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Autore: Rowena    19/02/2011    3 recensioni
La gita scolastica di quest’anno dell’Osaka High sarà in California.
Oh no. No no no, non può essere!
Ci deve essere un errore: questa giornata sembrava così promettente, il tempo splendido e una giornata a caccia di saldi con la mia migliore amica in programma, quindi perché si deve abbattere su di me questa disgrazia?
Non è giusto, non me lo merito.
Genere: Comico, Demenziale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: OOC | Avvertimenti: Spoiler!
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Dedicato a Erin, che si è appena laureata e si merita un po' di Umeda! XDDDD




“Ahia!” grido quando il mio didietro frana rovinosamente a terra. Sono stata buttata fuori dal letto, dal mio letto, il lettone gigante che dovrei, accidenti, dividere con Sano.
E che al momento è stato preso d’assalto.
“Oh, scusa, Mizuki”, esclama Noe notando la mia improvvisa assenza, “Sekime mi ha dato un calcio”.
“Nanba ha spinto per primo!”
“Scusa, Mizuki, ma dovevo salvarmi da un abbraccio mortale di Nakao”, esclama il senpai con tutta calma.
“La gamba di un altro mi ha sfiorato e io mi sono ritratto”, spiega lui, tutto vergognoso. “Non ti dà fastidio che altri uomini mi tocchino?”, domanda poi direttamente al suo vicino.
Nanba sospira e risponde che per lui chiunque può fare ciò che desidera con quel baka, e dopo questa dichiarazione si sente un tonfo dall’altra parte del letto, seguito da un gemito soffocato. Sano.
“Nakatsu, non intendevo mica qui e ora, non c’è bisogno di saltare via in quel modo!” dice ridacchiando il ragazzo più grande, come se lui non avesse appena fatto lo stesso nell’altra direzione.
Bisogna capirlo, povero Nakatsu, dopo aver passato quasi un anno a tormentarsi per i sentimenti che credeva di provare per un ragazzo…
“Va bene, abbiamo appurato che no, sette persone non ci stanno in un king size”, commento io con una voce che dovrebbe far capire loro che è il caso di andarsene. L’idea è stata di Nakatsu: quando ha visto come Sano ed io siamo stati sistemati in albergo, soprattutto notando le dimensioni del nostro letto, ha chiamato gli altri per fare questo esperimento.
E io nel frattempo mi chiedo di cosa, esattamente, fossi preoccupata.
Mi rialzo e mi siedo in fondo al letto, senza schiacciare i piedi a nessuno, quando qualcuno bussa alla porta.
“Sento che in questa stanza ci sono un po’ troppe aure”, annuncia Kayashima tenendo le mani avanti a sé. Ma dai?
“Infatti”, rispondo io sempre più seccata, “infatti sarebbe il caso di salutarsi e andare a dormire, non trovate?”
“Quanta fretta di rimanere soli, Mizuki!”
“Cos’hai in mente come dopocena speciale?”
E tutta un’altra serie di insinuazioni che fanno arrossire la sottoscritta come un’idiota e… Boh, Sano, è ancora seduto per terra, credo stia cercando di sprofondare nel pavimento e sparire.
“Andate via!” tuono, ormai disperata, e Nakatsu ha l’accortezza di darmi una mano a far sloggiare gli altri dalla stanza. Quando tocca a lui, però, il mio amico rimane in attesa, come se a lui fosse concesso un permesso speciale per rimanere.
Ha un’aria da cane bastonato, poverino, come se costringerlo ad andarsene fosse il torto peggiore che potrei fargli in tutta la vita.
“Allora buonanotte, Nakatsu”, lo saluto con più convinzione cercando di non badarvi troppo. Kayashima accenna a un sorriso, come se volesse dirvi che ci penserà lui a riportarlo nella camera che hanno assegnato loro. Meno male che qualcuno è dalla nostra parte!
Finalmente riesco a chiudere la porta e mi volto: Sano per fortuna è riemerso e si è seduto sul letto, ancora un po’ imbarazzato. Perfetto, ci mancava giusto questa.
“Vuoi vedere un film?” propongo per rompere il ghiaccio. “Probabilmente i canali belli sono tutti a pagamento, ma magari possiamo beccare qualche reality…”
 Della pay-tv neanche a pensarci, Umeda è stato chiaro: un solo centesimo di servizio in camera o nota spese, specialmente per quanto riguarda certi canali a luci rosse, e farà la pelle ai responsabili.
Sano annuisce e si accomoda, mentre io recupero il telecomando. Ho immaginato bene: dopo i canali delle notizie, due commedie romantiche che non sono per niente adatte all’occasione, finalmente becco un programma televisivo sulla cucina, dieci cuochi che si sfidano a creare le ricette più strane e stravaganti.
Sembra che aspettassero giusto noi, perché la sfida di questa sera riguarda la fusion con la cucina giapponese. Sano ridacchia e commenta che il misoshiru non si prepara così.
Si è subito rilassato, penso felice, andando a sistemarmi accanto a lui. Siamo sdraiati vicini, lui mi passa un cuscino e mi cinge la vita con un braccio, con una naturalezza che quasi sconvolge.
E come accadeva a scuola, mi si abbassano le palpebre molto prima di quanto avessi immaginato. È bello piombare nel mondo dei sogni, in questo modo…
 
 
 
