“Cosa?” esclamai, con una voce particolarmente stridula che non mi apparteneva.

Non ci volevo credere, assolutamente no.

Non da lei, dalla mia migliore amica.

Ma la verità mi cascò addosso come un peso, soffocandomi. Quella verità da cui cercavo di sfuggire, perché benché avessi dei dubbi non ci credevo veramente.

Ridevo di me stessa quando questi pensieri mi attraversavano la mente, cioè, erano stupidi, no? Non c'era nessun motivo che lui..

Ma adesso, adesso era lì, la prova inequivocabile che io non contavo più nulla, che lui non aveva pensato a me in questi giorni, mentre io non facevo altro che pensare a lui.

Mi girai di scatto verso la mia amica, verso quella ragazza che credevo mia amica.

Ero senza parole, il tempo si era fermato, tutti i presenti guardavano me e lei. Lei, lei, io mi ero fidata di lei, gli avevo detto quello che provavo, avevamo riso e scherzato insieme, e lei si era anche presa la colpa per un cosa che non aveva fatto, solo per pararmi le spalle, per pararmi il culo. Lei ormai mi conosceva, sapeva quanto ci tenessi a non perdere e a non fare figure di merda davanti a tutti. Così mi aveva tappato la bocca e si era intromessa nel discorso autoaccusandosi.

Ma mi sbagliavo, come avevo fatto a fidarmi di una persona del genere? Così diversa da me, così accattivante, così decisa, così sarcastica, così spiritosa, nonostante l'aspetto dark e tetro.

Insomma, quando credevo di aver finalmente trovato la migliore amica, ero rimasta nuovamente delusa.

Avevo gli occhi sgranati, e sentii le lacrime salire.

“Co..come hai potuto?” dicevo ogni parola lentamente, con fatica, con un morente che sta per tirare il calzino da un momento all'altro e vuole dire tutto quello che non ha detto in una vita in pochi secondi.

“Cre.. credevo fossimo amiche” altro sforzo immane per dire quelle parole.

La guardai, continuai a guardare quegli occhi neri , profondi e, dovevo ammetterlo, dannatamente belli. Avevo lo sguardo, supplichevole, quasi speravo che si mettesse a ridere dicendo 'È solo uno scherzo'; ma non parlò, indietreggiò appena, mettendo le mani davanti al petto in segno di innocenza. Innocenza? Innocenza? Guardai di nuovo a fondo i suoi occhi neri, si poteva leggere un po' di compassione, un leggero, leggerissimo velo di compassione che mascherava il trionfo e il sollievo.

Sentii la rabbia salire, e non mi accorsi delle braccia che mi tenevano per la vita, perciò quando cercai di buttarmi addosso a lei urlando 'TI ODIO!' mi si mozzò il fiato.

Continuai a tirare calci e pugni al vento, urlando come un bambino isterico. Perché, perché quelle braccia mi trattenevano? Perché mi impedivano di picchiarla?

E poi sentii un'altra voce chiamare il suo nome.. Il nome di lui.. quello che.. quello che era al centro di tutto, lui, che mi faceva sentire così di merda.

La voce ripeté il nome, stranita, ma mai incazzata e disperata di quanto sarebbe stata come la mia, se solo fossi stata in grado di mettere in piedi una frase.

Ed eccolo, eccolo che arrivava, e si metteva a sfottere gli altri, come al solito. Mi ricordai di quando sfotteva me, di quando mi prendeva in giro solo perchè lo notassi... Ma adesso basta, per quanto sia dura ammetterlo,

Get out of my life, Duncan