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Autore: 365feelings    17/02/2011    1 recensioni
Bevve ancora rum, voleva annegare dentro quella bottiglia. Ora tutto era più complicato e lei era una cretina che non riconosceva gli uomini -e che uomini!- a cui dava la caccia. Si maledisse, anche solo per aver pensato a loro a letto insieme.
«Eduardo!», urlò alla notte e al mare.
[Per Cleo alia Lady Moonlight]
Genere: Avventura, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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«Vorrei essere un pirata».
«Non sai quello che dici bambina mia. I pirati sono crudeli e spregevoli. E tu Eduardo, che ci fai ancora qui? Non ti sei ancora stancato di mettere in testa a mia nipote strane idee sui pirati? Vorrei ricordarti che tuo padre è un di loro ed è per questo che ora sei uno degli orfani ospitati dalle suore».
«Nonna, smettila di essere scortese nei confronti di Eduardo e dei miei sogni.»
«Sì, sì, ora dormite».
«Grazie Signora».
«Come no come no».



 

Vecchi amici
A Cleo perchè è una brava ragazza e nessuno lo può negar!




 

Nella taverna c'era una rissa.
Il solito insomma, se non fosse per il fatto che lei non vi era ancora entrata.
Perplessa, restò qualche istante dall'altra parte della strada ad osservare la quiete serale di quel piccolo porto turbata dalle grida e dai tonfi provenienti dal locale, una sgangherata costruzione bianca a due piani con un portico traballante, una manciata di finestre e un camino insicuro pronto a crollare a terra alla minima scossa.
Bevve l'ultimo sorso di rum della bottiglia che venne poi lasciata cadere e, complice l'alcol, si chiese cosa stesse aspettando. Che il camino finisse davvero a terra?
Con passo ancora abbastanza deciso attraversò la strada ed entrò nella taverna.
La rissa, che come al solito coinvolgeva tutta la gentaglia del locale, non si interruppe al suo arrivo: gli uomini continuarono a scazzottarsi e a tirarsi sedie senza degnarla di uno sguardo.
Un broncio infantile le increspò la fronte: dov'era il suo comitato di benvenuto? Com'è che avevano iniziato a fare a botte senza di lei? Chi aveva osato scatenare la rissa prima del suo arrivo?
Ignorata da tutti percorse la taverna fino al bancone collocato sotto le scale che portavano a un primo piano adibito a locanda: sì e no c'erano quattro stanze con quattro letti e quattro vasi da notte. Quest'ultimi forse no, questi forse li avevano rubati.
Vagamente triste si sedette al bancone portando i gomiti sul legno chiaro reso umido e appicicoso dall'alcol spanto. Si lasciò sfuggire una smorfia schifata e lanciò un sacchetto con una manciata di denero, quanto le bastava per potersi sbronzare quella sera.
«Il solito Yolanda» chiese senza alzare lo sguardo. Era una frequentatrice del locale, conosceva bene chi ci lavorava e sapeva che a servirla quella sera ci sarebbe stata la cara vecchia Yolanda dai fianchi larghi, il seno prospero e il corpo bruciato dal sole sempre strizzato in un vestito color vinaccia che aveva visto tempi migliori. Alla soglia dei quarant'anni, Yolanda era di una vitalità unica per il luogo malfamato in cui viveva; inoltre tutti sapevano che con lei non si scherzava e di conseguenza le portavano rispetto come se avesseri a che fare con una gran signora.
In altre occasioni le piaceva parlare con la donna, le ricordava in qualche modo sua nonna - pace all'anima sua! -, solo molto più giovane e meno fissata con i pirati.
Qualche istante dopo un bicchiere di rum stava a qualche centimetro dalla sua fronte ambrata.
Bevve un lungo sorso e poi lanciò un'occhiata all'uomo - l'unico a quanto pareva - che non fosse intento a picchiare e a farsi picchiare: sedeva a dua sgabelli lontano da lei e vicino a sè aveva due prostitute - per nulla spaventate -, che sembrava voler tranquillizzare con gesti languidi.
Trovarsi una camera no?
Bevve un altro sorso.
«Tu», gli disse puntandogli un dito contro,   «Non sei da queste parti».
«Esatto».
 «Com'è che hanno iniziato a menarsi 'sti poveri bolas
 «Sei spagnola?»  
