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Autore: _EpicLoVe_    17/02/2011    2 recensioni
"Perché è così che ti frega la vita. Ti piglia quando hai ancora l'anima addormentata e ti semina dentro un'immagine, o un odore, o un suono che poi non te lo togli più. E quella lì era la felicità. Lo scopri dopo, quando è troppo tardi." (Cit. Baricco)
Genere: Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Tom Riddle/Voldermort
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Eri bellissima

Eri bellissima

 

"Perché è così che ti frega la vita. Ti piglia quando hai ancora l'anima addormentata e ti semina dentro un'immagine, o un odore, o un suono che poi non te lo togli più. E quella lì era la felicità. Lo scopri dopo, quando è troppo tardi."

Alessandro Baricco

 

“Grazie mille” la voce calda e gli occhi blu incredibilmente grandi che lo fissavano grati.

Tom le sorrise.

“Figurati. Chiamami pure se hai bisogno di me” mormorò stringendosi nelle spalle con il solito atteggiamento strafottente, ma prima di voltarsi e andare via le regalò un sorriso.

Il sorriso più bello che Arielle avesse mai visto.

Voldemort guardava la giovane donna con aria impassibile.

Bellatrix era in piedi di fianco a lui e continuava a sorridere, godendo di quel pianto disperato.

“Alza il volto e smettila di piangere, stupida” spuntò d’un tratto la Lastrange piegandosi leggermente in avanti e Voldemort guardò di nuovo la ragazza con attenzione.

Quando abbassò le mani rivelando il suo volto entrambi scoprirono con sorpresa che non stava piangendo.

I suoi occhi erano asciutti, ma il suo corpo continuava ad essere scosso da singhiozzi eccessivamente rumorosi.

E per un attimo Voldemort si perse nel blu di quegli occhi che ricordava tanto bene.

Aveva passato ore a fissarla, in tempi remoti, la guardava di sottecchi quando passava lungo il corridoio della scuola stringendo la mano del suo ragazzo, o la fissava seduto dal suo banco in ultima fila, mentre lei brillava saccente ed intelligente nelle prime file.

Oppure amava osservarla mentre erano seduti nella Sala Grande.

La guardava con insistenza, seduto nel suo posto sul fondo della tavolata Slytherin, posto a cui nessuno mai si avvicinava.

E qualche volta era capitato che lei ricambiasse quelle occhiate.

Qualche volta l’aveva sorpresa ad alzare lo sguardo dal suo piatto ed osservarlo per qualche istante, delle volte gli aveva addirittura regalato un sorriso prima di tornare a concentrarsi sul suo ragazzo o su quelle pettegole delle sue amiche.

“Per favore lasciatemi andare” la richiesta della donna lo riportò alla realtà e di nuovo i suoi occhi tornarono a fissarla.

Quasi non sembrava più lei in quel momento.

Malamente buttata a terra, con i panni sporchi, i capelli arruffati e gli occhi spenti.

Lo guardava, riservando per lui una muta preghiera, e Voldemort in lei non vide nulla della grande persona che era stata un tempo.

Quante volte l’aveva desiderata mentre la guardava brillare.

Reginetta indiscussa di Hogwarts.

Studentessa brillante.

Intelligentissima Ravenclaw.

Fidanzata del miglior giocatore di Quiddich dell’intera scuola.

Niente di tutto quello sembrava essere rimasto in lei mentre la osservava in quel momento.

“Alzati, Arielle” le ordinò con voce incolore e lei sgranò gli occhi, quasi come se si stesse risvegliando da un antico torpore.

L’aveva riconosciuto subito. Qualcosa in lui l’aveva colpita non appena l’aveva visto.

Forse il suo sguardo, uno sguardo così familiare.

Quegli occhi incredibilmente neri.

Neri come la pece, neri come il buio di quelle notti spaventose in cui lui le aveva tenuto compagnia.

“Perché piangi?” le chiese il bambino e lei, ferma in quell’angolo, si raggomitolò di più su se stessa.

“Perché sono triste” gli confessò in un sussurro e lui la raggiunse avvicinandosi con passi cauti e lenti.

“Perché sei triste?” le chiese di nuovo e la ragazzina, tredici anni appena, si strinse nelle spalle.

