Film > Gli aristogatti
Ricorda la storia  |      
Autore: visbs88    18/02/2011    8 recensioni
(Gli Aristogatti)
Un pic-nic in campagna, forse, sarà rivelatore per Duchessa...
Scritta per l'iniziativa "Un prompt al giorno", prompt "Focaccia", e per la San Valentino VS San Faustino Challenge.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Ritorno ancora ^^ con un mal di testa furibondo e un senso di malessere tremendo, quindi se quello che leggerete farà schifo sapete perché…
Dediche? Grazie a eien91 per la recensione a “La tigre domata”! ^^
D’accordo, stavolta Aristogatti… spero vi piaccia, anche se dubito!
Buona lettura!
 
Duchessa sospirò.
- Signor Groviera, non è ancora tornato Romeo? – domandò la gatta al topolino.
- No, signorina Duchessa – rispose il roditore con aria sconsolata.
- Grazie, signor Groviera – disse piano lei, avviandosi verso il salone con aria triste.
Non aveva mai pensato a quell’eventualità, quando Romeo era andato a vivere con lei nella Villa di Madame. Non si era resa conto che il gatto era nato randagio, randagio, e che poteva essere faticoso per lui sopportare una vita intera fra quattro mura.
Ultimamente, le uscite di Romeo erano sempre più frequenti e lunghe, tanto che Duchessa e i gattini lo vedevano sempre più raramente e di solito tornava solo per dormire.
La gatta si acciambellò sulla poltrona del salone, e stava per chiudere gli occhi quando Madame entrò nella stanza.
- Duchessa, piccina mia – le disse gentilmente – Domani andiamo in gita, tesoro!
La gatta rispose con un miagolio, incuriosita.
- Sì, andiamo con George a fare un pic-nic in campagna! Non lo trovi delizioso?
Duchesse iniziò a fare le fusa. Oh, finalmente sarebbe uscita anche lei un po’ a svagarsi, non solo il suo compagno.
- Ho già comprato delle focacce che conserveremo, mi raccomando, non mangiarle! E poi, George procurerà il vino, e io tutto il resto delle cibarie!
L’anziana donna sembrava tornata una ragazzina, da quanto era entusiasta.
- Andremo tutti, contenta? – continuò poi – Anche Romeo, se torna in tempo!
Gli occhi azzurri di Duchessa si velarono impercettibilmente di tristezza, ma poi miagolò soddisfatta all’idea di uscire coi gattini e anche la banda di Scat Cat, che al contrario del micio rosso si era abituata presto a vivere in un luogo stabile.
 
L’indomani, Duchessa si svegliò molto presto, e sgattaiolò giù per le scale chiamando sotto voce Romeo, per vedere se era tornato.
Nessuna risposta. Aveva passato la notte fuori.
Arrabbiata, tornò di sopra dove anche Madame si era destata.
- Oh, piccina mia, non stai nella pelle, vero? – la interpellò la donna, ma Duchessa rigò dritta a svegliare Matisse, Minou e Bizet.
- Mamma, dov’è Romeo? – chiese il micino nero, guardandosi intorno.
- Non c’è, tesoro – sospirò Duchessa – Probabilmente non verrà al pic-nic.
- Ma non è giusto… - brontolò Bizet, che si divertiva un mondo con il suo “padre adottivo”.
- Su su, non fate il broncio – li rimproverò la gatta bianca – Alzatevi e preparatevi, fra poco arriverà George.
L’avvocato arrivò poco dopo con la sua macchina scoppiettante, fece salire tutti tra saluti giulivi e partì a tutta velocità verso la campagna francese.
I gatti erano stipati nei sedili posteriori, e miagolavano contenti respirando l’aria fresca.
Duchessa si ritrovò seduta a fianco di Scat Cat, che le domandò indicando il cestino lì vicino:
- Cos’è questo delizioso profumo, madame? –
- Focacce, signor Scat Cat – rispose cortesemente la gatta.
- Il vostro è ancora più incantevole, lasciatevelo dire – mormorò il gatto, galante
Gli occhi di Duchessa si illuminarono.
Meno di un’ora dopo, erano arrivati alla tanto sospirata compagna.
 