«Sì. Allora, chi ha iniziato?»
«Un tale vestito da capitano. E' entrato tutto tronfio, ha detto di essere Eduardo e ha preteso di bere gratis».
«Impostore».
«Prego?»  
«E' un impostore».
«Quasi sicuramente».
 «Togli quel quasi. Eduardo non avrebbe mai preteso di bere gratis, tanto meno è uno che entra in una bettola come questa, senza offesa Yolanda, tutto tronfio».
 «Hai l'aria di essere una che lo conosce bene. Un'amante?» 
 Bevve un altro sorso, finendo il liquido ambrato e allungando il bicchiere sul bancone per averne dell'altro. A quel punto rivolse all'uomo uno sguardo che nessun amante, neanche la più delusa e tradita di tutte, avrebbe mai potuto rivolgere.
Decisamente lei non era stata un'amante di Eduardo, il famoso e temuto Eduardo, il pirata che aveva saccheggiato e depredato almeno un centinaio di galeoni spagnoli e inglesi in poco più di tre mesi.
 «Che legame hai con lui? Sei anche tu sulle sue tracce per la taglia?»
«Taglia? Quella la lascio ai miei uomini. Io voglio la sua testa», sibilò furiosa, con un tale odio e carica omicida negli occhi che le due prostitute si spaventarono e se ne andarono, visibilmente infastidite. L'uomo rimase nella penombra e fu attraversato da un brivido che non seppe se fosse stato causato dal fatto di avere sulle proprie tracce una donna tanto bella o dal fatto che quella tanto bella donna lo volesse morto.
«Com'è che ce l'hai tanto su con lui? Ti ha rubato qualche bottino?»
Perchè nonostante tutto, per quanto fosse bella, quella donna non riusciva a ricordarsela.
Lunghi capelli corvini erano raccolti in una morbida coda che accarezzava le spalle e la schiena, coperte da una camicia da uomo, bianca e stretta in vita da una fascia porpora. Un paio di pantaloni marroni facevano da seconda pelle, aderendo alle cosce sode e terminando dentro a degli stivali di cuoio neri alti fino al ginocchio.
Una donna tanto bella quanto pericolosa. Una spada dall'elsa dorata sonnecchiava nel suo fodero allacciato a una cintura, facendola pendere verso il fianco destro. Un'altra cintura, sbilanciata verso il fianco sinistro, sembrava adorno di un'altra arma. Forse una pistola.
«Bottino dici? Macchè.»  
«Ha ucciso qualcuno che ti era vicino?»
«Cos'è tutta sta curiosità?»
 «Sai com'è, le amiche se ne sono andate e io ho voglia di fare conversazione».
 Lo guardò per qualche istante, studiò il modo in cui i riccioli castani gli cadevano sul volto e sul collo, la luce che gli illuminava gli occhi dorati e la cicatrice bianca che interrompava sulla guancia sinistra il colorito ambrato. Era bello quell'uomo. E affascinante. E non andava bene, concluse bevendo un altro sorso, non aveva tempo per gli uomini.
«Eravamo amici. Lui era un orfano, uno dei tanti che affollavano il convento delle suore del nostro paese. Ma era particolare: suo padre era un pirata. Un giorno, dopo aver navigato a lungo, quello che poi sarebbe stato l'autore dei suoi giorni si era fermato in Spagna, da noi, e aveva incontrato una donna bellissima di cui si era innamorato e da cui aveva avuto un figlio. Poi però se n'era dovuto andare, perchè era un pirata no? Questa era la storia che pezzo dopo pezzo abbiamo creato io e Eduardo nelle nostre notti estive. All'epoca eravamo felici, correvamo tutto il giorno su e giù per i paese facendo finta di essere pirati e spesso facevamo a botte con gli altri bambini. Mia nonna si arrabbiava, sgridava prima me e poi lui, ma alla fine ci mandava a lavarci le mani e ci preparava dei pranzi buonissimi. Sì, tra terra, miele, pane e salsedine eravamo felici. Non sembrava mai triste, Eduardo, del fatto di essere solo al mondo. Per questo io non ero triste. Anch'io ero un'orfana, ma c'era mia nonna. Io ed Eduardo eravamo veri amici nonostante i cinque anni di differenza».  
 Senza rendersene conto il suo tono di voce si era addolcito nel ricordo di quei tempi lontani.
«Lo amavi?», le chiese l'uomo, serio. Ma lei scoppiò in una fragorosa risata.
«Amore? Che è 'sta cosa? No, non lo amavo. Eravamo solo amici. Forse avevo una cotta per lui, ma era una cotta e, insomma, eravamo amici. Punto».
