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Autore: Unriccio    18/02/2011    1 recensioni
Nella Parigi del 1890 si intrecciano le storie di tanti personaggi, tra feste e salotti, caffè ed intrighi. E scandali. Venite a ballare anche voi il cancan, in una società fatta d'ipocrisia e marcia dentro. Vedrete la parte più oscura dell'animo umano, ricoperta da un'attraente carta dorata. A fare da padrone di casa, chi se non Francis Bonnefoy, il re dei salotti? Seguitelo allora nel suo mondo voluttuoso. Ma occhio a non lasciarsi trascinare giù. [Attenzione: i personaggi NON rappresentano le nazioni.] [FrUk principalmente, ma arriveranno altre coppie...]
Genere: Drammatico, Generale, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Francia/Francis Bonnefoy, Inghilterra/Arthur Kirkland, Un po' tutti
Note: AU, Lime | Avvertimenti: nessuno
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Belle Époque

Cap. 1: Narcisismo ed Egoismo

Parigi, 1890

Il giovane sospirò, affrettandosi per le strade parigine buie. Sentiva ancora provenire le risate, la musica e la confusione da quel chiassoso locale che tanto amava frequentare: “Le Folies Bergère”. Rise tra sé ripensando alla splendida serata appena passata. I colori, i profumi… tutto era ancor così vivo nella sua mente leggermente offuscata dagli alcolici. Amava la vita, amava divertirsi, bere del buon vino e lasciare che la sua testa iniziasse a galleggiare. E soprattutto, amava quando si sentiva idolatrato dalle persone che lo circondavano, con gli occhi di tutti addosso. Le donne sventagliavano con più foga i loro ventagli quando lui passava, ammiravano i suoi setosi capelli biondi mossi e si scioglievano al suo sguardo azzurro intenso. E di recente aveva notato che neppure gli uomini erano del tutto immuni al suo fascino. Tanti, in sua presenza, balbettavano, rapiti dalla sua folgorante bellezza, e non potevano staccar gli occhi dai suoi indumenti sempre eleganti e alla moda, così diversi da quelli di una persona comune. Perché, decisamente, Francis Bonnefoy non era una persona comune. Lui era il re dei salotti, voluto da tutti, invitato a prender parte ad ogni incontro, e chiunque voleva le sue opinioni in ogni settore. Si potrebbe dire che vivere in questo modo poteva annoiare, a lungo andare. Che le persone, oltre ai piaceri edonistici, necessitino di legami profondi. Beh, Francis di legami profondi ne aveva. Anche se spesso non duravano più di una notte. Ma Francis poteva vivere solo in questo modo, per poter appagare il suo ego narcisista. E a lui andava benissimo così. Raggiunse leggermente barcollante la porta della sua residenza e, cercando di non fare troppo rumore e di non svegliare la servitù, aprì il grande portone, attraversò nella poca luce rimasta l’atrio e si diresse lungo la maestosa scalinata d’ebano al piano superiore, dove si trovavano le sue stanze. Entrò nella sua sontuosa camera da letto, ricoperta di tessuti dorati e ricamati, provenienti dall’Oriente, e venne subito avvolto dal profumo di colonia che aleggiava lì dentro. Con calma si svestì dei suoi abiti eleganti, adesso impregnati degli odori del locale. Prima di indossare la bianca vestaglia da notte preparata sul suo ampio letto a baldacchino si girò a guardare l’immagine che lo specchio rifletteva. Sentì il suo cuore gonfiarsi di orgoglio mentre si guardava, bellissimo come sempre, e  presa una spazzola sistemò i suoi capelli dorati. Era vanitoso, immensamente innamorato di se stesso. Dopotutto, se non fosse stato così, allora nemmeno gli altri sarebbero stati affascinati da lui. Piacere a se stessi per piacere agli altri era la sua filosofia di vita. Dopo essersi ammirato per qualche altro istante si preparò per bene ad andare a dormire. Prima di far calare il buio nella stanza lasciò che il suo sguardo si soffermasse sulla tenda che segnava l’ingresso alla camera adiacente, dalla quale proveniva un alone rossastro creato dalla luce riflessa sulle lucide stoffe e sugli specchi. Stava quasi pensando di andare velocemente a controllare che nessuno si fosse permesso di entrarvi, che ogni cosa fosse esattamente dove l’aveva lasciata, ma poi, aiutato anche dai fumi del forte vino rosso bevuto in abbondanza la sera, il sonno prese il sopravvento e lo fece sprofondare nel buio senza sogni che caratterizzava le sue notti.

