Libri > Harry Potter
Ricorda la storia  |      
Autore: Onlyna    16/02/2011    2 recensioni
Non riuscivo a smettere di camminare, non smisi di farlo finché non giunsi a quell'albero che il preside aveva fatto piantare l'anno del mio arrivo a quella scuola. Come si chiamava l'arbusto? E il preside? E la scuola? Perché avevo bisogno di quell'albero? Erano domande a cui non riuscivo a rispondere.
Quarta classificata al 'Free Contest'.
Partecipa alla The One Hundred Prompt Challenge (Neve).
Dedicata a Wal.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Remus Lupin, Sirius Black | Coppie: Remus/Sirius
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Nick autore: Only_ (Only_Me)
Titolo: White
Personaggi: Remus Lupin, Sirius Black
Pairing: Remus/Sirius
Genere: nonsense, introspettivo, sentimentale, malinconico
Rating: verde
Avvertimenti: One-shot, Slash, Missing Moment, What if?
Parole scelte: 8. Candido - 13. Febbre - 39. Calore
Citazione scelta: 38. Ti prego.
Introduzione: “Non riuscivo a smettere di camminare, non smisi di farlo finché non giunsi a quell'albero che il preside aveva fatto piantare l'anno del mio arrivo a quella scuola. Come si chiamava l'arbusto? E il preside? E la scuola? Perché avevo bisogno di quell'albero? Erano domande a cui non riuscivo a rispondere.”
NdA:
una shot di circa due pagine, dedicata a Remus e Sirius. Il mio amore per questa coppia non è un segreto, e mi piace molto celebrarli attraverso queste fic agrodolci.
Nata in poco più di un dieci minuti, è divisa fondamentalmente in tre parti.
La prima è narrata dal punto di vista di Remus, ed è la parte più nonsense della storia; la seconda è narrata da Sirius, ed è molto introspettiva e sentimentale. L'ultima parte è narrata in terza persona, ed è quella in cui si chiarisce tutto e si fa il punto della situazione.
Spero ti piaccia, io ne sono particolarmente soddisfatta.
Buona lettura!

 

White
{Candido, calore, febbre}

 Vagavo senza meta in quella vasta e candida distesa, bianca e soffice e fredda.
Non sentivo più nulla, solo il calore di quelle strane gocce salate che sgorgavano senza sosta dai miei occhi.
Non ricordavo perché piangessi. Ricordavo solo un gufo marroncino con una pergamena legata alla zampa.
Non ricordavo cosa ci fosse scritto in quella lettera. Sapevo solo che era indirizzata a me.
I miei piedi erano gelati; le mie dita anche.
Non riuscivo a smettere di camminare, non smisi di farlo finché non giunsi a quell'albero che il preside aveva fatto piantare l'anno del mio arrivo a quella scuola. Come si chiamava quell'arbusto? E il preside? E la scuola? Perché avevo bisogno di quell'albero? Erano domande a cui non riuscivo a rispondere.

Forse anche il mio cervello si è congelato, pensai con un sorrisetto delirante sulle labbra ormai cianotiche.
Avevo mal di testa, sentivo il mio corpo che veniva scosso da violenti brividi – o erano singhiozzi? – e non riuscivo a capire perché.

Cosa sta succedendo?
Non lo sapevo, e non mi interessava particolarmente scoprirlo.
Sapevo solo di avere un terribile sonno. Non riuscivo più a tenere gli occhi aperti. Le lacrime ormai si erano ghiacciate sulle mie guance e tra le ciglia.
Quanto erano fastidiose quelle cose piccole e bianche che scendevano dal cielo! Mi sentivo pungere da tutte le parti, ma non riuscivo a capire chi mi pungesse.
Mi sdraiai su quel candido e morbido manto bianco che ricopriva ogni cosa, intorno a me. Avevo davvero tanto sonno. Chiusi gli occhi e non ci misi molto ad addormentarmi.
Sentivo uno strano calore, come se quella sostanza gelida che mi circondava fosse diventata improvvisamente più calda.
E improvvisamente ricordai il nome della scuola, quello del preside, quello dell'albero che si trovava a pochi metri da me, il perché quell'albero fosse stato piantato apposta per me. Hogwarts, Silente, Platano Picchiatore, piantato per darmi la possibilità di frequentare quella scuola senza la paura di aggredire i miei compagni durante le notti di luna piena, durante le mie trasformazioni in lupo mannaro.
E ricordai anche il contenuto di quella lettera che mi era stata recapitata dal gufo marroncino.
C'era scritto che mia madre era morta, uccisa da quell'essere che mi aveva morso quando ero ancora un bambino, costringendomi in quell'orribile vita di licantropo.
Mia madre era morta.
Mio padre era da qualche parte a caccia di Greyback, a cercare una vendetta che sicuramente non avrebbe trovato.
Ero solo.
Poi ricordai tre visi familiari, tre paia di occhi preoccupati che mi osservavano leggere quella pergamena al calore della nostra Sala Comune.
James Potter, Peter Minus e Sirius Black. I miei amici. I Malandrini.
Non ero solo.
Tentai di aprire gli occhi, ma non ci riuscii.
Tentai di muovermi, di alzarmi da quella posizione che mi stava portando alla morte, ma il mio corpo ormai non obbediva più ai miei ordini.
Che ironia: prima un corpo attivo con un cervello addormentato, poi un cervello vivo in un corpo morente.
Dopo diversi tentativi, tutti miseramente falliti, mi arresi.
Non potevo fare nulla. Sarei morto, senza genitori, dopo un brusco e burrascoso litigio con gli unici amici che avessi mai avuto, al freddo di una giornata di dicembre, immerso nella neve, in quel candido e morbido manto gelato.