«Però avevi una cotta per lui».  , ghi. ,
«Cambia qualcosa?»
«Un po' sì».
 «Resta il fatto che ora lo voglio morto. Quando avevamo lui sedici anni e io undici dei pirati attaccarono il nostro paese. I pirati per noi erano un mito, una leggenda, non ne avevamo mai visto uno. Questi, però, erano davvero molto cattivi. Distrussero tutto e uccisero un sacco di persone. Eduardo quella notte sparì. Inghiottito nel buio. Io rimasi al villaggio per un altro anno, mia nonna era morta a causa dei pirati e non mi resta nessun altro. Ha fatto la stessa fine dei miei genitori quella santa donna. In ogni caso, appena compiuti dodici anni mi sono imbarcata e ho iniziato a cercare Eduardo. Ma nessuno sapeva di lui, nessuno lo conosceva. Eduardo infondo è un nome abbastanza comune. Quattro anni dopo cosa sento? C'è un ragazzo, dicevano le voci, un ragazzo che sta dando filo da torcere giù in Sud America. L'età e il nome corrispondevano.»
 «Fammi indovinare. Il tuo Eduardo non era più lo stesso».  
 «Non è che nessuno sapeva di lui perchè era sparito nell'oblio della pirateria: mozzo, schiavo o cadavere, era lui che non voleva farsi trovare».
Rimasero un po' in silenzio, nonostante la rissa alle loro spalle continuasse. Il rum brillava effimero nel bicchiere prima di perdersi tra le labbra della giovane donna e scivolare caldo lungo la sua gola fino a incendiarla da dentro, arrossandole le gote.
«Lo troverò e lo ucciderò. Deve pagare per tutto quello che ho passato nel tentativo di trovarlo».
Gli smeraldi dei suoi occhi sembrarono brillare, forse una lacrima. 
 «Dovresti odiare i pirati. Hanno ucciso la tua famiglia e si sono portati via un tuo amico».
 «Anche tu come mia nonna. Ora non generalizziamo. Non è che uno odia tutti i gatti perchè uno l'ha graffiato. Capisci che intendo?» biascicò dondolando pericolosamente sullo sgabello.
  «Certo».
«Che palle, sei anche tu come mia nonna! Quella santa donna. Se solo quella volta, in cui aveva minacciato Eduardo con la scopa di annegarlo la prossima volta che avesse rubato del vino, non si fosse limitata alle parole!»
L'uomo sorrise, nascondendo la nostalgia.
«Il tuo sorriso assomiglia a quello di Eduardo» disse a un certo punto la donna sporgendosi verso di lui e assotigliando gli occhi.
«Come ti chiami?»  
«Felipe. Tu?»
«Querida».
 «Querida?»
 «Che c'è, credi che io mi beva il tuo Felipe? La differenza è che almeno il mio è originale». 
Non le sembrò il caso di dirgli che Querida era il nome della sua gatta, morta pure quella. 
 «Felipe. Mi stai simpatico. Ma non sperare che ti offra un bicchiere per questo».
Aveva iniziato a dire cose senza senso: bene, voleva dire che la sbronza era vicina.
«Resta il fatto che tu resti qui con me a farmi compagnia ora. Yolanda, da bere pure per Felipe. Paga lui il suo però».
«Hai da pagare vero chico?», chiese la donna prima di dargli un bicchiere di rum.
«Bene Felipe, ora raccontami qualcosa di te».  
«In confronto alla tua storia la mia è davvero misera».
«Spara meno balle amico. Non sei credibile e te lo dice una che è per metà bevuta! Sei sgamabile!»
 Felipe non riuscì a trattenere un sorriso.
«Anch'io ho un'amica, che non vedo da un po' di anni. Non so come stia, quando l'ho lasciata però era in ottima forma».
 «Vedi di andarla a trovare prima che la tua amica diventi come me. Un giorno potresti svegliarti trovare la sua pistola puntata alla fronte o semplicemente non svegliarti più».
Un altro brivido. Per cos'era? Per la possibilità di svegliarsi con una donna bella come Querida o per quella non risvegliarsi più, sempre con una Querida al proprio fianco.
Ebbe voglia di accarezzare quei lunghi capelli corvini, come faceceva quando erano bambini e cercava di tranquillizzarla. 
 Ma si trattenne e bevve il rum. Il liquido ambrato bruciò nella sua gola come i ricordi nella sua mente.
«Avevi anche tu una cotta per questa amica?»
«Sì», ammise per la prima volta sincero in quella serata.
«E l'hai lasciata. Che cafone. Attento che un giorno non ti svegli più».