Romeo camminava svogliato per le strade di Parigi, senza sentirsi libero come un tempo. Probabilmente aveva commesso un errore, nell’accettare l’ospitalità di Duchessa e di Madame. Aveva illuso tutti e anche sé stesso, non poteva negarlo. Lui doveva essere libero, libero di vagare dovunque senza padroni né costrizioni, era nato e vissuto così e lo sapeva bene. Era stato un esperimento troppo azzardato, si disse. Era certo che il sentimento appena sbocciato per Duchessa l’avrebbe indotto a cambiare vita e carattere, che i gattini gli avrebbero fatto scoprire il calore di una famiglia da cui non sarebbe più riuscito a separarsi, ed invece aveva sbagliato, sbagliato completamente. Gli dispiaceva, perché sapeva che la bella gatta bianca aveva avuto fiducia in lui e Minou, Matisse e Bizet gli si erano sinceramente affezionati, ma non poteva andare contro alla natura e pensava che questo la sapessero bene tutti quanti.
Quella notte aveva dormito in mezzo alla pattumiera. E se ne sarebbe vantato, con ogni probabilità. Il troppo odore di pulito che si respirava in quella Villa raffinata e nei suoi dintorni cominciavano a dargli un fastidio immane, così come le fragranze nauseabonde che Madame usava mettersi e che Duchessa gli aveva spiegato essere profumi, quando a lui pareva più puzze. E aveva scoperto di trovare molto più gradevole l’odore di un sacchetto nero pieno di bucce di banana e altri rifiuti, gli ricordava la sua vita passata ed era un richiamo che non riusciva proprio ad evitare.
Si rotolò un po’ in una pozzanghera, giusto per non sconvolgere la sua raffinata padrona, si scrollò per bene l’acqua di dosso e si incamminò verso casa, sconsolato. Duchessa non avrebbe certo apprezzato quella sua “fuga”, e già si preparava a subire per la prima volta la sua furia. La gatta bianca era sempre così elegante, pura e gentile, con il suo mantello candido e gli occhioni incantatori (zaffiri splendenti, li aveva sempre chiamati), ma era sicuro che sarebbe riuscita a tirare fuori le unghie, se provocata. E lui l’aveva provocata parecchio, se non si sbagliava. Quasi voleva che si infuriasse con lui, e che lo cacciasse, che gli dicesse che era tutto finito e che non voleva più vederlo. L’avrebbe addolorata e per un po’ avrebbero sofferto entrambi, ma alla fine era meglio così. Anzi, forse le avrebbe proposto proprio quel giorno di andarsene. Sì, non era una cattiva idea. Era forse più preoccupato per i gattini, che erano molto più ingenui della compagna, e che avrebbero potuto rimanere molto più feriti e segnati dall’esperienza negativa.
Continuava a sospirare, mentre scivolava silenzioso per le vie, quasi un’ombra anche in pieno giorno. Finalmente, o forse troppo presto, vide la Villa amata un tempo ed odiata in quei giorni, dove viveva la gatta che per prima era riuscita a muovere qualcosa nel suo cuore ma che non era ancora abbastanza per uno come lui, dove aveva combattuto per salvare lei e i suoi piccoli dall’avido maggiordomo Edgar. Chissà come se la cavava, quell’idiota, a Timbuctù. Era stata tutta colpa sua, in fondo: aveva abbandonato lui Duchessa e i gattini in campagna, e aveva causato lui il loro primo incontro. Si pentì di non essere stato zitto quella volta, di non aver ignorato quella pupa seducente e dal pelo morbido.
Raggiunse il cancello della Villa, passò in mezzo alle sbarre, quindi entrò in casa. Si sorprese nel trovarla completamente deserta. Cioè, quasi.
- Tu, razza di farabutto! – una vocina familiare gli trapanò i timpani.
- Aò, Groviera, dove so andà tutti? – domandò al topo, che però pareva piuttosto infuriato.
- Vattene, brutto incantatore! Sono usciti a divertirsi, ne hanno anche il diritto, o pensi di essere l’unico a potersi muovere da casa?
Quelle parole colpirono Romeo. Con grande sorpresa di Groviera, sospirò e disse:
- Già, hai ragione.
La bocca del piccolo topo di spalancò nel vedere il gatto rosso uscire senza guardarsi indietro, senza aggiungere un’altra parola.
No, non poteva vivere lì. Proprio non ci riusciva.
Svoltò l’angolo, e vide una bella micia randagia, dal pelo castano e gli occhi verdi.
Dopotutto, Duchessa non era l’unica gatta al mondo.
 