“Non lo so” gli rispose in tutta sincerità e lui le si sedette affianco rimanendo in silenzio.

“Tu non hai paura di me?” le chiese improvvisamente lui e lei si voltò a guardarlo con aria perplessa.

“Perché dovrei averne?” chiese in un mormorio e Tom Riddle si strinse nelle spalle.

“Tutti ne hanno” le ricordò come se fosse una cosa tanto ovvia da non poter essere ignorata.

“A me non fai paura, anzi, ti trovo interessante” mormorò con un sorrisino imbarazzato e lui si voltò a guardarla sorpreso.

“Perché?”.

“Non lo so”.

Tom corrugò la fronte. Solitamente gli davano incredibilmente fastidio le persone troppo vaghe, quelle che dicevano di non sapere o non saper fare troppe cose, ma quella strana ragazzina dall’aspetto angelico non riusciva ad infastidirlo affatto.

“Anche io ti trovo interessante” le comunicò allora in tono neutro e lei gli sorrise asciugandosi le ultime lacrime rimaste, nascoste in quegli occhi incredibilmente blu.

“Lo so, ti ho sorpreso molte volte a guardarmi” rispose con sicurezza e lui si esibì in qualcosa di molto simile ad un sorriso.

Così era iniziata la loro strana amicizia.

Perché è così che ti frega la vita. Ti piglia quando hai ancora l'anima addormentata e ti semina dentro un'immagine, o un odore, o un suono che poi non te lo togli più.

La ragazza si alzò, reggendosi a stento sulle gambe tremanti e Voldemort continuò a fissarla con un certo interesse.

“Dovremmo procedere mio S…” sussurrò Bellatrix al suo fianco, ma lui non la lasciò finire e alzò una mano per metterla a tacere, così la strega si affrettò a ricomporsi e gli rivolse uno sguardo di sbieco.

Il mago si alzò con estrema calma, lasciando che il lungo mantello nero gli volteggiasse attorno e non distolse gli occhi dalla ragazza ferma davanti a lui.

“Per favore, lasciami andare” gli ripeté ancora e lui inclinò leggermente il capo continuando ad osservarla.

“Devo ucciderti” affermò e la sua voce riecheggiò calma e disinteressata tra le pareti dell’enorme stanza.

Il volto della ragazza si trasformò in una maschera di puro orrore e lei sgranò gli occhi sorpresa e spaventata.

“Tom, ti prego non farlo” sussurrò nel silenzio e nell’udire il suo nome il Signore Oscuro parve cambiare rapidamente espressione.

I suoi occhi sembrarono ingrandirsi e scurirsi ancora di più mentre uno strano gelo cadeva tra i pochi presenti.

Bellatrix sgranò gli occhi voltandosi con estrema lentezza verso il suo Signore.

L’aria preoccupata ed il volto pallido.

“Tom è morto”. Furono poche le parole che abbandonarono le sue labbra, ma le pronunciò con un tono tanto glaciale che sembrarono una ferita a morte.

La ragazza deglutì spaventata e mosse qualche passo in avanti.

“Guardami Tom, sono Arielle, sono io” mormorò debolmente ed un ricordo arrivò ad invadere la sua mente.

La pioggia batteva forte contro i vetri di Hogwarts mentre i fulmini illuminavano il cielo scuro.

Lei lo stava aspettando al loro solito posto, stretta nel suo mantello, tremava infreddolita, cercando di mostrarsi comunque l’orgogliosa caposcuola che era sempre stata.

“Oh Tom” sussurrò nel buio non appena vide la sua sagoma stagliarsi alla debole luce delle candele e gli corse incontro buttandosi tra le sue braccia.

Lui la strinse in un breve abbraccio, di quelli che concedeva soltanto a lei, poi l’allontanò gentilmente.

“Cos’è successo? Sono così spaventata” esclamò lei tutto d’un fiato e lui cercò di tranquillizzarla.

è tutto finito adesso” le mormorò, ma Arielle scosse velocemente la testa sospirando.

“No,no, Mirtilla è morta…io sono un caposcuola, sono della sua casa, avrei dovuto fare qualcosa” biascicò disperata, ma lui le posò una mano sulla bocca mettendola a tacere.