 

Calais

Finalmente era sbarcato. Non aveva mai amato viaggiare. E quel viaggio in particolare sarebbe stato per lui solo una seccatura, ma se era per allontanarsi dal brutto clima che negli ultimi tempi si respirava nella sua famiglia a Londra, allora poteva sopportare per un po’ di abbandonare la sua Inghilterra. E, forse, sarebbe riuscito anche a sopportare di vivere in Francia, per quanto avesse sempre odiato con tutto se stesso i francesi. Che gente! Perditempo fannulloni e molto poco seri, che pensavano solo al vino e alla bella vita, senza curarsi di tutto il resto. Non che a Londra non esistessero i salotti e le serate mondane, o quel tipo di persone che lui tanto disprezzava. Ma almeno, essendo inglesi, c’era una sobrietà in ciò che facevano che i francesi non sarebbero mai stati capaci di mantenere. I francesi erano lo sfarzo. Il lusso. Gli inglesi la raffinatezza e compostezza. Non potevano andare d’accordo quei due popoli. Ma lui, per qualche mese avrebbe sofferto. Sarebbe rimasto lì, a Parigi, dove avrebbe lavorato come giornalista di cronaca per un giornale. Aveva già sistemato tutto. I suoi effetti personali erano stati inviati nella sua futura dimora, e con sé aveva solo un baule. Lanciò un’ultima occhiata al porto ed al mare nero che riluceva sotto la luce fioca delle stelle. Allontanarsi era stata la scelta migliore. I suoi fratelli si stavano distruggendo l’un l’altro per accaparrarsi la fetta più grossa dell’eredità di loro padre morto l’anno precedente. Erano avidi e odiosi. Piuttosto che litigare con loro per quella questione, preferiva rinunciare alla sua parte. Dopotutto, lui non era il primogenito, quindi non aveva neanche grosse responsabilità verso la famiglia. L’unico motivo per cui gli era dispiaciuto andarsene da quella casa era Peter, il fratello più piccolo di tutti, praticamente ancora un bambino. Era l’unico a cui si era sentito legato, in tanti anni passati nella casa di famiglia. Ed allo stesso modo lui era per Peter una figura di riferimento. Il pensiero del volto di Peter rigato dalle lacrime mentre con le sue piccole mani cercava di trattenerlo dal partire gli formò un groppo in gola. Era stato forse egoista nell’abbandonarlo lì da solo? Aveva pensato soltanto a se stesso quando aveva deciso di andarsene? Scrollò le spalle per allontanare quei pensieri urticanti, poi si avvicinò col baule alla carrozza nera che lo attendeva. Lasciò che il cocchiere si occupasse di caricare il suo bagaglio, e salì nella cabina. Si preparò a passare una scomoda nottata di viaggio. Non sapeva di preciso quanto tempo avrebbe impiegato ad arrivare a destinazione, ma pregava di far presto. Sentì lo schiocco della frusta, il rumore di zoccoli dei cavalli, e avvertì la carrozza iniziare a muoversi. Parigi. Quella per lui sarebbe stata una sfida. E Arthur Kirkland non rifiutava, né tantomeno perdeva, le sfide.  

Note di fine capitolo: benvenuti a tutti i lettori! Questa sarà la mia prima long-fic, e spero vivamente di riuscire a proseguire. E’ ambientata in un Alternative Universe (i personaggi non sono nazioni) e siamo nella Parigi del 1890, in piena Belle Époque. Le storie di quali personaggi si incroceranno su questo lussuoso palcoscenico, a pochi anni dall’inizio della Prima Guerra Mondiale? Continuate a leggere per scoprirlo!

Francis: pensavo di sarebbe parlato di me, cherie!

BabiSmile: Pff. Poi sarebbe noioso. Non ribattere, ti prego, ho da fare!

Francis: …

 

Bene, un saluto a tutti, e un grazie alle mie beta Ghy e Sara!

 

BabiSmile

   
 
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