Giù un altro sorso, per dimenticare o per ricordare? Non se lo ricordava più. Però aveva ancora i riflessi abbastanza pronti, tanto da intercettare una pugnalata con cui un uomo aveva cercato inutilmente di colpirla.
Semplicemente si sbilanciò con lo sgabello alla sua sinistra facendo perdere l'equilibrio all'assalitore che finì sul bancone. Come le gambe dello sgabello rirtornarono tutte sul pavimento lo immobilizzò con la mano destra, quella libera dal bicchiera.
«Sbagliato persona» gli disse con voce un po' roca. Felipe non potè fare a meno che pensare che Querida senza dubbio non aveva bisogno di nessun aiuto, in ogni senso. Sapeva badare a se stessa ed era forte. L'aveva lasciata che era solo una mocciosa tutta ossa che fantasticava sui pirati e la ritrovava che beveva come un uomo in una taverna giù al Sud, con una spada e una pistola.  
«Che palle questa serata. Contavo di scatenare come al solito una rissa, invece niente. Quando becco il tizio che mi ha soffiato il posto lo gonfio di botte che domani non si riconosce più. Che crede? Questo è un fragile ecosistema: io provoco, loro reagiscono. Ma se simette in mezzo un estraneo va tutto in puttane e io come mi sfogo?»
Lo guardò come se fosse a conoscenza della risposta.
«Un altro modo ci sarebbe» le rispose con un sorriso languido e uno sguardo divertito e malizioso.
 «Non ci sperare nemmeno Felipe» gli disse raggiungendolo e poggiando una mano sulla sua spalla. La pelle sotto la camicia era calda, quasi bollente.
 , , «Certo sei bello, interessante e no no no, togli quella mano dal fianco. Vedi, mi interrompi e non ricordo più dov'ero. Ah sì, ecco. Bello, interessante, divertente, un po' idiota, ma anche affascinante. E sensuale. Come facciamo Felipe? Non vorrei spezzarti il cuore, io domani parto, la mia nave salpa, i miei uomini mi aspettano e io non ti posso portati appresso. Che credi, sono un pirata io!»
Sì, mancava poco ed era ubriaca.  
 «Che peccato mi Querida. Che peccato. Sicura di voler rinunciare ad una notte di fuoco e passione?»
«Chico caliente! Facciamo la prossima volta?»
Nel frattempo due omoni buttarono fuori dalla taverna quello che doveva essersi spacciato per Eduardo.
«E' lui. Vado a menar un po' le mani, che devo sfogarmi. Non sopporterei una sbornia triste. Dammi una bottiglia Yolanda!»
Si chinò su Felipe e lo salutò soffiando un "Adiòs" al suo orecchio.
Lo sguardo basso e la voce seria, lui le disse qualcosa che non capì, ma era troppo tardi: era già a metà del locale. Le parve di aver sentito il suo vero nome, ma era impossibile.
Uscì dal locale con la bottiglia in mano e cercò il tizio della rissa. Lo trovò che vomitava sul ciglio della strada. Era un ometto alto, magro e sporco con addosso una giacca blu ricamata d'argento. Nulla aveva di Eduardo.
«Ti prego, non picchiarmi pure tu! Giuro su mia madre che non rubo più!» si mise a frignare.  
«Rubare?»
«Sì. Volevo solo la giacca di quel ragazzo con cui sedevi al tavolo e i suoi soldi! Che ne sapevo io che era un pirata e che era pericoloso. Ehi, dove dai!»
Ma non lo stava più ascoltando e se ne stava ritornando alla sua nave.
Cosa le bruciava di più? Il fatto di aver amabilmente conversato e flirtato con Eduardo e di esserselo lasciato sfuggire o il fatto che gli aveva detto che da piccola aveva una cotta per lui.
E lui le aveva raccontato pure la storia sull'amica!
Che idiota che era!
Bevve ancora rum, voleva annegare dentro quella bottiglia. Ora tutto era più complicato e lei era una cretina che non riconosceva gli uomini - e che uomini! - a cui dava la caccia. Si maledisse, anche solo per aver pensato a loro a letto insieme.
«Eduardo!» urlò alla notte e al mare.

 


 

 «Savannah.»
 





 

N/A
Questa Shot è tutta per te Cleo!    
Spero ti piaccia almeno un pochino.
I pirati mi ispiravano troppo *-* Inoltre la figura di Savannah si aggirava già nella mia mente e aspettava l'occasione per uscire.
Allora, come ti senti mia cara diciannovenne? Sostieni ancora di sentirti più piccola? Insomma, l'età avanza XD

  Spe  ro che  

 

   
 
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