“Non è colpa tua, Arielle, non avresti potuto fare niente per aiutarla. Adesso sta calma, calma, ci sono io qui con te” affermò con un tono quasi lontanamente dolce e lei gli sorrise appena accarezzandogli una guancia con garbo.

Tom amava le sue carezze.

“Grazie Tom, ma ora devo andare. La Camera dei Segreti è stata aperta ed una ragazza della mia casa è morta, tutti i Ravenclaw sono nel panico e Dave mi starà cercando” sospirò e lui rimase a guardarla in silenzio.

“Torna anche tu nei sotterranei, per favore, e rifugiati nella tua stanza, non voglio che ti succeda qualcosa di brutto, non potrei mai sopportare di perderti” sussurrò poggiandogli un morbido bacio su una guancia e lo superò con passi affrettati sparendo dietro l’angolo.

Tom rimase ad udire il debole ticchettio dei suoi passi cercando di ignorare il dolore che gli stava riempiendo il petto.

Forse l’ultimo ricordo bello che aveva di lei.

E quella lì era la felicità.

“So chi sei” rispose lui bruscamente mettendola a tacere. “Sei tu a non aver capito chi sono” aggiunse poi.

E lei debolmente gli sorrise.

Un sorriso, uno strano, stupido, insulso sorriso comparve sul suo volto bellissimo e Arielle mosse altri passi verso di lui.

“Certo che so chi sei. So che sei Tom, il mio Tom. Lo vedo ancora nascosto nei tuoi occhi” mormorò e lui assottigliò lo sguardo alzando un braccio in un gesto frettoloso, come a voler scacciare un brutto pensiero.

“Smettila, taci!” le ordinò.

Arielle trasalì, ma non si allontanò.

Lo guardò ancora e sospirò.

“So chi sei” sussurrò debolmente. “Ricordi? Io posso vederti”.

Lo stava aspettando sulle sponde del Lago Nero.

Ancora non riusciva a spiegarsi, Tom, perché non avesse voluto incontrarlo al loro posto, ma quando la raggiunse il suo volto cupo lo sconvolse.

“Cosa succede?” le chiese perplesso e lei lo guardò con rabbia.

“Perché ti comporti così, Tom? Perché? Cos’è successo? Perché sei cambiato così tanto?” gli urlò contro e lui rimase in silenzio.

“Non sei più il mio Tom, forse” sussurrò lei a quel punto cercando di riprendere il respiro e lui scosse la testa.

“Hai ragione, sono cambiato” mormorò.

Ma Arielle scosse ancora la testa avvicinandosi rapidamente a lui e si fermò ad un palmo dal suo naso guardandolo fisso negli occhi.

“No, no, non è vero, è solo quello che vuoi farmi credere. Io so che ci sei ancora. Io posso vederti” sussurrò accarezzandolo dolcemente.

Non aveva mai smesso di amare quelle carezze.

Lo scopri dopo, quando è troppo tardi.

Voldemort scosse la testa, perdendosi un ultima volta in quegli occhi blu.

E per un solo, misero istante un lampo di incertezza attraversò i suoi occhi per poi spegnersi nel buio della sua anima.

Poi tutto successe troppo in fretta.

Fu un attimo e Arielle vide la sua bacchetta puntata contro il suo corpo.

“Avada Kedavra”.

Un urlo e quegli occhi blu si chiusero per un ultima volta mentre un piccolo brandello della sua anima moriva.

Spazio autrice: Salve popolo. Oggi vi posto questa breve shot nata per il "Three Days Contest"  indetto da foxfeina.   Mi rendo conto che è un'idea al quanto "particolare" che non tutti condividono. Non scrivo mai nulla su Voldemort proprio perchè lo trovo un personaggio troppo complesso e sono stata sempre convinta che non riuscirei a rappresentarlo bene. Infatti non sono soddisfatta di questa storia, ma mi frullava in mente da troppo per non tentare di buttarla giù.                                                                                
Grazie alla giudiciA e grazie a voi per essere arrivati fin qui. 

                                                                                                                 Alla prossima _EpicLoVe_

  
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