Il mio risveglio, però è quanto meno traumatico. Mi sento toccare una spalla, come se qualcuno mi stesse studiando, e mi fa il solletico. “Sano, smettila…”
“Sano dorme ancora, non vorrai svegliarlo, spero”.
Umeda?! Dire che ho fatto un salto di tre metri è un eufemismo, giuro, ma se non altro so di avere delle potenzialità in altre specialità olimpiche, se dovesse stancarmi della corsa.
“Sensei, cosa ci fa qui?” sibilo terrorizzata spalancando gli occhi di scatto. Umeda ha il camice addosso e sembra tutto preso dalle sue osservazioni. Volto leggermente il capo e vedo che Sano dorme ancora della grossa accanto a me, il braccio ancora passato intorno alla mia vita.
Oh no, no no no.
“Non è successo niente, ci siamo addormentati guardando la tv…”
“Lo so, l’ho spenta io, si sentiva dal fondo del corridoio”, ribatte lui serafico senza dare peso alle mie parole. “Stanotte dormivate così bene che non mi avete nemmeno sentito entrare. Mi auguro che fosse soltanto per il sonno arretrato e la stanchezza del pullman, vero?”
Mi chiedo quando, esattamente, tutti siano diventati così maliziosi nei nostri confronti: sono una banda di maniaci – Nakatsu in testa, mi hanno raccontato di un certo balletto con un paio di mutandine da donna in testa – e questo lo sapevo già, ma che fossero così attenti a quello che facciamo io e Sano… Non me l’aspettavo.
Vado a lavarmi i denti cercando di non dare troppa attenzione a Umeda, che nel frattempo si concentra su Sano, riflettendo su diverse cose. Ieri sera mi sentivo di nuovo come a scuola, ma non sono più semplicemente Ashiya-kun, sono diventata qualcosa di diverso.
Anche quando mi hanno scoperta, all’Osaka ero comunque un compagno di classe e di dormitorio da proteggere, non stavo ancora con Sano. Ora è tutto diverso.
Chissà se gli danno il tormento sempre, a scuola… Non avevo proprio pensato a questa possibilità.
“Baka di un dottore maniaco!”
Sento gridare dall’altra stanza: fantastico, Sano si è svegliato. Mi sciacquo la bocca. “Buongiorno”, lo saluto affacciandomi sulla porta, mestamente, tanto per fargli sapere che ci sono.
Il mio ragazzo è saltato sulla poltrona e mi fissa con aria abbastanza preoccupata. Sposto l’attenzione sul dottore, che invece mi guarda come se la sua giornata fosse iniziata nel migliore dei modi.
“Che ci fa lui qui?”
“Te l’ho detto che ci avrebbero tenuto d’occhio, no? Controlla… Che stanotte non sia successo niente di sconveniente”, mormoro con voce sempre più sottile e acuta. “Non guardarmi così, non l’ho mica fatto entrare io”.
“La direttrice è stata molto chiara, Sano-kun, e chi sono io per contraddirla?”, ribadisce con aria da martire Umeda. Certo che come se lo facesse solo per senso del dovere!
“Dottore, le ho mai detto che per molti versi ricorda davvero Akiha-san?”
Flash. Comparsa dal nulla esattamente come ieri sera, come richiamata per magia.
“Oh sì, abbiamo molti più punti in comune di quanto voglia ammettere”, mi risponde con un sorriso la diretta interessata. “Oh, che scena interessante! Queste foto saranno il masterpiece della gita… Sempre che non vogliate concedermi qualche esclusiva più piccante”.
Oh, al dottore pulsano le vene sulla fronte. “Ragazzi, avete mai assistito alla distruzione di una macchina fotografica professionale? È uno spettacolo molto divertente”.
Akiha sembra cogliere l’allusione, perché saluta e fugge con la stessa rapidità con cui è comparsa nella nostra stanza, ma non prima di aver lanciato una frecciatina al dottore.
Per un attimo, proprio come ieri con Kayashima, ho la sensazione che almeno qualcuno stia dalla nostra parte.
Vado a sedermi accanto a Sano, che sembra ancora abbastanza scosso. Non sono sicura di voler sapere cosa gli ha fatto il dottore, esattamente.
“Va tutto bene?”, domando e lui scuote la testa, ma non dice nulla. “Dai, non avevi detto che dovevamo andare a correre, stamattina? Vestiti”.
L’idea sembra tirarlo un pochino su di morale, infatti si alza e si dirige in bagno per cambiarsi. Meno male… Mi sembrava davvero turbato, e ho come la sensazione che il dottore sia molto più avanti di me parlando dell’esplorazione del corpo di Sano.
Arrossisco: ma cosa mi viene in mente? Sto diventando maniaca come i miei amici!
Mi sfilo il pigiama e cerco la tuta, ma con tristezza mi rendo conto di non averla portata: che ne sapevo che avremmo fatto allenamento, tra uno spostamento in pullman e l’altro? Ho qualche pantalone sportivo, me ne infilo subito un paio, ma sopra la maglietta non so cosa mettermi…
Come se qualcuno mi avesse letto nel pensiero, una grossa felpa di nylon mi arriva in testa.
“Ti starà un po’ grande, ma ti servirà. Anche se qui fa un caldo terribile”, commenta Sano alle mie spalle.
Me la infilo di corsa e sorrido, mentre tiro su le maniche. Non importa come siano i rapporti con gli altri, o cosa pensino di noi.
“Andiamo?” propongo alzandomi.
Importa quello che siamo noi.

   
 
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