-tu… quello… non… n-non… v-vero…?” gli chiese, conoscendo già la risposta.
Hibari - mi chiedo come abbia fatto a comprendere quelle parole insensate - scosse la testa e disse solamente: “Falso”.
“C-come…?”
“È un falso”.
“Eeeeeeh…?!”
“Erbivoro, odio ripetermi”.
“Ah… s-scusa. E… cosa c’entra Haru?”
“Ha visto questo falso ed è rimasta sconvolta”.
“Come darle torto…?” mormorò tra sé Tsuna.
“Come?”
“N-NIENTE!”
Tsuna si alzò in fretta, accennò un inchino e si dileguò, temendo che il terrificante Hibari potesse cambiare idea e morderlo a morte per chissà quale motivo.
Ripensò a quell’oggetto sconvolgente e, dimostrando un inusuale coraggio, si diresse verso la camera di Haru. Bussò alla porta, ma dall’interno non giunse alcun rumore. Quindi abbassò la maniglia e varcò la soglia. Davanti al comodino di Haru, si fermò, ed osservò l’oggetto che aveva scandalizzato tante persone: in una cornice rosata contornata da cuoricini, stava una foto di Hibari, e già questo poteva essere motivo di stupore. Ma ciò che ti rimaneva indelebilmente impresso nella mente non era il fatto che esistesse una foto con i cuoricini del carnivoro, né che Haru avesse avuto così tanto coraggio da compiere tale impresa, ma bensì che, a meno che tu non conosca la verità, in quella piccola foto, Hibari… sorridesse.
Tsuna fissò per qualche minuto quell’immagine sconvolgente, poi sospirò, come a liberarsi della tensione, ed esclamò colpito:
“Certo che… è proprio ben riuscito, questo fotomontaggio!”







Ed ecco l’ennesima cavolata, opera della pazzoide sottoscritta!!! Ho avuto qualche dubbio su come concludere questa storia da dementi, ma ormai è fatta… Comunque, devo chiedere un favore a tutti i poveri cristi che hanno avuto il coraggio di leggere questa cavolata: se in questi giorni, leggerete sul giornale: “Evasa pazza furiosa dal manicomio, ricerche in corso”, voi non mi conoscete!!! Credo che non ci vedremo per un po’, dato che sarò impegnata nella mia vita da latitante… stavo anche pensando di trasferirmi di nascosto da Akatsuki95, ma forse andrò a vivere come eremita tra le montagne… in ogni caso… Sayonara!!!!!!
  
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