In quei momenti, Madame, George e tutto il loro gruppo di amici a quattro zampe si stavano divertendo un mondo. Duchessa si stava sviando abbastanza da non pensare a Romeo e da divertirsi con la banda di Scat Cat e i suoi micini, entusiasti. Correvano come piccoli fulmini nell’erba, tendevano agguati alle cavallette e a tutti gli altri piccoli insetti ed animaletti che trovavano in giro, ben attenti però a non farsi spaventare dalle rane, si rotolavano e facevano la lotta. Non provava più a trattenerli, ormai. Tanto, erano già abbastanza sporchi e poi di sicuro di jazzisti, una volta finito il suo rimprovero, li avrebbero traviati di nuovo, costringendola a ripetersi mille volte. I gatti sembravano essere tornati cuccioli, da come di divertivano. Avevano addirittura improvvisato una piccola orchestra con sassi, piatti sporchi, bottiglie vuote e posate di plastica.
Madame e George li guardavano inteneriti, interrompendo il pranzo semplice e genuino con vari brindisi, sorseggiando un eccellente Champagne. Le focacce erano state divorate e anche i gatti avevano consumato il loro pasto. Ora, ballavano scatenati su una musica piuttosto semplice ma piacevole, fino a quando Scat Cat non invitò Duchessa a ballare. La gatta si divertì un mondo: il sassofonista era brillante e molto più intelligente di come le era sembrato la prima volta, era galante e gentile. Molto meglio di Romeo. Provò una piccola stretta al cuore pensando a quella nottata passata a ballare sul ritmo scandito da quegli stessi musicisti, ma scrollò le spalle e visse il presente, senza provare poi tanto rimorso per il passato.
Mentre fissava negli occhi il compagno di ballo, si rese conto che era pure attraente. Certo, magari un pochino in sovrappeso, ma a questo si sarebbe rimediato. Sorpresa di scoprirsi a fare certe riflessioni, sorrise. Forse, aveva trovato un nuovo compagno di vita, un jazzista, per altro. Un artista al pari dei suoi piccoli che avrebbe insegnato loro più cose sulla vita, che Romeo. Questi pensieri la rassicurarono, mentre capiva che poteva avere una vita anche senza il gatto rosso, e la prospettiva la rasserenò.
Per questo, non fu particolarmente addolorata quando, di ritorno a casa, Groviera le raccontò della breve visita di Romeo. Si limitò a rispondere:
- E’ quella la sua vita, io non posso costringerlo a fare ciò che non vuole.
Per poi sorridere ed andare dai suoi piccoli, per iniziare a pulirli dal fango della campagna.

 
Sì, lo so, non ero concentrata ed è venuto uno schifo.
Mi si perdoni, e se siete pietosi lasciate anche una recensione a questa malata…
Visbs88
   
 
Leggi le 8 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Film > Gli aristogatti / Vai alla pagina dell'autore: visbs88