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Autore: Ulisse85    15/02/2011    2 recensioni
Una piccola storia sull'inverno e le sfumature del bianco.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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“……Pensie faceva fatica a camminare nella neve così alta. Le sue paffute zampette marroni erano quasi totalmente immerse nella candida neve. Pensie era un cucciolo d’orso bruno che si era allontanato troppo dalla mamma. Lei voleva convincerlo ad andare in letargo, ma lui non voleva, preferiva continuare a nascondersi nei boschi, rotolarsi sui prati, correre affianco del ruscello e cercare di prendere le farfalle…. non chiudersi in una caverna a dormire per chissà quanto tempo! Sì, faceva freddo, ma lui voleva giocare!

E così, offeso perché la madre non voleva permetterglielo, si era allontanato, e non aveva seguito mamma-orso e i suoi fratellini nella caverna.

Intanto l’inverno si era scatenato tutto insieme. Il cielo, prima di un delicato grigio chiaro sottolineato dal rosso del sole che tramontando lo racchiudeva in una cornice di fuoco, era diventato di un grigio più compatto, più chiaro, quasi bianco, ma di un candore inquietante, non di purezza, ma di freddezza e decisione. Ed era cominciato il vento, che scuoteva gli alberi già resi spogli dal trascorso autunno; le foglie cadute cominciavano a venir coperte dalla neve che cadeva copiosa, scendendo prima delicatamente e dolcemente poi sbattendo in faccia a Pensie trascinata dal vento. L’orsetto, mentre cercava di raggiungere la calda caverna dove sua madre e i gli altri cuccioli lo attendevano, vedeva il paesaggio cambiare colore, come una donna che si scoprisse improvvisamente vecchia e cambiasse il proprio vestito indossandone uno più severo e consono ai tempi. Così le sagome degli alberi si facevano più scure, l’orizzonte sembrava scomparire in mezzo alla tempesta di neve, nessun animale si arrischiava più ad uscire, persino i pesci nel fiume erano scomparsi, l’acqua del ruscello da celeste e briosa era diventata di un blu inquietante: una vena di pericolo che percorreva tutto il bosco.

Pensie aveva il musetto ghiacciato dal vento e dalla neve che vi si depositava, che lo faceva starnutire e sbuffare, ma continuava a camminare.

Sapeva di non essere lontano, sentiva che poteva farcela a raggiungere la madre.

Ma non riusciva più a capire in che direzione andare! La tempesta aveva confuso le forme e i colori, schiarendo tutto in un unico grigio indifferente che inghiottiva voracemente i contorni delle cose. Pencie si era perso.”

Ada interruppe la lettura, chiuse il libro e lo posò sul tavolino che si trovava a fianco della sua poltrona: “… ma adesso è ora che andiate a dormire”

Quindi si abbassò un po’ gli occhiali e guardò verso i nipotini, che seduti sul tappeto la fissavano sperando che riprendesse la lettura.

Erano tutti in ansia per Pensie perso nella tempesta.

Il piccolo Nico guardava prima l’uno e poi l’altro dei suoi fratelli sperando che qualcuno lo rassicurasse sulla sorte dell’orsetto. E pensare che in fondo sapevano benissimo tutti e tre che Pensie ad un certo punto avrebbe sentito il richiamo di sua madre che in piedi davanti alla grotta avrebbe cercato di guidarlo, con il suono della sua voce, fino a sé.

E come in ogni favola che si rispetti sarebbe stato così.

Eppure erano preoccupati lo stesso.

“l’inverno però non è così brutto….” Luchino si era appoggiato alla finestra e mentre diceva questo osservava il pupazzo di neve che quella mattina avevano fatto tutti insieme con la prima neve caduta. Era bello stare al caldo nella rustica casa di montagna mentre fuori l’inverno avvolgeva le montagne e ricopriva di morbido zucchero filato gli alberi, donando al quotidiano paesaggio un alone di magia e mistero ogni anno nuovo e così coinvolgente.

Ed era il freddo pungente dell’inverno che rendeva così piacevole passare la serata di fronte al caminetto acceso.

Infatti Carlo, suo marito, si era intanto chinato ad attizzare il fuoco mettendo altra legna. Il fuoco prese nuova vita, e Ada si ritrovò ad osservare il suo uomo, i suoi capelli ormai bianchi come la neve all’esterno, a cui la fiamma così vicina ridonava il brillante splendore di quand’era giovane. Di quand’erano giovani.

Anche lei ormai vantava un consistente numero di primavere, come i suoi capelli grigio chiaro, come il cielo della favola, testimoniavano.

Il bello dell’inverno era che sapeva rendere stupende quelle poche ore di sole a metà giornata, sapeva rendere più blu il cielo dopo la neve e più dolce la cioccolata calda la sera. Più caldo il fuoco del caminetto e rassicuranti le loro cinque ombre proiettate sulle pareti, che danzavano al ritmo della legna che scoppiettava serena.

Carlo, finito di ravvivare il fuoco, si avvicinò alla moglie, smarritasi intanto nei propri pensieri al ritmo della neve che all’esterno aveva ricominciato a cadere in fiocchi candidi e fragili. E rimanendo dietro di lei, felice di aver scelto di trascorre insieme il loro inverno, rispose al nipote: “no infatti, non è per niente brutto…” e dicendolo sorrise lievemente e strinse con dolcezza le spalle di Ada.
   
 
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