 

«Remus!» gridai, portandomi le mani coperte dai guanti ai lati della bocca «Remus!».
Quell'idiota! Era uscito dal castello in camicia, senza prendere né mantello né sciarpa né altro.
Sicuramente stava gelando. Dannazione, era dicembre! E nevicava ormai da diversi giorni. Come aveva potuto essere così stupido da fare una cosa del genere?

Forse avrei dovuto leggere quella lettera...
Scossi violentemente il capo: non avrei mai potuto fare una cosa del genere. Non senza il permesso di Remus. Non avrei mai accettato che qualcuno lo facesse con me.
Ad un tratto, dopo diversi minuti, scorsi l'unica macchia nera in tutto quell'insopportabile candore, accanto al sentiero che conduceva al Platano Picchiatore.
Sperai ardentemente che fosse Remus.
Cominciai a correre in quella direzione, continuando a gridare il suo nome.
Era lui. Sì, me lo sentivo.
Ho sempre avuto un legame strano con Remus: non era il mio migliore amico, quello era senza dubbio James, ma non era nemmeno il pasticcione che bisognava aiutare per buona volontà, ruolo incontestabilmente di Peter. Non ho mai saputo spiegarmi i sentimenti che mi legavano al licantropo. Sicuramente andavano ben oltre l'amicizia e l'affetto fraterno.
In quel momento ero certo che quella figura rannicchiata a terra fosse lui. Il mio cuore ne era sicuro.
«Ti prego... ti prego, fa' che sia vivo» sussurrai, non appena fui abbastanza vicino da capire di non essermi sbagliato nemmeno quella volta.
Mi gettai a terra accanto a lui, senza riuscire a parlare, e gli toccai il volto: era gelido.
Appoggiai l'intero palmo contro la sua guancia, cercando di trasmettergli un po' di calore, ma non successe nulla.
Presi a frugare disperatamente nelle tasche del mantello per trovare la bacchetta e, non appena le mie dita si strinsero sull'impugnatura, presi ad Appellare mantelli, sciarpe, guanti... qualsiasi oggetto che potesse scaldarlo un po'.
Le sue labbra erano diventate blu, cianotiche.
Uno strano impulso si impossessò del mio corpo, e mi spinsi verso il suo viso. Anche senza toccare la sua pelle, avvertivo con una chiarezza disarmante quanto fosse gelata.
Quando posai la mia bocca sulla sua rabbrividii –  sembrava di baciare un cubetto di ghiaccio – ma non mi allontanai. Sollevai il suo busto tra le braccia e me lo premetti addosso, accogliendolo nel mio mantello ancora bollente grazie ad un incantesimo, con la speranza di riuscire a scaldarlo almeno un po'. Non staccai le mie labbra dalle sue, non ne ebbi la forza.
Le socchiusi piano, e sfiorai la sua lingua con la mia; era freddo, troppo freddo.
Irrimediabilmente pensai al peggio, e copiose lacrime salate cominciarono a scivolarmi sul viso.
Pochi attimi dopo cominciarono ad arrivare tutti gli oggetti che avevo Appellato; lo avvolsi in mezza dozzina di mantelli, gli posai sul capo almeno tre cuffie di lana, gli infilai le mani in diverse paia di guanti, gli coprii il viso con una decina di sciarpe soffici e calde.
Pregai ancora di riuscire a salvarlo, mentre lo facevo Levitare davanti a me in direzione del castello e, più precisamente, dell'Infermeria.
«Ti prego, Remus» mormorai, mordicchiandomi le labbra e asciugandomi le guance con il dorso della mano libera «Ti prego, resisti».

 

Quella volta Remus Lupin rischiò di perdere la vita.
Fortunatamente se la cavò con una febbre delirante durata due giorni e un ricovero di mezza settimana in Infermeria, sotto le cure di Madama Chips.
Dovette ringraziare Sirius Black e il suo tempestivo intervento, per aver avuto salva la vita.
Certamente Felpato non glielo fece mai troppo presente, soprattutto dopo che il giovane licantropo ebbe svelato a lui e agli altri Malandrini il contenuto della lettera che li aveva portati a litigare.

 

Quella volta Remus rischiò di perdere la vita.
E fu solo grazie a Sirius che non accadde il peggio.














The One Hundred Prompt Project

   
 
Leggi le 2 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Harry Potter / Vai alla pagina dell'autore: Onlyna